GLOBALIZZAZIONE E GLOBAL GOVERNANCE.
– La globalizzazione. La governance globale. Scenari futuri. Bibliografia
La globalizzazione. – La globalizzazione può essere definita come un fenomeno caratterizzato da tre macro elementi, tra di essi concatenati. In primo luogo, è una dinamica che va oltre il tradizionale sistema di Stati di tipo vestfaliano, ovverosia oltrepassa lo Stato-centrismo. In secondo luogo, risulta animata da un’ampia serie di attori tra cui quelli privati, siano essi dediti tanto al profitto quanto ai beni pubblici, che occupano uno spazio politico significativo. Infine, si struttura su una crescente interdipendenza tra i vari attori del sistema. Assumendo la concettualizzazione di globalizzazione come aumento del globalismo fornita da Robert O. Keohane e Joseph S. Nye, dove globalismo sta per «uno stato del mondo che implica reti di interdipendenza su distanze intercontinentali» (Keohane, Nye 2000, p. 2), la globalizzazio ne può essere quindi sinteticamente intesa come un processo di integrazione multidimensionale che si struttura attraverso la creazione di reti transnazionali e che tende a diffondere il potere materiale e cognitivo tra una pluralità di attori anche non governativi.
Le letture della globalizzazione si differenziano essenzialmente per il loro riferimento teorico di fondo. Il dibattito è animato dalle teorie classiche delle relazioni internazionali che hanno formulato interpretazioni alternative del fenomeno. L’interpretazione della globalizzazione più accreditata da un punto di vista teorico è quella liberale secondo la quale le trasformazioni globali andrebbero viste in relazione all’estensione della modernità guidata dal mercato, fenomeno positivo in quanto portatore di sviluppo economico e democrazia. La maggiore interpretazione alternativa al liberalismo è quella della scuola realista secondo la quale è la lotta per il potere che spiega il verificarsi della globalizzazione. Da questo punto di vista, la globalizzazione non sarebbe null’altro che un progetto di egemonia mondiale attuato dalle grandi potenze occidentali, in primis dagli Stati Uniti. Una terza linea interpretativa è quella marxista secondo la quale la globalizzazione sarebbe in ultima analisi lo stadio (finale) dell’estensione capitalistica che non trovando più sufficienti risorse all’interno del mercato nazionale deve di necessità allargare il proprio orizzonte su scala internazionale e mondiale. I processi di globalizzazione generano però anche delle resistenze. In questo senso, la teoria neogramsciana è stata notevolmente sviluppata per leggere i movimenti di protesta contro la globalizzazione che si sono sviluppati negli ultimi decenni. Un’interpretazione che ha infine riscosso un notevole successo negli ultimi anni è quella costruttivista secondo la quale la globalizzazione sarebbe soprattutto il prodotto di una trasformazione della costruzione mentale del ‘mondo globale’. Particolarmente importanti sono da questo punto di vista tutte quelle azioni che contribuiscono a diffondere una nuova lettura di ciò che è legittimo a livello internazionale e mondiale. La cosiddetta politica del cambiamento delle norme diventa quindi centrale per capire come il mondo si sta trasformando e perché.
In termini di orientamenti politici, l’epoca della globalizzazione sta svelando una nuova costellazione politica che può difficilmente essere spiegata con le vecchie categorie della sinistra o della destra. I concetti che ci hanno aiutato a dar senso all’esperienza politica di gran parte del 20° sec. sono ora svuotati della loro forza euristica. I tradizionali principi associati alla comprensione della politica di destra o di sinistra stanno lasciando il campo a un nuovo cleavage che riguarda l’attitudine nei confronti della globalizzazione. È con riferimento al posizionamento politico rispetto a questioni di policy centrali per la globalizzazione, come l’integrazione dei mercati, la delega di sovranità, la partecipazione a organizzazioni regionali, ma anche all’accettazione delle politiche sovranazionali ortodosse e all’adozione di standard ‘universali’, che noi possiamo meglio capire le divisioni di oggi, il campo sul quale si gioca la partita politica di quest’epoca. In questo senso, alla tradizionale distinzione tra destra e sinistra si sovrappone oggi il nuovo cleavage pro o contro la globalizzazione. E si deve di conseguenza distinguere tra una destra globalista e una destra localista, così come differenziare tra una sinistra globalista e una sinistra localista: tale doppia distinzione aiuta infatti a capire il perché dei governi centristi e delle grandi coalizioni globaliste, e delle opposizioni localiste. Il fatto poi che oggi prevalgano i governi centristi globalisti dice molto anche circa l’egemonia politica del globalismo sul localismo.
La governance globale. – La politica nell’era della globalizzazione è divenuta molto più complessa a motivo dell’intrecciarsi di dinamiche locali a quelle globali. Tale complessità è ben evidenziata dal nuovo quadro istituzionale che ha affiancato e allo stesso tempo sfidato l’ordine delle Nazioni Unite (v. BRICS e G7-G8-G20), creando di fatto un sistema di governance globale. Negli studi di relazioni internazionali, sulla scia della prospettiva tracciata da James
N. Rosenau ed Ernst-Otto Czempiel, la governance globale è definita l’insieme di meccanismi di regolamentazione che funzionano anche se essi non sono emanati da un’autorità ufficiale, ma sono prodotti dalla proliferazione di reti in un mondo sempre più interdipendente. La governance globale è vista non come un risultato, ma come un processo continuo che, a differenza dei regimi, non è mai fisso e non ha un singolo modello o una singola forma. Inoltre, puntando non esclusivamente sulle relazioni intergovernative, essa prevede la partecipazione di attori di varia natura, sia pubblici sia privati, che ubbidiscono a razionalità multiple: in particolare ONG, multinazionali, movimenti di cittadini, mass media e mercati di capitali globali. La regolamentazione non è inquadrata in un corpo di regole prestabilite, ma si fa in maniera congiunta con un gioco permanente di scambi, conflitti, compromessi, negoziazioni e aggiustamenti reciproci.
