SCARLATTI, Giuseppe
SCARLATTI, Giuseppe. – Nacque a Napoli, probabilmente nel 1712 o negli anni successivi da uno dei figli di Alessandro Scarlatti.
Escluso che il padre sia Domenico, si può ipotizzare Pietro Filippo, primogenito di Alessandro, attivo all’epoca come organista della real cappella e marito di Vittoria Lieri (o Glieri). Un altro Giuseppe Scarlatti vide la luce nella stessa città il 18 giugno 1723 da Tommaso, fratello di Alessandro, ma a differenza da quanto sostiene Prota-Giurleo (1926, pp. 24 s.) non può trattarsi del futuro operista, giacché quest’ultimo dichiarava Domenico suo zio, non cugino. Una data di nascita intorno al 1712 si armonizza non solo con la biografia del supposto genitore, ma anche con l’età di Giuseppe registrata nel diario viennese nell’anno della morte, oltre che con la datazione delle sue prime composizioni. Secondo alcuni lessicografi sette-ottocenteschi (Gerber, 1792; Fétis, 1867; Florimo, 1880), il musicista sarebbe nato nel 1718, ma l’assenza di riferimenti documentari rende vaga la notizia. Del pari infondata è l’asserzione che Giuseppe fosse figlio di Domenico, come riportato nella Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli (1819) e in Florimo (1880, p. 217).
La formazione del compositore avrà avuto luogo nella città natale, presumibilmente sotto la guida dei familiari e forse di Leonardo Leo. Protetto dal cardinale Troiano Acquaviva d’Aragona, all’epoca incaricato degli affari di Spagna e del Regno di Napoli presso la Santa Sede, Giuseppe debuttò come autore del «componimento sacro» La santissima Vergine Annunziata (versi di Niccolò Maria Rinieri), eseguito il 19 marzo 1739 a Roma per la Congregazione dell’Oratorio. Nella dedicatoria il giovane «maestro di cappella napolitano» accenna a uno zio musicista attivo da anni a Madrid «nella splendidissima corte del gran monarca cattolico»: evidentemente Domenico Scarlatti.
Ben presto, sempre a Roma, Giuseppe si presentò anche in veste di operista, mettendo in musica la Merope di Apostolo Zeno al teatro Capranica (23 gennaio 1740), indi il Dario di Giovanni Baldanza all’Argentina (carnevale 1741). Dal 1741 al 1751 operò in Toscana, partecipando a spettacoli operistici nei teatri di Firenze, Pisa, Lucca e Livorno. Un Arminio in Germania andò in scena al teatro della Pergola di Firenze nell’estate 1741; la partitura è perduta, ma da alcune carte d’impresa risulta che il compositore ricevette un compenso di 65 ducati a fronte dei 95 percepiti dal castrato Felice Salimbeni (Holmes, 1993, pp. 47-51). Allo stesso periodo risale anche il primo cimento nel genere comico con Il giocatore (1747), «commedia per musica» di autore ignoto rappresentata nel fiorentino teatro del Cocomero. A Lucca, dove diede il metastasiano Artaserse nell’autunno 1747, sposò il soprano Barbara Stabili (in carriera dal 1726), che comparve per la prima volta al suo fianco in teatro nella Partenope (uno dei testi drammatici più fortunati di Silvio Stampiglia) data al Regio di Torino nel carnevale 1749: a partire dal Siroe torinese dell’anno dopo la cantante figurò nei libretti col doppio cognome. A favorire il contatto piemontese del compositore potrebbe essere stato il cardinale Alessandro Albani, protettore del Regno di Sardegna presso la Santa Sede e dedicatario del Dario rappresentato a Roma nel 1741.
