GRIGIONI (in ted. Graubünden; in ladino Grischun; A. T., 20-21)
È il più vasto cantone della Svizzera e copre, con i suoi 7114 kmq. di superficie, più di un sesto del territorio nazionale. Confiaa con i cantoni di S. Gallo, Glarona, Uri e col Canton Ticino, poi con l'Italia (Lombardia e Alto Adige), con l'Austria (Tirolo e Vorarlberg) e col Liechtenstein. Regione prevalentemente montuosa, ricca di ghiacciai, di torrenti, di cascate, di foreste e di pascoli, offre, nelle condizioni naturali, grandi contrasti fra una parte e l'altra. Pochi chilometri dividono la Val d'Avers, che ha una flora e un ambiente quasi polare e villaggi che sono tra i più elevati del continente, dai dintorni, tutti italiani, di S. Vittore, circa 2000 metri più in basso, dove il melograno fiorisce all'aperto. Eguali contrasti troviamo nelle stirpi, nella fede e nella lingua degli abitanti.
Il rilievo è costituito dalla zona delle Alpi Grigione Occidentali (catene del Tödi e del Piz Sardona e gruppo dell'Adula) e da quella delle Alpi Grigione Orientali (gruppi dell'Albula, del Silvretta, del Rhätikon, della Plessur, del Bernina e dell'Ofen Pass), catene e massicci che hanno la comune caratteristica di non essere molto alti, ma di elevarsi sopra una base molto più cospicua di quella delle altre montagne svizzere, cosicché l'elevazione media di tutte le loro vallate è quanto mai notevole (dai 1300 ai 1800 m.). Più alto è pure il limite delle nevi perpetue, come è meno esteso il dominio dei nevai e dei ghiacciai, che ricoprono appena il 5% (, dell'area totale, in confronto del 10 e del 19% ch'essi hanno nell'Oberland Bernese e nel Vallese. Dal lato idrografico il cantone si divide fra i quattro bacini del Reno, del Danubio, del Po e dell'Adige, appartenendo per il 60%, della sua area al primo, per il 23% al secondo, per il 14% al terzo (acque delle valli Bregaglia, Calanca, Mesolcina e Poschiavo) e per il 3% al quarto (acque della Val Monastero).
Il clima è assai vario, pur spettando in prevalenza al tipo freddo dell'alta montagna. Le zone esposte al sud beneficiate da un'altitudine più modesta, come le valli che conducono in Italia, godono di un clima più mite di quelle rivolte al N. o circondate dai colossi ghiacciati. L'Alta Engadina, per la forma, l'orizzontalità e la forte irradiazione solare, ha un clima freddo ma secco e sano; in qualche valle della Bassa Engadina e delle zone del Silvretta e del Rhätikon non mancano le nebbie e il freddo è più nocivo e penetrante. La vegetazione, la fauna e i prodotti sono in armonia con tali condizioni. La flora ha tutte le varietà e le specie delle Alpi Orientali e così la fauna, che conserva ancora non pochi rappresentanti dei mammiferi alpini altrove distrutti (orso, volpe, martora, cervo, daino, camoscio). Poiché la regione è prettamente alpina i terreni improduttivi costituiscono il 46% del suolo; del rimanente 54%, costituito da terreni considerati produttivi, il 17% è occupato da foreste, il 35% da campi, pascoli e prati, appena il 2% da colture arboree. Le colture più diffuse sono quelle dei cereali (soprattutto orzo e segala, e secondariamente grano, mais, ecc.), dei prodotti orticoli e degli alberi da frutto.
La popolazione ammontava nel 1930 a 126.340 ab. (18 per kmq.), divisi in 14 distretti e in 222 comuni; era nel 1850 di 89.895 ab., nel 1870 di 92.103, nel 1888 di 94.810, nel 1900 di 104.520, nel 1910 di 107.069, nel 1920 di 119.854. La sua distribuzione nelle varie vallate è, per forza di cose, assai diversa. Quanto ai bacini fluviali, il più popolato è quello del Reno e il meno popolato è quello dell'Inn (Danubio). Se si tien conto dell'altitudine, le zone più popolate sono quelle fra i 1200 e i 1500 metri; le zone, fra i 300 m. e i 1200 e fra i 1500 e i 1800 m. lo sono in minor misura; quelle poi al di sotto o al di sopra di quelle quote estreme, si possono dire quasi prive di dimore stabili, pur essendovi nella stessa Engadina e nella valle del Reno località abitate a quote molto notevoli. Per la religione sono protestanti, in gran parte zwingliani, gli abitanti della Rheinwald Tal, della Safien Tal, dello Schanfigg, del Prätigau e di tutta l'Engadina; cattolici gli abitanti di stirpe italiana e quelli del Vorder Rhein e del Surses (Oberhalbstein), con poche ristrette zone di fede mista o diversa dalla normale (la Val Bregaglia, italiana di lingua, è protestante di religione; Tarasp e Samnaun nell'Engadina sono cattolici).
