DELLA ROCCA, Guglielmo
Figlio di Arriguccio, nacque in Corsica verosimilmente all'inizio del sec. XIV, da nobile famiglia di signori feudali che prendeva il nome dal sito fortificato di La Rocca presso il villaggio di Olmeto, dominante ilgolfo di Valinco. Fratello di Gottifredo, era cugino del celebre Sinucello Della Rocca detto Giudice di Cinarca, che era stato eletto conte di Corsica nella seconda metà del Duecento ed aveva ricoperto quella carica sino alla morte. Poco sappiamo della sua giovinezza, a causa del silenzio delle fonti note.
Giunto alla testa della signoria paterna, il D., a partire dal 1330, intraprese - secondo la testimonianza del cronista aragonese Jerónimo Zurita - una politica di espansione nell'isola, seguendo l'esempio, si potrebbe pensare, del suo antenato Sinucello. Stando a quanto afferma Giovanni Della Grossa, cronista corso del sec. XV, nel 1336 il D. giunse ad imporre il suo dominio sull'isola grazie all'aiuto del signore di Attallà, Arrigo di Cinarca, ultimo figlio ancora vivente di Sinucello. Qualche anno più tardi - sempre secondo il Della Grossa - il D. si recò a Genova durante il periodo del primo dogato di Simone Boccanegra e della Repubblica popolare, per sollecitare, a nome dei propri consanguinei e di una parte almeno della nobiltà corsa, un intervento diretto di quella Repubblica negli affari dell'isola: intervento che egli con una certa rettorica presentò come antidoto, salutare per la Corsica, contro le perpetue lotte intestine che la travagliavano. Tale "deditio" aveva lo scopo di esprimere in maniera pubblica e simbolica i legami personali di sottomissione che univano il principale rappresentante della famiglia dei Cinarchesi - i signori feudali della Banda di Fuori che discendevano da Sinucello Della Rocca - al maggior esponente del Comune di Genova. Essa deve essere interpretata come la traduzione feudo vassallatica formale di un atto di "commendatio" nel senso pieno del termine e con colorazione quasi clanica, ispirato dalla ricerca sul piano del diritto pubblico di un patronato possente e prestigioso. Un'iniziativa del genere, d'altro canto, costituisce per noi una preziosa testimonianza a proposito di un certo arcaismo dei comportamenti politici nella Corsica del basso Medioevo, in special modo presso i Cinarchesi. Appunto in seguito a questo passo formale compiuto dal D. a Genova, il doge Simone Boccanegra avrebbe inviato in Corsica - sempre secondo la nostra fonte - il corpo di spedizione comandato da Gottifredo da Zoagli.
L'epoca in cui ebbero luogo il viaggio del D. nella città ligure, i passi formali che lì egli compì ed il conseguente intervento militare genovese nell'isola, non viene indicata con piena certezza dalle fonti; essi dovettero comunque avvenire con ogni probabilità nel corso del 1340 e non - come invece alcuni studiosi hanno ritenuto - nel 1347, quando era doge della Repubblica di Genova Giovanni de Murta.
Gottifredo da Zoagli sbarcò a Calvi alla testa di un corpo di spedizione genovese, con il titolo di vicario della Repubblica di Genova in Corsica e con il compito di pacificare l'isola: svolse la sua missione appoggiandosi al D. ed al cugino di questo Arrigo, figlio di Salnese, antico signore dei castelli di Istria (Sollacaro) e di Rocca di Valle (Olmeto), contro il potente Orlando Cortinco. Nel corso delle operazioni militari da lui condotte, Gottifredo catturò e fece impiccare per tradimento Orlando Cortinco; fece inoltre confiscare il castello di Patrimonio (Nebbio), che apparteneva al ribelle. La sottomissione dell'isola e l'indebolimento di grandi famiglie feudali come quelle dei Cortinchi e dei signori di Ornano, che furono la conseguenza di tali successi, avvennero dunque grazie all'attivo contributo del D., e questi, che si era nel frattempo urtato con Arrigo d'Istria, organizzò ad Aleria una cerimonia nel corso della quale i signori feudali dell'isola prestarono al capitano genovese il giuramento di fedeltà. E quando Gottifredo da Zoagli, dopo aver constatato che la Corsica sembrava - almeno nelle linee generali - sottomessa, decise di rientrare a Genova perché una epidemia ben determinata - o fors'anche la malaria - aveva decimato le sue truppe, il D. fu nominato dal vicario suo luogotenente nell'isola - stando a quando afferma il cronista Giovanni Della Grossa - ma dovette consegnargli in ostaggio, come pegno della sua fedeltà, il figlio Arrigo ancora minorenne, e dovette impegnarsi a "governare bene e per Gienovesi".
Secondo alcuni studiosi, la luogotenenza del D. rappresentò, dal punto di vista sociale e istituzionale, una sensibile accentuazione del potere feudale dei Cinarchesi, specie nel campo fiscale: in tale ottica essa dovrebbe venir posta direttamente alle origini della "rivoluzione comunale" del 1358. Sul piano politico, ad ogni modo, la luogotenenza del D. fu tutt'altro che tranquilla. Infatti, a partire dal momento in cui il vicario genovese lasciò l'isola, una parte importante dell'attività di governo del D. consistette nella repressione di continui tentativi di rivolta scoppiati in seno alla società aristocratica corsa: come ebbe a scrivere il cronista Giovanni Della Grossa, "dopo Gotifredo di Zuaglia... se ne'andò a Gienova, ... molti di li signori e gentilhomini levorno la obedientia a Gogliermo della Rocca". Il D. dovette combattere soprattutto contro Guglielminucello, figlio di Arrigo d'Attallà, e lo privò di tutti i suoi possessi, ad eccezione del castello omonimo che ne era il centro. Cacciò inoltre dai loro domini i figli di Guidicello di Bisogé, discendente dei Biancolacci, tradizionalmente signori della parte occidentale di Sartena (Pieve di Bisogé). Ad ogni modo la fedeltà a Genova di molti signori corsi e quella dello stesso D. si rivelò di breve durata.
