persiane, guerre
Termine con cui si indicano in senso lato le ostilità tra greci e persiani dal 498 a.C., quando ateniesi ed eretriesi vennero in aiuto agli ioni ribelli, al 449 (pace di Callia); Tucidide invece definiva guerre p. solo il momento culminante di esse, quando l’invasione di Serse fu respinta (480-479). Più che l’aiuto agli ioni, causa di tali guerre fu l’imperialismo persiano, cui i greci contrapposero una unione compatta, sotto la guida spartana. Fallito un tentativo di invasione nel 492, due anni dopo Dario inviò una spedizione marittima che, sbarcata nell’Attica al comando di Dati e Artaferne, fu gravemente sconfitta a Maratona da 10.000 ateniesi aiutati da 1000 plateesi. Dopo un altro tentativo di sbarco al Falero, i persiani tornarono in patria. Dieci anni dopo, il figlio di Dario, Serse, tentò nuovamente l’invasione con una manovra combinata: l’esercito, valicato l’Ellesponto, procedeva lungo le coste della Tracia, mentre la flotta costeggiava a protezione delle truppe marcianti. Nell’autunno del 480, mentre l’esercito persiano si apriva con gravissime perdite il cammino attraverso le Termopili difese da Leonida con un pugno di uomini, una lunga battaglia navale con esito incerto si svolgeva tra persiani e confederati greci al promontorio dell’Artemisio. Dopo le Termopili, i greci abbandonarono la Grecia centr. organizzandosi a difesa dell’istmo di Corinto: ma la vittoria navale greca di Salamina costrinse Serse a tornare in patria col grosso dell’esercito. L’anno successivo (479) Mardonio, che comandava le truppe rimaste in Grecia, fu sbaragliato a Platea dalle forze confederate elleniche.