TRICARICO, Giuseppe
TRICARICO (Tricarrico), Giuseppe. – Nacque a Gallipoli, dove fu battezzato il 25 giugno 1623, figlio di Francesco e di Petronilla Venneri, piccoli possidenti.
Ebbe cinque fratelli: Giovanni Angelo (nato circa nel 1602), Antonia (1611), Santo (1612, morto giovane), Lucrezia (1614) e Antonio (15 gennaio 1627). Non si hanno notizie circa la sua formazione, forse avvenuta in Napoli. La prima testimonianza della sua carriera musicale è il Concentus ecclesiastici duarum, trium et quatuor vocum [...] liber quartus (Romae 1649), quindici mottetti in stile concertante, dedicati a un nobile regnicolo, Carlo del Greco duca di Montenegro (Montenero). Non rimane traccia dei tre libri precedenti, pubblicati presumibilmente tra il 1648 e il 1649: avrebbero forse rivelato altri rapporti di clientela del giovane musicista.
Nel frontespizio del 1649 l’autore si dichiara «Romae in academiis experto». Nel 1650 Athanasius Kircher pubblicò a Roma la sua divulgatissima Musurgia universalis, e tra i modelli esemplari di rappresentazione musicale dell’affetto doloroso incluse un canone di Tricarico sul Crucifixus (I, p. 607): dunque il ventisettenne salentino aveva composto almeno una messa, e il gesuita l’aveva avuta per mano. Con alcuni madrigali e mottetti concertati egli comparve poi a fianco dei maggiori compositori romani del momento in quattro collettanee promosse da Florido de Silvestris a Roma nei primi anni Cinquanta: le due parti del Florido concento di madrigali in musica a tre voci (1652 e 1653), Has alias cantiones sacras [...] binis, ternis, quaternisque vocibus [...] concinnatas (1654) e Alias cantiones sacras [...] tribus vocibus paribus (1655).
Dei complessivi quattro madrigali, tre sono desunti dalle Poesie di Girolamo Preti (Roma 1622; Non si scherzi con Amore, Volontario provai, Altro frutto non colsi), mentre il quarto da Chi vuol aver felice e lieto il core di Battista Guarini (Rime, Venezia 1598), uno dei più divulgati tra i madrigalisti del primo Seicento; ambo i poeti avevano fatto parte dell’Accademia degli Umoristi in Roma.
Né Kircher né De Silvestris danno informazioni supplementari su Tricarico: non si sa dunque dove e come si sia guadagnato da vivere fino ai primi anni Cinquanta. La sua carriera professionale si lascia ricostruire soltanto a partire dal 1654, quando risulta maestro di cappella di Giovanni Battista Spada, creato cardinale il 2 marzo di quell’anno; nella cappella del porporato operò anche il fratello Antonio, saltuariamente documentato come violinista in S. Maria Maggiore tra il 1652 e il 1654 (in precedenza doveva essere stato al servizio del cardinal Vincenzo Costaguti). Nominato legato pontificio nel giugno 1654, il cardinale Spada con i suoi musicisti si trasferì in novembre per un triennio a Ferrara: prima della fine dell’anno Tricarico ottenne in aggiunta il posto di maestro di cappella nell’Accademia dello Spirito Santo, e per l’insediamento del legato fornì la musica (perduta) del dramma L’Endimione di Almerico Passarelli, allestito il 3 gennaio 1655 nel teatro della Sala grande. Nella sua residenza ferrarese il porporato promosse altresì, in tempo di quaresima, l’esecuzione di oratori, concertati da Tricarico (cfr. Deisinger, 2006, p. 365, e 2013c, p. 170).
Il musicista prestò servizio presso il cardinale fino a quando, nel 1657, fu chiamato alla corte di Vienna per assumervi la direzione della neocostituita cappella dell’imperatrice vedova Eleonora II Gonzaga, per la quale lavorò, unitamente al fratello violinista, fino al 1662. Per gli Asburgo compose opere sia devote sia mondane. In particolare furono due ‘sepolcri’, ossia azioni sacre da rappresentare scenicamente durante la quaresima: nel 1661 La gara della Misericordia e Giustitia di Dio (testo di Camillo Scarano; partitura a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Mus. Hs.18716) e nel 1662 La Fede trionfante (testo di Antonio Draghi, musica perduta); e tre drammi per il genetliaco di Leopoldo I, di cui restano i soli libretti: nel 1659 La Virtù guerriera (Aurelio Aureli), nel 1661 L’Almonte (Draghi) e nel 1662 La generosità d’Alessandro (Francesco Sbarra; è priva di fondamento l’attribuzione a Tricarico della partitura conservata a Napoli, conservatorio di S. Pietro a Majella, Rari 6.5.13: cfr. Bianconi, 1979).
