CENERI, Giuseppe
Nacque a Bologna il 17 genn. 1827da Gaetano e da Claudia Benetti. Le condizioni economiche della famiglia erano piuttosto modeste e peggiorarono quando, nel novembre del 1836, iI padre del C. morì. Il C., tuttavia, riuscì a proseguire i suoi studi grazie all'intervento dell'Opera pia dei vergognosi: fu accolto nelle scuole del seminario bolognese presso le quali studiò latino, lettere umane e filosofia. Successivamente si iscrisse alla facoltà giuridica dello Studio bolognese e il 13 maggio 1848conseguì il dottorato con il massimo dei voti.
L'entusiasmo suscitato a Bologna dall'entrata in guerra di Carlo Alberto contro l'Austria influenzò anche il C., il quale, insieme con il suo amico Luigi Conti Castelli, partì per il Piemonte. Qui si arruolò volontario nell'esercito sardo, ma dopo pochi mesi si ammalò e venne congedato. Rientrato a Bologna nel 1849, comincio ad esercitare la professione forense. Nel 1850venne incaricato dall'università cittadina - i cui corsi regolari non erano ancora ripresi in pieno dopo gli avvenimenti degli anni precedenti - di tenere un corso privato di pandette. Con la rmalizzazione dei corsi universitari il C. ottenne nel 1851 la supplenza di una delle due cattedre di pandette (denominate "Testo civile" dopo la riforma di Leone XII del 1824). E alla medesima cattedra fu nominato come titolare con decreto del 28 sett. 1853.
A questi anni risalgono anche i suoi primi lavori scientifici. Nel 1852 egli dette alle stampe una rielaborazione delle Partitiones di Vinnio dal titolo Partizioni di diritto civile romano, opera di Arnoldo Vinnio, resa italiana e con nuovo metodo esposta dall'avv. G. Ceneri; e nel 1853, sempre a Bologna, pubblicò un sunto delle lezioni tenute nell'anno accademinico 1852-53 in materia testamentaria dal titolo Tavole sinottiche sulla materia testamentaria. A queste opere ne seguirono altre negli anni immediatamente successivi. Del 1854 è la stampa, ancora a Bologna, del suo corso di lezioni in tema di diritti obbligatori Tabulae synopticae de obligationibus, in latino; e del 1856 è l'opera, in due volumi, edita sempre a Bologna, Studi di diritto romano. Diritto delle obbligazioni. Tutti questi lavori hanno origine nella scuola e pertanto si propongono non già di individuare originali conclusioni interpretative, bensì di offrire un quadro, il più possibile chiaro, della dogmatica giuridica e dell'elaborazione dottrinaria. Il C. appare saldamente legato alla scuola pandettistica e poco sensibile alle innovazioni offerte dalla scuola storica. Pur conoscendo alcune opere del Savigny (non utilizza, comunque, i suoi studi sulle obbligazioni), il C. ne rifiuta il metodo, preferendo quello dogmatico che considera - come esplicitamente dichiara in questi anni - l'unico valido nello studio del diritto romano (Brini, p. 18).Egli, comunque, non si limita ad enunciare il dogma giuridico, ma avverte chiaramente anche l'esigenza di arricchire lo studio del dogma stesso con un'esegesi accurata e puntuale del testo giustinianeo, esegesi che nei suoi lavori appare certamente più approfondita di quella compiuta da giuristi contemporanei.
L'impegno di studioso, di docente universitario e di avvocato non impedì al C. di partecipare alla vita politica della sua città. La sua fedeltà al governo pontificio appare completa. Lo sta a dimostrare il fatto che era stato chiamato, in giovane età, a ricoprire una delle più importanti cattedre dello Studio bolognese. E lo attesta anche la sua presenza nel Consiglio comunale di Bologna all'inizio del 1859 (d'altro canto il C. stesso molti anni dopo dichiarerà di esser stato un "clericale"). Quando il 12 giugno 1859 le truppe austriache e il legato pontificio lasciarono Bologna, il Consiglio comunale provvide subito a nominare una giunta provvisoria di governo, composta da G.-N. Pepoli, G. Malvezzi Medici, L. Tanari, A. Montanari e C. Cesarini: il C. era tra i consiglieri comunali che nominarono tale giunta.
