PARISE, Goffredo
– Nacque a Vicenza l’8 dicembre 1929, da Ida Wanda Bertoli e da padre ignoto. Sua madre era figlia adottiva di Antonio Marchetti.
La famiglia, povera, fece ogni sforzo per dissimulare la propria condizione agli occhi del bambino. Di idee socialiste, Marchetti era un piccolo costruttore di biciclette che, travolto dalla crisi del 1929, ripiegò su un’attività artigianale nel medesimo settore. Fu il primo a incoraggiare in suo nipote l’istinto del fantasticare. La sua figura lasciò un segno profondo nei primi romanzi dello scrittore così come in svariati racconti dei Sillabari.
Marchetti morì quando Goffredo aveva otto anni; ne aveva dieci quando sua madre sposò il giornalista Osvaldo Parise, collaboratore del Gazzettino di Venezia e del Giornale di Vicenza. Il padre acquisito riconobbe Goffredo nel 1943. La famiglia abitava allora in piazza Castello. Goffredo attraversò la scuola dell’obbligo inoltrandosi sempre più nelle proprie fantasie narrative acuite da una precoce disposizione malinconica.
Il ragazzo Parise leggeva Salgari, Verne e i fumetti dell’Uomo mascherato e di Mandrake, andava a caccia con il Flobert, prese a dipingere, frequentò il ginnasio e il liceo classico subendo una bocciatura per cumulo di assenze. Scoprì presto Kafka, i grandi russi, Hemingway, Maugham, Gide, Camus; ma si modellò soprattutto su Lautréamont che fu, con Leopardi, l’ispiratore di un personale surrealismo coltivato anche, al cinema, sulle sequenze di Jean Vigo e Luis Buñuel.
Dopo l’8 settembre 1943, sotto l’occupazione nazifascista, il quindicenne Parise fece da staffetta per alcune bande partigiane. Organizzò con gli amici una balera, Il pugnale insanguinato. Si innamorò di Athena Mazzaggio, sorella di un amico e insegnante di matematica, che aveva sei anni più di lui e che lo aiutò a prepararsi per l’esame di maturità, sostenuto da privatista nel 1948: lo stesso anno di una memorabile Biennale di Venezia dove vide per la prima volta i quadri di Marc Chagall, decidendo all’istante di troncare con la pittura benché già avesse esposto in mostre cittadine. Nel frattempo pubblicava, grazie al patrigno, i primi articoli e racconti. Viveva solo ora, in una mansarda affittata nel centro di Vicenza, dove scrisse I movimenti remoti, testo in prosa con una perentoria coda in versi. Inedito, andò perduto e fu ritrovato circa vent’anni dopo la sua morte e pubblicato nel 2007. Parise, che ne aveva smarrito la memoria precisa, lo considerò sempre la cosa migliore che avesse scritto.
Nel 1949 avvenne il trasferimento a Venezia che Parise identificò con la sua nascita culturale. Si iscrisse dapprima a lettere, poi a medicina, quindi a matematica, senza mai laurearsi. Nella primavera 1950 consegnò al piccolo ma prestigioso editore vicentino Neri Pozza il suo primo romanzo, rifiutando con gentile fermezza – e con un tanto di capriccio – ogni proposta di revisione. Il libro uscì con il titolo Il ragazzo morto e le comete (Venezia 1951). Parise aveva assegnato al protagonista il suo stesso giorno e anno di nascita. Due anni più tardi, con lo stesso editore, uscì La grande vacanza (Venezia 1953).
Di quell’esordio si accorsero in pochi; tra i più tempestivi, Eugenio Montale, Geno Pampaloni, Giuseppe Prezzolini. Sarebbero occorsi decenni per rendersi conto che con Parise si era manifestata una nuova specie di scrittore (nel senso propriamente evolutivo) e, per la letteratura italiana, una possibilità estetica che sovvertiva ignorandoli i precetti di qualsivoglia realismo.
