Giulio Natta
La storia della chimica e dell’industria chimica in Italia è segnata da un evento fondamentale: la scoperta del polipropilene, avvenuta nel 1954 a opera di Giulio Natta. La scoperta non fu casuale, così come non fu accidentale il contesto in cui avvenne: si realizzava infatti il vagheggiato ‘modello tedesco’ sul rapporto fra ricerca pura e sviluppi industriali. Da tempo Natta indicava nella cristallinità una proprietà cruciale degli alti polimeri, mentre sul piano delle possibili applicazioni il nostro chimico aveva stretto un forte rapporto con la Montecatini di Pier Candiano Giustiniani (1900-1988). Il premio Nobel per la chimica conseguito da Natta nel 1963 coronò una vita ricca di successi, scientifici e industriali.
Giulio Natta nacque a Porto Maurizio (ora Imperia) il 26 febbraio 1903, in una famiglia di giudici e avvocati. Di intelligenza e sensibilità estremamente precoci terminò gli studi medi a 16 anni e, interrompendo la tradizione di famiglia, si iscrisse prima al biennio di ingegneria nel capoluogo ligure e poi, nel 1921, al corso di ingegneria chimica del Politecnico di Milano. Entrato come allievo interno nell’Istituto di chimica generale e inorganica, Natta si impegnò nella determinazione della struttura cristallina mediante tecniche roentgenografiche, guidato in questa nuova e difficile area di ricerca da Giorgio Renato Levi (1895-1965). A 24 anni Natta era libero docente di chimica generale, mentre a 22 aveva già ottenuto l’incarico di chimica analitica presso il suo stesso Politecnico. Per incarico Natta insegnò chimica analitica al Politecnico dal 1925 al 1933 e chimica fisica all’Università di Milano dal 1931 al 1933. Nel 1932 con una borsa di studio aveva trascorso un lungo periodo a Friburgo, dove aveva appreso le tecniche strutturistiche mediante raggi elettronici e aveva avuto un rapporto personale con Hermann Staudinger (1881-1965), il fondatore della chimica macromolecolare.
Nel 1933 il giovane scienziato vinse la cattedra di chimica generale all’Università di Pavia; nel 1935 passò a insegnare chimica fisica nell’Università di Roma e nello stesso anno sposò Rosita Beati, da cui ebbe due figli, Franca e Giuseppe. Si spostò al Politecnico di Torino nel 1937 sulla cattedra di chimica industriale. Nel 1938, a seguito delle leggi razziali, Mario Giacomo Levi (1878-1954) dovette lasciare la cattedra di chimica industriale del Politecnico di Milano e Natta fu chiamato a sostituirlo. Fu una chiamata importante, sia dal punto di vista accademico – contro le ambizioni delle gerarchie fasciste –, sia dal punto di vista scientifico, perché Natta aveva già ottenuto risultati di grande rilevanza tecnologica ed economica con nuovi catalizzatori per la sintesi all’alcool metilico e con un nuovo processo di polimerizzazione della formaldeide. Negli anni seguenti e durante il conflitto Natta si adoperò con processi innovativi per la produzione di gomma sintetica.
A partire dal 1947 poté partecipare con nuove risorse alla ricostruzione dell’Italia. Aveva infatti stretto un importante rapporto con Giustiniani e, tramite lui, con la Montecatini. Per una straordinaria intuizione del nostro scienziato, il suo Istituto divenne un polo di ricerca sulla reazione di Aufbau (costruzione) in contatto con lo scopritore, il chimico tedesco Karl Waldemar Ziegler (1898-1973). Quando questi ottenne un catalizzatore in grado di sintetizzare il polietilene in condizioni blande, Natta fece una scelta decisiva: non seguì la traccia del polietilene, ma aprì una nuova strada studiando la polimerizzazione del propilene. Nel marzo del 1953 a Milano furono sintetizzati i primi campioni di polipropilene isotattico. Il successo scientifico, industriale e commerciale del nuovo materiale fu immenso.
Al momento dell’assegnazione del premio Nobel Natta era già gravemente malato. I primi sintomi del morbo di Parkinson erano comparsi nel 1959. Secondo l’affettuosa testimonianza di Adolfo Quilico (1902-1982), Natta accettò la malattia con «stoicismo e rassegnazione», venati da quella ironia che ogni tanto trapelava anche nei suoi articoli scientifici. Morì a Milano il 2 maggio 1979.