Il delicato momento Politico che Bologna visse nei mesi immediatamente successivi. appare pienamente controllato dai liberali moderati. L'11 luglio Massimo d'Azeglio prese possesso dell'ufficio di commissario straordinario per Bologna e due giorni dopo accolse le dimissioni della giunta provvisoria. Formò allora un nuovo governo, articolato in sei dicasteri, detti "sezioni", affidati ciascuno ad un "gerente". Il C. in questo periodo appare molto vicino al gruppo moderato filopiemontese, tanto da essere nominato, il 26 luglio 1859, "segretario generale" per la "sezione" Istruzione Pubblica e Beneficenza del governo d'Azeglio. Il 28 agosto, poi, venne eletto deputato all'Assemblea delle Romagne che, inaugurata solennementeil 10 settembre, proclamò il giorno 6 la decadenza del governo pontificio e il giorno successivo. deliberò l'annessione al regno sardo. Il governo delle Romagne era stato nel frattempo assunto da Leonetto Cipriani.che era gradito a Napoleone III, ma non ai moderati bolognesi, guidati dal Minghetti, i quali gli preferivano un uomo più decisamente legato al Piemonte come Luigi Carlo Farini. Nel novembre 1859 l'Assemblea incaricò una commissione, di cui faceva parte il C., di valutare la possibilità di estendere alle Romagne lo statuto albertino. La commissione affidò al C. il compito di riferire all'Assemblea il proprio parere favorevole, insieme con la proposta di affidare il governo delle Romagne al Farini. Le proposte del C. furono accolte a grandissima maggioranza.
Proseguiva, intanto, l'attività universitaria dei Ceneri. Nel 1859l'università bolognese gli affidò la cattedra di procedura civile che egli tenne per un anno accademico. Nel novembre 1859il governo romagnolo, inoltre, lo nominò giudice della Corte di appello di Bologna, incarico che egli tenne contemporaneamente all'altro di professore fino al novembre 1861quando, invitato ad optare, scelse l'insegnamento. Dal 1860era tornato alla cattedra di pandette, il cui studio e il cui insegnamento avevano ormai acquistato un significato ben diverso dagli anni del governo pontificio: anche alle Romagne era stato esteso il codice civile sardo e quindi il diritto romano non era più diritto vigente. Con decreto del 30 sett. 1859il governo romagnolo aveva riformato gli studi giuridici universitari, aggiungendo alle cattedre di diritto romano e di diritto canonico quella di diritto civile. Riprendendo nel 1860 il corso di pandette (nel 1861-62terrà anche l'incarico di diritto civile), il C. sottolineò nella sua prolusione l'importanza della riforma: a suo parere lo studio del diritto romano, depurato da ogni implicazione pratica, poteva ora acquistare un contenuto scientifico ben superiore al passato. Nella medesima prolusione (pubblicata a Bologna nel 1860) egli sostenne ancora una volta la validità del metodo dogmatico, e la sua superiorità rispetto a quello storico. E a tale metodo continuò a restare fedele nel suo insegnamento e nei lavori pubblicati in questi anni, anch'essi nati - al pari dei precedenti - nella, scuola, come il Sunto di lezioni di Pandette su temi del diritto delle obbligazioni (Bologna 1867).
L'impegno politico del C. appare accentuarsi negli anni immediatamente successivi alla proclamazione del Regno d'Italia. Al pari di altri intellettuali bolognesi egli si staccò dall'ala moderata per confluire in quella democratica. La rottura aperta tra i due gruppi si manifestò in occasione delle elezioni politiche del 1867. Il 4 marzo di quell'anno i contrasti tra le due tendenze provocarono la scissione del Comitato della Società liberale bolognese, con la conseguente formazione di due distinti comitati, quello detto costituzionale e l'altro detto avanzato. A questo momento il C. risulta ormai decisamente schierato con i democratici, tanto da essere designato come loro candidato in opposizione al Minghetti, candidato dei moderati. Nonostante l'intensa campagna elettorale da lui condotta, il C. fu sconfitto al primo turno elettorale (10 marzo).