A Venezia, nell’estate del 1951, Parise incontrò per la prima volta una specie di gemello diverso cui molti lettori lo avrebbero appaiato: Truman Capote. Di lì a poco si sarebbero avviate le sue amicizie con Prezzolini (epistolare) e con Montale (diretta). Ma dopo una breve esperienza, procuratagli da suo padre, come redattore de L’Alto Adige di Bolzano, la nuova svolta del destino coincise ancora, a fine 1952, con un cambiamento di città: Milano, che voleva dire la grande editoria industriale. Abitò per sette anni in camere ammobiliate. Ebbe un flirt con l’attrice Lucia Bosé. I suoi racconti presero a uscire nel quindicinale Il Borghese, fondato da Leo Longanesi. Ben presto fu assunto come redattore dal giovane editore Livio Garzanti, dinamico quanto umorale, che gli pubblicò il terzo romanzo, Il prete bello (Milano 1954). Fu il primo bestseller del dopoguerra. Il trevigiano Giovanni Comisso decise di presentare Parise a un convegno letterario che si svolse a metà luglio in S. Pellegrino Terme, e durante il quale nove autori affermati presentarono altrettanti esordienti: le altre coppie notevoli furono Cecchi/Bassani, Montale/Lucio Piccolo, Repaci/Calvino, Ungaretti/Zanzotto.
Dopo l’esordio con una coppia di livres des merveilles, e dopo aver imposto al mercato Il prete bello, per oltre dieci anni Parise avvertì – e gli trapelò nella scrittura – il sapore acre della disillusione da successo: lo aveva conosciuto troppo presto e non se ne lasciava più sedurre. Dietro la recita per gli occhi del mondo la disperazione era autentica. Questo tedio, che solo nelle lettere private gli riscatenava il talento visionario, si percepisce come un falsetto continuo in tutte le sue opere, compiute o incompiute, fino al termine degli anni Sessanta, con l’importante eccezione dei libri di viaggio.
Subito dopo Il prete bello, Parise avviò una carriera come inviato per grandi testate nazionali. Con Garzanti uscirono ancora due romanzi, Il fidanzamento (Milano 1956) e Amore e fervore (Milano 1959; poi riscritto col titolo Atti impuri, Torino 1973), che vennero a comporre con Il prete bello una sarcastica trilogia veneta. Nel 1957 Parise lasciò Garzanti per trasferirsi alla Longanesi, su segnalazione di Comisso. E Comisso fu anche, in quell’anno, testimone di nozze nel suo matrimonio con la giovane concittadina Maria Costanza (Mariola) Sperotti. A una breve collaborazione con Il Giorno ne seguì un’altra, più lunga, con Il Resto del Carlino diretto da Giovanni Spadolini. Entrò, rimanendovi fino al 1972, nel consiglio d’amministrazione della Longanesi. Il suo atto unico La moglie a cavallo fu rappresentato a Milano nel febbraio 1960. Ma l’insoddisfazione per i risultati della scrittura, e di più per il lavoro d’ufficio, spinsero Parise a cambiare nuovamente città: questa volta fu Roma, nella primavera 1960, verso la quale lo attraeva anche il cinema con le sue promesse di guadagno e disordine.
Se a Milano aveva frequentato soprattutto Montale e Guido Piovene, nella capitale entrò in un ambiente più mosso: Alberto Moravia con sua moglie Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini e Sandro Penna, l’attrice Laura Betti e il pittore Cy Twombly, Giorgio Bassani e il giovane Alberto Arbasino, ma soprattutto Carlo Emilio Gadda, con il quale prese forma un’amicizia di apparenza incongrua, ma tra le più lampeggianti del Novecento italiano. Fu Gadda a regalargli la prima edizione italiana (1871) di un’opera di Charles Darwin, L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col sesso. Parise ne fece un caposaldo di tutto quanto avrebbe prodotto di lì in poi.
