Ungaretti, Giuseppe
Una poesia che racconta la vita di un uomo
Ungaretti è stato uno dei massimi poeti italiani del Novecento. In una delle poesie composte mentre era al fronte durante la Prima guerra mondiale, chiama fratelli i propri nemici: affrontare il tema della fraternità durante un atroce conflitto è un esempio della novità del suo messaggio. Propose anche forme liriche e strutture metriche innovative rispetto alla poesia precedente
Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, da genitori emigrati dalla Lucchesia. A due anni rimane orfano del padre (morto per infortunio durante i lavori di scavo del Canale di Suez) e cresce con le risorse della mamma, che aveva un forno per il pane. Nel 1912 lascia l’Egitto per frequentare l’Università di Parigi, dove studia lettere. Qui incontra grandi maestri tra i quali il filosofo Henri-Louis Bergson, le cui lezioni influenzeranno i temi della sua poesia. Nei caffè di Parigi, che allora rappresentava il centro culturale dell’Europa, conosce anche poeti come Guillaume Apollinaire, pittori come Gino Severini e altri artisti italiani che avevano dato vita al movimento del futurismo.
A quegli anni appartengono le sue prime poesie. Nel 1914 Ungaretti torna in Italia e partecipa alla campagna interventista. Richiamato alle armi, quando il paese entra nella Prima guerra mondiale, combatte sul Carso come semplice soldato.
L’esperienza del fronte è trascritta nella prima raccolta, Il porto sepolto, pubblicata nel 1916. Il titolo scelto richiama la città natale, Alessandria d’Egitto, che nell’acqua della baia custodisce i resti di antiche costruzioni portuali. Ungaretti dà a questo luogo un significato simbolico: il poeta deve far emergere dal profondo una voce e un messaggio destinati all’intera umanità. Con le sue parole Ungaretti sollecita l’uomo a non arrendersi di fronte alle difficoltà e alle sconfitte, a impegnarsi per dare un alto significato a ogni azione, comunicando il valore della speranza e della meraviglia.
Il porto sepolto rappresenta una novità nel panorama letterario italiano del primo Novecento. Le strofe appaiono come frammenti e a volte un verso è composto da una sola parola: il poeta vuole dilatare il significato di un singolo vocabolo, in modo che evochi suggestioni e richiami altre immagini. Sulla pagina egli alterna alle parole gli spazi bianchi, come pause di silenzio. I critici che apprezzarono immediatamente la poesia di Ungaretti ne hanno sottolineato la natura teatrale, caratteristica questa che l’autore riprende dalla lirica francese contemporanea.
Nel 1919 pubblica la raccolta Allegria di naufragi (che nelle successive edizioni intitolerà semplicemente L’allegria), nella quale unisce alla riedizione del Porto sepolto altre poesie e prose.
La vita tra l’Europa e il Brasile. Nello stesso 1919 Ungaretti si trasferisce a Parigi, dove si sposa. Nel 1921 rientra in Italia: ha aderito al fascismo e lavora a Roma per il Ministero degli Esteri. Nel 1928 durante la settimana santa si reca a piedi a Subiaco e si converte: in questa occasione scrive la poesia Pietà. In questi anni nascono i figli Ninon e Antonietto e matura la seconda raccolta, Sentimento del tempo, pubblicata nel 1933. Per le difficili condizioni economiche accetta di insegnare letteratura italiana in Brasile. Nel 1939 muore il figlio Antonietto, al quale è dedicata la toccante raccolta Il dolore (1947). Nel 1942 rientra in Italia.
Il Sentimento del tempo segna la seconda fase della poetica ungarettiana. Senza venire meno alle caratteristiche della sua poesia precedente, il poeta vi adatta la versificazione tradizionale ed elegge a maestri Petrarca, i poeti barocchi e Leopardi. Anche la sintassi, non più rotta in singole proposizioni, diventa fluida e ampia. Invece del panorama desertico o carsico del Porto sepolto, il poeta delinea ora un paesaggio di monti, alberi, boschi e marine, animato da ninfe e fauni, lo stesso che avevano cantato i grandi poeti italiani e latini.
Desiderio del deserto. Nell’età matura, che coincide con l’insegnamento di letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma, pubblica due raccolte: La terra promessa (1950) e il Il taccuino del vecchio (1960), dove manifesta la sua delusione per i falsi valori della civiltà occidentale. Torna a desiderare il deserto, fino a immaginarvi la sua morte. Negli ultimi anni della vita scrive poesie d’amore ispirate da due giovani donne. Muore a Milano nel 1970.