Le occupazioni prevalenti degli abitanti dei Grigioni sono la silvicoltura, l'allevamento del bestiame, l'agricoltura e l'industria. Per questa non hanno importanza notevole se non quella dei forestieri (alberghi, case di cura, campi sportivi, rifugi e gite alpine) e in Coira, Thusis, Sils, Melan, Landquart fabbriche di tela, di carta, di cotonate, di parchetti, di lavori in legno, ecc., mosse tutte, come le ferrovie retiche, dall'energia ottenuta in sito dalle numerose cascate naturali (nel 1928 erano attivi 210.000 HP).
I maggiori centri dei Grigioni sono: Coira (Chur; v.), a 587 m. s. m. e con 15570 abitanti; Arosa, nella Valle della Plessur (Schanfigg) al centro di magnifiche montagne; Davos (Dorf e Platz), stazione climatica di fama europea sulla linea retica: Filisur, nel bacino del Landwasser; Tiefencastel nell'Oberhalbstein; Reichenau, alla confluenza del Vorder Rhein (Reno Anteriore) con l'Hinter Rhein (Reno Posteriore): Thusis, il Tusaun ladino, ai piedi del Heinzen Berg, là dove il Reno Posteriore riceve il Nolla; Flims (Flem), Ilanz (Glion), Muster (Disentis) sulla via dal Reno all'Oberalp; Curaglia e Platta verso il Lucomagno; Andeer (Rofna) e Zillis (Ciraun), al S. della Via Mala, per la quale, procedendo verso la serra del Roffla, si giunge al villaggio di Splügen (Spluga; a 1450 m.) e alla strada dello Spluga. Altri centri da ricordare dell'Alta Engadina, sono Silvaplana, Bevers, Samaden, capoluogo dell'Alta Engadina, Celerina, St. Moritz (1775 m.), ormai nota in tutto il mondo turistico per i suoi bagni ferruginosi e i suoi sport invernali; sul Flatzbach, Pontresina (1803), capolinea della via del Bernina e stazione di partenza per le escursioni ai ghiacciai del Piz Morteratsch e del Piz Roseg, alla vetta del Muraigl (con funicolare) e a tutta la bella vallata di Poschiavo. Nella Bassa Engadina non si devono scordare Scanfs, Zernez, Lavin, Tarasp e Nauders, borgate tutte da cui si dipartono strade e sentieri alpinistici di primaria importanza per la conoscenza della zona. Dal Maloggia si ha agio di visitare la Val Bregaglia, detta dei Sei Gradini, di cui quattro (Casaccia, Vicosoprano, Stampa, Promontogno) spettano alla Svizzera e due all'Italia.
Le ferrovie che dànno vita ai Grigioni sono costituite dalla linea del Gottardo (Goschenen-Coira-Ragaz); dalla linea dell'Albula (ferrovia Retica) che, staccandosi a Reichenau dalla precedente, passa per Thusis, Alveneu, St. Moritz, mentre un altro tronco sale a Davos Platz e poi scende lungo la valle del Landquart ricongiungendosi a Landquart con la linea di Coira; e infine dalla linea del Bernina; anche questa a scartamento ridotto come la precedente, ma preziosa per collegare la Valtellina con l'Engadina e di riflesso, da un lato, con l'Austria e la linea dell'Arlberg e, dall'altro, con l'Alto Adige e la linea Malles-Merano.
V. tavv. CCIII e CCIV.
Storia. - Molte sono le impronte lasciate da Roma e dalla sua civiltà nella regione retica che forma ora il cantone dei Grigioni (v. rezia). Risale forse all'epoca romana, l'estendersi, come nel Ticino, delle proprietà e del dominio delle valli del sud, italiche, sui versanti settentrionali.
La documentazione delle strade romane è data dalle seguenti scoperte archeologiche. Da Bellinzona, castrum, nei Campi Canini, per la valle dei Mesiates (Moesa) si hanno a Roveredo, a Castaneda, a Mesocco vestigia romane, poi a Spluga, dove la via del monte Avio s' incontra con quelle dello Spluga. Da Chiavenna, castrum, abbiamo Tarvessedum, pure castello; sul sommo del valico il Cuneus Aureus. E poi dall'unione delle due vie, una serie continuata di documentazioni, fino a Coira, lungo il Reno e oltre. Lo stesso si verifica da Chiavenna per Soglio, fortezza, fino al passo del Julio. Per gli altri valichi le vestigia sono ancora troppo rare e disperse per poterne ricavare una sicura documentazione. Da Coira le strade lungo il Reno seguitavano per la Statio Maiensis o Magia, verso Brigantium e il suo gran lago, con diramazione verso l'Elvezia e Vindonissa, dove s'incontravano con quelle dei valichi elvetovallesani.