Per il cinema Parise collaborò con Mauro Bolognini (Senilità e Agostino, 1962) e con Federico Fellini (Le tentazioni del Dottor Antonio, episodio in Boccaccio 70, 1962), e firmò per Marco Ferreri il soggetto di L’ape regina (1963). Già nell’autunno 1961 aveva convinto il produttore Dino De Laurentiis a inviarlo per alcuni mesi, ben spesato e compensato, negli Stati Uniti: in viaggio di ricognizione per un film che non si fece, ma che fruttò un notevole reportage epistolare pubblicato postumo (in appendice a New York, Milano 2001). Nel frattempo, il Parise lettore di Darwin abbozzò una serie di opere dove ne andò riversando l’insegnamento: il diario coniugale Descrizione di una farfalla, il dialogo L’assoluto naturale, l’abbozzo di romanzo Arsenico. Risalgono tutti agli anni 1962-63, ma soltanto L’assoluto giunse alla pubblicazione (Milano 1967). Quel trittico fu anche il diagramma di una crisi matrimoniale che culminò nel 1963 con la separazione da Mariola Sperotti.
Il frutto maturo degli anni Sessanta di Parise, il suo libro darwiniano, fu Il padrone, pubblicato da Feltrinelli (Milano 1965): un romanzo di satira aziendale (editoria) dove circolavano personaggi con nomi come Minnie, Bombolo, Uraza, Pluto, dottor Saturno: dal fumetto alla fantascienza al B-movie alla mitologia classica, nulla mancava. Tali escursioni tra la sottoletteratura e un sublime in burletta ebbero anche un successo di scandalo, dal momento che il libro era stato rifiutato da Garzanti riconosciutosi (a ragione) nel dottor Max, l’editore coprotagonista della storia narrata in prima persona da un suo dipendente. L’opera vinse il premio Viareggio; la motivazione stesa da Giacomo Debenedetti ne indicava la vena kafkiana (Opere, I, pp. 1593 s.).
Le altre scritture narrative di quegli anni furono meno eccitanti: una serie di racconti brevi apparsi perlopiù nel Corriere della sera, storie di manichini umani nella società di massa. Ne scrisse più di trenta nel periodo 1962-66, e avrebbe voluto raccoglierli con il titolo L’uomo in serie. Viceversa li tenne fermi in bozze per anni, e furono pubblicati, con un colpo di mano dell’editore Feltrinelli, al principio del 1970 con il titolo Il Crematorio di Vienna.
Durante quel lungo intervallo la vita di Parise fu tutt’altro che immobile. Nella primavera 1964 aveva incontrato a Roma la giovane pittrice Giosetta Fioroni. Il legame durò fino alla scomparsa di Parise, che per suo tramite frequentò gli artisti della cosiddetta Scuola di piazza del Popolo: Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano. Ne sarebbero nate pagine raccolte nel volumetto Artisti (Roma 1984). Nel 1966 partì per la Cina, corrispondente per il Corriere; i testi furono raccolti in Cara Cina (Milano 1966). L’anno successivo raggiunse l’estremo Oriente già prediletto da Comisso e ora incendiato dalle guerre. Dalla Thailandia, dal Laos, dal Vietnam del Sud, più tardi dal Biafra, inviò articoli al settimanale L’Espresso diretto da Eugenio Scalfari: erano, più che reportage, diari dalla linea del fronte. Parise, che in quegli anni mise più volte a rischio la propria vita, ne pubblicò una piccola parte negli opuscoli Due, tre cose sul Vietnam (Milano 1967) e Biafra (Milano 1968).
Un evento nuovo e decisivo si verificò per lui nella regione natale: a Ponte di Piave, nei pressi di Treviso, dove nell’estate 1970 decise di acquistare una minuscola casa sul greto del Piave. Il nome della località era Salgareda. Scritto nella nuova casa, un breve racconto intitolato Amore apparve nel Corriere della sera del 10 gennaio 1971; fu il primo di una nuova serie, «Sillabario». Ciascuno di essi sarebbe stato dedicato a un sentimento o a una situazione. Parise cambiò di nuovo editore, passando con Einaudi. Sillabario n. 1, che raccoglieva ventidue racconti, uscì nell’ottobre 1972.
