Dahl, Gustavo
Regista cinematografico brasiliano, nato a Buenos Aires l'8 ottobre 1938. Rappresentante del Cinema Nôvo, ha affrontato nei suoi film temi caratteristici del movimento, come il mondo rurale, la vita nel Nordeste del Brasile, il conflitto tra le classi; a queste tematiche ha affiancato quella del potere e del suo uso, anticipando modi e contenuti tipici della seconda fase del Cinema Nôvo, la cosiddetta fase urbana, nella quale all'interesse per il mondo rurale si è sostituito quello per le grandi città. Fedele alla regola del regista Glauber Rocha, 'un'idea in testa, una cinepresa in mano', D. è stato tra i protagonisti dei cambiamenti che, negli anni Sessanta, hanno sancito la nuova immagine e il nuovo ruolo internazionale del cinema brasiliano. L'attenzione che ha posto allo sviluppo di una più ampia riflessione politica (sul potere e sulle sue ripercussioni sugli intellettuali, passando per una nuova lettura antropologica del suo Paese) è testimoniata da una forma cinematografica nella quale grande importanza ha la sceneggiatura e in particolare la caratterizzazione dei personaggi. Con le sue opere ha così sviluppato una poetica basata sulla lezione del cinema novista, ma arricchita con i suggerimenti e le proposte provenienti da una nuova generazione di cineasti.
Trascorse gli anni dell'adolescenza a San Paolo, dove si trasferì con la famiglia nel 1947. La sua formazione cinematografica iniziò frequentando la cineteca del MAM (Museu de Arte Moderna) e seguendo i corsi di cinema di Rudá de Andrade e Carlos Vieira al Centro Dom Vital. Dal 1958 al 1960 iniziò a tenere egli stesso lezioni alla Cinemateca Brasileira di San Paolo assieme a uno dei più importanti storici e critici cinematografici brasiliani, Paulo Emilio Salles Gomes. Nel 1960 giunse in Italia per frequentare per un biennio il corso di regia del Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove suoi compagni furono Paulo César Saraceni, Marco Bellocchio e Bernardo Bertolucci. Frequentò quindi a Parigi un corso di cinema etnografico al Musée de l'Homme. Si stabilì poi a Rio de Janeiro dove iniziò a lavorare come saggista per giornali e riviste di cinema, tra cui i "Cahiers du cinéma" e la "Revista de civilização brasileira" e i quotidiani "Opinião" e "Correio braziliense". All'attività di saggista affiancò quella di montatore e sceneggiatore, e fu soprattutto il montaggio a introdurlo nel cinema brasiliano. Tra i film che firmò come montatore si ricordano Integração racial (1964) di Saraceni, A grande cidade (1966) di Carlos Diegues e Passe livre (1974) e Soledade (1976) di Oswaldo Caldeira. Nella seconda metà degli anni Sessanta iniziò a girare alcuni cortometraggi, tra i quali Em busca do ouro (1966, sulla vita nelle città minerarie dello Stato di Minas Gerais) e i documentari d'arte Museu Nacional de Belas Artes (1971) e O tempo e a forma (1970).
Nel 1968, anno in cui, in seguito all'entrata in vigore di un nuovo Atto istituzionale, si scatenò in Brasile una forte repressione militare, D. realizzò come regista e sceneggiatore il suo primo lungometraggio, O bravo guerreiro, da lui prodotto assieme alla società Saga Filmes. Ricostruendo l'attività di un politico idealista che finisce per suicidarsi, il film ben rappresenta l'impossibilità del dialogo e della libertà di parola nella politica brasiliana di quegli anni. In sintonia con i precedenti O desafio (1965) di Saraceni, São Paulo, Sociedade Anonima (1965) di Luis Sérgio Person e A grande cidade di Diegues, O bravo guerreiro è uno dei film che meglio caratterizzano la fase 'urbana' e 'politica' del Cinema Nôvo. In quest'opera la perfetta fusione tra aspetti tecnici e linguistici e la coesione tra immagine e parola sono originate innanzi tutto dalla rigorosa costruzione della sceneggiatura; D. inoltre scelse di esprimere il dialogo fra i personaggi attraverso la mimica facciale per mettere in risalto l'assenza di parola, firmando con questo primo lungometraggio una delle opere brasiliane più significative della fine degli anni Sessanta. Nel 1973 diresse quindi Uirá, um indio em busca de Deus, tratto dal romanzo Maíra di D. Ribeiro. Ambientato nel 1939 nello Stato del Maranhão, un'area desolata tra il Nordeste e la foresta amazzonica, il film accentua i caratteri di una nuova sensibilità antropologica che trova riscontro in altre opere di registi coevi, per es. Nelson Pereira dos Santos. Il cinema, dopo la letteratura, denuncia la distruzione delle culture indigene brasiliane, raccontata attraverso le vicende della popolazione Urubu.Nel 1984, dopo un decennio di stasi, ha diretto Tensão no Rio. Il suo impegno si era intanto spostato sempre più verso la politica e le strategie dell'industria cinematografica brasiliana. Tra le molte attività che D. ha svolto in campo istituzionale, le più importanti sono state la direzione generale (1974-1979) dell'Embrafilme (Empresa Brasileira de Filmes), l'ente cinematografico di Stato; la presidenza (1985-86) del Concine (Conselho Nacional do Cinema), l'agenzia nazionale del cinema e il lavoro per il Gedic (Grupo Executivo de Indústria Cinematografica). Assolvendo tali incarichi, si è particolarmente interessato ai problemi della produzione e distribuzione e alla ricerca di strategie politiche atte a sviluppare e valorizzare il patrimonio cinematografico brasiliano.
G. Rocha, Revolução do cinema nôvo, Rio de Janeiro 1981 (trad. it. parz. Saggi e invettive sul Nuovo Cinema, a cura di L. Miccichè, Torino 1986, pp. 155, 157); Festival internazionale Cinema Giovani, Prima e dopo la rivoluzione. Brasile anni '60: dal Cinema Nôvo al Cinema Marginal, a cura di M. Giusti, M. Melani, Torino 1995, pp. 25-30; A crise mundial e a nova agenda de crescimento, a cura di J.P. dos Reis Velloso, Rio de Janeiro 1999, passim.