Negli anni Cinquanta si moltiplicarono le scritture per i teatri di Venezia e d’altre città dell’Italia settentrionale, tra cui Padova, Milano e Reggio (nell’Alessandro nell’Indie reggiano della primavera 1753 la Stabili comparve per l’ultima volta). Prese avvio anche un proficuo sodalizio con Carlo Goldoni, che portò agli allestimenti veneziani di fortunati drammi giocosi: I portentosi effetti della madre natura (teatro di S. Samuele, 1° novembre 1752), De gustibus non est disputandum (S. Cassiano, carnevale 1754) e L’isola disabitata (S. Samuele, autunno 1757). La prima collaborazione con il commediografo si era svolta in un contesto celebrativo extrateatrale, l’11 maggio 1752, con la serenata L’amor della patria in onore del nuovo doge Francesco Loredan, eseguita «con una machina assai illuminata de’ torcie e candelle di cera nel mezzo al canale» dirimpetto alla chiesa della Salute; il componimento venne replicato il 25 settembre «con gran concorso di barche» (Bizzarini, 2011, pp. 38 s.).
La fama di Scarlatti si diffuse anche nella città d’origine: nel 1754 Gaetano Grossatesta, impresario del San Carlo di Napoli, ottenne dal sovrano Carlo III il permesso di scritturare il musicista per comporvi un’opera seria, Caio Mario, versi di Gaetano Roccaforte, andato in scena il 20 gennaio 1755 con un’accoglienza migliore di quella riservata ad altri titoli della stessa stagione, l’Adriano in Siria di Nicola Conforto e l’Issipile di Pasquale Errichelli. Sempre a Napoli, l’impresario del teatro dei Fiorentini gli commissionò per la stagione di primavera dello stesso anno una commedia di Antonio Palomba, La madamigella (Prota-Giurleo, 1926, p. 39).
Nell’ultima fase della carriera, dalla fine degli anni Cinquanta, Scarlatti si stabilì a Vienna, dove fu apprezzato anche come clavicembalista e insegnante di musica (tra i propri allievi dovette annoverare membri della famiglia principesca Schwarzenberg). Per qualche tempo, al pari di Gluck, poté godere la protezione del conte Durazzo, e nella primavera 1762 assunse l’incarico di compositore dei balli per i teatri imperiali (coreografo Gasparo Angiolini), incombenza che dal 1759 era spettata appunto a Gluck. Al Burgtheater vennero allestite diverse sue opere serie e comiche, tra cui l’Issipile metastasiana (autunno 1760, con Caterina e Francesca Gabrielli e Giovanni Manzoli), un secondo Artaserse (gennaio 1763, con Gaetano Guadagni nella parte di Arbace) e la «commedia per musica» Gli stravaganti (di un sedicente arcade Alcindo Isaurense, febbraio 1765, poi ripresa col titolo alternativo La moglie padrona); mentre l’Armida di tre soli personaggi (1766), su un libretto di Marco Coltellini che l’autore rimaneggiò poi per Antonio Salieri (1771) e per Vincenzo Righini (1782), potrebbe aver avuto luogo in un palazzo privato. Nel 1768 l’intermezzo Dove è amore è gelosia (libretto attribuito a Coltellini) andò in scena nel teatro di Český Krumlov «per comandamento» del principe Joseph Adam zu Schwarzenberg (Záloha, 1979, pp. 156-159). In Italia venivano frattanto proposte la metastasiana Clemenza di Tito al S. Benedetto di Venezia (carnevale 1760), Pelopida di Roccaforte al Regio di Torino (carnevale 1763) e Bajazet, da un vecchio libretto di Agostino Piovene, al teatro dei Filarmonici di Verona (carnevale 1765).
Nel 1767 il maestro napoletano sposò in seconde nozze Antonia Lefebvre, che gli diede un figlio, ma nel 1770 rimase nuovamente vedovo. Charles Burney, soggiornando a Vienna nel settembre 1772, si rammaricò di non trovare in città il «nipote del famoso Domenico Scarlatti», annoverato tra i musicisti di maggior distinzione (Burney, 1773, p. 365). L’ultimo titolo di cui si abbia notizia è Amiti e Ontario o I selvaggi (1772), un dramma per musica di cinque personaggi di Ranieri Calzabigi ambientato fra i quaccheri e gl’indiani d’America, rappresentato per una villeggiatura dei principi Auersperg (Polzonetti, 2011).
Morì a Vienna il 17 agosto 1777 all’età dichiarata di sessantacinque anni (Haas, 1925, p. 71).
