Uomo politico e storico (Messina 1815 - Torino 1863). Repubblicano, prese parte, in Sicilia, ai moti del 1837 e alla rivoluzione del 1848. Esule in Francia e poi a Torino, aderì (1856) alla monarchia e fu collaboratore di Cavour. Inviato (1860) in Sicilia per promuoverne l'annessione al Piemonte, fu espulso da Garibaldi. Deputato dal 1860.
Dopo iniziali tentativi letterarî (diresse lo Spettatore Zancleo), il suo atteggiamento favorevole ai moti del 1837 lo costrinse a esulare in Toscana, dove tornò nel 1841. Proseguendo i suoi studî storici, pubblicò allora l'Italia nei suoi monumenti, ricordanze e costumi (1842); Studi storici sul sec. XIII (1842); e una grande Storia d'Italia narrata al popolo italiano (1846-54), d'intonazione neoghibellina. Nel 1847 diresse a Firenze il giornale L'Alba, che fu tra i primi a tendenza democratico-sociale, e si recò poi in Sicilia allo scoppio della rivoluzione (1848). Eletto deputato alla camera dei Comuni, fece parte della missione incaricata di offrire la corona di Sicilia al duca di Genova; fu quindi ministro dell'Istruzione e, dopo la caduta di Messina, della Guerra, spiegando in questo ultimo incarico una febbrile attività. Dopo la rivoluzione, esulò in Francia, dove scrisse una Istoria documentata della rivoluzione siciliana (1850-51) e una Storia d'Italia dal 1815 al 1850 (1851-52). Tornato in Italia, fondò a Torino la Rivista contemporanea e scrisse un romanzo storico (Gli Albigesi, 1855). Di formazione repubblicana, La F. nel 1856 aderì alla monarchia, divenendo fidato collaboratore di Cavour, la cui politica appoggiò efficacemente presso l'opinione pubblica con la Società nazionale (fondata appunto nel 1856). Superata la crisi determinata dalle dimissioni di Cavour dopo Villafranca, La F. riorganizzò la Società nazionale scioltasi nel 1859, e nel 1860 si recò in Sicilia, con l'incarico di affrettarne l'annessione al Piemonte: ma Garibaldi, deciso a conservare la sua autonomia fino al compimento dell'impresa, lo espulse clamorosamente. Tornò in Sicilia qualche mese dopo, ma la violenta ostilità delle frazioni autonomista e repubblicana lo costrinse di nuovo a lasciare l'isola. Deputato dal 1860, passò all'opposizione dopo la morte di Cavour.