GIUSTINIANO
Imperatore bizantino, G. regnò tra il 527 e il 565. Nato a Tauresium, un modesto villaggio nell'Illirico settentrionale - in seguito divenuto Iustiniana Prima (od. Caričin Grad, in Serbia) -, intorno al 482, da un Sabbazio (Procopio di Cesarea, Hist. arcana, XII, 18) e da una sorella di colui che sarebbe in seguito divenuto l'imperatore Giustino I (518-527), G. percorse al fianco di quest'ultimo una rapida e brillante carriera - comes nel 519, vir inlustris e magister equitum et peditum nel 520, consul nel 521, patricius e quindi vir nobilissimus - che lo condusse prima ad affiancare lo zio nella gestione dell'impero e quindi a succedergli sul trono di Costantinopoli (Martindale, 1980, pp. 645-648; Kaegi, Kazhdan, Cutler, 1991).
La figura umana e politica di G. - così come quelle dei membri più significativi della sua corte -, la sua attività politico-amministrativa e legislativa, la sua particolare concezione del rapporto tra potere politico e potere religioso e, non ultima, la specifica attenzione all'evergetismo e alla committenza artistica in generale, visti anche e soprattutto come strumento per l'organizzazione e il consolidamento del consenso intorno alla sua persona e all'istituzione imperiale, sono ben note attraverso una rete di testimonianze testuali, imperniate intorno alla complessa figura del suo storico di corte, Procopio di Cesarea (Cameron, 1985). I libri delle guerre (De bello Persico, De bello Vandalico, De bello Gothico), il De Aedificiis e il libello comunemente noto con il nome di Historia arcana - quest'ultimo redatto probabilmente dopo la morte dell'imperatore e tutto volto a screditarne l'immagine pubblica programmaticamente costruita nelle altre opere - consentono infatti di tracciare un profilo spesso contraddittorio, ma comunque dettagliato, dell'attività di G., il cui periodo di regno coincise con il momento di massima espansione territoriale dell'impero protobizantino e con la definizione del suo assetto istituzionale, soprattutto attraverso la promulgazione del codice legislativo che va sotto il nome di Corpus iuris civilis e la definitiva soluzione delle numerose dispute religiose che avevano caratterizzato il periodo immediatamente precedente (Stein, 1949, pp. 219-780; Ostrogorsky, 19633, trad. it. pp. 59-68; Cameron, 1993, pp. 104-127).Accanto alle descrizioni di Procopio, che restituiscono di G. un aspetto ora idealizzato (De Aed., I, 6-16) ora invece quasi grottesco (Hist. arcana, VIII), l'immagine ufficiale dell'imperatore è tramandata da un buon numero di documenti iconografici, che permettono di ricostruirne sia i tratti fisiognomici sia soprattutto gli aspetti più strettamente legati alla trasmissione di una ben codificata ideologia imperiale che trova i suoi punti di riferimento nell'iconografia imperiale romana. A questo quadro sono infatti riconducibili tanto l'immagine dell'imperatore guerriero, con elmo, corazza e lancia, che avanza sul suo cavallo preceduto da una vittoria alata sulle due facce di un grande medaglione aureo - perduto e noto solo da copie ottocentesche (Morisson, in Byzance, 1992, pp. 167-169) -, quanto quella dell'imperatore trionfante, che compare nella placca centrale del c.d. avorio Barberini (Parigi, Louvre), dove il personaggio centrale, ipoteticamente identificato con G., è ritratto a cavallo, con una lancia puntata per terra nella mano destra, mentre le due raffigurazioni simboliche della Terra, accovacciata sotto il cavallo, e della Vittoria, in piedi su di un globo crocigero, rispettivamente gli sorreggono il piede destro, in segno di sottomissione, e gli offrono la corona trionfale (Gaborit-Chopin, in Byzance, 1992, pp. 63-66). Ad altrettante formulazioni iconografiche di evidente derivazione classica si richiama anche l'immagine equestre dell'imperatore nel perduto gruppo bronzeo posto su di una colonna al centro dell'antico Augusteion di Costantinopoli (Mango, 