Le invasioni barbariche vennero deviate e spartite verso oriente e occidente dai labirinti alpini. Salvo nella sua parte più settentrionale, nella pianura del Reno, dove s'introdussero presto colonie di Alemanni, poté nella Raetia prima conservarsi a lungo la civiltà romana. Sembra accertato che, del resto, la Raetia e soprattutto la Curiense fecessero parte dei regni di Odoacre e di Teodorico, prima di passare sotto i Franchi nel 537. Teodorico ritenne essere la Raetia baluardo d'Italia e come tale la fece fortificare. La Raetia viene ceduta nel 537 da Vitige ai Franchi, per averli alleati contro l'impero romano d'Oriente. Ma anche i Franchi conservarono in gran parte le istituzioni reto-romane. Ne nacque la Raetia Curiensis.
Il cristianesimo già largamente diffuso sotto i Romani, era ora accolto dalla maggioranza della popolazione. Sin dal 453 Coira era sede vescovile, suffraganea di quella di Milano.
Col sec. VII compare alla testa della regione il casato dei Vittoridi, col titolo di presidi, con larga autonomia, conservando leggi e consuetudini romane. Questa singolare dinastia dura dal 600 sin circa la fine del sec. VIII. Erano a volta a volta praesidentes o vescovi, o anche portavano il titolo di conti di Bregenz. L'ultimo del casato fu il vescovo Tellone, morto nel 773, il cui successore Constanzio venne insignito da Carlomagno del potere episcopale, unito con la signoria civile. Si formò così uno stato ecclesiastico.
Nella seconda metà del Duecento un fenomeno d'immigrazione influì singolarmente sui destini del paese. Fu l'immigrazione dei Vallesani, provenienti dall'alto Vallese, prima popolato da una tribù di Leponzî e ora da gente parlante il dialetto tedesco. Essi avevano combattuto come "gentes alemaniae" nelle guerre dei comuni italiani e tra i Visconti e Torriani. Trasferiti al sud delle Alpi, a Macugnaga, nella Val Formazza, a Bosco Valle Maggia (Ticino), vivevano colà con costituzioni semilibere. Trasferiti ancora una volta oltre le Alpi (Val di Reno, Davos) vi si diffusero largamente e unitisi alle numerose genti retiche libere, si raggrupparono con esse in comunità o in leghe, che divennero formidabili, accanto alle leghe degli Svizzeri, informate agli stessi principî comunali. La cosiddetta germanizzazione della Rezia venne, questa volta, dal sud, ma con le costituzioni, le aspirazioni, le idee dei comuni italiani. Queste leghe, organizzate anche economicamente, scalzarono le basi del feudalismo e acquistarono, a poco a poco, un'importanza politica.
Nel 1363 l'Austria, respinta dai passi delle Alpi Lepontiche e retiche dalla nascente Confederazione Svizzera, si era spostata verso oriente, impadronendosi del Tirolo. E di là fece ogni sforzo per occupare la Rezia, soprattutto facendo eleggere vescovi e canonici della cattedrale di Coira ligi agli Asburgo. Ciò condusse a guerre accanite. Il vescovo Gelito fu emissario degli Asburgo. Si giunse così alla fondazione (1367) della Lega Caddea o della Casa di Dio da parte dei rappresentanti di tutte le giurisdizioni dipendenti del vescovo. Il patto da essi deciso conteneva questo articolo fondamentale: "di non ammettere che il vicario o l'amministratore della diocesi potesse occuparsi di questioni temporali, senza il loro consenso".
Attorno al convento di Disentis, erede del vescovo Tellone, vivevano, con estesi privilegi, le popolazioni ladine dell'alta valle del Reno. Circa al 1370 si gettarono le basi di un'altra lega, che, confermata nel 1424 a Truns, prese il nome di Lega grigia. Da essa derivò poi il suo nome il cantone dei Grigioni. Avendo il conte di Sasso-Mesocco aderito alla Lega, anche la Mesolcina vi entrò a parte, liberamente però solo nel 1480, e, sotto Gian Giacomo Trivulzio, nel 1496. Per tale aggregazione la Mesolcina e la Calanca ebbero coi Grigioni pari diritto di sovranità. Lo stesso non si verificò dei Ticinesi sudditi dei dodici cantoni, e, più tardi, anche di Chiavenna e della Valtellina tenute in sudditanza. La fondazione della terza lega retica, ossia delle Dieci Giurisdizioni, ebbe luogo nel 1436, fra le Comunità della parte nord, alla morte dell'ultimo dei conti di Toggenburg (che le avevano in signoria) e per difendersi da qualsiasi dispersione in altri feudi. Queste tre leghe finirono con l'allearsi alla loro volta, per apparire poi nel sec. XV come un unico stato. La forza di questo si manifestò già nel 1499, con la guerra di Svevia, combattuta a fianco dei confederati, contro Massimiliano imperatore, che voleva a essi imporre la nuova organizzazione dell'Impero (Worms), sotto casa d'Austria, il che significava sudditanza.
