ASCOLI, Graziadio Isaia
Nacque a Gorizia il 16 luglio 1829 da Leone Flaminio ed Elena Norsa. Figlio di ricca famiglia di mercanti (e mercante nella giovinezza egli stesso), non conobbeil padre, morto prematuramente. Non frequentò scuole, ma sentì, giovanissimo, l'influenza dell'ebraista Samuel David Luzzatto, ed ebbe col figlio di questo, Filosseno, semitista e studioso di sanscrito, consuetudine di vita. Alla sua formazione contribuì l'ambiente goriziano, che permetteva contatti coi dotti di lingua tedesca ed esperienze linguistiche varie nella pratica del friulano, del veneto, dell'italiano, del tedesco, dello sloveno. All'abate Iacopo Pirona, autore del Vocabolario friulano, dedicò il suo primo lavoro Sull'idioma friulano e sulla sua affinità colla lingua valacca. Schizzo storico-filologico (Udine 1846), che già dimostra nel giovanissimo autore un lato positivo della sua preparazione: la lettura di Carlo Cattaneo, da cui trasse stimolo ed ispirazione, specialmente per la formulazione di uno dei suoi più fecondi principi, quello del sostrato etnico. A diciannove anni diede prova del suo interesse per gli avvenimenti politici del suo tempo e del suo ambiente pubblicando l'opuscolo Gorizia italiana, tollerante, concorde. Verità e speranze dell'Austria del 1848 (con la dedica "Ai miei concittadini che amo"), in cui sono illustrate le ragioni delle tendenze separatistiche dei Lombardo-Veneti. Gli anni fino al 1854 (se si esclude una curiosa pubblicazione del 1851 sulla Pasitelegrafia,proposta di un sistema universale da applicare al telegrafo elettrico) sono pei l'A. di preparazione, di meditazione, di in. trospezione. Un Diario giovanile (solo parzialmente pubblicato) testimonia, in un linguaggio che va a poco a poco perdendo i primitivi caratteri di antica affettazione, un misto di sentimenti romantici, di religiosità, di critica di se stesso, oltre ad un denso programma di studi. Già in un taccuino di viaggio del 1852 (Note letterario-artistiche minori durante il viaggio nella Venezia, nella Lombardia, nel Piemonte, nella Liguria, nel Parmigiano, Modenese e Pontificio. Maggio-giugno 1852) l'A. espresse il proposito di fondare una rivista e a tal fine prese contatti con C. Cantù, G. Flechia e A. Peyron (G. Gorresio era allora all'estero). Il suo desiderio di unire le forze migliori negli studi orientali e particolarmente nel sanscrito è più volte manifestato nel taccuino, che riporta anche la minuta di una importante lettera a Filosseno.
L'A. si rese presto conto che l'ampiezza dei suoi interessi culturali avrebbe potuto nuocergli e per questo fissò nel 1852 un programma, che, pur apparendo vastissimo, contribuì a trarlo dal "pelago della incertezza". Vagheggiò così una storia della linguistica, una specie di raccolta enciclopedica sull'India, un'opera Parole e scrittura, degli Studi italici, uno scritto Dell'imitazione e della traduzione, degli Studi pasigrafici e pasilalici, degli Studi linguistici. Il primo frutto di questo programma si ebbe nel 1854 e '55, col I e II fascicolo degli Studi orientali e linguistici, raccolta di commenti e traduzioni di testi indiani, di osservazioni su argomenti semitici e di dialettologia italiana nonché di informazioni erudite sull'attività che gli studiosi tedeschi andavano con sicurezza e con successo svolgendo nella linguistica indoeuropea. Personale conferma dei suoi rapporti con questi studiosi (ma basterebbe a testimoniarli la lettura dei suoi scritti) diede egli stesso nel 1899 quando disse che aveva letto in bozze alcune parti della I edizione della Vergleichende Grammatik di Franz Bopp. La Società Orientale di Halle e di Lipsia lo nominò fra i suoi soci, mentre la sua fama in Italia si andava ampiamente diffondendo. L'esperienza compiuta sulle opere dei linguisti tedeschi fu indubbiamente fondamentale per l'A., ma l'originalità delle sue ricerche, il suo rigore metodico, lo sforzo continuo di storicizzare i problemi in un'età in cui la concezione naturalistica del linguaggio pareva un raggiungimento indiscutibile e definitivo lo condussero presto ad essere riconosciuto non un seguace di altrui teorie ma un geniale maestro.