1993), nonché la rappresentazione di G. e della sua consorte Teodora con il loro seguito nei celebri mosaici del presbiterio della chiesa di S. Vitale a Ravenna.Con altrettanta chiarezza sia le fonti letterarie sia i monumenti pervenuti testimoniano dell'intensissima attività evergetica condotta da G., particolarmente nei primi decenni del suo regno, in tutte le regioni del vasto impero protobizantino. Viziato da un evidente intento apologetico e non privo di errori e inesattezze, il De Aedificiis di Procopio costituisce comunque un prezioso riferimento per l'indagine sull'insieme delle opere esplicitamente legate alla committenza giustinianea e trova di fatto sostanziali conferme tanto nei dati derivanti dalle ricerche archeologiche sui singoli siti quanto nella messe di altre testimonianze che direttamente riportano alla figura dell'imperatore o alla sua immediata cerchia. Vanno in questo senso intese le numerose iscrizioni monumentali con il nome dell'imperatore che compaiono su edifici pubblici a carattere militare, civile e religioso presenti in tutte le regioni dell'impero: per es. quelle che riferiscono a G. il restauro e il sostanziale rifacimento di gran parte delle fortificazioni del limes africano (Durliat, 1981); quella che, con evidente sineddoche, gli attribuisce la costruzione della grande cisterna annessa alla c.d. Nea Ekklesia di Gerusalmemme (Avigad, 1977); quella, perduta ma nota da numerose copie, che lo cita come diretto ispiratore del restauro del ponte Salario a Roma; infine i numerosi monogrammi che ne sintetizzano il nome e ne certificano la committenza su capitelli e altri elementi decorativi di edifici religiosi della capitale, per es. la Santa Sofia e i Ss. Sergio e Bacco, e delle province periferiche dell'impero, per es. Iustiniana Prima.L'insieme di queste attestazioni lascia comprendere come l'evergetismo e la committenza artistica giustinianea si esercitassero sia su scala urbana, sia in rapporto a un singolo monumento, sia in qualche caso, per es. quello dei citati mosaici ravennati, a singole parti dell'apparato decorativo di un complesso.L'attività giustinianea nella capitale imperiale è ancora una volta testimoniata da Procopio, il cui primo libro del De Aedificiis è interamente dedicato ai restauri e alle nuove fondazioni volute dall'imperatore a Costantinopoli. Pur conservando nella sua sostanziale interezza l'impianto urbano ereditato dall'età di Teodosio II (v. Costantinopoli), l'età giustinianea segnò per la capitale una stagione di grandi interventi edilizi, sia nel campo civile sia in quello religioso: in primo luogo la ricostruzione di tutti quegli edifici pubblici (vestibolo del Grande Palazzo, terme di Zeuxippos, senato) che, insieme con le chiese della Santa Sofia e della Santa Irene, erano andati distrutti nel 532 nel corso dell'incendio scoppiato a seguito della rivolta di Nika; quindi una serie di nuove edificazioni di carattere civile, in particolare cisterne, portici e ospedali; infine un'impressionante serie di fondazioni religiose (trentatré stando alla lista di Procopio), soprattutto raccolte nell'area del grande centro monumentale della città tardoantica, che contribuirono in misura assai rilevante a conferire definitivamente a Costantinopoli il suo carattere di capitale cristiana.La committenza giustinianea nel campo dell'edilizia religiosa costantinopolitana appare segnata da due fenomeni rilevanti, che ebbero un peso notevole sugli sviluppi dell'architettura e dell'urbanistica bizantine: in primo luogo la creazione di una nuova tipologia di edificio religioso, con l'abbandono del tradizionale impianto basilicale in favore di un organismo a pianta centrale e a doppio involucro - oggi testimoniato nella chiesa dei Ss. Sergio e Bacco, fatta erigere intorno al 527 nei pressi della residenza privata dell'imperatore, ma certamente presente anche in altre fondazioni note dalle fonti - che trovò la sua più