HUESCA
(lat. Osca)
Città della Spagna, capoluogo della provincia omonima, H. è situata a S-O delle Sierras Exteriores della catena dei Pirenei, in una delle depressioni dell'Alta Aragona. La città medievale si eleva su un'altura che domina l'omonimo corso d'acqua, vicino al fiume Isuela.L'originaria Bolscan degli Ilergeti fu sottomessa definitivamente da Pompeo nel 72 a.C. e incorporata alla Hispania Citerior. Per la sua posizione di nodo strategico e punto d'incontro di importanti vie di comunicazione, in particolare della via maestra che collegava Tarraco e Caesaraugusta con le strade che scendevano dai Pirenei, H. rivestì sempre un'enorme importanza. L'antico municipium urbs victrix Osca durante l'epoca paleocristiana e visigota fu sede vescovile. Caduta presto sotto il dominio dei musulmani, per la notevole distanza da Córdova rimase governata da una signoria indipendente: fu feudo vassallo del regno di Saragozza fino alla Reconquista nel 1096 da parte del re Pietro I d'Aragona. Il sovrano vi restaurò l'antica sede vescovile, che era stata trasferita a Jaca, e ne fece la residenza preferita dei monarchi aragonesi fino all'annessione della Catalogna (1137). Nel 1354 fu istituita un'università.Nel centro storico dell'attuale H., sulla collina, possono ancora rintracciarsi, sia pure con difficoltà, il tracciato e le vestigia della città romana, concentrati per la maggior parte nel Barrio de la Catedral y de la Universidad (Inventario artístico de Huesca, 1980). Molto più evidente e riconoscibile è invece il tracciato della città araba, la cui intricata medina e i sobborghi conservarono il proprio carattere ben oltre la Reconquista e di cui resta vivo ancora oggi il ricordo grazie a numerosi toponimi (per es. la Puerta de la Alquibla, dall'arabo al-qibla). L'antica Grande moschea, consacrata cattedrale nel 1096, fu demolita solo nel 1273, quando venne avviata la costruzione della chiesa gotica (Crozet, 1962). Del resto, ancora in età tardomedievale H. rappresentava un esempio significativo di convivenza fra le diverse comunità di ebrei, arabi e cristiani. Oltre alla comunità mudéjar, extramuros si trovava quella ebraica, raccolta nel ghetto del Barrio nuevo, nella cui Calle mayor, o degli Argenteros, si concentravano le botteghe degli orafi (Naval Mas, 1984). Di H. era l'ebreo convertito Pedro Alfonso, un erudito astrologo che dal 1110 fu medico alla corte di Enrico I d'Inghilterra (Millás Vallicrosa, 1949).Consistenti resti dell'antica cinta muraria si sono conservati nella parte orientale: un tratto presenta caratteri assimilabili a quelli delle fortificazioni arabe di epoca califfale, con apparecchio murario a conci di pietra disposti perpendicolarmente e terminazione a denti di sega, con torri di diverse dimensioni (Inventario artístico de Huesca, 1980).La cattedrale gotica (1273-1500 ca.), nella parte alta, segue in pianta il tracciato quadrangolare dell'antica moschea. Tra i suoi tre portali d'accesso, particolarmente significativo per l'apparato scultoreo è quello al centro della facciata occidentale, dedicato alla Vergine e realizzato nel 1337. Adiacenti alla cattedrale si trovano i resti di un originario chiostro romanico (Canellas López, San Vicente, 1979; Inventario artístico de Huesca, 1980), un altro chiostro iniziato nel 1405 e il palazzo vescovile, risalente al 13° secolo. Nell'Arch. della cattedrale sono conservati importanti fondi documentari e codici dei secc. 11°-16°, tra i quali un sacramentario della metà del sec. 12° con un interessante calendario delle feste (5, cc. 166-168).Per quanto concerne l'architettura civile, possono essere ricordate le due stanze conservate all'interno dell'attuale complesso della Univ. Sertoriana, pertinenti all'antico palazzo reale e databili alla fine del sec. 12°: al livello inferiore, la c.d. sala della campana del re Ramiro II il Monaco (m. nel 1157) e, in quello superiore, la stanza detta di donna Petronila.Il monumento più significativo dell'età romanica è il monastero