GRUPPO (XVII, p. 1012)
Nell'ultimo quindicennio le teorie classiche dei gruppi hanno ricevuto scarsi apporti di risultati generali. Fra questi, nel campo dei gruppi continui, spetta un rilievo particolare a quello del matematico russo I. Ado, che è riuscito (1935) ad assodare la validità di una nota congettura del Lie (1876), dimostrando che ogni possibile gruppo continuo finito di trasformazioni - in quante si vogliano variabili e ad un qualsiasi numero di parametri - è, in senso locale, isomorfo (oloedricamente, secondo il Lie) ad un gruppo lineare omogeneo di uno spazio ad un conveniente numero di dimensioni. In altre parole, ogni gruppo continuo finito di trasformazioni ammette una rappresentazione lineare, localmente fedele, di un grado conveniente; onde, in relazione alla classificazione degli indirizzi geometrici secondo il Klein, risulta che ogni possibile geometria - a gruppo fondamentale continuo finito - è localmente equivalente alla geometria proiettiva di un opportuno spazio o ad una sua geometria subordinata (cioè avente come gruppo fondamentale un sottogruppo del gruppo proiettivo).
Ma dai problemi gruppali pertinenti alle teorie classiche l'interesse dei matematici, in questi ultimi anni, si è venuto sempre più decisamente spostando verso indirizzi critici, che rispondono a quella tendenza alla visione astratta dei concetti fondamentali e all'indagine assiomatica dei principî, in cui va ravvisato uno dei caratteri salienti della matematica contemporanea. Questa nuova corrente di ricerche, che nella sua origine si ricollega soprattutto alle vedute e ai risultati del Cartan e del Weyl sulle rappresentazioni lineari dei gruppi continui finiti semisemplici, si è sviluppata dapprima entro le scuole di Gottinga e di Amburgo e successivamente in relazione col cenacolo francese dei "bourbakistes" e con l'Istituto di alti studî di Princeton. Un processo di astrazione sistematica e di approfondita analisi critica ha condotto a riconoscere per il concetto di gruppo un posto ben determinato in una vasta classificazione dei varî tipi possibili di insiemi di elementi astratti; e ciascuno di questi tipi è stato caratterizzato mediante un sistema di assiomi, che ne definiscono la struttura, in guisa che, nel caso dei gruppi, si ricade sostanzialmente su quella medesima nozione, cui già in linea storica si attribuiva codesto nome. Così, in particolare, si è assiomaticamente precisato il concetto - fondamentale per uno studio non più locale, bensì "in grande" - di gruppo topologico, come varietà di elementi astratti, dotata simultaneamente di una struttura gruppale e di una struttura topologica, fra loro interdipendenti; e sui gruppi topologici si è venuta raccogliendo, in quest'ultimo periodo di tempo (O. Schreier, J. v. Neumann, B. de Kerékjártó, L. Pontrjagin, R. Brauer, A. Weil, ecc.), una notevole messe di risultati particolari, che costituiscono i prodromi necessarî per una teoria globale dei gruppi. Ad una prima sintesi di questo materiale - pur nel suo elevato interesse ancora frammentario - mira C. Chevalley nella sua Theory of Lie groups, di cui sinora è stata pubblicata la prima parte (Princeton 1946), concernente i concetti e le premesse generali, ed è già preannunciata una seconda parte, che sarà dedicata, principalmente, alla teoria e alla classificazione dei gruppi continui semisemplici.
Bibl.: C. Chevalley, Theory of Lie groups, Princeton 1946; L. Pontrjagin, Topological groups, Princeton 1946; H. Weyl, The classical groups. Their invariants and representations, Princeton 1946; H. Zassenhaus, Lehrbuch der Gruppentheorie, I, Lipsia 1937.
Applicazioni della teoria dei gruppi alla meccanica quantistica.
La teoria dei gruppi, e più precisamente la teoria della rappresentazione lineare dei gruppì (finiti e continui finiti) è stata applicata con successo alla meccanica quantistica. La soluzione effettiva delle equazioni differenziali che impostano, secondo la meccanica quantistica, i varî problemi fisici (equazione di Schrödinger), risulta estremamente difficile appena si prendano in considerazione sistemi atomici consistenti di più particelle; le proprietà di simmetria dell'equazione di Schrödinger permettono ciononostante, senza bisogno di risolverla, di avere precise informazioni sui suoi autovalori e le sue autofunzioni, e, quindi, sulla costituzione degli spettri.
