RICCI, Giuseppe
– Nacque a Modena l’11 luglio 1795 da Carlo e Maria Elisabetta Trivelli.
Apparteneva a una importante e ricca famiglia originaria della Lunigiana, che nel 1816 ottenne l’iscrizione all’Albo d’oro della nobiltà modenese. Nel 1815 sposò la contessa bolognese Maria Anna Luigia Camilla Ranuzzi (1795-1818), che morì però appena tre anni dopo il matrimonio. Nel 1818 si risposò con la nobile modenese Teresa Menafoglio (1800-1865), dalla quale ebbe otto figli: Ludovico, Emilio, Pietro, Giuseppe, Eugenia, Marianna, Vittoria, Elena.
Ricci si occupava soprattutto della gestione del patrimonio di famiglia, spostandosi spesso in Lombardia e nello Stato Pontificio. Ben introdotto a corte, nel 1822 fu nominato cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro dal re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Divenuto anche guardia nobile, nel 1831 seguì Francesco IV nel suo breve esilio a Mantova in seguito alla rivoluzione e al suo ritorno il duca gli conferì la medaglia ‘fideli militi’.
Nei mesi successivi nel Ducato continuarono a circolare voci su altri tentativi insurrezionali, alimentati dalle stesse autorità di polizia, all’interno delle quali peraltro si manifestava una rivalità tra il conte Girolmano Riccini, ministro del Buon Governo, e il direttore di polizia Francesco Garofalo. In questo clima, il 16 giugno 1832 Ricci fu arrestato insieme ad altri presunti complici con l’accusa di aver ordito una congiura per assassinare Francesco IV e rapire la sua famiglia. Il procedimento contro di lui era nato da un’iniziativa di Riccini che nelle settimane precedenti aveva fatto interrogare due detenuti comuni, i quali avevano avevano dichiarato di aver partecipato a incontri per preparare l’attentato al duca, poi non realizzato. Ricci professò la sua innocenza, mentre le indagini e le deposizioni degli altri imputati e dei testimoni produssero solo prove circostanziali. La Commissione militare incaricata di giudicare gli imputati condannò Ricci alla pena capitale (15 luglio), sentenza che fu eseguita a Modena il 19 luglio 1832.
La maggior parte degli altri imputati, compresi i due accusatori di Ricci, furono condannati all’ergastolo e nelle settimane successive vennero sottoposti a ulteriori interrogatori; le loro deposizioni – pratica abbastanza insolita – furono pubblicate alla fine del 1833 dallo stesso ministero del Buon Governo. La pubblicazione serviva a Riccini per accreditarsi presso il duca come il suo più fedele difensore e per contrastare le accuse che gli vennero subito mosse. Infatti in uno dei suoi primi numeri La Giovine Italia dedicò un lungo scritto al processo, in cui la condanna di Ricci divenne una clamorosa prova delle inique pratiche giudiziarie dei governi assoluti italiani. Il caso tornò a essere discusso nel 1848 anche grazie a un’iniziativa giudiziaria. Infatti, dopo la fuga del duca da Modena, la vedova Teresa Menafoglio denunciò al governo provvisorio modenese Riccini per aver ordito un processo fraudolento contro il marito. Pochi giorni dopo la denuncia di Menafoglio, furono pubblicate le confessioni di Garofalo, nelle quali l’ex direttore di polizia accusava Riccini di aver inventato prove e testimonianze contro Ricci per sue mire personali. Il processo contro Riccini si interruppe con il ritorno del duca, ma fu ripreso nel 1850 su istanza dello stesso Riccini, che aveva pubblicato diversi opuscoli a sua difesa e voleva discolparsi definitivamente dalle accuse che pendevano su di lui. Interrotta ancora nel 1853, la raccolta delle deposizioni fu ripresa nel 1859 su richiesta della commissione presieduta da Luigi Carlo Farini, e nel settembre 1864 la corte d’appello di Modena ordinò formalmente la riapertura della causa contro Riccini. Nelle deposizioni raccolte nel corso di quegli anni i presunti complici dichiararono che le loro testimonianze d’accusa erano stato estorte, mentre furono avanzati sospetti – anche da parte della stessa vedova – che Riccini avesse perseguito Ricci per vendicare un affronto subito. Nel corso di quegli anni Ricci entrò nel pantheon dei martiri italiani, e la sua vicenda fu utilizzata sia a livello locale per delegittimare la dinastia estense (Bianchi, 1852), sia a livello nazionale (Vannucci, 1848; Ricciardi, 1860) come testimonianza della crudeltà dei sovrani assoluti italiani.