compiuta definizione nella ricostruzione della Santa Sofia (v. Architettura); in secondo luogo una particolare attenzione alla figura del progettista e realizzatore del complesso architettonico, che si esprime nel richiamo a Costantinopoli dei migliori specialisti delle diverse regioni dell'impero e, per converso, nel loro invio in zone anche periferiche, laddove la particolare situazione locale lo richiedesse. Esemplare in questo senso è il percorso di Antemio da Tralle e Isidoro da Mileto il Vecchio, responsabili della costruzione della Santa Sofia, la cui consulenza venne richiesta per aiutare un altro famoso architetto e ingegnere, Crise d'Alessandria, a risolvere complesse questioni strutturali nella fortezza di Dara, nella Mesopotamia settentrionale (v. Antemio da Tralle; Città).Al di fuori della capitale imperiale l'evergetismo di G. si espresse nella fondazione di edifici religiosi di speciale valenza simbolica - per es. la Nea Ekklesia di Gerusalemme o la chiesa di S. Giovanni a Efeso, in cui venne programmaticamente ripreso il modello di un'altra importante ricostruzione giustinianea a Costantinopoli, la chiesa dei Ss. Apostoli -, ma soprattutto in una miriade di piccoli e grandi interventi di edilizia civile (de' Maffei, 1988) e particolarmente nella costruzione o nel ripristino di strade e ponti, acquedotti e cisterne, edifici pubblici e a destinazione caritatevole, di cui Procopio è attento elencatore, che hanno lasciato tracce archeologiche cospicue in molte regioni dell'impero, per es. nel caso del ponte sul fiume Sangario (od. Sakarya Irmagı), presso Adapazarı, in Bitinia (Whitby, 1985), o delle grandi cisterne di Dara in Mesopotamia e di Resafa (od. Rūsāfa; Furlan, in corso di stampa) in Siria.Per quanto riguarda gli interventi su scala urbana, il carattere saliente dell'attività giustinianea sembra essere quello di una generale rivitalizzazione dei centri di tradizione antica, molti dei quali vennero sottoposti a un'energica ristrutturazione complessiva, con ampliamento o più spesso riduzione dei circuiti murari esistenti (per es. Palmira; Zanini, in corso di stampa) e con una generale risistemazione degli assetti topografici interni, soprattutto attraverso il restauro dei principali assi viari monumentali (per es. Antiochia, Gerusalemme; Lassus, 1977, pp. 60-65; Avigad, 1980, pp. 213-229) e la costruzione di nuovi centri di culto, come nel caso del S. Giovanni di Efeso (De Bernardi Ferrero, 1983), destinati a divenire nuovi punti focali del tessuto urbano. In questo processo un'attenzione tutta particolare venne posta nella ristrutturazione degli insediamenti a prevalente carattere difensivo posti lungo i confini imperiali, con la messa in opera di un piano organico di restauri, ricostruzioni e nuove edificazioni, inteso a fare del limes imperiale un più efficace strumento di controllo militare e politico-amministrativo delle regioni di confine (Pringle, 1981; Kondič, 1984; de' Maffei, 1985; Ulbert, 1989; Zanini, 1994, pp. 174-199).Una menzione particolare va infine riservata al fenomeno della fondazione di una rete di città nuove, fatte erigere o sostanzialmente rifondare per diretta volontà imperiale in corrispondenza di punti nodali del rinnovato sistema difensivo e amministrativo. Tra di esse un posto del tutto particolare spetta ovviamente a Iustiniana Prima - la città espressamente voluta da G. per celebrare il suo villaggio natale nell'Illirico e concepita per divenire la nuova capitale di quella vasta circoscrizione amministrativa -, a proposito della quale tanto il ricco apparato di fonti documentarie quanto i risultati di quasi un secolo di ricerche archeologiche condotte sul sito, permettono di ricostruire quali fossero la rete dei riferimenti simbolici e i più concreti modelli urbanistici su cui si basava la concezione della città ideale protobizantina (Kondič, Popovič, 1977; Caričin Grad I, 1984; Caričin Grad II, 1990).