Fu l’autore stesso a definirli «poesie in prosa» (v. l’intervista di L. Tornabuoni, Parise: una vita diversa, in La Stampa, 22 gennaio 1982). Antintellettuali, antideologiche, le prese di posizione con cui Parise accompagnò l’uscita di Sillabario n. 1 gli guadagnarono antipatie e contestazioni. Il dichiararsi a favore di uno stile elementare, primario, lo portò a collidere con le avanguardie dell’epoca e poi con Franco Fortini, con il quale ebbe nel 1977 una polemica in merito.
Sul Corriere, ora diretto da Piero Ottone, Parise interveniva anche in prima pagina, come Pasolini, Moravia, Calvino, Sciascia, Natalia Ginzburg: ai racconti si affiancavano (lasciandosi decifrare come una loro implicita piattaforma teorica) interventi di carattere estetico-politico che qualcuno trovò ispirati a un superficiale snobismo conservatore. Per un anno e mezzo (gennaio 1974 - maggio 1975) tenne sul giornale la rubrica di dialoghi con i lettori Parise risponde.
Nel 1976 una porzione dei reportage internazionali – se n’era aggiunto uno sul golpe di Augusto Pinochet in Cile – fu raccolta per Einaudi in Guerre politiche (Torino). Risale al 1976 anche il nuovo amore per una ragazza di Ponte di Piave, Omaira Rorato, alla quale scrisse importanti lettere che rappresentano una ulteriore ricerca etico-letteraria, legata sia alle prove narrative sia agli interventi civili. Seguirono viaggi negli Emirati Arabi e a New York. Il secondo fu pubblicato in volume nel 1977 a Venezia, presso le Edizioni del Ruzante. Due anni più tardi, nel luglio 1979, durante un ricovero all’ospedale Gemelli di Roma, Parise, che già da qualche anno soffriva di ischemie coronariche, fu colpito da infarto acuto. Durante la convalescenza scrisse di getto un romanzo, ma lo sigillò in un involucro considerandolo un esperimento di autoanalisi privata. Lo avrebbe riletto dopo sette anni, nelle ultime settimane di vita, approvandone la pubblicazione che avvenne postuma con il titolo L’odore del sangue (a cura di C. Garboli - G. Magrini, Milano 1997).
Nel 1980 fu invitato a visitare il Giappone da Boris Biancheri, ambasciatore italiano a Tokio. Dalla trasferta nacque un volume pubblicato da Mondadori in elegante edizione illustrata: L’eleganza è frigida (Milano 1982). Nella primavera di quell’anno era apparso, sempre da Mondadori: Sillabario n. 2, accolto nella collana «Medusa» che lui aveva amato fin da ragazzo e che fu insignito con il premio Strega di quell’anno.
Se la prima serie dei racconti si era fermata alla F di Famiglia, questa seconda si interrompeva sulla S di Solitudine: «alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore» (Opere, II, p. 316).
Nel novembre 1981 Parise si era visto costretto ad andare in dialisi in seguito a un intervento chirurgico subito in giugno, con applicazione di bypass coronarici. Abbandonò la dimora di Salgareda, troppo isolata, acquistando casa a Ponte di Piave. Alla limitazione fisica permanente reagì anche con nuovi esperimenti letterari. Apparvero nel Corriere, sotto l’occhiello «Lontano», una trentina di prose molto brevi: una miniaturizzazione dei già condensati «Sillabari», con radice autobiografica più scoperta. Meno riuscita, sempre in chiave di autobiografia ma stravolta al fantastico, la serie «Ricordi immaginari di Goffredo Parise». E nel Corriere seguitarono a comparire, fino all’ultimo giorno, interventi civili e recensioni.
L’8 febbraio 1986 l’Università di Padova conferì a Parise, su proposta del filologo Gianfranco Folena, la laurea in lettere honoris causa. Il suo discorso di ringraziamento si chiuse così: «Forse […] il momento è venuto che anche la mia opera di risibile scrittore venga infilata in uno scaffale, in quel millimetrato ossario che le compete».