Prevedendo il pericolo, Reti e Svizzeri si erano alleati già nel 1498-1499. I Grigioni sostennero quasi da soli l'urto nemico, a difesa delle loro terre, nei combattimenti al Luziensteig, nella valle di Monastero, a Triesen e da ultimo nella definitiva vittoria a Calven (22 maggio 1499), nella valle di Monastero. Contribuirono alla vittoria i mesolcinesi, con le artiglierie del Trivulzio portate da Roveredo, attraverso valli e montagne. Frutto di queste vittorie fu la separazione di fatto degli Svizzeri e dei Grigioni dall'Impero. La separazione di diritto ebbe luogo dopo la guerra dei Trent'anni (1648).
Gli Asburgo vennero così respinti, ancora una volta, dal dominio delle Alpi Centrali, dove andava affermandosi, invece, quel nucleo di popoli alpini, che doveva col tempo neutralizzare la regione dalle Alpi al Giura e al Reno. Ma la necessità di vivere richiedeva allora vie aperte nel versante sud delle Alpi. Da ciò le conquiste. I Grigioni già da tempo adocchiavano la Valtellina. La prima calata ebbe luogo nel 1486. I Grigioni vi furono spinti da papa Innocente VIII nemico di Milano. Ma con la pace del 1487 venne ristabilito lo statu quo. La conquista ebbe compimento solo nel 1512, nello stesso anno in cui i confederati svizzeri ottennero i castelli di Lugano e di Locarno, tenuti dalla Francia. Le leghe dapprima occuparono la Valtellina e Bormio, poi Chiavenna, in compenso della guerra sostenuta contro la Francia (Luigi XII). La pace perpetua con la Francia (1516) mise il suggello a tale situazione.
Nel momento però in cui le conquiste al mezzodì sembravano ormai sicure, entra in campo, in modo inatteso, l'ultimo dei condottieri che osasse contendere ai conquistatori alpini le terre e le valli italiane: Gian Giacomo de' Medici, detto il Medeghino, che dal suo castello di Musso, sul lago di Como, minacciava di rigettare i Grigioni oltre le Alpi. Ne nacque una lunga guerra (1525-1531), divisa in due periodi, cui presero parte, contro il Medici, oltre i Grigioni, gli Svizzeri. In seguito all'intervento ostile del duca di Milano, Francesco Sforza, il Medeghino cedé il suo castello che i Grigioni smantellarono.
Il movimento della Riforma, alimentato dalla Germania e da Zurigo, venne a turbare la concordia delle leghe retiche, già minate da ragioni di prevalenza. lI movimento trovò la sua cristallizzazione nei capitoli votati a Ilanz nel 1524 e nel 1526. Vi si vietò al vescovo e al clero di assumere qualsiasi carica civile, si sottoposero i conventi ad amministratori laici, ecc. Da allora la Riforma guadagnò largamente terreno, in tutte e tre le leghe, dilagando anche nella Valtellina, dove fu arginata solo dall'energica azione controriformatrice di S. Carlo Borromeo, nella seconda metà del sec. XVI.
Sennonché il problema religioso era ormai intrecciato con il problema politico, dei rapporti con la Spagna soprattutto; e i Grigioni, per la loro posizione tra i dominî degli Asburgo in Italia e quelli degli Asburgo d'Austria, stavano per diventare uno dei campi d'azione della grande politica europea.
Venezia, che aveva vecchie relazioni (1436) nei Grigioni, nel 1603 inviò un suo abile legato a Coira, il Padavino, che concluse un'alleanza di 10 anni e ottenne mercenarî (6000 uomini): i Grigioni promisero di astenersi da qualsiasi propaganda a favore della Riforma nelle regioni venete (Bergamo); ma Venezia, insieme con la Francia, appoggiò con le armi il partito protestante. L'Austria-Spagna, dal canto suo, scese in campo in favore dei cattolici: e sorse in questo periodo (1606) il forte di Fuentes sul Montecchio presso Colico, eretto dalla Spagna per vietare il passo ai Grigioni, anche economicamente, rappresaglia per gli accordi con Venezia. Al contrasto delle grandi potenze estere corrispondevano d'altronde, nelle stesse leghe, i contrasti interni fra amici degli Asburgo e amici di Francia-Venezia.
