FERRARI, Giulio Cesare
Nacque a Reggio Emilia il 29 ott. 1867 (e non 1868 come si trova spesso indicato) da Carlo e Carolina Curti.
Il padre, da giovane destinato a divenire prete, a ventidue anni aveva partecipato ai moti risorgimentali del 1848 e, abbandonando il convento dei gesuiti ma non una profonda fede religiosa, era passato agli studi giuridici. Avvocato e notaio, alla nascita del figlio era segretario generale del Comune di Reggio Emilia; esercitava un notevole peso nella vita politica della città, contando anche sull'amicizia di Cesare Sforza, che fu padrino del Ferrari. Anche il nonno materno apparteneva alla magistratura e la famiglia della madre godeva di molto rispetto per la levatura intellettuale e le idee religiose. Il F. a tredici anni si sentiva ateo, a quindici materialista e poi anarchico, "educato un po' stranamente da un padre eccezionale", come ebbe a dire egli stesso nella sua autobiografia (1933).
Il F. crebbe con otto sorelle e fratelli in una villa in campagna. Le sue letture importanti, dagli undici ai tredici anni, furono i racconti di E. A. Poe, i Saggi di nuova psicologia contemporanea di P. Bourget, Ilrosso e il nero e La certosa di Parma di Stendhal: in questi soprattutto avrebbe riconosciuto i primi indizi della sua futura predilezione per la psicologia. Dalla scuola secondaria gli sarebbe parso poi di avere imparato poco, dimostrando tra l'altro una peculiare avversione alla memoria matematica. Durante gli anni universitari si legò d'amicizia con Guglielino Ferrero, che voleva educarlo alla filosofia kantiana.
Dal settembre 1888 al gennaio successivo si stabilì a Vienna, per seguire le lezioni di Moritz Benedikt; nel '92 si laureò in medicina a Bologna e il 1º ottobre ottenne un posto di assistente presso il frenocomio S. Lazzaro a Reggio Emilia, diretto dal celebre psichiatra Augusto Tamburini, docente alla clinica psichiatrica dell'università di Modena.
Era l'istituto psichiatrico più rinomato d'Italia per la cura dei malati di mente (allora accoglieva circa mille ricoverati) e per l'attività di ricerca svolta da un'équipe di medici, tra cui erano allora G. Vassalle per patologia generale, G. Ruggeri per antropologia e G. Guicciardi per psicologia.
Nel S. Lazzaro, dalla metà degli anni 70, con Carlo Livi si andava formando un'intera generazione di psichiatri, raccolti intorno alla molto rappresentativa Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale, dove il F. aveva pubblicato nel 1891, ancora studente, il suo primo lavoro, Sull'usodell'acido lattico per lo studio dei vasi capillari nel cervello (XVII, pp. 161 ss.). Nel 1894 egli stesso ricevette la nomina a segretario di redazione, con E. Belmondo, e due anni dopo a redattore capo del periodico; ne divenne instancabile e aggiornato recensore (vedi la raccolta in rist. anast. Per la storia della psichiatria. Recensioni 1893-1907, a cura di M. Quaranta, Bologna 1984). Ma l'incarico mantenuto fino al 1906 all'inizio gli pesò molto, poiché egli era consapevole di quanto poco gli studi universitari preparassero alla specialità che intendeva praticare: "non sapevo niente di psichiatria, ma non osavo chiedere di essere diretto o istruito; temevo di far vedere come fossi ignorante". Cercò di vincere la sua "solitudine intellettuale", coltivando contatti con gli studiosi del settore; iniziò a frequentare Cesare Lombroso, di cui allora apprezzava le teorie antropologico-criminali, e a Firenze, dove abitò tra il 1894 e il '95, conobbe Paolo Mantegazza, caposcuola dell'antropologia italiana.
Si mise a studiare i lavori medici e psicopatologici di J.-M. Charcot e J. Baillarger, P. Janet, Ch. Richet e Ch. Féré; apprese le dottrine positiviste di A. Bain e H. Spencer; si applicò soprattutto all'opera psichiatrica di W. Griesinger. Incontrava difficoltà: si accorgeva di non capire bene, per esempio, i libri di W. Wundt, dai più stimato il fondatore della psicologia sperimentale. Ma la lettura del primo volume dell'Année psychologique, edita da F. Alcan nel 1894, fu per lui come una illuminazione: da allora gli riuscì di "ordinare il caos di nozioni disparate e confuse che avevo immagazzinato nel mio cervello"; ritrovò fiducia in un approccio sperimentale ma davvero interessato al vivere dell'uomo e che, perciò, in "nulla ricorda la psicologia da ranocchi ancora in cosi alto onore nei Laboratori tedeschi" (recens. in Riv. sperim. di freniatria..., XXI [1895], pp. 691-99).