Tricarico ebbe un ruolo di spicco nel radicare il genere dell’oratorio in Vienna: negli anni 1661 e 1662 la raffinata e devotissima Eleonora dispose che si procacciassero da Roma oratori di autori eminenti come Marco Marazzoli, Carlo Caproli, Giovanni Bicilli e Giovanni Francesco Marcorelli, di cui il musicista salentino curò l’esecuzione nella cappella privata dell’imperatrice vedova. In quanto promotrice di un’accademia che nel 1661 si riunì nella residenza estiva della Favorita, la nobildonna poté inoltre mettere a frutto l’esperienza che il maestro di cappella doveva aver maturato nelle accademie romane. Tra gli accademici c’era il tarantino Camillo Scarano, del quale Tricarico intonò svariati testi: quattro di essi figurano in una silloge manoscritta di diciassette cantate assolo che egli dedicò a Eleonora (oggi a Torino, Biblioteca nazionale e universitaria, Giordano 18); altri testi sono dei poeti romani Giovanni Pietro Monesio e Giovanni Lotti, nonché della stessa Eleonora (Gran dolor, gran martire). Altre cantate sparse sono a Napoli, conservatorio di S. Pietro a Majella; l’abbazia di Göttweig conserva due copie adespote cadauna delle cantate Occhi belli, m’ingannate e Speranze, fermate, versi di Scarano (Musikarchiv 4088 e 4089).
A detta di una testimonianza risalente al 1687 (Gemelli Careri, 1704), Tricarico sarebbe stato uno degli insegnanti di musica di Leopoldo I, che era di suo un compositore di prima sfera. Vanno forse ricondotti a questo magistero aulico tanto il dono di una catena d’oro e la gratificazione di 250 ducati da parte dell’imperatore (1660) quanto l’offerta al sovrano della partitura delle Opere a cappella di Tricarico (copia donativa a Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Mus.Hs.19067): nelle musiche da chiesa ivi contenute il compositore, che nella lettera dedicatoria menziona «le più sincere forme» e «le più recondite regole musicali» da lui perseguite, ricalca lo stile osservato della polifonia romana, speziato invero con taluni tratti stilistici più moderni.
Nell’autunno del 1662 i fratelli Tricarico si congedarono dal servizio dell’imperatrice vedova. Dal benservito risulta che intendevano rimpatriare, proposito che dovevano aver manifestato fin dalla presa di servizio: da Vienna avevano infatti spedito a casa varie somme di denaro, che il loro fratello maggiore, don Giovanni Angelo, tesoriere nella cattedrale gallipolitana, investì in proprietà terriere. Nel 1663 i due musicisti si stabilirono di nuovo a Gallipoli, si accasarono e misero su famiglia. Nell’estate del 1665 Giuseppe sposò Anna Maria Morrea, che gli diede svariati figli; di questi, Bonaventura (battezzato il 28 aprile 1674), divenuto a sua volta musicista, fondò in città una scuola di musica in concorrenza con quella promossa da Leonardo e Francesco, figli di Antonio.
Giuseppe si occupò dell’amministrazione dei beni ereditati e del patrimonio accumulato in Vienna, impegnandosi peraltro anche nella politica cittadina. Nel 1667 fu aggregato all’‘università’ di Gallipoli e a varie riprese fu eletto nel locale ‘regimento’; nel 1676 e nel 1684 fu addirittura candidato alla carica di sindaco. In quest’epoca la sua dedizione all’arte musicale dovette scemare; scarseggiano comunque le fonti databili riferibili all’epoca del rimpatrio.