Le prime pubblicazioni di Natta di strutturistica con i raggi X risalgono al 1925. Il giovanissimo studioso acquisì rapidamente uno stile di lavoro originale e fecondo, che lo condusse alla sintesi industriale del metanolo. Si era convinto che le nuove conoscenze teoriche potevano guidare la selezione dei catalizzatori, fino allora basata essenzialmente sulla ricerca empirica. Indagando i catalizzatori per la sintesi del metanolo a partire dal gas d’acqua (CO + H2), aveva individuato il materiale più adatto, e infine aveva messo a punto un nuovo processo, infrangendo il monopolio della BASF che era, al termine degli anni Venti, praticamente assoluto. Il beneficiario industriale dei brevetti di Natta fu la Montecatini di Guido Donegani, l’impresa con la quale il nostro chimico mantenne un rapporto costante per tutto il resto della carriera scientifica.
Nel 1932 Natta ottenne dalla Fondazione Volta una borsa per un viaggio di studio in Germania. Il viaggio si risolse in un lungo soggiorno a Friburgo in Bresgovia, presso il Seeman-Laboratorium del fisico Hugo Seemann, con lo scopo di studiare le applicazioni strutturistiche dei raggi di elettroni. La scelta di Natta verso una tecnica sperimentale d’avanguardia fu accompagnata da uno ‘scarto’ rispetto alle consuetudini accademiche. Invece di farsi ospitare in un laboratorio universitario, dove avrebbe dovuto seguire l’indirizzo di ricerca del direttore, preferì andare laddove erano costruiti gli strumenti stessi per la diffrazione con i raggi di elettroni, e dove avrebbe potuto godere della massima libertà di ricerca. All’Università di Friburgo lavorava Staudinger, dal quale Natta ottenne i campioni degli alti polimeri organici da studiare con la nuova tecnica strutturistica.
Natta utilizzò una varietà di approcci chimico-fisici per innovare i processi industriali. Così, all’inizio degli anni Trenta, per conto della Montecatini migliorò la produzione della formaldeide a partire dall’alcool metilico, attraverso un attento studio termodinamico. Fra i molti contatti con le industrie chimiche, divenne molto importante quello con la Pirelli, che nel giugno 1937 gli propose un contratto di consulenza per studi riguardanti la fabbricazione della gomma sintetica butadienica. Un primo esito eccellente si ebbe già nell’agosto del 1938, con l’acquisizione di un importante brevetto sulla separazione dei componenti di una miscela gassosa, mentre tre anni dopo fu brevettata l’essenziale separazione del butilene dal butadiene con questo procedimento. Questa innovazione fu sviluppata a livello industriale nello stabilimento di Ferrara della Società anonima italiana gomma sintetica (SAIGS), l’unico impianto italiano in grado di produrre elastomeri sintetici a partire dall’alcool di fermentazione. Nel corso degli anni Natta sarebbe entrato a far parte del corpo dirigente della SAIGS, fino a far parte del consiglio di amministrazione nel 1945.
In tutta la prima parte della sua carriera scientifica, Natta operò spesso su temi ‘sensibili’ dal punto di vista politico. Data la visione autarchica dell’economia nazionale, per il regime fascista tutto ciò che riguardava l’industria chimica era politicamente rilevante, con un’accentuazione di questo interesse a partire dai preparativi dell’attacco all’Etiopia del 1935. La timidezza e la riservatezza di Natta costituivano un naturale antidoto alla scomposta e violenta demagogia del fascismo, e si comprende come egli abbia sempre mantenuto un profilo defilato. Tuttavia, in una società dominata da poteri insindacabili anche Natta dovette esporsi. Le leggi razziali del 1938 colpirono duramente la comunità dei chimici. Mentre non vi furono reazioni pubbliche degli accademici rispetto all’iniquità dell’iniziativa mussoliniana, una parte almeno della comunità scientifica si preoccupò delle conseguenze dell’assalto politico alle cattedre universitarie lasciate dai docenti di origine ebraica.
Nell’ambito della chimica spiccava fra tutte la cattedra di chimica industriale del Politecnico di Milano, tenuta fino ad allora da Levi. Negli anni precedenti si era assistito all’irresistibile ascesa di personaggi scientificamente assai modesti, come Felice De Carli (1901-1965) – un vero pupillo del regime –, che aveva già conquistato la cattedra di chimica industriale di Bologna a seguito dell’allontanamento pretestuoso di Maurizio Leone Padoa (1881-1945), l’ordinario di origine ebraica. Anche per intervento del rettore del Politecnico di Milano Natta lasciò immediatamente Torino per andare a ricoprire il ruolo ‘liberato’ da Levi. Certamente la mossa non passò inosservata. Nel 1944, durante la tragica occupazione nazista dell’Italia settentrionale Natta era personalmente impegnato nel sostenere in ogni modo la produzione dello stabilimento di Ferrara, e fu proprio davanti agli operai dello stabilimento che un gerarca locale lo schiaffeggiò, accusandolo del cattivo andamento della mensa.
