HUMBOLDT, (Karl) Wilhelm, barone von
Nacque a Potsdam il 22 giugno 1767 da Alexander Georg, maggiore dell'esercito prussiano, che morì nel 1779, e Marie nata von Colomb vedova von Holvede. Educato accuratamente col fratello Alexander (v.) a Tegel presso Berlino, si accostò dapprima all'illuminismo berlinese attraverso J. J. Engel che lo iniziò nella filosofia wolfiana e influì sulla sua prima pubblicazione (Sokrates u. Plato iiber die Gottheit, über die Vorsehung und Unsterblickeit, Berlino 1787). Sulla sua vita sentimentale influirono alcune dame, soprattutto ebree, frequentando i cui salotti egli s'iscrisse nel Tugendbund di Henriette Herz, fra i cui componenti vigeva un atteggiamento amoroso, esaltazione intellettualistica del sentimento. Passato a studiare legge a Francoforte s. O. e Gottinga (1788), H. conobbe successivamente il filologo Ch. G. Heyne, sua figlia Therese Forster (v. huber, th. ), l'esploratore Georg Forster, e F. H. Jacobi, che lo staccarono sempre più dall'illuminismo. Un viaggio a Parigi, intrapreso nel luglio 1789 con il suo ex-precettore J. H. v. Campe entusiasta della Rivoluzione, lo lasciò freddo rispetto al fenomeno collettivo. Conobbe poi a Zurigo J. K. Lavater, di cui lo interessava la dottrina fisionomica. Fidanzatosi il 17 dicembre 1789 a Erfurt con Caroline (Lina, Li) v. Dacheröden, conosciuta l'anno prima per tramite del Tugendbund, e che gli fu occasione alla conoscenza di Schiller, H. prese servizio come referendario al Kammergericht di Berlino; ma si congedò presto, per dedicarsi esclusivamente alla sua formazione spirituale, secondo l'ideale dell'"umanità" (Humanität), inteso come sviluppo e armonia di tutte le doti dell'animo. In quegli anni (1788-90) scrisse lo studio über Religion. Dopo il matrimonio (29 giugno 1791) dimorò nel podere di Burgörner, studiando Platone e Kant ed elaborando i pensieri suggeriti dalla Rivoluzione. Così da una lettera dell'agosto 1791 si sviluppò il lavoro: Ideen zu einem Versuch, die Grenzen der Wirksamkeit des Staats zu bestimmen (maggio 1792), che, salvo alcune parti, restò inedito fino al 1851.
Rivolgendosi, più che contro lo stato prussiano, contro l'ideale giuseppino di governo, caro a K. v. Dalberg, amico della famiglia Dacheroden, e contro l'artificialità razionalista del citoyen, H. richiede che lo stato si limiti a garantire, con la sicurezza, il libero sviluppo dell'individualità. Egli non può identificare lo stato con la nazione: pensando alla Germania e alla Grecia, vuole che si formi spontaneamente la nazione come società complessa e che si sostituisca fin dove è possibile alla legge il libero accordo dei piccoli gruppi, ai quali egli estende il concetto d'individualità, superando così l'isolamento dell'individuo-atomo.
Per esortazione di F. A. Wolf, il cui influsso data dal 1792, H. volle caratterizzare lo studio dell'antichità classica, come studio per eccellenza dell'umanità. Ne nacque un abbozzo: Über das Studium des Altertums u. d. griechischen insbesondere, comunicato solo agli amici. Wolf ne accolse una parte, nella sua Darstellung der Altertumswissenschaft.
Visitato Schiller a Jena, conosciuto Körner a Dresda, fu richiamato da questi incontri a meditazioni estetiche. A Jena, dove si trasferì nel 1794, visse in feconda intimità spirituale con Schiller.
In questo periodo H. compilò per le Horen gli articoli Über den Geschlechtsunterschied e Über mannliche u. weibliche Form, nei quali, con reminiscenze fisionomiche e schilleriane, parallelizza la generazione fisica a quella del genio e ricerca l'ideale della bellezza.
