Rocha, Glauber (propr. Glauber Pedro de Andrade)
Regista cinematografico e teorico brasiliano, nato a Vitória da Conquista il 19 marzo 1939 e morto a Rio de Janeiro il 22 agosto 1981. Ineludibile punto di riferimento per ogni riflessione teorica sul cinema come linguaggio politico, fu il più importante regista del Cinema Nôvo di cui evidenziò con chiarezza nei suoi testi critici i fondamentali nuclei tematici. Seppe raccontare storie di oppressione e di misticismo ricorrendo a immagini di grande espressività e vitalità, e creando un linguaggio nuovo, barocco e personale, fortemente radicato nelle suggestioni del suo immaginario ma anche nel contesto culturale e letterario brasiliano (v. Brasile). Nel 1969 vinse ex aequo al Festival di Cannes il premio per la regia per O dragão da maldade contra o santo guerreiro (Antonio das Mortes).
Trasferitosi con la famiglia a Salvador de Bahia nel 1947, R. terminò gli studi in un liceo religioso e si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza che frequentò per tre anni. Appassionato di cinema, teatro e politica, iniziò giovanissimo a scrivere come critico cinematografico su "O momento", organo del partito comunista; collaborò quindi con varie riviste culturali e divenne uno degli animatori del cineclub di Bahia. Spinto dall'esigenza di sperimentare una nuova forma di cinema politico, iniziò a dedicarsi alla regia e, per montare Pátio (1959), il suo primo cortometraggio, si trasferì a Rio de Janeiro dove conobbe tutti i protagonisti di quello che sarebbe stato il movimento del Cinema Nôvo, un collettivo (di cui R. fu l'ispiratore e il principale rappresentante) interessato a creare una nuova forma di cinema, legato direttamente alla cultura e alla società brasiliana ed emancipato dall'imitazione di tendenze estetiche europee. R. girò quindi a proprie spese il cortometraggio A cruz na praça (1959), ma non ne portò a termine il montaggio quando si rese conto della necessità di un profondo ripensamento della forma e del linguaggio filmico in funzione di un nuovo cinema politico. Nel 1960 subentrò a Luís Paulino dos Santos come regista del lungometraggio Barravento (1961) che, pur con esiti alterni, rivela la grande capacità di R. di presentare, senza mediazioni simboliche o intellettualistiche, ma per mezzo di un uso sapiente dei corpi e degli spazi, la superstizione magico-religiosa in una piccola isola di pescatori come forma di dominazione ideologica. Nel 1963 realizzò Deus e o diabo na terra do sol (Il dio nero e il diavolo biondo), sequestrato dalle autorità dopo il colpo di stato militare (aprile 1964), ma ritornato in circolazione sugli schermi brasiliani subito dopo la presentazione al Festival di Cannes. Nel film il regista ambienta una storia di fame e di miseria nella regione del Nordeste brasiliano, che diventa lo scenario di un'inquietante sofferenza grazie a una scelta di immagini sempre più visionarie e sospese tra realismo e astrazione.
Nel 1965 R. elaborò il testo che sarebbe diventato il manifesto del Cinema Nôvo, Uma estética da fome, in cui volle sottolineare come il cinema che nasce dalla fame e dalla disperazione del Terzo mondo non possa che mettere in scena la violenza, intesa come forma rivoluzionaria contro ogni falsa conciliazione. Il suo terzo lavoro, Terra em transe (1967; Terra in trance), premiato in vari festival internazionali, è uno sguardo allegorico (è ambientato nel mitico Eldorado) e disperato sul Brasile e sulle sue ricorrenti crisi. Nel 1968 partecipò come attore a Vent d'Est, noto anche come Vento dell'Est (1970) di Jean-Luc Godard e girò a Rio in soli quattro giorni il film sperimentale Câncer (poi montato a Cuba e presentato in Italia; in Brasile sarebbe uscito solo nel 1972), seguito da O dragão da maldade contra o santo guerreiro, dove il suo stile ‒ sempre sospeso tra realismo e dimensione onirica ‒ si fa più comprensibile per l'esigenza di arrivare a un pubblico più vasto. Il film successivo, Der leone have sept cabeças (1970; Il leone a sette teste), girato in Africa e in Italia, fu un lavoro volutamente apolide sul colonialismo occidentale e venne presentato alla Mostra del cinema di Venezia suscitando reazioni contrastanti; nello stesso anno R. girò in Spagna Cabezas cortadas che venne bloccato dalla censura brasiliana fino al 1978. Nel 1971 fu costretto a lasciare il Brasile e viaggiò in diversi Paesi, per stabilirsi poi a Roma nel 1973, dove lavorò a un film di montaggio sulla storia del Brasile, História do Brasil (1974). Dopo cinque anni di esilio, nel 1976 tornò in patria e realizzò un cortometraggio, Di (1977), sul pittore brasiliano Di Cavalcanti. Il suo ultimo film, A idade da terra (1980) venne presentato alla Mostra del cinema di Venezia, dove fu oggetto di attacchi da parte di molti critici europei, che in quest'opera vedevano esaurita la spinta innovativa del Cinema Nôvo.
I suoi più importanti scritti teorici sono apparsi in traduzione italiana a cura di L. Miccichè (Scritti sul cinema, 1986 e Saggi e invettive sul Nuovo Cinema, 1986).
M. Estève, Le cinema nôvo brésilien: Glauber Rocha, Paris 1973.
C. Bellumori, Glauber Rocha, Firenze 1974.
B.S.P. Hollyman, Glauber Rocha and Cinema Nôvo: a study of his critical writings and films, New York 1983.
J.C.T. Gomes, Glauber Rocha: esse volcão, Rio de Janeiro 1997.
P. Bertelli, Glauber Rocha. Cinema in utopia: dall'estetica della fame all'estetica della libertà, Ragusa 2002.