Mansel, Henry Longueville
Pensatore inglese (Cosgrove, Northamptonshire, 1820 - Oxford 1871). Docente di teologia e in seguito di storia della Chiesa, dal 1868 fu decano della cattedrale di St. Paul. Fu il più notevole continuatore dell’indirizzo filosofico, ispirato al fenomenismo kantiano, inaugurato in Inghilterra da Hamilton. Si occupò in partic. del rapporto tra significato, verifica e verità nell’ambito di una teoria della conoscenza che risente delle posizioni della scuola scozzese (in partic. di Reid). Sottolineò, nelle sue ricerche sulla conoscenza e sulla coscienza, il ruolo preminente dell’attenzione, vista come volontà, fornendo a sostegno delle sue tesi un’interessante fenomenologia di alcuni processi psicologici (fantasticherie, stati di semi-incoscienza). Particolarmente criticato (specie da parte di J. Stuart Mill) il suo agnosticismo religioso, derivante da un rigoroso svolgimento delle dottrine di Hamilton. L’assoluto è per M. del tutto inconoscibile, inaccessibile alla ragione umana, oggetto esclusivo della fede. Tra le sue opere si segnalano: Artis logicae rudimenta (1849); Phrontisterion (1850); Prolegomena logica (1851); The limits of demonstrative science (1853); Man’s conception of eternity (1854); Psychology, the test of moral and metaphysical philosophy (1855); Metaphysics or the philosophy of consciousness (1860); The limits of religious thought (1858); Philosophy of the conditioned (1866). Sono apparse postume: Letters, lectures and reviews (1873); The gnostic heresies (1875).