Prima di concentrare la sua attività nei due principali domini indoeuropeo e romanzo (da cui si allontanò solo per comparazioni fra indoeuropeo e semitico), l'A. pubblicò nell'articolo Documenti orientali riguardanti l'Italia (in Arch. stor. ital., n. s., X [1859], pp. 51-66) il testo turco e la traduzione di una lettera di Solimano il Grande a Federico II Gonzaga, una rassegna critica Intorno ai recenti studi diretti a dimostrare il semitismo della lingua etrusca (in Studi orientali e linguistici, XI [1860], pp. 1 ss.), contro le teorie del padre Camillo Tarquini e di J. G. Stückel, e una nota Ueber Banū 'l asfar (in Zeitschr. der deutschen morgenl. Gesellsch., XV [1860], pp. 143 s.). Si tratta, nel loro insieme, di prove della vastità della cultura e delle conoscenze linguistiche di un uomo la cui mente spaziava nei più lontani domini. Alla fine del 1860 gli veniva offerta con decreto di L. C. Farini, confermato da T. Mamiani, la cattedra di lingue semitiche all'università di Bologna. L'A., tuttavia, rifiutò, ma accettò l'anno seguente presso l'Accademia scientificoletteraria di Milano la cattedra di "grammatica comparata e di lingue orientali" che si sarebbe poi chiamata, per suo suggerimento, "storia comparata delle lingue classiche e neolatine". Era la prima cattedra di linguistica scientifico-comparativa in Italia.
A dare una misura precisa delle sue qualità venne il I volume degli Studi critici (dagli Studi orientali e linguistici, fasc. III), pubblicato a Gorizia nel 1861 (142 pp.), ampio esame di un'opera di Bernardino Biondelli, pubblicata nel 1856. Il Biondelli, fervido divulgatore rimasto sempre fra la curiosità empirica e lo studio scientifico, aveva trattato dell'origine delle forme grammaticali, di dialettologia italiana, delle colonie straniere in Italia, della letteratura popolare d'Epiro (Albania), di gerghi. L'A. riprende uno per uno questi argomenti, ne rifà con rigore i contorni, dà ad essi un carattere nuovo con materiale raccolto personalmente.
Il 25 nov. 1861 l'A. teneva la prolusione milanese (pubblicata nel Politecnico,XII[1862], pp. 289-303), in cui all'illustraziorie degli ampi confini della disciplina, alle lodi del sanscrito "primigenia ed incomparabile sorella delle lingue latina, greca, gotica, scandinavica, lituanica, paleo-slava e celtiche", all'ampio posto che sarebbe toccato nell'insegnamento alle lingue semitiche, aggiungeva un severo richiamo alle fatiche degli studi con una solenne messa al bando delle "sinossi allettanti", delle generalità che invoglino". Dal 1862 al 1866 l'attività dell'A. si svolge in note etimologiche, in precisazioni fonetiche, in spiegazioni di vari fenomeni riguardanti l'iranico (in cui ancora si comprendeva, erroneamente, l'armeno), pubblicati in riviste tedesche e nei Rendiconti dell'Istituto lombardo. Due ordini di studi caratterizzano, però, soprattutto questo periodo: la lingua degli zingari (Zigeunerisches, Halle 1865), così interessante per l'origine neoindiana e per le varie influenze linguistiche ricevute nei luoghi più a lungo frequentati, e le ricerche riguardanti il nesso ario-semitico (Studi ario-semitici, in Mem. d. Ist. lombardo di scienze e lettere, s. 3, X, 9 marzo e 6 luglio 1865), oltre a contributi vari pubblicati nel Politecnico. Dal 1867 al 1870 la sua produzione va fissandosi sempre più su problemi di linguistica e soprattutto di fonetica indocuropea. Nei suoi lavori si ha la testimonianza di quanto andava esponendo nella scuola. In particolare, è di questo periodo l'elaborazione dello studio delle consonanti sorde e sonore aspirate indoeuropee che avrà una notevole parte nella formulazione della teoria delle tre serie di velari, che prenderà appunto il nome dall'Ascoli. I suoi contributi comparvero nella Zeitschr. f. vergl. Sprachforschung e nella Riv. orientale,ma i suoi Corsi di glottologia, di cui la prima e sola puntata fu pubblicata nel 1870 col sottotitolo Lezioni di fonologia comparata del sanscrito, del greco e del latino, davano forma definitiva ad una materia che subito fu apprezzata negli ambienti culturali più qualificati (il volume ebbe il premio dell'Académie des Inscriptions,et Belles Lettres di Parigi) e che è rimasta classica.