Alla testa dei seguaci dell'Austria e della Spagna stava il casato Planta; del partito franco-veneziano quello dei Salis, di cui però la personalità più emergente era Giorgio Jenatsch, già pastore protestante e ora soldato e condottiero. Nel 1618 egli saccheggiò, nella bassa Engadina, un castello dei Planta, e istituì a Thusis un tribunale per condannare i suoi nemici: ne fu vittima l'arciprete di Sondrio, Rusca, e altri. I fratelli Rodolfo e Pompeo Planta vennero esiliati. I cattolici reagirono nella Valtellina, con alla testa il Robustelli, parente dei Planta, e nel 1620, sostenuti da Spagna, fecero perire 600 protestanti. I Riformati implorarono il soccorso di Berna e di Zurigo; le truppe accorse si spinsero sin nella Valtellina, ma furono respinte. La Valtellina sfuggiva alle Leghe. Il Jenatsch, coi suoi partigiani, si vendicò sul capo del partito cattolico, Pompeo Planta, assassinandolo. Gli Austriaci invasero la Bassa Engadina, Davos e la Prettigovia, sotto la guida del Baldiron, ma gli abitanti della Prettigovia li cacciarono dalla loro valle. Ritornati qualche anno dopo, commisero ogni atrocità. La Francia inviò allora un esercito che espulse gli Austriaci. La Valtellina non fu tuttavia restituita ai Grigioni: anzi il duca di Rohan l'occupò e la tenne per la Francia, nel 1635, aiutato nell'impresa dal Jenatsch e dai suoi. I Grigioni chiesero che la valle tornasse nel loro dominio. Siccome la Francia tentennava, il Jenatsch si gettò, dapprima segretamente e poi palesemente, al partito spagnolo e si fece cattolico, riuscendo a riprendere così la Valtellina (1639) e ad espellere i Francesi. I Salis e i Planta, sia per ordine ricevuto da Parigi, sia per propria vendetta, lo assassinarono in un convito (v. trent'anni, guerra dei). A questo periodo della guerra dei Trent'anni, in cui il paese fu dilaniato da ogni genere di sventure, dalla guerra civile alla peste e alla carestia, successe un'epoca di abbattimento più che di pace. La Rivoluzione francese trascinò i Grigioni nei vortici dei grandi conflitti europei.
La separazione della Valtellina dai Grigioni era desiderata dal popolo valtellinese. Quando il Bonaparte creò nel 1797 la Repubblica cisalpina, esso chiese di venir incorporato in quello stato, dopo aver proclamato la propria indipendenza il 21 giugno 1797. Ma neppure i Grigioni furono solleciti ad accettare le condizioni poste dal Bonaparte, perché potessero tenersi la Valtellina: cioè libertà e parità dei diritti. Essi furono discordi. Il termine imposto così dal vincitore spirò senza che si trovassero in grado di rispondere. La parte riformata temeva l'aumento dei cittadini cattolici e anche dell'elemento italiano. Allora il Bonaparte proclamò, il 10 ottobre 1797, la fusione della Valtellina, di Bormio e di Chiavenna, nella Cisalpina. In seguito all'occupazione dei Grigioni da parte delle truppe francesi nel 1798, il partito favorevole alla Repubblica Elvetica proclamò l'unione alla stessa. Ciò inasprì il partito austrofilo, contrario alla fusione: e 34 giurisdizioni si pronunciarono contrarie alla fusione e soltanto 11 in favore. Chiamati dal partito austrofilo, i generali austriaci Bellegarde e Aubbenberg invasero il paese, per esserne però ricacciati nel 1799. Massena prese d'assalto il Luziensteig; tutto il cantone dei Grigioni fu occupato. Le Tre Leghe diventarono il nuovo cantone della Rezia.
In questo periodo ebbe luogo l'incendio del monastero di Disentis, nel quale perirono tesori di documenti della vetusta abbazia. I Francesi posero il fuoco all'edifizio e al villaggio perché trovarono nello stesso le spoglie dei loro commilitoni, uccisi nella rivolta. Credettero, sembra a torto, che ne fossero colpevoli i monaci.
Ne seguì un alternarsi di eserciti austriaci e francesi, i quali, vincitori a volta a volta, modificavano nel loro senso le istituzioni e il governo. Dopo l'insuccesso di Suvorov (1799) la Francia finì con l'imporre la propria volontà (Lecourbe) sino all'Atto di mediazione (1803), che decretò il nuovo cantone dei Grigioni, membro della Confederazione Svizzera, della quale da allora condivise le sorti (v. svizzera: Storia).
Dialetti. - I dialetti neolatini dei Grigioni costituiscono, secondo G. I. Ascoli, il gruppo occidentale del complesso ladino (v. ladini).