di San Pedro el Viejo, la cui chiesa attuale venne costruita, a partire dal 1117 ca., sul luogo di una ecclesia antiqua, presumibilmente mozarabica, donata dal re Pietro I a Frotard, abate di Saint-Pons-de-Thomières (Crozet, 1962; Canellas López, San Vicente, 1979). La sua pianta quadrata a tre navate, transetto e tre absidi ripete una tipologia diffusa nell'ambito dell'arte del Camino de Santiago, presente, per es., a Frómista, Jaca, Arlanza e nel San Isidro di León. Alla stessa epoca risalgono anche i timpani dei portali nord e sud dell'edificio, che presentano un tema decorativo molto diffuso nel Romanico aragonese, il chrismon: interpretato quale simbolo della marcia vittoriosa della cristianità verso S, esso troverebbe un precedente esempio scolpito sulla facciata occidentale della cattedrale di Jaca (Sené, 1966). Il substrato paleocristiano di entrambe le rappresentazioni di H. è reso evidente, in particolar modo, dalla presenza nella lunetta della porta settentrionale di due angeli che sostengono il chrismon, peraltro realizzati in forme di notevole virtuosismo (Yarza Luaces, 1979). Nella lunetta della porta meridionale, che comunica con il chiostro, la lettura è resa più controversa per la sovrapposizione a questo primo tema di quello dell'Epifania. Questa lunetta viene attribuita al Maestro del sarcofago di donna Sancia, artista nel quale Porter (1928) volle vedere le origini dello stile di Wiligelmo, ma per il quale attualmente si ipotizzano date più tarde, legate alle realizzazioni della scuola ispano-tolosana (de Francovich, 1940; Moralejo Alvarez, 1979; Simon, 1979).Il chiostro di San Pedro el Viejo appartiene alla serie di opere attribuite all'attività in Aragona del Maestro di San Juan de la Peña, per la quale sono state proposte diverse datazioni che vanno dal terzo quarto del sec. 12° (Crozet, 1968) fino all'inizio del 13° (Lacoste, 1973). Dato che sia nello stile sia nell'iconografia l'opera del Maestro si richiama a un ambito bizantineggiante simile a quello del Secondo Maestro di Silos (Ocón Alonso, 1990), sembra più plausibile un inquadramento della sua produzione nell'ultimo terzo del sec. 12° (Patton, 1994). A eccezione di quelli del braccio orientale, la maggior parte dei capitelli è oggi sostituita da copie: gli originali si conservano nel Mus. Arqueológico Prov. della città. Fra le cappelle annesse, l'unica che risale al periodo romanico è quella di San Bartolomé, antica sala capitolare del monastero, nella quale è conservato un sarcofago romano del sec. 3° riutilizzato come tomba del re Ramiro II il Monaco (Moralejo Alvarez, 1984); la fronte di quest'ultimo è decorata con una imago clipeata sorretta da geni, che ricorda lo schema utilizzato nei citati timpani dell'abbaziale (Canellas López, San Vicente, 1979; Hernández Vera, 1982).A parte i resti medievali conservati in diverse chiese - Santa Cruz, San Juan del Temple, San Juan de Jerusalén, Santa Lucía e San Miguel - e conventi - Santa Clara e San Francisco -, può essere ricordato ancora il santuario di Nuestra Señora de Salas, chiesa che conserva un'interessante facciata del primo terzo del sec. 13°, con un enorme rosone e un portale strombato con archivolti a decorazione geometrica, che ricorda quello della cattedrale vecchia di Lérida (Enríquez de Salamanca, 1987). Sull'altare maggiore si conservano due statue della Vergine: quella di Nuestra Señora de Salas, policroma, della fine del sec. 12°, ricordata nelle Cantigas de Santa María di Alfonso X il Saggio, e la Vergine de la Huerta, in legno ricoperto di argento, risalente al 14° secolo.Il Mus. Arqueológico Prov., oltre ai citati capitelli provenienti da San Pedro el Viejo, conserva reperti preistorici, pezzi romani e paleocristiani, e una serie di tavole d'epoca gotica. Nel Mus. Episcopal y Capitular de Arqueología Sagrada si trovano sculture dei secc. 12°-16°, pitture murali e tre cassette con smalti risalenti al sec. 13°, un retablo d'argento dorato del 1367, opera di Bartolomé Tutxó.
