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CAVALCANTI, Guido

di Mario Casella - Enciclopedia Italiana (1931)
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CAVALCANTI, Guido

Mario Casella

Nacque a Firenze verso il 1255 da nobile famiglia arricchitasi nei commerci. Suo padre, Cavalcante de' Cavalcanti, tenne di parte guelfa e fu esule a Lucca dopo la vittoria ghibellina di Montaperti (1260). Restaurate le sorti guelfe a Benevento (1266), rientrò in patria e a Guido diede sposa (1267) Beatrice, figlia del ghibellino Farinata degli Uberti. Il parentado si strinse alcun tempo dopo: uno dei molti tentativi fatti allora per la pacificazione delle parti avverse. In un ambiente magnatizio, illustre di tradizioni feudali, Guido crebbe, partecipando con passione alla vita politica. Fu tra i mallevadori di parte guelfa per la pace stipulata dal cardinal Latino (1280) e sedette al Consiglio del Comune (1284 e 1290). Nella divisione dei guelfi si schierò con la parte che più s'accostava al popolo: con i Cerchi contro Corso Donati. Forse ragioni di famiglia ve lo spinsero, forse ve lo portò l'odio personale contro quel superbo "barone", che gli tese un agguato mentre era in partenza per San Iacopo di Compostella. Il pellegrinaggio, che fu interrotto a Tolosa, gli lasciò il dolce ricordo della bella Mandetta ivi ammirata nella Dorada. Ritornò a Firenze e, sebbene escluso dal governo popolare per disposizioni degli Ordinamenti della giustizia, fu trascinato nella lotta dall'indole sua battagliera e temeraria. Fu tra gli aizzatori dei Cerchi contro i Donati; su Corso spronò un giorno il cavallo, lanciando il dardo. Nel giugno del 1300, durante il priorato di Dante, in seguito a nuovi tumulti fu confinato a Sarzana insieme con i capi di parte cerchiesca e donatesca, e lì s'infermò per la malaria. Richiamati gli esuli in patria, egli vi morì agli ultimi di agosto.

Spirito chiuso e meditabondo, aristocratico nei modi e nella dignità del sentire, abilmente dialettico nella conversazione, appassionato e violento nei suoi odî e nei suoi amori, il C. dominò, tra la gioventù intellettuale del suo tempo, per la nobiltà del sapere, della filosofia e dell'arte. Gli si strinsero in amicizia e ne ammirarono l'ingegno, fra gli altri, Dante, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Guido Orlandi, Dino Compagni e Cino da Pistoia. Essi lo riconoscevano maestro nel dire in rima i segreti del cuore; fors'anche perché nella sua concezione d'amore, fatta di ardore, di dolore e di puro sentimento, pareva compiutamente esprimersi quel suo pensoso fantasticare e quel malinconico sognare fra sé, che lo appartava da quanto era mediocre e vile. Il C. fu il vero padre del "dolce stil novo", che dal Guinizelli prese le mosse. Nella canzone Donna me prega egli, con sfoggio di formule scolastiche, diede fondamento filosofico alla teoria dell'amante fedele all'Amore. L'amore è per lui ardore di desiderio "oltra misura di natura": adorazione dolorosa dell'ideale figura femminile che in ciascuno s'illumina al primo apparire della donna e che risplende nella mente, fantasma universale e immutabile, senz'altra forza che quella che da sé stesso attinge. La sua filosofia, in cui a torto si videro infiltrazioni arabe e spunti averroistici, si esaurisce in sé stessa e si confonde, per il tono, coi motivi lirici dominanti nell'animo del poeta. La poesia del C. è la discordante attualità del sentimento d'amore oggettivata, con una fantastica figurazione delle facoltà spirituali, in un'atmosfera di incubo pauroso; fuori della quale, nei canti della lode estatica e nelle ballate dolenti, come è quella famosa dell'esilio (Perch'i' no spero), essa si effonde con accenti d'intima tenerezza che fanno presentire la calda e sentimentale musicalità dello stil novo di Dante.

Bibl.: V. Rossi, Il "dolce stil nuovo", in Scritti di critica letteraria, Firenze 1930, I, p. 21 segg.; E. G. Parodi, Poesia e storia nella Divina Commedia, Napoli 1920, p. 211 segg., e in Bull. d. Società dant. ital., n. s., XXII (1915), p. 37 segg.; M. Barbi, G. C. e Dante di fronte al governo popolare, in Studi danteschi, I (1920), p. 101 segg.

Vedi anche
Lapo Gianni Poeta fiorentino (sec. 13º-14º), da identificarsi forse con il notaio ser Lapo di Giovanni Ricevuti, della cui attività si hanno documenti sicuri relativi agli anni tra il 1298 e il 1321. Ricordato da Dante in un sonetto giovanile (Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io), è anche citato dal medesimo nel ... stil novo Tendenza poetica (anche dolce stil novo) diffusa in Toscana tra la seconda metà del 13° e l’inizio del 14° sec., così chiamata dalla critica moderna sulla base di versi di Dante (Purg. XXIV, 49-62). Sua materia poetica è l’amore, sia in quanto confessione sentimentale, sia e soprattutto in quanto meditazione ... Gianni Alfani Poeta del dolce stil nuovo, identificabile forse con Gianni di Forese degli Alfani, nato a Firenze tra il 1272 e il 1283, gonfaloniere di giustizia nel 1311 e dichiarato ribelle nel 1313 da Arrigo VII; dal suo breve canzoniere (sei ballate e un sonetto), talvolta di schietta e fresca ispirazione e che ... Dante Alighièri Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva a una famiglia di piccola nobiltà cittadina (il trisavolo ...
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  • CAVALCANTE DE' CAVALCANTI
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    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)
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Vocabolario
cavalcata
cavalcata s. f. [der. di cavalcare]. – 1. Il cavalcare, di una o più persone, per diporto o per altri scopi: ho fatto una lunga c. nei viali del parco. La c. delle Valchirie, nel 3° atto della Valchiria di R. Wagner. 2. ant. Compagnia di...
cavalcare
cavalcare v. intr. e tr. [lat. tardo caballĭcare, der. di caballus «cavallo»] (io cavalco, tu cavalchi, ecc.; come intr., aus. avere). – 1. intr. Andare a cavallo, viaggiare a cavallo: imparare a c.; sapere, non saper c.; aveva cavalcato...
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