Quello che sarebbe passato alla storia letteraria contemporanea come il discorso del boogie era cominciato su tutt’altro tono: rievocando la libertà e lo «spazio d’immaginazione» che per Parise e i suoi coetanei erano cominciati nel 1945, con la conclusione della guerra, e che lui personalmente identificava con il ritmo e la musica del boogie-woogie In the mood. Quella libertà, «grande scoppio di energia vitale e centrifuga» che includeva «la sempre inesatta pressione del sangue, cioè il sentimento individuale» e ancora «l’assurdo, il non storico, il casuale e l’oscuro che è in noi nel suo perenne filmato», era durata circa vent’anni: poi un cataclisma, «qualcosa di paragonabile solo alla rivoluzione agricola», era accaduto nel mondo e l’aveva cancellata (cfr. Opere, II, pp. 1605-1609).
Parise, che pure si congedava con questo testamento pubblico, trovò negli ultimi mesi di vita il modo per rilanciare il proprio codice: impedito a scrivere, nella primavera 1986 dettò a Omaira Rorato – che nella sua vita aveva ormai il ruolo d’una figlia adottiva – trenta brevi poesie in versi, oscure e lampeggianti di parole inventate, un ultimo soffio di pneuma in lode della «magra / la sprecona lady / dell’universo» (Poesie, Milano 1998, p. 41) che forse era la vita.
Parise morì nell’ospedale civile di Treviso la mattina del 31 agosto 1986.
Opere. Edizioni postume: Opere, a cura di B. Callegher - M. Portello, I-II, Milano 1987-89 (con la bibliografia a tutt’oggi più ricca benché lacunosa, ma aggiornata nella ristampa 2001 del vol. I e 2005 del vol. II); L’odore del sangue, cit.; I movimenti remoti, a cura di E. Trevi, Roma 2007. Per cura di S. Perrella sono apparsi: Borghesia e altre voci escluse dai “Sillabari”, Pistoia 1997; Verba volant. Profezie civili di un anticonformista, Firenze 1998; Poesie, Milano 1998; New York, con un’appendice di lettere, Milano 2001; Lontano, Cava de’ Tirreni 2002; Quando la fantasia ballava il “boogie”, Milano 2005.
Altre lettere e scritti in: C. Altarocca, P., Firenze 1972; Orgoglio e pregiudizio. L’eros lesbico e omosessuale nella letteratura del Novecento, Torino 1983; P. e il Corriere, fasc. della serie «Corriere della sera 1876/1986. Dieci anni e un secolo», Milano 1986; G. P. (1929-1986) (catal.), Roma 1989; N. Naldini, Il solo fratello. Ritratto di G. P., Milano 1989; G. P. tra Vicenza e il mondo (catal.), a cura di F. Bandini - G. Fioroni - V. Scheiwiller, Milano 1995; I movimenti remoti. Inediti di G. P., in marka, 1995, n. 32; Lettere a Giovanni Comisso di G. P., a cura di L. Urettini, Lugo 1995; Dossier P., a cura di G. Pedullà, in il Caffè illustrato, novembre-dicembre 2001, n. 3; I. Crotti, 1955: G. P. reporter a Parigi, Padova 2002; G. P. Movimenti remoti (catal.), a cura di G. Fioroni - M.I. Gaeta, Roma 2004; R. La Capria, Caro Goffredo, Roma 2005; N. Pozza, Saranno idee d’arte e di poesia. Carteggi con Buzzati, Gadda, Montale e P., Vicenza 2006; P. Dato, Vicentinità, Creazzo (VI) 2007; C.E. Gadda - G. Parise, Le bombe dell’ingegnere, a cura di D. Scarpa, Milano 2015.