Scrisse ad Alfred Binet e nel 1896 ottenne, grazie all'aiuto di suo padre e ad una borsa di studio, di lavorare con lui, e con J. Courtier, J. Philippe e il rumeno N. Vaschide presso il laboratorio di psicologia della Sorbona.
Del molto che apprese, tra cui gli studi recentissimi su tests mentali e la misurazione metrica dell'intelligenza, si valse al suo ritorno in Italia. Si dedicò a indagini psicometriche e psicofisiche, per esempio alle Ricerche ergografiche nella donna (in Riv. sperim. di freniatria..., XXIV [1898], pp. 61-86), incrementando con G. Guicciardi l'attività di laboratorio al S. Lazzaro, già allestito da G. Buccola e che nel 1896il F. ampliò e attrezzò dei più moderni strumenti (Illaboratorio di psicologia sperimentale di Reggio Emilia, in Emporium, VII [1898], pp. 1-14), dirigendolo fino al 1902. Al Xcongresso nazionale della Società freniatrica (Napoli, ottobre 1899) si pronunciò a favore dei Metodi pratici per le ricerche psicologiche individuali da adottarsi nei manicomi (in Riv. sperim. di freniatria..., XXVI [1900], pp. 788-806), giacché era convinto che la pazzia comportasse alterazione anche gravissima ma non annientamento della personalità individuale.
Continuava a intrecciare rapporti con studiosi italiani e stranieri: nell'agosto 1896 si era recato a Monaco per il III congresso internazionale di psicologia e a Ginevra per quello di antropologia criminale; l'estate successiva era stato a Montreal, dove si riuniva la British Medical Association, e a Bruxelles per il I congresso internazionale di neurologia e psichiatria; nel '98 si era messo in viaggio per Dresda, Berlino, Bonn e Copenaghen, insieme col giovane M. Calderoni, che egli indirizzò con paterna amicizia anche negli interessi filosofici.
Verso la fine del 1898 iniziò la versione italiana di Principles of psychology di W. James, che aveva sfogliati a Parigi in casa del filosofo L. Marillier, presente anche P. Janet.
Non si trattò di una semplice traduzione (Milano 1901); il F. operò tagli sul testo originale e scrisse circa 120pagine in più sia di aggiornamento bibliografico, soprattutto sulla letteratura scientifica italiana, sia di integrazione su argomenti neurofisiologici e psicopatologici: localizzazione cerebrale, disordini della personalità affettiva, volitiva e intellettiva; disturbi dell'attenzione, della percezione e della memoria. Egli rafforzò anche l'impronta antiriduzionistica laddove appariva fragile o facilmente equivocabile, per esempio nella discussa dottrina delle emozioni. Quanto l'eclettico curatore apprezzava di più nell'opera di James, come già in Binet, erano il rifiuto di un rigido sperimentalismo scientista e l'apertura alle più variegate manifestazioni dello psichico, ricca di potenzialità applicative.
Dopo l'enorme successo della versione italiana di Principles (tre edizioni in dieci anni), il F. tradusse e rielaborò dello stesso autore Gliideali della vita (Torino 1902) e, con M. Calderoni, Le varie forme della conoscenza religiosa (prefaz. di R. Ardigò, Torino 1904): fu sicuramente suo il grande merito di introdurre nella cultura italiana la psicologia e la filosofia di James; non corrispose invece alle sue intenzioni che tanta risonanza avvenisse a prezzo di forti deformazioni in senso irrazionalista, nel cosiddetto pragmatismo magico varato da G. Papini e G. Prezzolini, che capeggiavano l'eterogeneo gruppo intellettuale del Leonardo, cui lo stesso F. era in parte legato con G. Vailati e Calderoni.