Nel 1795, a causa della salute di sua madre, si trasferì a Tegel, iniziando una corrispondenza con Schiller, notevole per i giudizî sulle poesie di questo. In un nuovo soggiorno a Jena crebbero d'importanza i rapporti con Goethe, venuto a Jena per qualche tempo nel 1796. Qui maturò in H. il progetto di un confronto fra l'ideale dell'umanità e la realtà fenomenica (storica) di essa (Das I8. Jahrhundert, saggio scritto nel 1796-97). Dopo la morte della madre (novembre 1796) soggiornò a Dresda e a Vienna, donde si recò a Parigi, sulla fine del 1797.
Qui compie, nell'inverno 1797-98, il saggio sull'Arminio e Dorotea (Über Gøthes Hermann u. Dorothea, Brunswick 1799), in cui svolge la sua teoria estetica su base kantiana e schilleriana.
L'arte è definita come la facoltà di render produttiva l'immaginazione secondo leggi, con influenza del concetto kantiano del gusto e del genio, e della definizione dell'arte, data da Schiller nella recensione di Fr. v. Matthisson. L'arte idealizza la natura, trasformando la realtà in immagine ideale, sopprimendo gli elementi casuali, costituendo con gli altri un tutto organico, unità non del concetto, ma della forma, cioè un individuo, dotato non solo dell'idealità, ma della totalità: per cui da un punto, nel modo proprio di quel punto, si prospetta tutta la vita e tutto l'uomo.
Un viaggio in Spagna (estate 1799-primavera 1800) gli diede le prime impressioni elementari dei caratteri etnici, delle antichità e della natura (Cantabrica; Über den Montserrat; Über das griech. Theater in Sagunt); ma soprattutto lo rivolse all'interesse linguistico con lo studio del basco, che lo indusse a un secondo viaggio dall'aprile al giugno 1801. In quell'anno si stabilì a Tegel.
Inviato a Roma come residente prussiano (25 novembre 1802) si dedicò soprattutto a formarsi in quella immediatezza di contatto con il mondo antico, il cui effetto rasserenante, descritto mirabilmente in una lettera da Marino a Goethe (23 agosto 1804), si manifestò anche nei primi grandi dolori: soprattutto la morte del figlio maggiore, Guglielmo (sepolto, con un altro figlio, morto più tardi, nel cimitero dei protestanti di Roma), e la morte di Schiller.
Il fascino del luogo gl'ispirò il poemetto Roma (1806) dedicato a Caroline v. Wolzogen (nata v. Lengefeld), e lo spinse a ricercare le differenze fra il genio greco e romano. Ne risultò un frammento, Hellas u. Rom (I806), svolto solo nella. parte riguardante la Grecia. Certo, per la prima volta, H. aveva avuto un sentimento più profondo del genio romano; ma l'orientamento verso i Greci, condizionato da tutto l'ambiente filosofico-estetico tedesco, era troppo saldo; e Roma piuttosto gli si configurava, con un riflesso del pensiero espostogli da Schiller nell'ultimo colloquio (1802), sempre più nella sua funzione storica (ma genericamente intesa) di centro universale, dove gli pareva di cogliere il gravitare del destino umano e la continuità della cultura antica e moderna. Seguì il frammento Geschichte d. Verfalls u. Unterganges d. griech. Freistaaten, in cui è notevole il ritorno dell'interesse per lo stato. Intanto H. continuava le traduzioni di Pindaro e dell'Agamennone; e dedicò (1808) al fratello la poesia d'ispirazione cosmica An Alexander.
Alla fine del 1808 H., lasciata Roma, fu invitato a dirigere la sezione del culto e dell'istruzione nel Ministero dell'interno. Ricevuta la nomina il 20 febbraio 1809, H., lasciando mano libera per il culto a G. H. Nicolovius, esplicò per l'istruzione un'attività molteplice e realizzò il disegno di fondare l'università di Berlino dove chiamò Wolf, Schleiermacher, Fichte, Savigny, J. Chr. Reil, ecc. (Per il suo concetto dell'istruzione superiore, v. il memoriale Über die innere u. äussere Organisation d. höh. wiss. Anstalten in Berlin).