Bibl.: E. Stein, Histoire du Bas-Empire, II, Paris-Bruxelles-Amsterdam 1949; B. Rubin, Das Zeitalter Justinians, Berlin 1960; G. Ostrogorsky, Geschichte des byzantinischen Staates, München 19633 (1941; trad. it. Storia dell'impero bizantino, Torino 1968); R. Browning, Justinian and Theodora, New York-Washington 1971 (London 19872); T.F. Mathews, The Early Churches of Constantinople. Architecture and Liturgy, Univ. Park-London 1971; N. Avigad, A Building Inscription of the Emperor Justinian and the Nea in Jerusalem, Israel Exploration Journal 27, 1977, pp. 145-151; V. Kondič, V. Popovič, Caričin Grad. Utvrdjeno naselie u vizantijskom iliriku [Caričin Grad. Sito fortificato nell'Illirico bizantino], Beograd 1977; J. Lassus, La ville d'Antioche à l'époque romaine d'après l'archéologie, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II, 8, Berlin-New York 1977, pp. 54-102; N. Avigad, Discovering Jerusalem, Jerusalem 1980; J.R. Martindale, The Prosopography of the Later Roman Empire, II, A.D. 395-527, Cambridge 1980; J. Durliat, Les dédicaces d'ouvrages de défense dans l'Afrique byzantine, Roma 1981; D. Pringle, The Defence of Byzantine Africa from Justinian to the Arab Conquest (BAR. International Series, 99), 2 voll., Oxford 1981; D. De Bernardi Ferrero, San Giovanni di Efeso, CARB 30, 1983, pp. 93-113; Caričin Grad I, a cura di N. Duval, V. Popovič (CEFR, 75), Beograd-Roma 1984; V. Kondič, Les formes des fortifications protobyzantines dans la région des Portes de Fer, in Villes et peuplement dans l'Illyricum protobyzantin, "Actes du Colloque organisé par l'Ecole française de Rome, Rome 1982", Roma 1984, pp. 131-161; A.M. Cameron, Procopius and the Sixth Century, Berkeley-London 1985; F. de' Maffei, Le fortificazioni sul limes orientale al tempo di Giustiniano, CARB 32, 1985, pp. 109-150; M. Whitby, Justinian's Bridge over the Sangarius and the date of Procopius' De Aedificiis, Journal of Hellenic Studies 105, 1985, pp. 129-148; F. de' Maffei, Edifici di Giustiniano nell'ambito dell'impero (CISAM, 10), Spoleto 1988; T. Ulbert, Villes et fortifications de l'Euphrate à l'époque paléochrétienne (IVe-VIIe siècle), in Archéologie et histoire de la Syrie, II, La Syrie de l'époque achéménide à l'avènement de l'Islam, a cura di J.M. Dentzer, W. Orthmann (Schriften zur vorderasiatischen Archäologie, 1), Saarbrücken 1989, pp. 283-296; Caričin Grad II, a cura di B. Bavant, V. Kondič, J.M. Spieser (CEFR, 75), Beograd-Roma 1990; W.E. Kaegi, A. Kazhdan, A. Cutler, s.v. Justinian I, in The Oxford Dictionary of Byzantium, II, New York-Oxford 1991, pp. 1083-1084; Byzance. L'art byzantin dans les collections publiques françaises, cat., Paris 1992; A. Cameron, The Mediterranean World in Late Antiquity. AD 395-600, London-New York 1993; C. Mango, The Columns of Justinian and his Successors, in id., Studies on Constantinople, X, Aldershot 1993, pp. 1-20; E. Zanini, Introduzione all'archeologia bizantina, Roma 1994; id., Il restauro giustinianeo delle mura di Palmira, in Arte profana e arte sacra a Bisanzio, "Atti del Convegno internazionale di studi, Roma 1990" (Milion, 3) (in corso di stampa); I. Furlan, Cisterne a Dara, ivi.E. Zanini