L'8 apr. 1901 sposò, a Reggio Emilia, Emilia Giordani, una donna colta, che molto lo aiutò nel suo lavoro e da cui ebbe tre figli. Il 21 dic. 1901 il F. ottenne la libera docenza in psichiatria presso l'università di Modena, per la quale nel 1896 si era gia candidato e ritirato davanti alla commissione composta da Tamburini, Vassalle, E. Tanzi ed E. Morselli. Ancora nel igoi il Comitato emiliano per la protezione dei fanciulli deficienti (prOmosso a livello nazionale dallo psichiatra e deputato C. Bonfigli con l'aiuto di Maria Montessori) nominò il F. membro della commissione di sorveglianza per l'Istituto medico-pedagogico di San Giovanni in Persiceto, trasferito poi a Bertalia (Bologna). Reclamando l'opportunità sociale e il dovere dello Stato di provvedere a L'assistenza dei fanciulli deficienti in Italia (relaz. al congresso intern. di Aversa, in Riv. sperim. di frenatria..., XXVII [1903], pp. 3-10), dal 1903 al 1908 il F. diresse l'istituto, premiato all'Esposizione di Milano del 1906; esso ospitava ragazzi e ragazze (332 nel 1905) che, anziché finire rinchiusi a vita nei manicomi, venivano educati, in base al tipo di ritardo mentale e personalità di ciascuno, a condurre esistenze il più possibile integrate socialmente (L'organizzazione ed il riordinamento dell'Istituto pedagogico emiliano di Bertalia, Bologna 1904).
Per lo studio psicologico, il trattamento individuale e L'istruzione dei deficienti (Riv. di psicologia, I [1905], pp. 305-15) il F. seppe impegnarsi a lungo con moltissimi contributi in varie riviste (raccolti in Alcuni scritti di G. C. Ferrari sulla pedagogiae sulla rieducazione dei giovani anormali, a cura di P. Soriano, Milano 1968, e con altri in Scritti di pedagogia e sulla rieducazione dei giovani, a cura di G. Mucciarelli, Bologna 1984); secondo la sua attitudine più pratica che teorica, varò iniziative concrete, tra cui corsi di psicologia sperimentale e ortofrenia per i maestri tenuti a Bologna fino al 1917; partecipo a vari congressi a Liegi, Berlino, Bruxelles, Vienna; fu consulente alla Società Protettrice dei fanciulli abbandonati e maltrattati di Bologna; collaborò in materia legislativa per i minori alla commissione per la riforma del codice penale nel 1910 e nel '21. Nel 1910 a Imola fondò una colonia libera per deficienti gravi e giovani criminali, considerati quali deficienti del carattere e distinti dai tardivi intellettuali, che venne apprezzata dagli specialisti di vari paesi; nel '21 nel carcere di S. Giovanni in Monte a Bologna avrebbe ottenuto l'apertura di un reparto speciale per minorenni, separato dalla sezione degli adulti.
Nel 1902, per undici mesi aveva sostituito il direttore del manicomio di S. Clemente a Venezia. Ottenuta anche la libera docenza in psicologia sperimentale a Bologna nel maggio 1904, tre anni dopo vinceva i concorsi per direttore di manicomio sia a Macerata sia a Imola, ed optava per quest'ultimo che accoglieva allora circa 550 internati.
Il F. fu segretario della commissione internazionale per lo studio delle cause delle malattie mentali e della loro profilassi, sorta a Milano nel 1906 e presieduta dal Tamburini; rappresentante italiano inviato dal ministero dell'Interno al congresso internazionale di psichiatria tenuto ad Amsterdam nell'autunno 1907; membro della commissione di vigilanza del manicomio di Ferrara e nel 1922-23 di Roma. Nel 1922 istituì uno speciale patronato di assistenza e la colonia libera di S. Luca a Bologna per i ricoverati e gli ex degenti psichiatrici.
A Bologna, il 16 luglio 1924 fu trasferito a dirigere l'ospedale psichiatrico Roncati ed il 19 ottobre fondò con altri la Lega italiana per l'igiene mentale, che si collegava a simili iniziative europee sull'esempio del movimento americano sorto con Clifford Beers, autore di un popolarissimo libro sulla propria esperienza di degente psichiatrico che William James aveva raccomandato al F. e che egli incontrò a Parigi nel 1923. Durante la sua pluridecennale esperienza venne elaborando molti Scrittidi tecnica manicomiale e di clinica psichiatrica (raccolta a cura di P. Soriano, Milano 1968), riguardanti svariati aspetti de L'assistenza agli alienati in Italia e nelle varie nazioni (in collab. con A. Tamburini e G. Antonini, Torino 1918). Nel 1905 le sorti della psicologia in Italia registrarono un progresso: a Roma si celebrò il V congresso internazionale di psicologia, dove il F. poté conoscere personalmente William James; il ministro della Pubblica Istruzione istituì finalmente cattedre della disciplina in alcune città; nacque infine (dopo due tentativi brevi e già conclusi) il primo, periodico nazionale dedicato alla psicologia.