Trovandosi a poco a poco in disaccordo con i ministri F. F. A. v. Dohna e K. Altenstein, H. il 29 aprile 1810 presentò domanda di congedo. Il nuovo cancelliere K. A. v. Hardenberg gli affidò la legazione di Vienna, per dove H. partì nel settembre, mentre si stava per inaugurare (10 ottobre 1810) l'università.
A Vienna, dove lo raggiunse la famiglia dall'Italia, H., pur riprendendo le letture classiche, l'Agamennone, il basco (sul quale scrisse un articolo per il Mithridates di J. Chr. Amelung e J. S. Vater), e le lingue nordamericane, condusse una vita meno ritirata che a Roma, conquistandosi, con i rapporti politici, la fiducia di Hardenberg. Nella vita interiore, dal contrasto fra la tendenza teoretica e l'ambizione nacque un compromesso per cui, senza voler trascurare la trattazione degli affari, ma considerandola come attività subordinata, vi applicava un impegno freddo, con interesse più logico che affettivo. Una forte passione invece rivelano le lettere a Johanna Motherby, conosciuta a Königsberg, che gli preferì- E. M. Arndt.
Rappresentò la Prussia al congresso di Praga, e, dopo aver seguito il quartier generale, di nuovo al congresso di Châtillon (febbraio e marzo 1814), poi con Hardenberg a Parigi (aprile). Insieme con Hardenberg fu quindi al congresso di Vienna (1814-15).
Impedito dalla posizione subordinata, non poté far trionfare i suoi progetti per la costituzione germanica, della quale si era già occupato nel 1813 con H. J. K. v. Stein (cfr. Denkschrift üb. d. deutsche Verfassung, dicembre 1813; e memoriali varî, 1814). Durante il congresso iniziò la famosa corrispondenza con Charlotte Diede, conosciuta fuggevolmente a Gottinga e rivoltasi a lui per aiuto.
Di nuovo a Parigi con Hardenberg, sostenne il punto di vista antifrancese (Mémoire devant servir de réfutation à celui du Comte de Capo d'Istria); e s'interessò molto per la restituzione delle opere d'arte, specialmente romane. Delegato nella commissione territoriale di Francoforte s. M. e nel Bundestag, trovò modo di compiere la versione dell'Agamennone (Lipsia 1816).
A Berlino, nel nuovo Consiglio di stato, presiedette nel 1817 la commissione delle imposte; e ribadì in un memoriale le sue idee, poco accette a Hardenberg, contro la posizione troppo elevata del cancelliere, che egli vuole ridotto a presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio di stato, accrescendo invece la responsabilità dei ministri di fronte al re.
Alla diffidenza di Hardenberg è dovuta la legazione di Londra allora poco importante (ottobre 1817-ottobre 1818). Riuscito finalmente a tornare, riprese, in un nuovo soggiorno a Francoforte s. M. le conversazioni con Stein sulla costituzione prussiana (Denkschrift über Preussens ständische Verfassung).
Seguendo il costituzionalismo storico H. vuole che al governo collaborino gli stati generali del paese e quelli provinciali (Landstände, Provinzialstände) organizzati per gradi di competenza, come controllo e aiuto, ma soprattutto come contrappeso civico e decentralizzatore dell'amministrazione burocratica centrale, che deve restare unitaria.
Le sue riserve alla nomina a ministro circa le questioni degli stati e circa l'amministrazione provinciale e comunale, irritarono Hardenberg e il re che gl'impose di accettare senza condizioni o dimettersi dal suo servizio. Assunta la carica (12 agosto 1819) perdette ogni illusione di poter contribuire a una costituzione, per l'influenza di Metternich, predominante dopo l'assassinio di Kotzebue. Ora H., in opposizione sempre più aperta al cancelliere, indusse tutto il ministero a pronunziarsi contro la preminenza del cancellierato; e con i colleghi H. v. Boyen e K. F. v. Beyme presentò al re una memoria contro i decreti reazionarî di Karlsbad, resi esecutivi in Prussia. Alla fine il cancelliere ottenne dal re il congedo di H. (31 dicembre 1819) dal ministero e dal Consiglio di stato.