La varietà di soluzioni innovative dimostrata da Natta nei suoi brevetti non deve nascondere il fatto che a fondamento di una immensa cultura ingegneristica e chimico-fisica si trovava pur sempre la vocazione dello strutturista, dello studioso dello stato solido. Alla fine degli anni Quaranta, con Mario Baccaredda Boy (1907-1993), Natta avviò una serie di ricerche sulla velocità di propagazione degli ultrasuoni negli alti polimeri. La velocità di propagazione deve essere misurata sulle sostanze allo stato liquido. Non si trattava quindi di una ricerca connessa in modo immediato con lo stato solido, ma la sua finalità per il nostro chimico consisteva nel determinare negli alti polimeri lo ‘scarto’ rispetto alla linearità e quindi la presenza o meno di ramificazioni. Quanto fossero importanti queste inedite informazioni fu confermato dall’invito rivolto a Natta e a Baccaredda Boy a partecipare a un colloquio sullo stato solido degli alti polimeri organizzato a Marburgo nel maggio 1950. Unico italiano fra i dodici relatori invitati, Natta visse con scienziati e tecnici due giorni di discussione sulle ambiguità dello stato solido degli alti polimeri, che – come egli stesso avvertì – spesso si comportano come se fossero in uno stato fisico intermedio tra quello solido e quello liquido.
Al momento della liberazione dell’Italia Natta aveva 43 anni; era quindi nel pieno del vigore scientifico e, con venti anni di successi tecnologici alle spalle, era candidato a diventare uno degli artefici della ricostruzione del Paese. Le potenzialità di ricerca migliorarono con l’istituzione, a partire dal 1° gennaio 1946, di un Centro di studio per la chimica industriale del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) presso l’Istituto milanese, ora diretto formalmente da Levi, tornato dall’esilio in Svizzera. Ma di maggior peso fu il consolidarsi di un rapporto personale fra Natta e Giustiniani, direttore generale della Montecatini. Durante la guerra Giustiniani si era impegnato direttamente nel tentativo di coordinare la produzione europea di gomma sintetica, all’interno del progetto nazista di una Neue Ordnung economica e politica, e quindi aveva seguito da vicino l’evoluzione della produzione nello stabilimento di Ferrara. I due personaggi, Natta il tecnologo e Giustiniani l’imprenditore, nell’estate del 1947 si recarono negli Stati Uniti per constatare il livello tecnico dell’industria chimica americana e l’orientamento strategico del management. Emersero due fatti che non avevano riscontro in Europa: la ricerca industriale impiegava migliaia di ricercatori, e la produzione si orientava decisamente verso la petrolchimica.
Al ritorno dal viaggio Giustiniani mise a disposizione del grande chimico industriale uomini e mezzi adeguati per stabilire al Politecnico di Milano un centro di ricerca avanzata. Il programma di collaborazione si sviluppò ulteriormente nel 1952. Durante un convegno a Francoforte, Natta ascoltò una conferenza di Ziegler sulla reazione di Aufbau da lui recentemente scoperta. Questa reazione permetteva di ottenere dei bassi polimeri lineari dell’etilene. Ziegler aveva già pubblicato e parlato di questo, senza suscitare nessun interesse particolare. Natta però aveva studiato a fondo la contrapposizione fra ‘linearità’ e ‘ramificazione’ degli alti polimeri e fu colpito dalle argomentazioni di Ziegler. Egli convinse Giustiniani a invitare Ziegler a Milano, dove si firmò un accordo con il quale la Montecatini acquistava i diritti per lo sviluppo industriale in Italia delle scoperte del chimico tedesco, e si otteneva l’accesso ai suoi studi. Nel febbraio 1953 tre giovani ricercatori del gruppo di Natta arrivarono all’Istituto di Mülheim diretto da Ziegler.
A Milano Natta era costantemente informato sulle ricerche condotte nel laboratorio di Ziegler, e così seppe subito della scoperta del nuovo polimero quando a Mülheim si ottenne polietilene lineare ad alta densità in condizioni di temperatura e pressione blande, utilizzando un particolare catalizzatore a base di tetracloruro di titanio e alluminioalchili. Per vari aspetti, scientifici e tecnologici, la scoperta era strepitosa, ma Natta e Piero Pino, suo assistente e ottimo chimico organico, erano più interessati alla gomma sintetica che ad altri materiali polimerici, così il propilene fu il monomero scelto per le ricerche ‘esplorative’ da condurre a Milano. L’11 marzo 1954, per analizzare certi prodotti di reazione Paolo Chini seguì un procedimento di frazionamento particolare, che non rientrava nella routine di altri laboratori. Ne venne fuori una polvere bianca, cristallina e con alto punto di fusione. Il giorno dopo Paolo Corradini ottenne un diagramma di diffrazione con i raggi X che confermò un alto grado di cristallinità. La proprietà più straordinaria del nuovo polimero venne alla luce quando gli spettri di diffrazione furono interpretati, assumendo che tutti gli atomi di carbonio asimmetrici della catena principale avessero la stessa configurazione sterica. Si trattava della scoperta straordinaria di un ordine totalmente inaspettato.