Fondata nel febbraio 1905 proprio dal F., la Rivista di psicologia applicata alla pedagogia e alla psicopedagogia, che ebbe per redattore capo successivamente E. Morpurgo, L. Baroncini e G. Canella, non rimase confinata ai due campi di applicazione che il suo direttore previlegiava con la psicotecnica, di cui egli fu uno dei primi ad interessarsi partecipando fin dal 1919 alle conferenze internazionali. I fascicoli a scadenza bimestrale furono aperti alle implicazioni psicologiche della filosofia, criminologia, antropologia e sociologia; si dichiarò fin dal primo numero la disponibilità ad accogliere saggi, recensioni e rassegne. Tanta larghezza rifletteva la non rigidità ma anche la debolezza teorica sia della redazione sia della cultura psicologica italiana e comportò una notevole discrepanza qualitativa tra i contributi pubblicati da autori vari: G. Vailati e A. Aliotta, M. Levi Bianchini e A. Gemelli, L. Baroncini e R. Assagioli, S. be Sanctis e C. Musatti, G. Tarozzi e il Canella oltre allo stesso F. e a suo figlio Carlo Alberto, ingegnere, dal 1932 curatore di una rassegna dedicata alla scienza del lavoro. Nel 1912 divenne semplicemente Rivista di psicologia, organo della Società italiana di psicologia, inaugurata due anni avanti con l'impegno del F., che ne fu membro nel consiglio direttivo; attraverso le pagine della Rivista sono ricostruibili molte vicende della disciplina in Italia.
All'insegnamento accademico della psicologia il F. si dedicò dopo aver conseguito la libera docenza all'università di Bologna; presso la facoltà di lettere e filosofia con un incarico rinnovato annualmente fino al 1932 avrebbe tenuto le sue Lezioni di psicologia sperimentale (a cura di G. Focci, Bologna 1913, e a cura di A. Liverani e M. Vivarelli, Bologna 1917) e il Corso di psicologia sperimentale (a cura di L.L. Plata, Bologna 1932). Nel '30 si candidò per la cattedra rimasta vacante a Roma, con il trasferimento di S. De Sanctis a neuropsichiatria, ma-si ritirò dal concorso per agevolare C. Musatti, futuro direttore della Rivista.
In qualità di psichiatra e psicologo (vedi la scelta dei suoi Scritti di psicologia, a cura di M. Quaranta, Bologna 1985) intervenne come perito in svariate cause di diritto civile e penale, specie nell'ultimo ventennio della sua vita; nel 1920-21 per incarico del ministro di Grazia e Giustizia L. Mortara partecipò con entusiasmo al progetto per la riforma legislativa penale che con E. Ferri si ispirava al principio della pericolosità sociale della scuola positiva di diritto (Una grande idea ed un'opera anche più grande, in Riv. di psicologia, XVII [1921], pp. 245-49). Non si interessò mai direttamente di politica, né si iscrisse ad alcun partito.
Per amicizia con Camillo Prampolini, collaborò al periodico La Giustizia, da questo fondato nel 1886, con articoli di carattere medico e igienistico ed ebbe contatti con il movimento socialista emiliano. Durante la prima guerra mondiale, quando era ufficiale medico e si interessava della psicologia e dei morale delle truppe, Margherita Sarfatti gli presentò B. Mussolini e nel 1916 il F. pubblicò sulla Riv. di psicologia il Diario di guerra di quel soldato che gli aveva chiesto di procurargli alcuni libri.
Nel 1922 scrisse su La psicologia della rivoluzione fascista (Riv. di psicologia, XVIII [1921], pp. 145-60) e del regime ammirò alcune iniziative per la gioventù ed anche un certo "spirito forte", tanto che gli fu rivolta l'accusa, da cui volle difendersi, di promuovere una "manganello-terapia". Nel 1932 insieme col De Sanctis venne chiamato a far parte della commissione per lo studio dei minorenni abbandonati, traviati e delinquenti nell'Opera nazionale maternità e infanzia (Note e discussioni. L'OMNI e i fanciullicosidetti criminali, ibid., XXVIII [1932], pp. 239-42).
In quell'anno, a un ricevimento a Bologna, incontrò Mussolini, con cui non aveva avuto più contatti da quando questi era al potere e che pare gli serbasse rispetto e gratitudine; il F. gli parlò del suo desiderio di aprire centri di igiene mentale in Italia, come aveva visto durante un viaggio a Mosca nell'ottobre 1931 (LaURSS vista da uno psicologo, ibid., pp. 46-57, 228-38, 34-22) e a Washington nel maggio dell'anno prima al congresso mondiale di igiene mentale (vedi Scritti di igiene mentale, a cura di S. Marhaba, Bologna 1985).