Bibl.: R. del Arco, La escultura románica en el claustro de San Pedro el Viejo, Arte aragonés 8, 1914, pp. 7-25; G. García Ciprés, San Pedro el Viejo, monumento nacional, Linajes de Aragón 7, 1916, pp. 337-372; R. del Arco, Restos de la basílica visigótica oscense, Boletín de la Real Academia de la historia 84, 1924, pp. 357-360; L. Torres Balbás, La escultura románica aragonesa y el crismón de los timpanos de las iglesias de la región pirenaica, AEA 2, 1926, pp. 287-291; A.K. Porter, Spanish Romanesque Sculpture, 2 voll., Firenze 1928; G. de Francovich, Wiligelmo da Modena e gli inizi della scultura romanica in Francia e in Spagna, RINASA 7, 1940, pp. 225-294; R. del Arco, Huesca, in Catálogo monumental de España, VII, Madrid 1942; id., La tumba romana del rey de Aragón Ramiro II, Universidad 22, 1945, pp. 631-647; id., El santuario de Nuestra Señora de Salas, AEA 19, 1946, pp. 110-130; F. Balaguer, Un monasterio medieval: San Pedro el Viejo (Huesca), Huesca 1946; J.M. Millás Vallicrosa, Estudios sobre la historia de la ciencia española, Barcelona 1949; A. del Arco, La mezquita mayor y catedral de Huesca, Argensola 8, 1951, pp. 35-42; F. Balaguer, Nuevos datos sobre las capillas del claustro de San Pedro el Viejo, ivi, 15, 1958, pp. 317-328; R. Crozet, L'art roman en Navarre et en Aragon. Conditions historiques, CahCM 5, 1962, pp. 35-61; A. Sené, Quelques remarques sur les tympans romans à chrisme en Aragon et Navarre, in Mélanges offerts à René Crozet, Poitiers 1966, I, pp. 365-381; R. Crozet, Recherches sur la sculpture romane en Navarre et en Aragon. VII. Sur les traces d'un sculpteur, CahCM 11, 1968, pp. 41-57; J. Lacoste, La sculpture à Silos autour de 1200, BMon 131, 1973, pp. 101-128; J. Janini, El calendario de Huesca en el siglo XII, Hispania sacra 29, 1976, pp. 429-439; A. Canellas López, A. San Vicente, Aragón, Madrid 1979; S. Moralejo Alvarez, La sculpture romane de la cathédrale de Jaca. Etat des questions, Les Cahiers de Saint-Michel de Cuxa 10, 1979, pp. 79-106; D.L. Simon, Le sarcophage de Doña Sancha a Jaca, ivi, pp. 107-124; J. Yarza Luaces, Arte y arquitectura en España (500/1250), Madrid 1979 (19872); Inventario artístico de Huesca y su provincia, I, Partido judicial de Huesca (Ciudad de Huesca, Aguas-Ayerbe), a cura di A. Naval Mas, J. Naval Mas, Madrid 1980; J.A. Hernández Vera, El sarcófago de Ramiro II el Monje, documento de las religiones mistéricas en España (¿Dionisismo? en Hispania), in La religión romana en España, "Simposio organizado por el Instituto de Arqueología ''Rodrigo Caro'' del C.S.I.C., Madrid 1979", Madrid 1982, pp. 353-361; S. Moralejo Alvarez, La reutilización e influencia de los sarcófagos antiquos en la España medieval, "Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, Pisa 1982", a cura di S. Andreae, S. Settis, Marburg a. d. L. 1984, pp. 187-203; A. Naval Mas, Marcas de platero altoaragoneses, in Tipologías, talleres y punzones de la orfebrería española, "Actas del IV Congreso nacional de historia del arte, Zaragoza 1982", Zaragoza 1984, pp. 251-261; C. Enríquez de Salamanca, Rutas del románico en la provincia de Huesca, Madrid 1987; D. Ocón Alonso, Los ecos del último taller de Silos en el románico navarro-aragonés y la influencia bizantina en la escultura española en torno al año 1200, in El Románico en Silos. IX Centenario de la consagración de la iglesia y el claustro 1088-1988, "Actas del Symposium internacional, Burgos-Silos 1990", Abadía de Silos 1990, pp. 501-510; J. Lacoste, La escultura románica en Aragón en el siglo XII, in Signos. Arte y cultura en el Alto Aragón medieval, cat., Huesca 1993, pp. 111-135; P.A. Patton, The Cloister of San Juan de la Peña and the Monumental Sculpture in Aragon and Navarre, Boston Univ. 1994.M.A. Castiñeiras González