Cinque tendenze caratterizzano le recenti forme della governance globale: 1) la fusione dell’ambito nazionale con quello internazionale; 2) l’aumentato ruolo degli attori non statali; 3) l’emergere della governance privata; 4) il passaggio a un nuovo modo di ottenere il rispetto delle regole attraverso l’uso degli standard non coercitivi; e infine 5) la crescente complessità dell’orizzonte istituzionale. La governance globale è stata differentemente interpretata nel corso di questi ultimi anni. Per alcuni stiamo assistendo a una forma di neomedievalismo caratterizzato dal proliferare di molteplici autorità con ambiti giurisdizionali che si sovrappongono solo parzialmente. Per altri, la governance globale rappresenta la forma più avanzata di autoregolamentazione degli affari internazionali nel senso della privatizzazione delle funzioni pubbliche. Per altri, infine, si sta concretizzando una costellazione postnazionale caratterizzata dalla mancanza di un’autorità centrale, dalla presenza di attori collettivi altamente organizzati e specializzati (invece di cittadini individuali) e da una differenziazione funzionale tra gli attori che non sono motivati da un’identità comune e un principio politico quanto da una spinta alla risoluzione dei problemi.
Scenari futuri. – Per quanto riguarda gli scenari che vengono tratteggiati sul futuro della globalizzazione e della global governance, cinque alternative risultano particolarmente importanti nel dibattito.
Il primo scenario, di stampo liberale, vede la globalizzazione come un contesto ormai inaggirabile nei confronti del quale anche le potenze emergenti dovranno adottare strategie di adattamento, basate in ultima analisi sui valori liberal-democratici occidentali. La globalizzazione sarebbe dunque destinata a una continua crescita, se non addirittura a una continua accelerazione, che avrà termine solo quando sarà raggiunta la completa integrazione.
Il secondo scenario, anch’esso di stampo liberale, ipotizza invece che una volta raggiunta una certa soglia fisiologica, la globalizzazione rallenterà o addirittura si fermerà per non mettere in pericolo i risultati di integrazione fino ad allora raggiunti. Si attiveranno quindi delle specie di meccanismi di autocontrollo politico-sociale che imporranno correttivi alle spinte integrazioniste per calmierarne i costi sociali.
Il terzo scenario, di stampo liberale critico, si basa sull’idea che i processi di globalizzazione non siano di fatto governati e che quindi non si possano fermare motu proprio: continueranno a intensificarsi fino a quando i costi sociali non diverranno insostenibili e daranno spazio politico, secondo una drammatica dinamica di autoconsunzione, all’emergere di forze nazionaliste, antisistemiche o regionaliste che imporranno il ribaltamento della logica dell’integrazione a favore di un ritorno alla chiusura nazionalista e isolazionista.
Un quarto scenario, di stampo realista, sostiene che il futuro sia indirizzato verso il ritorno alla compartimentalizzazione. Da un punto di vista più geopolitico, se è vero che è stata la globalizzazione transatlantica a offrire opportunità di crescita politica ed emancipazione economica alle potenze emergenti, è tuttavia sempre più evidente che tale spostamento di potere dall’Occidente verso l’Oriente sembra mettere in dubbio la tenuta stessa del sistema e suggerire invece un ritorno a una logica compartimentalizzata di equilibrio di potenza multipolare su base macroregionale con possibili sviluppi conflittuali, che potranno porre le basi per la costruzione del prossimo ciclo espansivo di integrazione globalista
Il quinto scenario, infine, presenta un’immagine, di stampo costruttivista, dai contorni meno definiti: non indica né un restringimento né una preservazione delle dinamiche globaliste, ma una loro trasformazione. Secondo tale prospettiva, che è vicina all’idea delle modernità multiple, il presente grado di integrazione sovranazionale si avvierà su cammini diversi da quelli impostati finora dall’Occidente, i quali vedranno la formazione di nuove modalità ibride ispirate a tradizioni politico-culturali non occidentali finora marginalizzate. È questo lo scenario secondo cui il consolidamento delle potenze emergenti non porterà necessariamente a una fase di conflitto per la conquista di una nuova egemonia globale, ma piuttosto al formarsi di aree di sviluppo differenziate, alcune delle quali governate secondo principi estranei al mondo occidentale.
Bibliografia: R.O. Keohane, J.S. Nye, introduzione a Governance in a globalizing world, ed. J.S. Nye, J.D. Donahue, Washington (D.C.) 2000, pp. 1-41; Globalization theory. Approaches and controversies, ed. D. Held, A. McGrew, Cambridge-Malden(Mass.) 2007; U. Beck, Conditio humana. Il rischio nell’età globale, Roma-Bari 2011; P. Khanna, How to run the world, New York 2011 (trad. it. Roma 2011); J.A. Caporaso, M.A. Madeira, Globalization, institutions & governance, London-Thousands Oaks (Cal.)-New Delhi-Singapore 2012; Introducing globalization.Analysis and readings, ed. R.W. Mansbach, E. Rhodes, Los Angeles 2013; R. Marchetti, La politica della globalizzazione, Milano 2014.