Appare difficile individuare le tappe attraverso le quali si era maturata: l'evoluzione politica dei Ceneri. La sua adesione ai democratici non doveva essere manifesta nel 1863, dato che il suo nome non compare, nei rapporti inviati dal questore al prefetto di Bologna, tra quelli dei democratici più decisi (vi compare, invece, a partire dal marzo 1867). Nel 1864, poi, la sua elezione nel Consiglio comunale bolognese non sembra ancora avere un preciso significato democratico; nessun commento viene espresso in proposito dal Bottrigari, il quale, da posizioni moderate, avrà in seguito sempre parole dure per il C. e i suoi successi elettorali. A, forse, possibile mettere in relazione lo spostamento del C. su posizioni democratiche con la sua adesione alla massoneria bolognese. Nel febbraio 1866 a Bologna venne fondata una loggia massonica che nel marzo fu accolta nella Comunione nazionale. Sin dall'inizio i massoni bolognesi. si distinsero per la loro adesione alle idee democratiche che all'interno della massoneria italiana trovavano in Garibaldi la loro espressione più autorevole e il loro principale centro organizzativo nella loggia milanese presieduta da Ausonio Franchi. Alla fine dell'anno quest'ultima si scisse dalla Comunione nazionale e fu seguita nel gennaio 1867 dalla loggia bolognese. Il gran maestro della massoneria, il moderato Lodovico Frapolli, escluse allora i milanesi e i bolognesi: e l'espulsione di questi ultimi venne confermata nell'autunno 1868 quando il Franchi e il Frapolli si riconciliarono. Non sappiamo con esattezza quando il C. entrasse nella loggia bolognese: comunque il suo nome, insieme con quello del Carducci, compare nell'elenco dei massoni bolognesi per i quali nel 1868 veniva confermata l'espulsione.
All'inizio del 1867, dunque, il C. era ormai tra i democratici bolognesi. Nel marzo partecipò alla costituzione della Società democratica e ricevette, con altri, l'incarico di redigerne lo statuto. Il 19 dello stesso mese fu presente, insieme con il Carducci, alla riunione indetta dalla medesima Società per celebrare l'onomastico di Garibaldi. Nel luglio condusse una vivace campagna elettorale in vista delle elezioni comunali bolognesi. L'8 agosto partecipò alla manifestazione, svoltasi per iniziativa dei democratici cittadini, alla arena del Pallone, per chiedere la liberazione di Roma. E nei primi giorni di settembre si recò, come rappresentante della Società democratica, insieme con Quirico Filopanti (G. Barilli), a Ginevra per partecipare al congresso della pace al quale intervenne anche Garibaldi.
La lotta politica italiana, nella seconda metà dell'anno, si accentrò sull'impresa di Garibaldi contro Roma. Al pari di altri democratici bolognesi il C. si schierò subito a favore dell'impresa. I suoi contrasti con la maggioranza della massoneria italiana presentano anche questa motivazione, dato che gli organi direttivi, e in primo luogo il gran maestro, erano decisamente contrari all'azione di Garibaldi. Alla fine del mese di settembre il C., appresa la notizia dell'arresto di Garibaldi, organizzò a Bologna una serie di manifestazioni per sollecitarne la liberazione. Nell'ottobre fece parte del comitato creato dalla Società democratica per sostenere l'insurrezione nello Stato pontificio. E infine partì volontario e raggiunse le truppe garibaldine con le quali prese parte ai combattimenti di Monterotondo e di Mentana.
Dei democratici italiani il C. non condivideva soltanto le idee sulla via da seguire per raggiungere l'unità nazionale, ma anche quelle in merito ai problemi sociali del paese. Più precisamente, egli appare schierato, all'interno del movimento democratico bolognese, tra i radicali che, come il Filopanti, erano maggiormente sensibili alle istanze dei ceti popolari e più decisamente si opponevano alla politica economica ael governo regio. Nel febbraio 1868 egli partecipò, insieme con i suoi colleghi dell'università bolognese Giosue Carducci e Pietro Piazza, ad un banchetto indetto per celebrare l'anniversario della mazziniana Repubblica romana. Il ministro della Pubblica Istruzione, Emilio Broglio, sospese nel marzo i tre docenti dall'insegnamento: il provvedimento più severo (quattro mesi di sospensione) venne adottato proprio nei riguardi del Ceneri. Il mese successivo la Società democratica e quella operaia proclamarono uno sciopero a Bologna per protestare contro l'imposta sul macinato e la crisi economica della città. Lo sciopero iniziò il 14 aprile: la polizia intervenne in forza e arrestò molti scioperanti. Il giorno dopo i rappresentanti delle due società si incontrarono per decidere in merito alla prosecuzione dello sciopero: nella riunione - nel corso della quale anche il C. prese la parola - fu approvata una mozione con cui si chiedeva al governo la liberaiione degli arrestati, la riforma dell'imposta di ricchezza mobile e l'abolizione della tassa sul macinato. La notte successiva il C. venne arrestato msieme con il Filopanti. Liberato pochi giorni dopo, il 21 dello stesso mese inviò al ministro della Pubblica Istruzione le proprie dimissioni dalla cattedra universitaria, come protesta per l'azione governativa.