Vogliamo mostrare subito, su di un esempio, come si sfruttino queste proprietà di simmetria. Consideriamo il sistema costituito da una particella in un campo di forze centrali: la sua equazione di Schrödinger sarà del tipo
dove l'energia potenziale V(r) dipende soltanto dalla distanza
del punto in cui si vuole calcolare dall'origine delle coordinate che è il centro delle forze. Ad ogni rotazione dello spazio x1 x2 x3 che indichiamo con x → xi = Tx possiamo far corrispondere una trasformazione lineare nello spazio hilbertiano delle funzioni d'onda secondo la ψ (x) → ψ′ (x) = Tψ = ψ (T-1 x). Al prodotto di due rotazioni corrisponde nello spazio hilbertiano il prodotto delle trasformazioni corrispondenti a ciascuna.
La forma dell'operatore hamiltoniano che compare nella [1] è tale, come ci si convince facilmente, che
e quindi, con la [1], vale anche la
cioè la funzione Tψ è anch'essa una autofunzione relativa allo stesso autovalore E. Se questo autovalore è semplice, e cioè non degenere, Tψ deve ottenersi da ψ per moltiplicazione con una costante complessa. se invece l'autovalore è multiplo, e precisamente degenere di ordine n, gli corrispondono n autofunzioni linearmente indipendenti, e la generica autofunzione ad esso relativa si può esprimere come combinazione lineare a coefficienti complessi di esse: l'effetto della T è di trasformare linearmente in sé lo spazio di queste combinazioni lineari. Queste trasformazioni formano una rappresentazione lineare di grado o dimensione n del gruppo delle rotazioni. Se le autofunzioni linearmente indipendenti sono ortonormali si tratta di trasformazioni unitarie.
Quanto sopra detto è una conseguenza della validità della [2], che si esprime dicendo che l'equazione [1] di Schrödinger è invariante rispetto al gruppo delle rotazioni intorno all'origine. In altri casi può trattarsi di altri gruppi. Per un atomo in un campo magnetico o elettrico omogeneo, il campo di forze ammette altre proprietà di simmetria e si deve considerare, invece del gruppo delle rotazioni intorno ad un punto, quello delle rotazioni intorno ad un asse fisso. Per una molecola biatomica, in una prima approssimazione i due nuclei sono centri di forza fissi e il gruppo è quello delle rotazioni intorno alla congiungente combinate con le riflessioni rispetto a piani passanti per essa. Se i nuclei sono identici si debbono considerare anche le riflessioni rispetto al piano perpendicolare alla congiungente nel punto di mezzo fra i nuclei. Per un sistema costituito da un certo numero di particelle uguali, l'equazione di Schrödinger è invariante rispetto allo scambio delle loro coordinate, quindi rispetto a un gruppo di permutazioni.
Si vede che i gruppi che intervengono sono in ogni caso finiti o continui finiti; l'insieme di tutte le trasformazioni che lasciano invariata la particolare equazione di Schrödinger forma quello che si chiama il gruppo totale dell'equazione di Schrödinger. Nel caso dell'equazione [1], per es., è il gruppo che si ottiene combinando le rotazioni intorno all'origine con la riflessione rispetto all'origine x′i = − xi che pure la lascia invariata. In ogni caso le autofunzioni che si riferiscono a un certo autovalore si trasformano linearmente secondo una rappresentazione del gruppo in questione. Se si è in grado di costruire tutte le rappresentazioni del gruppo dato si può, senza risolvere l'equazione di Schrödinger, ricavare informazioni sul possibile numero di autovalori e sulla degenerazione di essi classicandoli secondo la rappresentazione a cui si riferiscono.
Si distingue così fra autovalori degeneri in modo normale, a cui corrisponde una rappresentazione irriducibile del gruppo totale, e autovalori con degenerazione casuale, per cui la corrispondente rappresentazione è riducibile. I primi, restano degeneri dello stesso ordine sottoponendo il sistema atomico ad una perturbazione rappresentata da un termine addittivo nell'hamiltoniana che non restringa il gruppo rispetto a cui questa è invariante; i secondi, per effetto della stessa perturbazione vengono a separarsi in livelli energetici distinti. Se la perturbazione invece restringe il gruppo totale a un suo sottogruppo, anche un autovalore degenere in modo normale dà luogo a più livelli distinti ed è possibile prevedere il numero di termini che risultano e il loro tipo di degenerazione.