Da allora H. si dedicò agli studî nella quiete di Tegel.
Un punto di vista etnografico-storico apparisce ancora nella Prüfung d. Untersuchungen über d. Urbewohner Hispaniens vermittels d. Vaskischen Sprache (1821), mentre, nelle relazioni per l'Accademia delle scienze il suo concetto della storia s'incontra con quello dello sviluppo linguistico: Über d. vergleichende Sprachstudium in Bezug auf d. verschiedenen Epochen der Sprachentwicklung (1820); l'acuta sintesi Über die Aufgabe des Geschichtschreibers (1821); e Über d. Entstehen d. gramm. Formen u. deren Einfluss auf d. Ideen (1822). In quell'anno compì il poemetto Die Griechensklavin. Le letture sanscrite del 1823 lo attrassero all'antichità indiana e a quell'unione di filosofia e poesia (Über die unter d. Namen Bhagavad-Gîta bekannte Episode d. Maha-Bharata, 1825-26). Inoltre la scoperta di Champollion lo trasse allo studio della scrittura; e l'esigenza di rivedere il proprio giudizio sulle lingue amorfe, al cinese (Über d. phonet. Hieroglyphen, Über d. Buchstabenschrift u. ihren Zusammenhang mit d. Sprachbau, 1824; lettera ad Abel Rémusat Sur la nature des formes gramm. en général, et sur le génie de la langue chinoise en particulier, 1826). Nel 1827 scrisse Über den Dualis. Da quell'anno, predominò l'interesse per le lingue malesi, manifestatosi già nel 1825.
La vita ritirata e solitaria si accentuò dopo la morte della moglie (26 marzo 1829). Ma preposto (1829) alla commissione per il nuovo museo di Berlino fu poi (1830) richiamato al Consiglio di stato. In quell'anno H., seguendo (meno liberalmente) l'esempio di Goethe pubblicò la corrispondenza con Schiller; e le premise una Vorerinnerung, che è una delle più belle caratterizzazioni dell'ingegno di lui. Seguì una caratteristica di Goethe, pure felicissima nella recensione della seconda parte del Viaggio in Italia. Intanto, a coronamento del suo studio linguistico infaticabile, iniziò (1830) la sua opera fondamentale che rimase incompiuta: Über die Kawisprache auf der Insel Java (pubbl. postuma nel 1836-40 da J. K. E. Buschmann), con l'introduzione famosa: Über die Verschiedenheit des menschlichen Sprachbaues und ihren Einfluss auf die geistige Entwicklung des Menschengeschlechts.
Il dualismo fra connessione necessaria causale e libera iniziativa del genio individuale, domina, come nello sviluppo storico, anche nella formazione della lingua. La quale è creazione spontanea della forza spirituale umana operante nei singoli, ma differenziata, cioè limitata nella sua libertà originaria dalla particolarità del gruppo nazionale comprendente i singoli e la loro cooperazione (e a sua volta atto a operare come individualità). Il linguaggio, non ergon ma energeia, non è costituito dei suoi elementi analitici, ma dal lavoro sempre rinnovato dello spirito, in quanto rende idoneo il suono articolato a esprimere il pensiero, con l'identità di evocazione, suscitante in chi parla e in chi ascolta lo stesso processo; e la parola, lungi dall'essere un puro segno, coopera alla formazione del concetto come individuo del mondo del pensiero. Il lavoro di sintesi fra suono e pensiero, procedendo per ogni nazione da punti e in sensi diversi, ha in ognuna di esse una determinazione dinamica, costituente, in quanto pensiero, la forma interna, che a sua volta determina la forma fonetica esterna. Nell'atto di sintesi fondamentale il concetto non solo è determinato con note fenomeniche, cioè nel senso lessicale della sua parola, ma riceve pure una determinazione formale che lo include in una certa categoria di pensiero, come sostanza, qualità, attività, ecc., corrispondente alla sua funzione nel discorso. Questo elemento formale, che costituisce propriamente il linguaggio, è variabile da implicito a esplicito: dall'estremo del cinese, attraverso le lingue agglutinanti, alle lingue flessive. Il medesimo elemento può investire immediatamente l'unità della frase, esprimendola come una parola complessa comprendente le altre come parti (lingue incorporanti: messicano).