A partire dal settembre del 1340 appelli all'indirizzo del re d'Aragona Pietro IV il Cerimonioso furono lanciati dalla nobiltà corsa, particolarmente dagli Ornano, dai Cortinchi e dai bastardi della stirpe di Sinucello Della Rocca. Tali iniziative culminarono con un improvviso cambiamento di opinioni e di atteggiamento dello stesso D. che, insieme con tutti gli altri, invitò il sovrano aragonese a venire in Corsica per prendere personalmente possesso dell'isola.
Il repentino voltafaccia del luogotenente nominato da Gottifredo da Zoagli per la difesa degli interessi di Genova nell'isola può venire spiegato con un'intima convinzione filoaragonese, ma anche - verosimilmente - in modo ancora più pieno, con la preoccupazione quasi esclusiva di conservare il prestigio e l'autorità raggiunte all'interno della società aristocratica corsa. Questi due motivi, strettamente intrecciati, divennero da allora le componenti caratteristiche più spiccate dell'atteggiamento politico delle famiglie cinarchesi e dei loro esponenti - a cominciare dal D. - durante tutto il basso Medioevo.
Con una lettera del maggio del 1345 il sovrano aragonese rispose favorevolmente al D., lasciando prevedere una sua futura spedizione nell'isola. Tuttavia, quando ricevette questa lettera, il D. non era ancora riuscito a porsi in modo stabile alla guida di una larga coalizione filoaragonese in Corsica a causa di una svolta - questa volta in senso filogenovese - compiuta, nelle loro scelte politiche, da una gran parte della nobiltà insulare: anche per ostilità di singoli e di gruppi nei confronti del D., "ognuni si ribbellava e pigliava quel che poteva di Goglermo della Rocca" come ebbe a scrivere Giovanni Della Grossa.
Il secondo grave tradimento della causa genovese compiuto dal D. sembra doversi datare al 1346, quando una squadra aragonese, in assenza del sovrano, compì nelle acque dinnanzi alla fortezza di Bonifacio un'azione di forza nel corso della quale furono messi al sacco il litorale e le terre circostanti. Tuttavia il nuovo riavvicinamento a Pietro IV si limitò, a quanto pare, solo ad uno scambio di corrispondenza e a dimostrazioni esteriori di fedeltà, probabilmente soprattutto a causa del fatto che il figlio del D., Arrigo, si trovava ancora come ostaggio nelle mani dei Genovesi. Ad ogni modo il governo della Repubblica ligure, benché informato di questi maneggi, non ritenne opportuno infliggere al D. un castigo esemplare: semplicemente, traendo occasione da un nuovo cambiamento in senso favorevole a Genova dell'atteggiamento dei signori corsi, impose, il 28 apr. 1347, un nuovo atto di sottomissione all'irrequieto loro luogotenente. Insieme con il cugino Restorello Della Rocca il D. dovette infatti consegnare i suoi castelli ed i suoi domini a Niccolò da Levanto, podestà di Bonifacio e vicario di Genova in Corsica, e con il cugino giurò nelle mani di quello fedeltà alla Repubblica; dallo stesso Corrado essi furono quindi investiti in nome della Repubblica dei loro antichi domini, divenendo in tal modo vassalli di Genova, nella quale pertanto essi riconobbero pubblicamente l'alto signore della Corsica. L'atto di sottomissione compiuto dai due Della Roqca fu seguito da quelli degli altri signori della Cinarca, tra i quali si ricordano qui, in particolare, gli Ornano. Tali atti di sottomissione e di omaggio furono poi ratificati dal doge di Genova il 19 maggio di quello stesso anno.
Nel 1351 il D. figura di nuovo, insieme con i Cortinchi e con i Cinarchesi, fra i signori corsi cui si rivolsero gli inviati di Pietro IV nell'isola. Più tardi - senza dubbio nel 1355 - la presenza in Sardegna del sovrano aragonese, giunto a preparare di persona una grande campagna militare contro i Genovesi, indusse il D. a passare apertamente al campo aragonese. Nonostante la detenzione del figlio, tutt'ora trattenuto come ostaggio a Bonifacio e deciso a scuotere il giogo genovese, il D. si recò personalmente in Sardegna per prestare giuramento di fedeltà e fare atto di omaggio a Pietro IV. Per rappresaglia i Genovesi nel marzo del 1356 arrestarono il giovane Arrigo Della Rocca e lo tradussero sotto buona scorta a Genova: "e cade", scrive Giovanni Della Grossa, "Goglermo di La Rocca in disgratia del mariscalco e di Genovesi". Confrontato dalla rivolta dei numerosi signori corsi insorti, il D. fu costretto a ripiegare sul suo feudo di La Rocca; si vide quindi strappare da Guglielminucello d'Attallà il territorio di Bisogé. Morì nel 1357, o intorno a quella data, mentre combatteva contro Ghilfuccio di Arrigo d'Istria.
Giovanni Della Grossa data la morte del D. al 1344 (forse errore materiale per 1354?), ed afferma che scomparve "dopo aver governato per quattordici anni in nome dei Genovesi". Prese il suo posto il figlio Ristorucello, che per lunghi anni fu impegnato in una continua guerra contro Guglielminucello d'Attallà: perdette Sartena e Bisogé, ma riuscì a salvare, del mutilato dominio paterno, il resto delle terre sudoccidentale, "da Ciliaccia a Bonifacio".
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