Un altro importante problema che può risolversi è quello di determinare le regole di selezione per le transizioni permesse fra i termini spettrali di un atomo o di una molecola. Come è noto la possibilità di una transizione e la polarizzazione della luce emessa sono legate all'annullarsi o meno degli elementi della matrice che rappresenta (in un sistema di riferimento nello spazio hilbertiano formato da autofunzioni dell'equazione di Schrödinger) il momento elettrico totale del sistema atomico. Ora, nella maggior parte dei casi, l'annullarsi di questi elementi di matrice dipende dal modo con cui operano sulle autofunzioni a cui essi si riferiscono le trasformazioni dei gruppi rispetto a cui l'equazione di Schrödinger è invariante. Interviene qui il fatto che il momento elettrico del sistema è un vettore e le sue componenti si trasformano per le operazioni del gruppo in un modo ben determinato: gli elementi di matrice da considerare si costruiscono coi prodotti di queste componenti per le autofunzioni, prodotti che si trasformano secondo una rappresentazione che è il cosiddetto prodotto diretto di quelle di ciascun fattore e che risulta spesso riducibile. Per dettagli si vedano i trattati citati nella bibliografia.
Fra coloro che si sono occupati delle applicazioni della teoria dei gruppi alla costituzione degli spettri vanno citati particolarmente E. Wigner, J. v. Neumann, H. Weyl, F. Hund, W. Heitler, Fr. London, J. C. Slater. Più recentemente E. Wigner e A. Wheeler l'hanno applicata alla spettroscopia dei nuclei.
La teoria della rappresentazione dei gruppi si presta a descrivere il modo di trasformarsi delle componenti di un campo d'onda quando si esegua il passaggio da uno ad un altro sistema di riferimento inerziale, cioè quando si esegua una trasformazione di Lorentz sulle coordinate spaziotemporali. Le componenti del campo si trasformano sempre secondo una rappresentazione lineare del gruppo completo di Lorentz: se questa rappresentazione è fedele, cioè esiste corrispondenza biunivoca fra le trasformazioni di Lorentz e quelle lineari sulle componenti del campo, queste sono semplicemente dei tensori (ne è un esempio il campo elettromagnetico); se la corrispondenza non è fedele, e all'identità del gruppo di Lorentz corrispondono l'identità e un'altra trasformazione, le componenti prendono il nome di spinori. Il primo esempio fu quello delle componenti della funzione d'onda dell'equazione relativistica per l'elettrone data da Dirac. Dal punto di vista fisico i due tipi di campi si distinguono per il fatto di descrivere particelle aventi uno spin o momento angolare multiplo intero (0, 1, 2, ...) o semi intero
rispettivamente di
Il calcolo spinoriale di van der Waerden permette di costruire tutte le rappresentazioni irriducibili, fedeli o no del gruppo di Lorentz, e quindi di descrivere in modo unitario particelle con spin qualunque.
Si osservi che appunto la possibilità di descrivere i diversi spin delle particelle con proprietà di trasformazione delle funzioni del campo ha permesso a W. Pauli e M. Fierz di dare per la prima volta fondamento teorico, nel quadro della teoria quantistica dei campi d'onda, alla regola empirica secondo cui particelle di spin intero seguono la statistica di Bose-Einstein e particelle di spin semiintero quella di Fermi-Dirac.
Bibl.: Per le applicazioni della teoria dei gruppi agli spettri degli atomi: E. Wigner, Gruppentheorie und ihre Anwendung auf die Quantenmechanik der Atomspektren, Braunschweig 1931. Trattano anche gli spettri delle molecole: H. Weyl, Gruppentheorie und Quantenmechanik, Lipsia 1931, libro densissimo e oltremodo istruttivo anche per gli innumerevoli altri argomenti che vi sono trattati; B. L. van der Waerden, Die gruppe theoretische, Methode in der Quantenmechanik, Berlino 1932, in cui si trova un'esposizione del calcolo spinoriale. Inoltre, per le molecole, J. Rosenthal e G. M. Murphy, in Review of Modern Physics, VIII, 317 (1936).