Essi non coprono però se non parte dell'area grigione. Questa, intesa storicamente, cioè come continuazione della Rezia Curiense nei limiti stabiliti da Carlomagno (805) fra la Rezia Superiore e Inferiore, comprendeva a O. le giurisdizioni altovenostane di Malles e Nuders, nonché la valle di Paznaun, passate in dominio tirolese; a N. di Maienfeld fino a Hirschensprung (parte del Vorarlberg compresa), si estendeva quella inferiore. Mentre a N. del Hirschensprung la romanità, di cui l'ultimo documento è il Vocabularius Sancti Galli (sec. VIII), si spense rapidamente, lo spoglio dei documenti di Pfävers, Ragaz, Sargans, Montafon (al di là della Rezia Superiore) ci dà la sicurezza che qui l'adattamento all'alemanno ebbe luogo più lentamente, di modo che il neolatino vi perdurava ancora nel sec. XIV. Però la germanizzazione non s'arrestò ai confini grigioni. È più che probabile che a Coira stessa, nella seconda metà del sec. XVI il neolatino fosse già completamente spento; i centri rurali sul Reno da Tamins a Maienfeld erano a quell'epoca intedescati già da un paio di secoli. Indicazioni abbastanza precise sulla persistenza del neolatino in territorî più tardi germanizzati dobbiamo a Ulrico Campell, Raetiae alpestris topogr. descriptio (fine del sec. XVI). Si parlava il grigione nei mandamenti tirolesi di Malles, Nuders, Paznaun; esso era prevalente a Montafon, nel Prätigau e ai Schanfigg; come lingua della minoranza era usato a Malix, spento invece a Churwalden e Parpan. A Davos l'insediamento dei Vallesi (12 famigl; e) nel 1250 segna il principio dell'espansione del germanesimo: nel 1489 il comune è ormai tedesco per metà; U. Campell riconosce che il tedesco lì parlato era quello dell'Alto Vallese e che l'uso di questa lingua si era andato generalizzando nel Prätigau, fatta eccezione per Seewies e Serneus (dove il grigione si spense nel sec. XVII). Nei due mandamenti altovenostani il neolatino, combattuto dal monastero di M. Santa Maria e dalle autorità austriache, si avvicina nella seconda metà del Seicento alla dissoluzione. Ma in singoli punti la sua scomparsa totale data appena da un secolo; simili condizioni a Samnaun (Samignun), dove però Th. Gartner, nel 1880, poté trovare ancora una persona che conosceva il vecchio dialetto. Attualmente l'industria del forestiero insidia il neolatino a Filisur allo sbocco del Davos nell'Albula e nelle grandi stazioni climatiche di Sankt Moritz (San Murezzan), Pontresina e Samaden nell'Alta Engadina. Questo deperimento del neolatino non è del resto sintomatico per la sola metà NE. del Cantone. Nella valle del Reno Anteriore, fra Ilanz e Truns, c'è un isolotto germanico, Obersaxen; alla confluenza della Rabiosa sono tedeschi i villaggi di Versam, Carrera e Valendas; tedesche sono l'alta valle del Reno Posteriore che porta al S. Bernardino e quella d'Avers. Sulla via dell'intedescamento stanno più o meno tutti i villaggi del Sottoselvano: bilingui sono i comuni di Bonaduz, Rothenbrunnen, Rodels, Almens, Sils, Cazis, Valeina, Tartar, Purtein e Flerden.
Queste incuneazioni del tedesco in punti diversi e in zone molto estese dei Grigioni, insieme con gli ostacoli naturali e le divergenze del culto, che formano tuttora barriere spirituali anche fra villaggi vicini, hanno portato a un grande frazionamento di parlate.
Appartengono al sistema renano i due gruppi di Sopraselva e Sottoselva, di cui il primo comprende il corso del Reno Anteriore da Chiamutt a Flem (Flims), il secondo i quattro comuni alla confluenza dei due Reni (Trins, Domal, Bonaduz e Riaulta), quelli della Muntogna (Heinzenberg), raggruppati secondo la lingua confessionale (cattolici gl'inferiori, protestanti i superiori) e quelli della Tumliasca, di fronte alla Muntogna; nel corso dell'Albula e del Reno di Soprasasso i tre sottogruppi di Sut-sées, Sur-sées e Bravuogn, al margine orientale. Nel Sopraselvano la distinzione fondamentale è data di nuovo dalle premesse religiose: il Sopraselvano cattolico fa capo al monastero di Disentis, quello riformato al centro protestante di Glion (Ilanz). Le varietà interne e più appartate di Chiamutt, Sedrun e Perdatsch costituiscono un proprio sottogruppo.
Il sistema dialettale dell'Inn è costituito dall'engadinese, suddiviso nelle due varietà di alto e basso, cioè sotto o sopra la Puntota (Ponte Alto), che è un antico confine amministrativo. Il basso-engadinese si prolunga ad E. (nella parte elvetica del bacino altoatesino, sino al confine politico italiano), nella varietà monasterina. Congiunta all'Alta Engadina col passo della Maloia è l'alta valle della Mera, che fa parte del bacino comasco: delle due varietà del bregagliotto, il sovraportano, più vicino all'Engadina, è anche storicamente una continuazione dell'engadinese superiore, mentre nel sottoportano l'ambientamento lombardo è più notevole.