Un'ulteriore determinazione deriva dal momento storico. In una prima fase la nazione crea la lingua; in una seconda, predomina l'uso, nel discorso del popolo, dei poeti, dei grammatici: dove la scelta del pensiero da esprimere rispetto a quello sottinteso, cioè l'economia del discorso, costituisce il carattere di una lingua, che si rivela sia influendo sulla forma propriamente detta, sia nel criterio di preferenza dei mezzi tecnici, nelle espressioni figurate, nella connessione del discorso in prosa o poesia. Questa afferra il fenomeno sensibile ed elaborandolo con l'immaginazione lo fa bastare a sé stesso, prescindendo dalla categoria dell'esistenza; chiusa nella sua cerchia, respinge o assimila ciò che si presenta. Quella è orientata verso il rapporto esistenziale e la concatenazione dei fatti e dei concetti, tendendo a una connessione oggettiva, che ha un'euritmia logica propria. Ciascuna emana direttamente dal fondo spirituale cui è adatta, nei gradi di sviluppo d'un popolo: quindi non si può dire che la prosa nasca dalla poesia, neppure dove storicamente sembra così. Nel periodo dell'uso lo sviluppo formale continua insensibilmente, come perfezionamento o semplificazione; e finalmente la stasi può risolversi in decadenza, donde nuovi sviluppi, subordinati alla vitalità di un ceppo linguistico: che dipende proprio dalla forza dell'atto formale originario di sintesi. E H. ne approfondisce l'esame nel verbo, nel pronome relativo, nella congiunzione, analizzando i varî tipi linguistici.
In questa poderosa unità organica si fondono ispirazioni parziali, derivanti p. es. dagli Schlegel. È notevole che in molti casi basta, in un passo schematizzare l'insieme e tradurlo in termini più ortodossi, per trovarsi con Schelling e, in parte, con Hegel, come si vede nel primo sistema di A. Schleicher. Statuendo allora come triade dialettica le lingue isolanti, agglutinanti, flessive (dove H. vede due estremi e la transizione ideale), le prime sono l'unità indifferenziata, le seconde il differenziarsi, le ultime la sintesi del significato e del riferimento. E le due fasi, della formazione e dell'uso riferite alla preistoria e alla storia, possono dirsi l'attività inconscia (come altro, come natura) e conscia dello spirito nazionale (il che è detto, meno schematicamente, già da H.). In generale, il pensiero di H., pur rimanendo radicato a Kant, subì, dal 1804, l'influenza del romanticismo attraverso Schelling; ma gli spunti nuovi tendono a inquadrarsi nei motivi affini preesistenti (conciliazione fra opposti; teorie fisionomiche) e in parte ravvivano, quasi per maturazione tardiva, idee apprese in gioventù da Herder.
Nel rinnovamento della sua concezione generale storica ed estetica, H. riguarda ormai quasi misticamente nel fenomeno l'idea che in esso si manifesta, che sottostà agli avvenimenti come fato e provvidenza e alle cose sensibili come bellezza.
L'arte (e come ideale realizzato, l'arte greca) ha sempre come strumento l'immaginazione, ma questa deve riprodurre, del suo oggetto, tale forma interiore, ideale, in un modo più puro di come questa riesca a esprimersi nella realtà: idea animatrice, divenuta ormai per H. un'entità metafisica e cosmologica, primo riflesso afferrabile di una forza primigenia universale, religiosamente sentita. E di nuovo è Goethe il modello sublime che rivela, nella sua doppia tendenza, all'arte e all'indagine naturale, l'impulso unico del genio verso la forma interiore delle cose. Oltre che nei lavori citati, le nuove opinioni estetiche sono espresse nelle relazioni annuali redatte da H. come presidente del Verein der Kunstfreunde, di cui era stato tra i fondatori nel 1825.