De Silvestris tornò a includere un mottetto di Tricarico, qualificato «maestro di cappella della sacra maestà dell’imperatrice», in due collettanee intessute con brani di compositori quasi tutti romani, apparse a Roma nel 1663 (Has alteras sacras cantiones [...] unica voce contextas [...] pars secunda) e nel 1664 (Istas alias sacras cantiones [...] unica, binis, ternis, quaternisque vocibus [...] concinnatas). Nel 1670 il teatro di S. Bartolomeo a Napoli allestì il suo L’Endimiro creduto Uranio, dramma che un altrimenti ignoto «cavaliere napolitano», Partenio Russo, cavò dalla parte seconda del romanzo Il Calloandro fedele di Giovanni Ambrogio Marini. Sul frontespizio il musicista è ancora indicato come «maestro della cappella cesarea», e la dedica al viceré Pedro Antonio de Aragón allude forse a una precedente recita Oltralpe («nell’aure gelate della Germania provò l’anno passato propizio il sole di quella Cesarea Maestà»), di cui non si ha tuttavia altra notizia. Della musica dell’Endimiro rimane una sola aria, in un manoscritto del conservatorio di Napoli (Rari 6.4.6), mentre l’Archivio musicale della locale Congregazione dell’Oratorio conserva la partitura dell’Oratorio d’Adamo ed Eva (1683), versi dell’oratoriano romano Cesare Mazzei.
Giuseppe morì a Gallipoli il 14 novembre 1697 e fu tumulato nella chiesa di S. Francesco.
Che la musica di Tricarico sia stata diffusa e apprezzata anche fuori d’Italia e di Vienna risulta dalla tradizione di singole sue opere. Due mottetti a tre voci e basso continuo editi da De Silvestris (1654 e 1655) furono ristampati in antologie curate da Jan van Geertsom a Rotterdam, Repleatur os meum nel 1656 e O admirabile nomen Iesu nel 1657; quest’ultimo venne utilizzato come modello per una messa luterana (con il solo Kyrie e Gloria) di Christoph Peter, inclusa in una collettanea di messe a imitazione, Precationis thuribulum continens litanias sive missas (ut vocant) [...] ad imitationem quarundam praestantissimorum musicorum cantionum, pubblicata a Guben, nel Brandeburgo, nel 1669. All’altro capo d’Europa, nell’isola di Malta, una copia di O admirabile nomen Iesu si trova nell’Archivio della cattedrale di Mdina (Mus. Ms. 27), che conserva inoltre l’unica fonte nota (frammentaria) del mottetto In voluntate tua domine: la composizione, per tre voci e basso, fa parte di un manoscritto miscellaneo non datato (Mus. Ms. 117) recante mottetti di compositori italiani, desunti perlopiù da edizioni musicali della prima metà del Seicento; la dicitura «Del sig. Tricarico, organista di pucuolo» fornisce l’esile indizio di un’attività che il salentino potrebbe aver svolto in Pozzuoli prima di stabilirsi a Roma. Infine, la Bibliothèque nationale de France a Parigi possiede due miscellanee manoscritte contenenti copie di un mottetto di Tricarico stampato a Roma nel 1664, Deus quis similis: uno dei due codici fu compilato nel 1688 da André Danican Philidor, archivista musicale della corte francese (Rés. VMB MS-6), mentre l’altro dovrebbe essere più tardivo (Rés. F-934b).
Nicola (Nicolò) Tricarico, cantante documentato tra il 1683 e il 1722, è stato talora ricondotto alla famiglia dei musicisti gallipolitani. Ma di sicuro non fu un ulteriore fratello di Giuseppe né il di lui primogenito Nicolò Giovachino (battezzato il 21 giugno 1666). Risulta anzi che il cantante era originario di Bitonto (cfr. Rossi, 2002; e Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense, Archivio per materie: musica e musicisti, b. 1/B) e che sua madre si chiamava Gracia (Besutti, 2002, pp. 679 s.). Doveva essere nato almeno alcuni anni prima del 1666, se lo si trova registrato tra i contralti in un elenco dei musicisti attivi nell’Accademia della Morte di Ferrara stilato non prima del 1683. Dal 1684 al 1689 fu attivo a Reggio: nel biennio 1684-85 e nel 1689 nel tempio della Ghiara, nel 1684 e nel 1688-89 in S. Prospero. Nel 1685 a Modena, tra gennaio e marzo, cantò nell’Oreste in Argo (musica di Giacomo Antonio Perti) e nell’Alcibiade (musica di Marc’Antonio Ziani?) «facendo la parte da buffone» (Archivio di Stato di Modena, Tribunale dell’Inquisizione di Modena, b. 170, a. 1685, f. 5), e fu poi inquisito per eresia e inosservanza dei precetti della Chiesa (Trenti, 2003).
