Bertini, Giuseppe
Pittore (Milano 1825 - ivi 1898). Personalità di rilievo nell'ambiente artistico milanese del secondo Ottocento, e dal 1860 insegnante a Brera accanto all'Hayez cui dovette molto, il B. rappresenta in certo modo la corrente temperata nella evoluzione del gusto pittorico lombardo.
Fedele ai modi dell'Hayez nella tematica storica, e con un colorito luminoso di ascendenza veneziana (rivelò spiccatamente la propria ammirazione per il Tiepolo nelle vivaci invenzioni per i sipari della Scala e del Teatro Manzoni e negli affreschi della villa Ponti a Varese), si accostò anche alla poetica dei Nazareni, all'Overbeck in specie, durante un soggiorno romano, e studiò i quattrocentisti, a Firenze soprattutto, mettendo a profitto questo suo purismo tardivo nell'arte della vetrata che aveva ereditato dal padre Giovan Battista e che continuò brillantemente, insieme col fratello Pompeo, unendo all'attività di maestro vetraio quella di eccellente restauratore delle vetrate del duomo di Milano. Buon conoscitore della pittura antica e consigliere di collezionisti privati, fu tra i fondatori del museo Poldi Pezzoli, di cui fu il primo direttore, e fu anche direttore della Pinacoteca di Brera. Indubbiamente abile, ma irresoluto tra il conservatorismo della pittura di soggetto nobile, cui lo spingeva l'amore degli antichi, e le tentazioni del verismo, dette il meglio di sé in qualche ritratto e nei bozzetti, dove, adottando una stesura abbreviata e corsiva, inclinò talora al generismo scintillante degli Induno.
Il B., che aveva esordito nel 1845 meritando il gran premio dell'Accademia di Brera col D. che consegna il manoscritto dell'Inferno a frate Ilario (Milano, Galleria Civica d'Arte Moderna) - ed era un tema già svolto dal Bezzuoli (v.) -, ritornò a soggetti danteschi, poco dopo, con l'Incontro di D. e Beatrice, e nel 1852 con la vetrata D. e il concetto della D. C. (Biblioteca Ambrosiana), che, esposta a Londra nel 1853, gli meritò il massimo premio e grandi elogi.
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