Nel 1873 l'A. faceva uscire il primo volume dell'Archivio glottologico italiano, la rivista gloriosa che egli personalmente curò e diresse fino al vol. XV (1899-1901).
Lo scopo era di pubblicare lavori scientifici sui dialetti italiani ed anche studi sulle lingue dell'ltalia antica senza esclusione di lingue estranee, come le celtiche, che potessero giovare "alla loro immediata illustrazione". Intanto, nel mirabile Proemio dell'Archivio l'A. inseriva con vigorosa autorità la sua opinione nella questione della lingua come era stata prospettata da Alessandro Manzoni e, pur riconoscendo che il tipo fonetico, morfologico e sintattico della lingua letteraria italiana era fiorentino, soprattutto per "la virtù sovrana di Dante Alighieri", sosteneva che l'Italia non aveva tanto bisogno di una indiscriminata accettazione del fiorentino parlato quanto di "energia operosa" a cui riconosceva il diritto di legittima autorità. In Italia l'A. lamentava la "scarsa densità della cultura" e la "eccessiva preoccupazione della forma", notando che l'incremento della cultura italiana veniva dal nord dove vigeva il bilinguismo linguadialetto. Con felici considerazioni sulle particolari condizioni della Francia, in cui la centralizzazione a Parigi e la monarchia costituirono gli elementi fondamentali di diffusione per la lingua letteraria, e della Germania, in cui Lutero, con la versione della Bibbia, "ruppe l'unità della fede e creò l'unità della nazione", l'A. poneva i problemi linguistici su un piano di chiara interdipendenza coi principali avvenimenti storici della nazione osservando, d'altra parte, la diversità di tono che uno stesso autore (il Manzoni) fa sentire secondo la diversità delle situazioni e dei personaggi. Il primo volume dell'Archivio glottologico comprendeva poi i poderosi Saggi ladini, rimasti incompiuti rispetto al piano primitivo, ma di valore paradigmatico. A tale opera, che dava in Italia l'avvio allo studio scientifico e sistematico dei dialetti neo-latini, destinato a diventare ricchissimo di tradiziom" venne conferito il premio della Fondazione Bopp e quello della Società per lo studio delle lingue romanze di Montpellier. Il secondo volume dell'Archivio (1876), oltre a lavori di G. Flechia, F. D'Ovidio e N. Lagomaggiore (il primo volume era stato tutto scritto dal fondatore e direttore), presentava, dell'A., la monografia Del posto che spetta al ligure nel sistema dei dialetti italiani, un gruppo di nutritissime recensioni e una decina di pagine (da datare però al 1878) su Paul Meyer e il franco-provenzale (varietà neolatina studiata nel III volume dell'Archivio, i cui primi fogli si venivano stampando contemporaneamente agli ultimi del II), che vertono sulla legittimità di porre gruppi dialettali nell'infinita varietà linguistica, negata dal Meyer, ma sostenuta dall'A. con la precisazione che un gruppo linguistico si determina dalla simultanea presenza di caratteristiche, ciascuna delle quali può ben trovarsi anche altrove.
Seguì il secondo volume degli Studi critici (Torino 1877),che comprende, in gran parte rifatti, lavori di linguistica indoeuropea già usciti in varie riviste, specialmente nei domini italico, indiano e greco. Parallelamente agli studi romanzi venivano portati avanti quelli di indoeuropeo che, anzi, si allargarono in modo mirabile coi volumi V e VI dell'Archivio interamente dedicati alla pubblicazione e al commento del Codice irlandese dell'Ambrosiana (1878), a cui Costantino Nigra aveva rinunziato ad attendere nel '70 quando aveva saputo dell'interesse dell'Ascoli. Dal 1880 al 1894 fu aggiunta la pubblicazione delle chiose di S. Gallo con traduzione e un glossario dell'antico irlandese. Veniva, in questo modo, offerto agli studiosi un monumentale strumento di lavoro e la prova che l'A. era uno dei maggiori competenti in un campo irto di estreme difficoltà. L'opera non fu, purtroppo, condotta a termine: il glossario rimase interrotto.
