Ibsen, Henrik
Lo scrittore della ribellione femminile
Autore drammatico norvegese tra i più importanti dell'Ottocento, Henrik Ibsen ha messo in scena il malessere, le colpe, le debolezze della società borghese del suo tempo. Nell'orientarsi sempre più verso il dramma sociale, ha affrontato temi d'attualità come la corruzione della classe imprenditoriale, rappresentata naturalmente dai soli uomini, e l'emancipazione della donna, da lui eletta a protagonista di alcuni dei suoi lavori più belli
Henrik Ibsen nasce a Skien, in Norvegia, nel 1828. Da studente scrive il primo dramma, Catilina, nel quale è già presente il suo tema fondamentale: il contrasto tra l'aspirazione al sublime e l'incapacità dell'uomo a conseguirlo.
A partire dal 1851 lavora presso il teatro di Bergen e nel 1857 viene chiamato a dirigere il teatro di Cristiania (oggi Oslo). Compone altri drammi di carattere storico, che riecheggiano ballate popolari e temi della letteratura nordica in uno stile privo di retorica.
Nel 1864 abbandona la Norvegia, da cui, tranne brevi periodi, resterà a lungo lontano, e si trasferisce dapprima in Italia ‒ vivendo tra Roma, Sorrento, Amalfi e Ischia ‒, dove si entusiasmerà alle idee del Risorgimento, e poi in Germania ‒ a Dresda e a Monaco. Tornato nel 1891 in Norvegia, muore a Cristiania nel 1906.
In Italia Ibsen scrive i suoi capolavori giovanili: Brand (1866), il dramma dell'assoluta coerenza ideale, e Peer Gynt (1867), il dramma dell'assoluta assenza d'ideali e insieme la più alta espressione della gioia del sognare e del vivere: il personaggio di questo dramma in versi ‒ per il quale il musicista Edvard Grieg, anch'egli norvegese, comporrà le musiche di scena ‒ è lo spaccone della tradizione favolistica, tratto da una fiaba norvegese. Peer Gynt, prima di ritrovarsi dopo avventurosi vagabondaggi nella sua patria accanto alla fedele Solveig, vive nel castello del re della montagna insieme ai troll, gli esseri fantastici della mitologia nordica.
Le opere della maturità segnano una svolta verso il dramma sociale, da Le colonne della società (1877), in cui Ibsen avvia la battaglia contro la falsità e la mancanza di morale, fino a Il nemico del popolo (1882), dove lo smascheramento di uno scandalo ai danni degli ospiti di uno stabilimento termale conduce il medico deciso a rivelare la verità a ritrovarsi solo e a essere accusato di essere un 'nemico del popolo'.
Nel suo teatro, l'indignazione contro il male si alterna alla pietà per la sofferenza di esseri, soffocati da atmosfere opprimenti (Rosmersholm, 1886), costretti a matrimoni di convenienza da cui derivano colpe tragiche (Il piccolo Eyolf, 1894), prigionieri di un passato che li esclude dalla vita del presente.
In uno degli ultimi drammi che Ibsen scrisse in Novergia, Il costruttore Solness (1892), la caduta del protagonista dalla torre da lui progettata sembra quasi voler prefigurare la fine del grande drammaturgo.
In una società come quella del suo tempo, caratterizzata in senso fondamentalmente maschile, Ibsen rivolse un'attenzione particolare alle figure femminili e al tema dell'emancipazione della donna. Non è un caso che la scrittrice tedesca Lou Andreas-Salomé, amica di Rilke e di Nietzsche e aperta alle problematiche femministe, abbia dedicato un suo saggio proprio alle donne di Ibsen (1892). Nora, il celebre personaggio di Casa di bambola (1879), è una tra le prime protagoniste moderne che, di fronte all'ottusità del marito, decide di abbandonare la casa per uscire dal ruolo di moglie-bambola e conquistarsi un'autonomia; Elena Alving, che negli Spettri (1881) non ha avuto il coraggio di Nora, ma ha taciuto sulle dissolutezze del marito, ha comunque la tragicità di chi non riesce a liberarsi dei fantasmi del passato; la giovane Edvige nell'Anatra selvatica (1884), uccidendo la sua anatra e sacrificando sé stessa, compie un gesto simbolico di recupero dell'affetto del padre.
L'attualità dei temi affrontati da Ibsen è dimostrata da una ripresa contemporanea in Cosa accadde quando Nora abbandonò il marito, ovvero I pilastri della società, della scrittrice austriaca Elfriede Jelinek (premio Nobel per la letteratura nel 2004): andato in scena in Austria nel 1979, esattamente un secolo dopo la prima rappresentazione del dramma dello scrittore norvegese, prende avvio dal punto su cui si chiudeva Casa di bambola.