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio P. (presso G. Fioroni); Arch. P. Le carte di una vita. Catalogo filologico-archivistico dei materiali documentari conservati presso il Centro di cultura G. P. di Ponte di Piave, a cura di M. Brunetta, Treviso 1998. Per testimonianze biografiche si rimanda, oltre che ai cataloghi sopracitati e ai volumi di La Capria e Naldini (v. anche, di quest’ultimo, Alfabeto degli amici, Napoli 2004, e Come non ci si difende dai ricordi, Napoli 2005), ai seguenti testi che in alcuni casi hanno anche elevato valore critico: G. Piovene, La coda di paglia, Milano 1962; L. Piccioni, Maestri e amici, Milano 1969; D. Maraini, E tu chi eri? Interviste sull’infanzia, Milano 1973; E. Montale, Jaufré, in Diario del ’71 e del ’72, Milano 1973; G. Afeltra, Famosi a modo loro, Milano 1986; N. Pozza, Ritratti vicentini e altro, Vicenza 1987; G. Ceronetti, La pazienza dell’arrostito, Milano 1990; A. Moravia, Diario europeo, Milano 1993; I. Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Milano 2000; A. Arbasino, L’Ingegnere in blu, Milano 2008. Nonché, fra gli Atti: Con G. P., a cura di N. Naldini, Treviso 1987; I Sillabari di G. P., Napoli 1994; G. P., a cura di I. Crotti, Firenze 1997; Les illuminations d’un écrivain, a cura di P. Grossi, Caen 2000; G. P. a vent’anni dalla morte, a cura di F. Bandini, Vicenza 2012. Fra i volumi collettanei, i numeri speciali di riviste e le monografie: Tre narratori: Calvino, Primo Levi, P., a cura di G. Folena, Treviso 1989; W. Stefani, I travestimenti del Prete bello, Vicenza 1989; Omaggio a P., in Nuovi Argomenti, s. 4, 1996, n. 9 (ottobre-dicembre); S. Perrella, Fino a Salgarèda. La scrittura nomade di G. P., Milano 2003; I. Crotti, Wunderkammern. Il Novecento di Comisso e P., Venezia 2005; A. Gialloreto, La parola trasparente, Roma 2006; P. Dato, L’ultimo anti-americano, Roma 2009; V. Santoro, L’odore della vita, Macerata 2009; D. Colucci, Nessuno crede al merlo d’acqua, Isernia 2011; Su P., in Nuovi Argomenti, 2011, n. 55 (luglio-settembre).
Articoli e saggi in volume: E. Sanguineti, Tra liberty e crepuscolarismo, Milano 1961; A. Moravia, prefazione a L’absolu naturel, Paris 1970 (in italiano: Corriere della sera, 5 marzo 1967); E. Cecchi, Letteratura italiana del Novecento, a cura di P. Citati, Milano 1972; A. Guglielmi, La letteratura del risparmio, Milano 1973; N. Ajello, Lo scrittore e il potere, Roma-Bari 1974; N. Ginzburg, Vita immaginaria, Milano 1974; G. Piovene, Idoli e ragione, Milano 1975; Scritti letterari di Niccolò Gallo, a cura di O. Cecchi - C. Garboli - G.C. Roscioni, Milano 1975; E. Sanguineti, Giornalino 1973-1975, Torino 1976; O. Del Buono, Il comune spettatore, Milano 1979; G. Montalenti, prefazione a L’assoluto naturale, Milano 1982; G. Raboni, postfazione a Il prete bello, Milano 1983; F. Fortini, Insistenze. Cinquanta scritti 1976-1984, Milano 1985; C. Garboli, Falbalas. Immagini del Novecento, Milano 1990; I. Crotti, Tre voci sospette. Buzzati, Piovene, P., Milano 1994; A. Zanzotto, Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano 1994; E. Montale, Il secondo mestiere. Prose 1920-1979, a cura di G. Zampa, Milano 1996; P.P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di W. Siti - S. De Laude, Milano 1999; L. Baldacci, Novecento passato remoto, Milano 2000; P.V. Mengaldo, La tradizione del Novecento. Quarta serie, Torino 2000; N. Ginzburg, Non possiamo saperlo. Saggi 1973-1990, a cura di D. Scarpa, Torino 2001; G. Pampaloni, Il critico giornaliero, a cura di G. Leonelli, Torino 2001; C. Garboli, Pianura proibita, Milano 2002; R. Manica, La prosa nascosta, Cava de’ Tirreni 2002; M. Belpoliti, Settanta (2001), nuova ed., Torino 2010; D. Scarpa, Storie avventurose di libri necessari, Roma 2010.