Nello stesso periodo aveva partecipato alle elezioni politiche: al primo turno (19 aprile) né il C. né il candidato moderato, il generale Medici, raggiunsero la maggioranza richiesta dalla legge. Al secondo turno (26 aprile) il Medici prevalse. Pochi giorni dopo il C. e il Filopanti si dimisero dal Consiglio comunale per protesta contro il sindaco Pepoli che, per non dichiarare apertamente il proprio imbarazzo di fronte all'azione del governo - il quale aveva annullato gli impegni da lui assunti verso gli scioperanti - aveva preferito dimettersi senza fornire spiegazioni al Consiglio né aprire un dibattito. Ma alle successive elezioni comunali, tenutesi nel mese di ottobre, egli si ripresentò candidato e venne eletto.
Rimasto libero da occupazioni accademiche, il C. si dedicò con maggior impegno alla vita politica e alla professione forense. Nell'aprile 1869 difese il direttore del giornale bolognese l'Amico del popolo accusato di aver pubblicato articoli sovversivi. La Corte di assise di Bologna accolse le ragioni del C. e assolse il giornalista. Nel maggio una nuova elezione si rese necessaria a Bologna. I liberali proposero di nuovo il Minghetti, nominato di recente ministro per l'Agricoltura e il Commercio. Contro di lui i democratici bolognesi scelsero il C. come candidato e condussero un'attiva campagna elettorale. Al primo turno (30 maggio) nessuno dei due venne eletto, ma il C. ottenne più voti dell'avversario: il 6 giugno, poi, prevalse nettamente.
La sua elezione rappresentava un grosso successo per i democratici bolognesi. Già in precedenza nel loro ambito si era discusso a lungo sull'opportunità di. partecipare alla vita istituzionale del regno e in particolare sulla possibilità che un democratico, una volta eletto deputato, prestasse il giuramento di fedeltà alla corona richiesto ai membri delle Camere. Il C. era stato tra coloro che avevano sostenuto la tesi negativa. Così, quando gli venne richiesto il giuramento di fedeltà, egli rifiutò di prestarlo e nel marzo 1870 si dimise dalla Camera. La questione del giuramento venne, poi, approfondita nel novembre 1870 nel corso di un convegno organizzato a Bologna dal movimento democratico, convegno cui parteciparono, tra gli altri, il C., il Filopanti e Aurelio Saffi. Vi prevalse l'opinione sostenuta in quella occasione dal C., quella, cioè, del "concorso condizionato alle urne, nel senso, cioè, di appoggiare le candidature di coloro che preventivamente dichiareranno di non andare alla Camera, non volendo prestare il giuramento di fedeltà alla monarchia" (Galante Garrone, F. Cavallotti, p. 247).
Il C. appare ormai uno dei principali esponenti del radicalismo italiano e uno dei più decisi interpreti della politica che tendeva ad unificare in un solo fronte le correnti più avanzate della democrazia borghese e le prime associazioni socialiste e operaie. Nel novembre 1871 partecipò ad una riunione tenutasi a Roma tra i rappresentanti di numerose società socialiste e democratiche per stringere un patto di alleanza politica. L'accordo fu raggiunto, ma la sua attuazione risultò ben presto molto difficile perché da parte delle associazioni operaie cominciava a manifestarsi la tendenza a difendere da sole gli interessi del proletariato rifiutando la tutela dell'ala più avanzata della borghesia.
Ritornato all'insegnamento nel dicembre 1871, dietro sollecitazione dello stesso ministro della Pubblica Istruzione, Cesare Correnti, il C. non ridusse il suo impegno politico. Nel 1870 era stato ancora una volta eletto nel Consiglio comunale di Bologna e nel 1874 difese con successo i dirigenti repubblicani arrestati nell'agosto mentre partecipavano ad una riunione a villa Ruffi, presso Covignano, nelle immediate vicinanze di Rimini, sotto la presidenza di Aurelio Saffi. Nel 1876 si presentò di nuovo candidato alla Camera, ma non venne eletto; mentre nel 1880 rifiutò di presentare la propria candidatura. Egli continuava ad operare per la formazione di un fronte politico unitario dell'estrema Sinistra dai repubblicani ai socialisti, che ora appariva più che mai necessario per opporsi alla maggioranza depretisiana è al nascente trasformismo. Nel settembre 1882 partecipò alla riunione promossa dall'Unione democratica bolognese, cui intervenne anche il Cavallotti, per stabilire un'alleanza tra repubblicani, radicali e socialisti in vista delle prossime elezioni. In queste ultime - tenutesi nel mese di ottobre - il C. risultò di nuovo eletto. La pregiudiziale del giuramento era stata ormai superata dai radicali, tra i quali era prevalsa l'opinione di operare attivamente in Parlamento contro la maggioranza governativa. In dicembre il C. tenne alla Camera un violento discorso contro l'obbligo del giuramento. Nel marzo, però, fu costretto a lasciare la Camera: si era reso necessario un sorteggio tra i deputati dipendenti dello Stato e il suo nome venne estratto.
