CARTELLÀ (Cartilliano, Calcerando), Guglielmo Galcerando de
Apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà catalana che, spesso riottosa nei confronti della monarchia, svolse un ruolo determinante nelle imprese mediterranee della Corona d'Aragona.
Nacque, se si vuol dar credito al Muntaner, il quale afferma che morì all'età di più di novant'anni, intorno al 1220. Le fonti comunque parlano di lui per la prima volta nel 1257-58. In quel periodo, dopo essersi ribellato al re Giacomo I (non è noto il motivo del suo gesto), fu assediato nel suo castello di Hostoles dall'infante Pietro, il futuro re di Sicilia, e costretto ad arrendersi. Per molti anni non si hanno più sue notizie, finché, riacquistata la grazia del re, il 17 dic. 1267 fu nominato alcalde di Tlemencén. Secondo il Muntaner avrebbe partecipato in Barberia a molti fatti d'arme, ma non se ne hanno notizie più precise né sappiamo per quanto tempo abbia esercitato il suo ufficio. Tuttavia nel 1278 lo troviamo di nuovo in contrasto con il re Pietro, salito al trono nell'anno 1276: partigiano di Ramón Folch di Cardona, uno dei capi dell'opposizione nobiliare catalana, il C. non aveva seguito l'invito del re di prestare il dovuto servizio feudale. Nello stesso anno fu accusato di aver depredato e imprigionato due mercanti di Montpellier e di averli rilasciati solo dietro esborso di ben 20.000 soldi. Ma per l'intervento del Cardona il caso fu sottratto alla giurisdizione del vicario di Gerona cui spettava e sottoposto al giudizio diretto del re. L'esito del processo non è noto, ma in seguito il C. continuò a figurare dalla parte dei ribelli nel corso dei frequenti scontri tra il re e la nobiltà, della quale però alla fine Pietro rimase vincitore. Quando poté accingersi alla realizzazione dei suoi progetti siciliani chiamò anche il C. al suo seguito. Il suo nome è infatti incluso nell'elenco dei nobili convocati il 30 marzo 1282 per partecipare alla spedizione aragonese in Africa, preludio dello sbarco di re Pietro in Sicilia.
Tuttavia non è noto quasi nulla del ruolo svolto dal C. nei primi mesi del dominio aragonese in Sicilia. Partecipò sicuramente alla spedizione calabrese della primavera del 1283 e dovette subito diventare uno dei più stretti e fidati collaboratori del re. Il quale poco prima di lasciare l'isola, nel maggio del 1283, per recarsi al duello con Carlo d'Angiò, lo nominò capitano generale e vicario della Sicilia orientale, investendolo di una delle più alte cariche del nuovo regno. Si trovò in tal modo a far parte del consiglio dell'infante Giacomo, vicario generale per il padre. Nella sua veste di vicario, subito dopo la partenza di re Pietro, il C. stroncò con decisione la prima rivolta antiaragonese scoppiata nell'isola, capeggiata da Gualtieri da Caltagirone, e ridusse all'obbedienza del re le terre che vi avevano partecipato.
Secondo il Muntaner, che ne esalta le straordinarie virtù cavalleresche, il C. sarebbe stato investito dal re anche della contea di Catanzaro. La notizia tuttavia non è confermata da nessun altra fonte. Fino alla pace di Caltabellotta (1302) la Calabria fu il principale teatro di guerra nel conflitto tra Aragonesi e Angioini e non pochi furono i combattimenti ai quali partecipò il Cartellà. Non è dunque improbabile che egli abbia cercato di crearsi una solida base patrimoniale proprio in questa provincia ancora tutta da conquistare, con o senza concessione preventiva del re. La contea di Catanzaro comunque era detenuta da Pietro Ruffo, uno dei più fedeli partigiani degli Angioini, che difendeva tenacemente i suoi possessi e aveva sempre sdegnosamente respinto le profferte aragonesi. Con lui il C., che nel documento è qualificato come marescalco del Regno di Sicilia, vicario regio e "castrorum Sicilie provisor citra flumen Salsum, necnon a faro citro usque ad confinia terrarum… Romane Ecclesie", il 21 giugno 1285 concluse una tregua, secondo i patti della quale era permesso al Ruffo di attendere soccorsi prima di riprendere le ostilità. Era un momento particolarmente vantaggioso per il C., dato che la maggior parte della Calabria era caduta in mano aragonese. Non si hanno però altre notizie della vicenda e non pare che il C. allora si sia potuto impadronire di Catanzaro.
Dopo l'incoronazione di Giacomo II, nel febbraio del 1286, secondo una notizia fornita dal cronista messinese Bartolomeo da Neocastro, fu nuovamente mandato in Calabria "ad regendum Calabrie populum". Nel 1287 partecipò, sempre come vicario "citra flumen Salsum", alla difesa di Catania e di Augusta contro gli attacchi angioini. Nel 1288 lo troviamo di nuovo in Calabria, dove, con un atto di grande coraggio, strappò agli Angioini Squillace.