Poco prima di morire, fondò presso la clinica pediatrica dell'ospedale Gozzadini di Bologna un consultorio per il trattamento neuropsichiatrico e la guida psicomorale dei fanciulli.
Morì il 21 ott. 1932 a Bologna colpito da infarto mentre si trovava al capezzale di un malato.
Fonti e Bibl.: Presso l'Istituto G. C. Ferrari sorto nel 1984 a Padova, che ha promosso la ristampa della sua opera, sono le carte del F. depositate dalla figlia Nora Ferrari Pressio. Non ancora inventariate, esse comprendono diari, appunti, fotografie, lettere e manoscritti di inediti incompiuti: un lavoro sui deliri J. 80) che sarebbe dovuto uscire a Parigi nel 1902 nella Bibliothèque de psychologie di Coin e che il F. rinunciò a terminare nel 1906, sei anni dopo aver firmato il contratto; un manuale di Lezioni di ortofrenia (ff. 93), s. d. [ma primi '900] e uno di Lezioni di psicologia, 1931. Del F. nello stesso Istituto sono circa 90 lettere alla fidanzata e moglie; tra quelle pubblicate vedi: Lettere di C. Prampolini a G. C. F. (1892-1901) a cura di L. Rossi, in L'Almanacco. Rassegna di studi storici, VIII-IX (1986-87), pp. 69-72; sempre a cura di M. Quaranta: Lettere di M. Calderoni a G. C. F., in Riv. crit. di storia della filosofia, XXXIV (1979), pp. 407-13; altre dello stesso Calderoni nonché le Lettere di W. James a G. C. F., in Teorie e modelli, rispettivamente: I (1984), pp. 55-73 e II (1985), pp. 95-126; una scelta dalle lettere di E. Morselli, G. Prezzolini, V. Benussi, E. Rignano, A. Gemelli, C. W. Beers. Corrispondenti di G. C. F., in G. C. F. nella storia della psicologia italiana, a cura di G. Mucciarelli, Bologna 1984, pp. 269-99; il volume raccoglie gli Atti del convegno sul F. (Bologna, 26-27 nov. 1982), tra le cui relazioni, cfr. almeno A. Santucci, G. C. F. e la cultura positivista, pp. 21-55; N. Dazzi, G. C. F. traduttore di James, pp. 85-96; F. Giacanelli, G. C. F. nella storia della psichiatria italiana, pp. 143-62; in appendice anche stralci di alcune Perizie psichiatriche inedite, a cura di R. Simonitto, pp. 301-19. A questo proposito, P. Guarnieri, G. C. F. e la psicopatologia in tribunale, in Padania, III (1989), 5-6, pp. 192-206.
Per notizie sulla vita, l'autobiografia in A history of psychology in autobiography, a cura di C. Murchison, Worcester, Mass., 1932, II, pp. 63-88, trad. in Riv. di psicologia, XXIX (1933), pp. 2-11 (rist., Bologna 1986);inoltre il necrologio, ibid., XXVIII (1932), pp. 161-64con la commemorazione di S. De Sanctis, pp. 166 ss.; ibid., L (1956), fasc. giubilare, pp. 7-42, con articoli di E. Medea che citava da lettere inedite dei corrispondenti (Tamburini, Lombroso, Ardigò, Papini, Ferri, ecc.), di G. Prezzolini, C. A. Ferrari, S. Soreau Marie, e M. M. Rossi. Cfr. poi E. Medea, Profili di illustri medici amici scomparsi. G. C. F., in Arch. di psicologia, neurologia e psichiatria, XXVI (1965), pp. 335-43;R. Luccio, Psicologia e pragmatismo in Italia. La nascita della "Rivista di psicologia", in Glistudi di psicologia in Italia, a cura di G. Cimino - N. Dazzi, Pisa 1980, pp. 55-67; A. Schema, Vita e scritti di G. C. F., a cura di M. Quaranta, in G. C. Ferrari, Scritti di psicologia, cit., pp. XIII-XXVI; P. Guarnieri, G. C. F., in Diz. biografico della storia della medicina e delle scienze naturali, a cura di R. Porter, Milano 1987, II, pp. 24 s.; V. Bongiorno, Profilo di G. C. F., in Cultura e scuola, XXVII (1988), pp. 143-53;cfr. infine le rispettive prefazioni dei curatori nel volumi già cit. di ristampa e raccolta degli scritti del Ferrari.