I dialetti parlati nelle altre due valli dei Grigioni che si aprono a mezzogiorno (la Mesolcina che gravita verso Bellinzona e quella di Poschiavo, appartenente al sistema dell'Adda) sono invece del tutto simili all'attuale lombardo alpino.
Letteratura. - Una lingua letteraria grigione manca; esistono invece tipi dialettali più o meno artisticamente elaborati che corrispondono ai gruppi esaminati qui sopra, cioè il sopraselvano e il sottoselvano, l'alto e il basso engadinese. Lasciando da parte il più antico documento linguistico, ma non letterario, il Vocabularius sancti Galli, la prima documentazione del neolatino renano in un testo ascetico è un frammento di versione interlineare di predica latina, tramandatoci in un omiliario di Einsiedeln (princ. sec. XII). L'espressione è molto grossolana, la grafia tradisce influssi tedeschi. L'opera, linguisticamente importante, non ha del resto alcun collegamento con l'ulteriore sviluppo della letteratura dialettale che s'inizia nell'Engadina appena nei primi decennî del secolo XVI con Gian Travers di Zuoz, autore della Chianzun della guerra dagl chiastè da Müss in 704 versi rimati (G.G. Medici, castellano di Musso presso il lago di Como, aveva imprigionato l'autore al ritorno da un'ambasciata al duca di Milano). Se in questo primo componimento possiamo cogliere l'espressione dell'orgoglio nazionale grigione, frutto delle guerre iniziate nel 1499 contro Massimiliano, il Travers cercò pure, valendosi di modelli tedeschi, di presentare ai suoi compaesani drammi biblici (Histoargia dalg bio patriarch Joseph, 1534 Histoargia dalg figl pertz "del figliuol prodigo"), trovando in ciò felici imitatori engadinesi (p. es. Ghebardo Stuppan). La riforma ebbe in lui un ardente predicatore, per quanto in questo campo egli sia stato superato da Giacomo Bifrun da Samade (nato nel 1506), autore della traduzione della Bibbia (Nuovo Testamento, 1560) e di un catechismo tedesco (1552) e da Ulrico Campell (nato a Süs nel 1510), autore della Descriptio Raetiae Alpestris, il quale diede alla chiesa riformata il necessario libro corale: Cudesch da psalms, chi sun fatts e mis a chiantàr in ladin (1562). A questo movimento religioso si deve il risveglio letterario che all'inizio del secolo seguente si estende anche alla zona renana. Daniele Bonifaci, nativo della Tumliasca, predicatore riformato, compose un catechismo (Curt mussameint dels principals punctgts della christianevla religiun, 1601); essendo esso destinato a tutte le chiese e scuole delle Tre Leghe, l'autore smussò certe particolarità della propria parlata che la rendevano meno atta a esser compresa nel Sopraselvano. La stessa tendenza ha, nel campo opposto, il catechismo di Giovanni Antonio Calvenzano, stampato a Milano nel 1611, scritto nel dialetto cattolico sopraselvano, ma destinato a tutte le chiese cattoliche renane e perciò ricco d'ibridismi e di compromessi, con una mal celata tendenza a introdurre forme, suoni e vocaboli dell'italiano; sussiste anzi il sospetto che l'autore sia un lombardo. Condizioni analoghe si rispecchiano nelle opere del parroco riformato Stefan Gabriel, nativo della Bassa Engadina (Elg ver sulaz da pievel giuvan, 1611, un compromesso fra corale e catechismo, destinato specialmente alla gioventù e Unna stadera da pasar, quala seig la vera cardienscha, 1625, operetta di carattere polemico). Pastore a Ilanz, egli adattò il proprio dialetto al tipo sopraselvano dei suoi parrocchiani e creò il "sopraselvano riformato": le sue opere furono ristampate ripetutamente fino al secolo scorso. Anche il monasterino letterario è fondato da un non indigeno: Giovanni Andrea Lanfranchi, parroco cattolico a Monastero (1620), ma nativo di Poschiavo. Poco più tardi il missionario salodiano F. Zaccaria compone (1665 e 1685), due scritti religiosi in sopraselvano: lo Spieghel da devotiun e la Glisch sin il Candelier. Se nei casi precedenti c'è per lo meno il tentativo di scrivere per un gruppo abbastanza vasto, il separatismo dialettale dei Grigioni arriva, anche nel campo della letteratura religiosa, a usare tipi di parlate di singoli villaggi: in quello basso engadinese di Tarasp comparve un Bellarmino nel 1723, in quello di Soprassasso una nuova traduzione dello stesso testo nel 1768.