Del 1880 è la pubblicazione Iscrizioni inedite o mal note greche, latine, ebraiche di antichi sepolcri giudaici del Napolitano, nata come comunicazione al IV congresso degli orientalisti tenutosi a Firenze nel 1878, di capitale importanza per colmare uno iato di vari secoli nello studio dell'epigrafia giudaica.
Abbondano anche, in questo periodo, lavori importanti sul piano metodico. Dalla Lettera glottologica in data 6 sett. 1879, diretta a Napoleone Caix, in cui l'A. individuava un filone italico, diverso dal romano, nel campo neolatino (- f -per - b -) dando una brillante illustrazione di simbiosi linguistica, all'articolo L'Italia dialettale, per l'Encyclopaedia Britannica (1880; ripubbl. nell'Archivio, VIII, 1882), che è la prima classificazione scientifica dei dialetti italiani ed insieme un bilancio del lavoro compiuto e dell'attività che ancora attendeva i ricercatori italiani la cui collaborazione all'Archivio veniva facendosi sempre più intensa; dalla Lettera glottologica del 20 sett. 1881 (in Riv. di filol. e d'istruz. classica, vol. X), soprattutto importante per la ricerca dell'elemento celtico nelle lingue romanze, applicazione geniale del principio del sostrato etnico, a a lettera del 16 sett. 1885, intitolata Dei Neogrammatici, direttaa Pietro Merlo (pubblicata insieme con quella diretta al Caix nella Miscellanea di filologia e ling. in memoria di N. Caix e U. A. Canello a Firenze nel 1886 e poi nell'Archivio, vol. X). Quest'ultima lettera segna la rivendicazione da parte dell'A. di teorie della sua scuola di fronte ai neogrammatici, che si presentavano come portatori di un nuovo verbo soprattutto per quanto riguardava il principio dell'analogia. L'Archivio, che in ogni volume veniva sempre più raccogliendo, oltre ai lavori dell'A., quelli dei migliori linguisti italiani formatisi alla sua scuola o sul suo esempio, fu affiancato, dal 1891 al 1907, da otto volumi di Supplementi periodici, dedicati a indagini linguistiche estranee o non limitate al neolatino, in alcuni dei quali compaiono lavori di toponomastica. Anche in questo campo l'opera dell'A. fu fortemente stimolatrice (v. Archivio, Suppl., disp. III, p. 97). Egli ottenne che fosse introdotto nelle schede del VI censimento decennale della popolazione del 1891 (effettuatosi nel febbraio 1901) un quesito sul nome dei luoghi L'elaborazione dei materiali contenuti nei 7 milioni di fogli avrebbe richiesto dei fondi che non furono, però, mai stanziati, nonostante le promesse (v. Studi romanzi, n. 3). Il 14 nov. 1896, per i crescenti impegni inerenti alla carica di senatore (era stato nominato il 26 genn. 1889), fu affidata la supplenza del suo insegnamento a Claudio Giacomino, ma l'A. al quale, dopo l'omaggio della nomina a presidente del congresso degli orientalisti nel 1899, erano state tributate solenni onoranze dai dotti di tutta Europa anche con la pubblicazione di una Miscellanea in occasione del 400 anniversario del suo insegnamento e del 700 di età, il 30 marzo 1901, andò a riposo solo il 25 giugno 1902. Morì a Milano il 21 genn. 1907.
L'Accademia scientifico-letteraria chiamò da Pavia a succedergli Carlo Salvioni.
Delle sue molteplici benemerenze civili, si ricordano la discussione con Francesco Brioschi per l'indipendenza dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (1878), la difesa della libertà della scienza in occasione della vicenda che ebbe a protagonista Ettore Ciccotti, nel 1897, la sua attività come membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e come senatore. Gli fu conferito l'Ordine al merito civile di Savoia, l'Ordre pour le mérite di Prussia e la cittadinanza onoraria di Milano.