Musicista ai suoi tempi rinomato, versato nel genere serio come nel buffo, il musicista cadde rapidamente in oblio all’indomani della scomparsa. Nel 1790 Calzabigi lo qualificò come «un maestro di musica men che mediocre», e perdipiù geloso perché gli era stato preferito Gluck per musicare l’Orfeo ed Euridice (Calzabigi, 1994). Tra le opere pervenute meriterebbe un approfondimento la partitura dei Portentosi effetti della madre natura, su libretto goldoniano, se non altro per le figurazioni violinistiche della tempesta iniziale e per un finale del second’atto molto vario e sviluppato (Vienna, Gesellschaft der Musikfreunde). Un adattamento a zarzuela per mano di Pablo Esteve (Los portentosos efectos de la naturaleza) andò in scena a Madrid nel 1766; si ha anche notizia di riprese dell’opera a Monaco di Baviera (1758), Cadice (1763), Berlino (1763), Braunschweig (1765 e 1768) e Lisbona (1766). Pure all’Isola disabitata, ripresa a Schönbrunn e Laxenburg presso Vienna nel maggio 1763, arrise un successo internazionale.
A Scarlatti sono attribuite cantate a due voci e diverse arie singole, identificate come estratti da suoi melodrammi (Iacono, 2014, p. 172). Non sono pervenute composizioni strumentali o per tastiera.
Fonti e Bibl.: Ch. Burney, The present state of music in Germany, the Netherlands and United Provinces, London 1773, pp. 324, 365; E.L. Gerber, Historisch-biographisches Lexicon der Tonkünstler, Leipzig 1792, II, col. 403; Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Napoli 1819, VI (voce Scarlatti, Alessandro); F. Fétis, Biographie universelle des musiciens, Paris 1867, VII, pp. 433 s.; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatorii, Napoli, I, 1880, pp. 217 s.; H. Springer, Das Partiturautograph von G. S.s bisher verschollener “Clemenza di Tito”, in Beiträge zum Bibliotheks- und Buchwesen, Berlin 1913, pp. 257-260; R. Haas, Gluck und Durazzo im Burgtheater, Zürich 1925, ad ind.; U. Prota-Giurleo, Alessandro S. “il Palermitano”, Napoli 1926, pp. 24 s., 38-42; F. Walker, Some notes on the Scarlattis, in Music Review, XII (1951), pp. 185-203; R. Kirkpatrick, Domenico Scarlatti, Princeton 1953, p. 329; G. Zechmeister, Die Wiener Theater nächst der Burg und nächst dem Kärtnerthor von 1747 bis 1776, Wien 1971, ad ind.; J. Záloha, Premiéra opery Giuseppe Scarlattiho v Českém Krumlově roku 1768, in Hudební věda, IX (1979), 2, pp. 156-159; E. Badura-Skoda, G. S. und seine Buffa-Opern, in Musik am Hof Maria Theresias, a cura di R. Karpf, München 1984, pp. 57-75; B.A. Brown, Gluck and the French theatre in Vienna, Oxford 1991, ad ind.; W. Holmes, Opera observed: views of a Florentine impresario in the early eighteenth-century, Chicago 1993, pp. 47-51; R. Calzabigi, Scritti teatrali e letterari, a cura di A.L. Bellina, Roma 1994, p. 401; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Cuneo 1994, Indici, I, p. 452; The new Grove dict. of music and musicians, London-New York 2001, XXII, pp. 417 s. (con elenco delle opere); M. Bizzarini, Introduzione a C. Goldoni, Drammi comici per musica II (1751-1753), a cura di A. Vencato, Venezia 2011, pp. 38-45; P. Polzonetti, Italian opera in the age of the American revolution, Cambridge 2011, p. 234; S.M. Iacono, «Cose da stanza»: Alessandro, Domenico e G. S. nelle raccolte di arie del Conservatorio di Napoli, in Devozione e passione: Alessandro Scarlatti nella Napoli e Roma barocca, a cura di L. Dalla Libera - G. Maione, Napoli 2014, pp. 159-182.