Dalla metà del sec. XVII in poi la letteratura grigione continua sulla stessa falsariga, con poca originalità e senza raggiungere eccellenza di arie. Il figlio di Stefano Gabriel, Lucio, tradusse nel 1648 il Nuovo Testamento; la traduzione fu rifatta e corretta dopo numerose edizioni nel 1856 da O. Carisch. Nel campo della canzone spirituale raggiunse fama M. Lodovico Molitor (Ün cudischiet da soinchias historias, 1652, in cui a racconti biblici seguono alcune liriche); come traduttore dei salmi di Davide, Giovanni Grass (1683). Nel sec. XVIII il dialetto viene usato a servizio dell'amministrazione (Fuorma dilg dreig civil a criminal, 1731) e della scuola (P. Saluz, Un curt antruvidament par la juvantengia en las scholas, 1739); notevoli, dopo il tentativo abortito di grammatichetta scolastica tedesco-grigione di B. Veith (1771), le due grammatiche di D. Carigiet (1856) e di G. A. Bühler (1864).
In modo parallelo al renano si svolge la letteratura nel bacino dell'Inn, quasi esclusivamente con carattere religioso. Degno di nota il predicatore in Lavin, G. Piccolo Saluz, che alla metà del sec. XVII tradusse dal tedesco uno scritto polemico contro i cappuccini, iniziò la versione dell'Antico Testamento e raggiunse nella lirica una certa spigliatezza (Ilgs 10 Commandamains).
Nell'Ottocento la letteratura si rinnova sotto l'influenza del Romanticismo, specialmente tedesco, e perde il carattere confessionale. Ricordiamo i nomi di Alfonso Tuor e di Giachen Chasper Muoth nella valle del Reno, di Conradin de Flugi (1787-1874), di Zaccaria Pallioppi (1820-1873), di Gian Fadri Caderas (1830-1891), di Andrea Bezzola (1840-1897) in Engadina. La stampa periodica ha inizio col Grischun Rumonsch di Coira (1836-1839). Notevole importanza hanno gli Annalas della Societad retoromantscha (fino al 1932, 44 volumi).
I più ragguardevoli tra gli scrittori contemporanei sono Peider Lansel (nato a Pisa nel 1863) e Giachen Michel Nay.
Bibl.: Per la geologia: A. Heim, Geologie der Hochalpen zwischen Reuss und Rhein, in Beiträge zur geol. Karte der Schweiz, n. 25; G. Theobald, Naturbilder aus den Rhätischen Alpen, Coira 1893. Per la geografia: M. Borel e H. A. Jaccard, Atlas cantonal, politique et économique de la Suisse, Neuchâtel 1913; J. Früh, Geographie der Schweiz, S. Gallo 1930 segg.; altra bibl. in Geogr. Bibl. der Schweiz di A. Aeppli, edita ogni anno dalle Mitt. der G. Ethnogr. Ges. in Zürich.
Per la storia: W. Oechsli, Geschichte d. Schweiz im XIX. Jahrhundert, Lipsia 1903; J. Dierauer, Geschichte d. schweiz. Eidgenossenschaft, 2ª ed., Gotha 1913; P. C. Planta, Geschichte v. Graubünden, 3ª ed., Berna 1913; C. v. Moor, Geschichte von Currätien, Coira 1869-74, voll. 3; C. Jecklin, Urkunden zur Verfassungsgesch. Graubündes, Coira 1891 segg.; F. Jecklin, Materialen zur Standes- und Landesgesch. Gemeiner drei Bünde, Basilea 1907-09, voll. 2; K. Meyer, Anfänge der Walserkolonien in Rätien, Coira 1925; Dictionnaire historique et biographique de la Suisse, III, Neuchâtel, 1926, s. v. Grisons.
Per i dialetti: G. I. Ascoli, Saggi ladini, in Archivio glott. ital., I (1873), pp. 1-316; Th. Gartner, Handbuch der rätoromanischen Sprache und Literatur, Halle 1910, con bibl. fino al 1908; R. v. Planta, in Geographisches Lexikon der Schweiz, V, p. 60 segg.; per la Bregaglia, W. v. Wartburg, in Bündn. Monatsblatt, 1911, pp. 309-348; A. Velleman, Grammatica teoretica, practica ed istorica della lingua ladina, voll. 3, Zurigo 1915 segg.; id., Dicziunari scurznieu da la lingua ladina (dialetto dell'Eng. Alta), Samaden 1929.
Per la letteratura dialettale, il più e il meglio è raccolto nella voluminosa raccolta iniziata nel 1888 nelle Romanische Forschungen da G. Decurtins, Rätoromanische Chrestomathie; bibl. fino al 1899 di E. Böhmer, in Romanische Studien, VI; W. Fiske, Catalogue of the Rhaetoromanic collection della Cornell University Library, Ithaca 1894; sviluppo della letteratura: Th. Gartner, Handbuch, cit., pp. 273-345; P. Lansel, La Musa ladina, 2ª ed., Samaden 1918.