Nell’Istituto milanese la ricerca si estese subito alla polimerizzazione di diversi monomeri, incluso lo stirene. Tra il marzo 1954 e il giugno successivo tutto il laboratorio di Natta fu mobilitato con un impegno incessante, e finalmente si spedirono le prime richieste di brevetti. Nel dicembre 1954 Natta presentò i principali risultati all’Accademia dei Lincei, e mandò una breve lettera al «Journal of the American chemical society». La lettera fu pubblicata sul fascicolo del 20 marzo 1955. Il risultato eccezionale della stereoregolarità era opportunamente sottolineato, ed era coniato un nuovo termine, destinato a entrare a pieno titolo nel linguaggio scientifico:
Proponiamo di designare come ‘catene isotattiche’ le catene polimeriche che hanno una struttura così eccezionalmente regolare, contenente serie di atomi di carbonio asimmetrici con la medesima configurazione sterica (G. Natta, P. Pino, P. Corradini et al., Crystalline high polymers of α-olefins, 1955, p. 1709).
L’impatto sulla comunità internazionale fu notevolissimo, rafforzato da un torrente di articoli e di brevetti provenienti dal gruppo di Milano. Sotto la guida di Natta furono pubblicati più di 1200 articoli; egli stesso ne firmò 540, oltre a circa 500 brevetti. L’industrializzazione della sintesi del polipropilene isotattico dovette superare problemi assai ardui, in particolare per la pericolosa intrattabilità dei catalizzatori che poi furono detti di Ziegler-Natta. Fra il laboratorio di Natta a Milano e gli impianti di Ferrara, ora di proprietà della Montecatini, si realizzò uno scambio continuo di ricercatori e di informazioni. Superando in modo brillante ogni difficoltà la Montecatini cominciò la produzione del polipropilene nel 1957, commercializzandolo con il nome di moplen. Nel 1962 la produzione mondiale del polietilene ad alta densità di Ziegler e del polipropilene di Natta raggiungeva le 250.000 tonnellate e l’anno successivo i due scienziati ricevettero congiuntamente il premio Nobel per la chimica.
Il passato scientifico e tecnologico di Natta testimoniava una sorta di predisposizione verso questo successo clamoroso, ma il risultato finale, la scoperta del polipropilene isotattico, fu resa possibile dalla sinergia di due forze diverse. Natta aveva saputo organizzare un vero centro di eccellenza, ma questo era potuto avvenire solo per la disponibilità della Montecatini, in denaro e in uomini. Questa sinergia fra accademia e industria, insolita in Italia, e la formidabile esperienza di Natta come chimico fisico e come chimico industriale fecero sì che a una scoperta di grande valore scientifico seguissero risultati economici notevolissimi e un mutamento inaspettato nella stessa quotidianità attraverso gli innumerevoli oggetti commerciali di moplen.
Relazioni fra la attività di catalizzatori proposti per la sintesi dell’alcool metilico e la loro struttura chimica e cristallina, «Giornale di chimica industriale ed applicata», gennaio 1930, pp. 13-32.
Dimensioni degli atomi e degli ioni monovalenti nei reticoli dei cristalli, «Memorie della Reale Accademia d’Italia. Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1931, 2, pp. 365-79.
G. Natta, M. Baccaredda, Esame della cellulosa coi raggi di elettroni, «Rendiconti della R. Accademia nazionale dei Lincei», 1936, 6, pp. 444-48.
Sullo stato solido degli alti polimeri. Commento sul Convegno di Marburg, 16-17 maggio 1950, «La chimica e l’industria», 1950, 32, pp. 334-40.
G. Natta, P. Pino, P. Corradini et al., Crystalline high polymers of α-olefins, «Journal of the American chemical society», 1955, pp. 1708-10.
Synthesis of methanol, in Catalysis, ed. P.H. Emmett, 3° vol., New York 1955, pp. 349-411.
Une nouvelle classe de polymères d’α-oléfines ayant une régularité de structure exceptionnelle, «Journal of polymer science», 1955, 16, pp. 143-54.
From the stereospecific polymerization to the asymmetric autocatalytic synthesis of macromolecules, in Nobel Lectures. Chemistry 1963-1970, Amsterdam 1972, pp. 27-60.
Si veda inoltre, all’indirizzo www.giulionatta.it, il cospicuo materiale dell’Archivio di Giulio Natta, curato da Italo Pasquon.
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