Il 6 marzo 1865 la sezione d’accusa della corte d’appello di Modena rinviò a giudizio Riccini per ‘atroce calunnia’ a danno di Ricci e per aver subornato i testimoni. Ma qualche giorno prima, il 3 marzo 1865, Riccini era morto a Venezia e il 30 dicembre 1865 la corte d’appello di Modena dichiarò il non luogo a procedere per l’avvenuto decesso dell’imputato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Archivio privato famiglia Ricci, bb. 63, 66, 67, 82; Archivio Riccini, bb. 1 e 2; Modena, Biblioteca universitaria estense, Raccolta Ferrari Moreni, Famiglie Modenesi (Ricci), b. 96. Inoltre: Estratto del processo in materia di ribellione e meditato attentato alla vita del sovrano costrutto contro i cavaliere G. R. di Modena, Domenico Piva, Giovanni Guicciardi, Carlo Gasparini, Modena 1832; Osservazioni sulla sentenza pronunciata contro il Cav. G. R. di Modena, in La Giovine Italia, I (1832), 4, pp. 75-114; Deposizioni giurate dei detenuti correi del cavaliere G. R. nella congiura ordita l'anno 1832 contro la persona di s.a.r. il duca di Modena e sua reale famiglia ricevute e pubblicate dal Ministero di buon governo, Modena 1833; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana nel secolo XIX, Firenze 1848, passim; F. Garofalo, Confessioni di Francesco Garofalo ex direttore di polizia in Modena, Modena 1848; Brevi cenni primordiali di risposta del marchese Girolamo Riccini al calunnioso libro sotto il titolo Confessioni di Fr. Garofolo stampato in Modena, Venezia 1848; Id., Notizie veridiche degli abusi legali e sociali a carico del marchese Girolamo Riccini avverati nella processura modenese e veneta nel maggio e giugno 1848 , Venezia 1848; Aggiunta alle veridiche notizie intorno agli abusi legali verificati a carico del marchese Girolamo Riccini nelle processure modenese-veneta e finali sue conclusioni a tutto il febbraio 1849, Venezia 1849; Appendice del marchese Girolamo Riccini a completazione delle sue anteriori stampe pubblicate in Venezia negli anni 1848 e 1849 pei tipi Cordella sulle vessazioni avute in quelle epoche rivoluzionarie, Venezia 1851; F.A. Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani. Memorie storiche, Firenze 1850, I, 1, pp. 89 e s.; Rivoluzione di Romagna del 1831. Narrazione storica di Antonio Vesi corredata di tutti i relativi documenti, Firenze 1851, pp. 169 e s.; N. Bianchi, I ducati Estensi dall’anno 1815 all’anno 1850, Torino 1852, pp. 98 e s.; Pantheon dei martiri della libertà italiana opera compilata da varii letterati, Torino, 1852, pp. 463 e s.; C. Galvani. Memorie storiche intorno la vita dell‛Arciduca Francesco IV. d‛Austria d‛Este, Duca di Modena, III, Modena, 1854, pp. 120 e s.; G. Ricciardi. Martirologio italiano dal 1792 al 1847, Firenze 1860, pp. 199 e s.; Francesco IV e V di Modena per Lodovico Bosellini, Torino 1861, pp. 89 e s.; ; Documenti riguardanti il governo degli Austro-Estensi in Modena dal 1814 al 1859, II, Modena 1860, passim; M.T. Rosati, Francesco IV d'Austria d'Este e i congiurati italiani del 1831. Documenti, Viterbo 1907, pp. 135 e s.; A. Sorbelli, Intorno alle pretese confessioni di G. R., vittima della reazione austro-estense nel 1832, Bologna 1917; Id., La rivendicazione di una vittima: Girolamo Riccini e la revisione del processo R., Roma 1918; U. Dallari, Fra vittime e strumenti della reazione negli stati austro-estensi. Dai processi per le congiure R., Mattioli, Veratti (1832-1836) a quello contro l'ex ministro Riccini e i suoi satelliti (1848-1865). Notizie d'archivio, Bologna 1918; G. Bertuzzi, La congiura R., in Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie, s. 8, XII (2009), 2, pp. 389-406; G. Sorrentino, L’Affaire G. R. Perché una guardia nobile di Francesco IV è ricordata sul monumento a Ciro Menotti, Modena 2010.