Nel 1691, al servizio del duca Anton Ulrich di Braunschweig-Lüneburg, comparve nel teatro di Braunschweig sullo Hagenmarkt in due drammi del poeta di corte Flaminio Parisetti, Gl’inganni di Cupido (musica di Giuseppe Fedrizzi) e Il re pastore overo Il Basilio in Arcadia (Giovanni Battista Alveri). Nel 1694 era di ritorno in Italia: come già nel 1687, venne remunerato per prestazioni in S. Marco a Venezia. Nel 1697 entrò al servizio del duca di Mantova; come cantore avventizio è documentato nella basilica di S. Maria Maggiore in Bergamo nel 1708 («contralto di Mantova») e nel 1712; e con la qualifica di virtuoso della cappella di Mantova, anche dopo la devoluzione del Ducato all’Impero, figurò nei libretti delle opere in cui cantò a Parma, Mantova, Padova e Venezia, in una carriera che – talora in parti di primo uomo – si protrasse fino ai primi anni Venti.
Fonti e Bibl.: G.F. Gemelli Careri, Viaggi per Europa, Napoli 1704, p. 422; G.A. Pastore, G. T. da Gallipoli. Musicista del secolo XVII, in Studi salentini, V-VI (1958), pp. 143-168, VII (1959), pp. 88-130; L. Bianconi, Funktionen des Operntheaters in Neapel bis 1700 und die Rolle Alessandro Scarlattis, in Colloquium Alessandro Scarlatti, Würzburg 1975, a cura di W. Osthoff - J. Ruile-Dronke, Tutzing 1979, p. 44; O. Termini, Singers at San Marco in Venice, in Royal Musical Association research chronicle, XVII (1981), pp. 84, 90; P. Besutti, Centri e periferie musicali in Europa fra Sei e Settecento: Nicolò e gli altri T., da Gallipoli al mondo, in I capricci di Proteo. Percorsi e linguaggi del barocco, Roma 2002, pp. 663-685; G.A. Rossi, La musica nel Tempio della Ghiara (1619-1702), in Bollettino storico reggiano, 2002, n. 115, pp. 25-27; G. Trenti, I processi del tribunale dell’Inquisizione di Modena, Modena 2003, p. 163; M. Deisinger, G. T., ein Kapellmeister auf Reisen. Von Rom über Ferrara nach Wien, in Römische historische Mitteilungen, XLVIII (2006), pp. 359-394; Id., Eleonora II. und die Gründung ihrer Hofkapelle. Ein Beitrag zur Geschichte des kulturellen Lebens am Wiener Kaiserhof, in Frühneuzeit-Info, XVIII (2007), pp. 45-54; E. Selfridge-Field, A new chronology of Venetian opera and related genres, 1660-1760, Stanford (Cal.) 2007, ad ind. (Nicola T.); M. Deisinger, Ein Leben zwischen Musik, höfischem Zeremoniell und Politik. Zur Biographie und Kompositionstechnik G. T.s, in Studien zur Musikwissenschaft, LV (2009), pp. 7-52; P. Palermo - G. Pecis Cavagna, La cappella musicale di Santa Maria Maggiore a Bergamo dal 1657 al 1810, Turnhout 2011, p. 496; M. Deisinger, Il viaggio musicale di G. T. da Gallipoli (1623-1697) fra Roma, Ferrara e la corte imperiale di Vienna, in Anxa, X (2012), 3-4, pp. 21-23, 5-6, pp. 6 s.; Id., Antonio T.: La carriera di un musicista gallipolino del XVII secolo, ibid., XI (2013a), 1-2, pp. 8-10; Id., Mäzenin und Künstlerin. Studien zu den Kunstbestrebungen der Kaiserin Eleonora II. am Wiener Hof (1651-1686), in Acta musicologica, LXXXV (2013b), pp. 43-73; Id., G. T. als Kapellmeister und Komponist sakraler Musik am Hof der Habsburger in Wien 1657-1662. Sepolcri, Kirchenmusik und Aufführungen von Oratorien im Auftrag der Kaiserin Eleonora II., in Sakralmusik im Habsburgerreich 1570-1770, a cura di T. Erhardt, Wien 2013c, pp. 169-189; Id., Auf den Spuren des Violinisten Antonio Tricarico: Gallipoli-Rom-Ferrara-Wien, in Wolfenbütteler Barock-Nachrichten, XL (2013d), pp. 167-177; Id., The music chapel of empress Eleonora II. Source-related difficulties in researching the history of an Italian-dominated Institution in Vienna (1657-1686), in Athens Journal of humanities and arts, III (2016), 3, pp. 171-180; R.L. Kendrick, Fruits of the Cross. Passiontide music theater in Habsburg Vienna, Oakland (Cal.), 2019, ad indicem.
Si ringrazia Sauro Rodolfi per le informazioni fornite.