Continuò, peraltro, la sua azione contro la maggioranza governativa. Nell'agosto 1883 partecipò al congresso bolognese da cui nacque il Fascio della democrazia: all'inizio venne anche eletto nel Comitato centrale del Fascio, ma poi si dimise per consentire che nel Comitato trovassero paritetica rappresentanza le tre principali correnti del movimento democratico, la repubblicana, la radicale e la filosocialista. Schierato sulle posizioni politiche del Cavallotti, ne condivise le preoccupazioni per i contrasti manifestatisi successivamente all'interno del movimento democratico e con lui sottoscrisse nel 1885 il manifesto che invitava all'unità. E per testimoniare l'identità di volontà politica tra le varie correnti democratiche egli, insieme con altri due avvocati radicali, Enrico Ferri e Ettore Sacchi, difese i braccianti e i lavoratori che nel 11886 erano stati arrestati per aver promosso scioperi e manifestazioni nel Mantovano e nel Cremonese: ancora una volta il processo si concluse con l'assoluzione dei suoi difesi.
La sua attività di docente e di studioso era proseguita nel frattempo con successo. Tra gli altri lavori di questi anni particolarmente interessante appare il volume Lezioni su temi del ius familiae (Bologna 1881), in cui "la trattazione dogmatica lucidissima è ravvivata dall'esegesi arguta e sicura" (Costa, p. 229), e in cui, con testi giuridici, il C. utilizzò fonti di diversa natura per offrire un quadro vivo della prassi prevalente. Nel 1888 le sue precarie condizioni di salute lo indussero a presentare le dimissioni dalla cattedra e ad abbandonare definitivamente l'università.
Nel gennaio 1889 fu nominato senatore del Regno. La nomina non implicò, per altro, l'abbandono delle sue posizioni politiche. Nell'aprile 1890 egli commemorò a Bologna. Aurelio Saffi e nel maggio partecipò al congresso di Roma che si concluse con l'accordo, noto come patto di Roma, tra tutte le correnti della democrazia italiana, accordo che offriva una più salda piattaforma politica per l'opposizione anticrispina.
L'adesione al patto di Roma era stata promossa anche dall'ala più progressista della massoneria italiana. Il C., che era rientrato nella massoneria probabilmente già all'inizio degli anni '70 e che nel 1877 faceva già parte della Propaganda massonica (una loggia romana riservata ai confratelli più illustri), si era mosso per far prevalere le correnti anticrispine. Un maggior impegno nella politica italiana era, peraltro, sostenuto anche dal gran maestro Adriano Lemmi, il quale, però, tendeva a sostenere il confratello Crispi. A partire dal 1894 l'ala più avanzata della massoneria cominciò a coagularsi intorno al Nathan e ad accentuare la sua opposizione al Lemmi. Il C. appare tra gli amici più vicini al Nathan. Ma la sua opposizione al Lemmi non gli impedì di esprimere nel 1895 un giudizio di assoluzione nei suoi confronti. Il Lemmi era stato accusato dagli oppositori di aver compiuto da giovane un reato in Francia. Un tribunale d'onore, composto, tra gli altri, dal C., da G. Bovio e dal Carducci, si pronunciò il 15 aprile di quell'anno in senso favorevole ad Adriano Lemmi e il Supremo Consiglio accolse quindi tale decisione il 30 aprile.
Negli ultimi anni il C. si allontanò progressivamente dagli impegni politici a causa delle cattive condizioni di salute. Morì a Bologna il 7 giugno 1898 dopo una lunga malattia.
Giovanissimo aveva sposato Luisa Macaferri da cui aveva avuto un figlio, Luigi, morto improvvisamente nel 1866. Oltre al numerosi studi di diritto romano e alle sue più importanti difese, il C. pubblicò a Bologna nel 1885 una raccolta di versi dal titolo Nugalia, per la quale ricevette caldi complimenti dall'amico Carducci (l'elenco completo delle opere del C. in G. Brini, pp. 29-32).
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