Nel centenario della sua nascita i linguisti italiani ne onorarono la memoria, che, nonostante i progressi della scienza, è ancor oggi viva in tutta la linguistica italiana, con una Silloge linguistica (Torino 1929).Le sue carte sono conservate presso l'Accademia dei Lincei.
Bibl.: Onoranze a G. A., Milano 1901; C. De Lollis, G. A., in Nuova Antologia, XXXVI (1901), pp. 339-345; E. G. Parodi, in Il Marzocco, 7 apr. 1901; F. P. Pullè, G. A., Bologna 1907; F. Novati, in Il Corriere della sera, 30 genn. 1907; F. D'Ovidio, Commemorazione dei Soci G. A. e Giosuè Carducci, in Rendic. d.Accad. dei Lincei, Classe di scienze morali storiche e filol., s. 5, XVI (1907), pp. 31-44 (v. Rimpianti antichi e moderni, in Opere complete di F. D'Ovidio, XIV, Caserta 1930, pp. 293 ss.); E. Monaci, G. I. A. e la sua opera italiana, in La Nuova Antologia, XLII (1907), pp. 193-201; E. G. Parodi, in Il Marzocco, 27 genn. 1907; G. Mazzoni, Rapporto dell'anno accad. 1906-07 letto dal Segretario G. M. con la commemorazione dell'Accademico corrispondente G. I. A., in Atti d. Accad. d. Crusca, 1908, pp. 6-8; P. G. Goidànich, in Silloge Ascoli, Torino 1929, pp. IX-XXVII; P. E. Guarnerio, G. A., in Riv. di filol. e di istruz. classica, XXXV(1907), pp. 225-246, con bibliografia (pp. 246-255) integrata da C. Salvioni nell'art. G. I. A. e il dialetto friulano, in Mem. stor. forogiuliesi, III (1907), pp. 116 ss.; C. Salvioni, Commemorazione di G. I. A., in Rendic. d. Ist. lombardo di scienze e lettere, XLIII (1910), pp. 53-84; B. A. Terracini, Il giubileo dell'"Archivio Glottologico" e gli studi di linguistica storica in Italia durante l'ultimo cinquantennio, in Arch. glott. ital., XIX (1923-25), pp. 129-164; Id., G. I. A. nel primo centenario della nascita, in La Cultura, n. s., I (1929), pp. 641-648; Id., L'opera e il pensiero di G. I. A., in Rass. mensile di Israele, V(1930), pp. 67-76; V. Dompé, Relazione sulle carte ascoliane conservate nell'archivio privato di casa Ascoli, in Silloge Ascoli, Torino 1929, pp. XXXVIII-XLVII; C. Merlo, G. I. A. e i cànoni della glottologia, ibid., pp. 587-610; N. Zingarelli, Nel centenario della nascita di G. L A., Commemorazione, in Rendic. d. Ist. lombardo di scienze e lettere, LXII (1929), pp. 899-908; G. Devoto, G. L A., Commemorazione tenuta al teatro Verdi di Gorizia il 25 maggio 1930, in Ce fastu?, VI(1930), pp. 97-102; P. F. Sarri, Carteggio inedito Ascoli-Bianchi, in Mem. d. Accad. dei Lincei, Classe di scienze morali storiche e filol., s. 6, VIII (1939), pp. 141-231; B. A. Terracini, Guida allo studio della linguistica storica, Roma 1949, pp. 145-147; Id., Nel cinquantenario della morte di G. A., in Ce fastu? (1957-59), pp. 236-245; G. D'Aronco, G. I. A., in Studi goriziani, XXIII(1958), p. 27; S. Timpanaro, Introd. a G. I. A., Note letterario-artistiche minori durante il viaggio nella Venezia, nella Lombardia, nel Piemonte, nella Liguria, nel Parmigiano, Modenese e Pontificio - Maggio-giugno 1852, in Annali d. Scuola Norm. Sup. di Pisa, XXVIII (1959), pp. 151-191; S. Timpanaro, C. Cattaneo e G. A., in Riv. stor. ital. ,LXXIII(1961), pp. 739-771.