Non molto tempo dopo dev'essere tornato per un certo periodo in Catalogna: nel 1291 infatti fece parte dell'ambasceria catalana recatasi in Sicilia per prestare omaggio a Giacomo succeduto al fratello Alfonso sul trono d'Aragona. Accompagnò poi il nuovo re a Barcellona e si tratteneva alla sua corte ancora nel 1292.
Durante la sua assenza dalla Sicilia, e forse già prima, erano sorti certi contrasti tra il C. e altri nobili catalani; in particolare con Blasco d'Alagona, proprio per questioni riguardanti i suoi possedimenti in Calabria. Il 27 ott. 1292 infatti Giacomo II scrisse al fratello e luogotenente Federico di adoperarsi perché fossero restituiti al C. il castello di Mesiano e altri casali nei pressi di Tropea e Nicotera, dei quali si era impadronito l'Alagona. È possibile che per gli stessi motivi esistessero attriti anche con Ruggiero di Lauria che, come l'Alagona, aveva interessi patrimoniali in Calabria. è significativa la circostanza che solo dopo la rottura del Lauria con Federico d'Aragona, le prime avvisaglie della quale, secondo Niccolò Speciale, si manifestarono proprio durante l'assedio di Catanzaro nel 1296, il C. figura di nuovo presente in Sicilia. Insieme con Blasco d'Alagona fu mandato da re Federico nella Calabria sobillata dal Lauria e riuscì, nel corso di questa spedizione, a prendere finalmente possesso di Catanzaro (settembre del 1297). Ma i giorni della dominazione siciliana in Calabria erano contati: la pace di Caltabellotta restituì la Calabria definitivamente agli Angioini e già prima i Siciliani erano stati costretti a ritirarsi lentamente; Pietro Ruffo al più tardi nel dicembre del 1300 era di nuovo padrone di Catanzaro.
Nel corso della guerra combattuta da Federico d'Aragona contro le forze unite degli Aragonesi e degli Angioini, il C. si distinse varie volte per il suo valore. Insieme con Blasco d'Alagona fu tra i comandanti più prestigiosi dell'esercito siciliano alla battaglia di Falconaria, vinta dai Siciliani contro il principe Filippo di Taranto. Sempre con l'Alagona, valendosi dei famosi almugaveri, riuscì a disperdere a Gagliano, nei pressi di Catania, un esercito di cavalieri francesi guidati dal conte Gualtieri di Brienne (febbraio 1300). Nel 1301 difese Messina assediata dalle truppe angioine.
Accompagnò ancora, nel 1302, Federico III d'Aragona durante le trattative che si sarebbero concluse con la pace di Caltabellotta. Persa così ogni speranza di riconquistare i suoi possessi in Calabria e certamente già in età molto avanzata, decise di tornare in patria per morire, come racconta il Muntaner, nel suo castello avito di Hostoles. Non è nota la data della sua morte; ma un documento del 1310 lo ricorda già come defunto.
Oltre a terre in Calabria gli erano stati assegnati anche feudi nell'isola: sappiamo che possedeva la "terra Calataplumi" e una casa con le sue pertinenze in Messina, confiscata da re Pietro a Matteo de Riso, che Giacomo II l'8 apr. 1294 gli permise di vendere.
Aveva sposato Blanca de Creixell che gli aveva portato in dote i castelli di Pontons e di Creixell nella contea di Empurias.
Nel 1312 Un "Amaldus de Cartiliano" è ricordato tra i nobili siciliani ai quali erano indirizzate lettere credenziali per Bertrando de Canellis; forse era suo figlio, certamente un suo parente. Un suo fratello dello stesso nome compare spesso accanto a lui nel periodo antecedente la spedizione di Pietro III in Sicilia.
Fonti e Bibl: Sul C. vedi il saggio di F. Soldevila, Unpersonage prototipic de l'epoca catalana: Guillem Galceran de Cartellà, comte de Catanzaro, in Riv. stor. del Mezzogiorno, I(1966), pp. 186-205, che si basa in prima linea su materiale, edito e inedito, proveniente dall'Archivio della Corona d'Aragona di Barcellona e sui dati forniti dalla cronaca del Muntaner (cfr. in particolare il cap. CXXVIII). Ma cfr. inoltre Nicolai Specialis Historia Sicula, a cura di R. Gregorio, in Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gesta sub Aragonum imperio retulere, I, Panormi 1791, lib I, cap. 25; lib. IV, cap. 1; lib. V, capp. 5, 12: Bartholomaei de Neocastro Historia Sicula, in Rer. Italie. Script., 2 ed., XIII, 1, a cura di G. Paladino, pp. 48, 55, 81, 91, 94, 103 s.; Codice diplom. dei re aragonesi di Sicilia, II, a cura di G. La Mantia-F. Giunta, Palermo 1951, pp. 22, 46, 134 s., 210, 306 s.; F. Soldevila, Pere el Gran, Barcelona 1950-1956, pp. 107-109, 190, 351, 400; E. Pontieri, Studi sulla crisi della monarchia sicil. nel sec. XIII, Napoli 1950, pp. 206, 212 s., 230; M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, a cura di F. Giunta, Palermo 1969, ad Indicem (sub voce Calcerando, Guglielmo).