Finalmente, l'eco delle impressioni nuove e antiche si manifestò nella produzione copiosissima di sonetti, dal 1831 alla fine, tenuti gelosamente nascosti; mentre il riordinamento della corrispondenza con Li gli dava il conforto di rivivere nei ricordi più cari, finché sopraggiunse la morte l'8 aprile 1835.
Il valore di H. è soprattutto nello sviluppo armonioso della personalità, secondo l'ideale di "formazione umana" perseguito fin dalla giovinezza. Le sue idee politiche, estetiche, filosofiche gravitano attorno a questo centro che non è un postulato astratto, ma una forma personale di vita. L'equilibrio dei suoi atteggiamenti e il limite della loro possibilità di espressione in pratica e in teoria risultano determinati da questo principio spontaneo d'ordine del suo spirito; nello stesso tempo, la limitazione si risolve in una ricchezza di riferimenti, dove si fa luce l'intuizione e la prospettiva geniale.
Opere: W. v. H.s gesammelte Werke, a cura di C. Brandes, Berlino 1841, voll. 7 (nel I, lettere a Forster, nel V a Wolf); W. v. H.s ges. Schriften (Preuss. Ak. d. Wiss.), Berlino 1903 segg. (voll. I-IX e XIII, opere; XIV, XV, diarî [A. Leitzmann]; X-XII scritti politici [B. Gebhardt]); W. u. Carol. v. H. in ihren Briefen (A. v. Sydow), voll. 7, Berlino 1906 segg.; W. v. H.s Briefe an eine Freundin (Ch. Diede) (Leitzmann), voll. 2, Lipsia 1909; (Huhnhäuser), Berlino 1921; Briefwechsel zw. Schiller u. W. v. H. (Leitzmann), Berlino 1900; Neue Briefe W. v. H.s an Schiller (C. Ebrard), Berlino 1911; Goethes Briefw. mit W. u. A. v. H. (L. Geiger), Berlino 1909. (Per altre lettere edite e inedite, e per una bibliografia più estesa, v. sotto: S. A. Kaehler).
Bibl.: K. A. Varnhagen v. Ense, Denkwürdigkeiten, ecc., V, Mannheim 1843; G. Schlesier, Erinnerungen an W. v. H., I, Stoccarda 1843; II, 1845; R. Haym, W. v. H. Lebensbild u. Charakteristik, Berlino 1850 (è sempre la biografia fondamentale); A. Dove, Die Forsters und die Humboldts, Lipsia 1881; O. v. Harnack, W. v. H., Berlino 1913; E. Spranger, W. v. H. u. die Humanitätsidee, Berlino 1928 (studia tutta l'evoluzione spirituale di H.); A. Farinelli, Guillaume de H. et l'Espagne, Torino 1924; A. Harnack, Leibniz u. W. v. H. in Preuss. Jhb., CXL (1910); R. Fester, H.s. u. Rankes Ideenlehre, in Deutsche Zeitschr. f. Geschichtswiss., VI; F. Giesse, W. v. H., in Neudrucke zur Psychologie, I, Langensalza 1917; O. Kittel, W. v. H.s geschichtl. Weltanschauung im Lichte der klass. Subjektivismus, Lipsia 1901; R. Leroux, G. de H.: La formation de sa pensée jusqu'en 1794, Parigi-Strasburgo 1932; B. Gebhardt, W. v. H. als Staatsmann, Stoccarda I, 1896; II, 1899 (fondamentale); M. Lenz, Geschichte der k. Fr. Wilh. Universität zu Berlin, I, Halle a. d. Saale 1910; E. Spranger, W. v. H. u. die Reform des Bildungswesens, Berlino 1910; S. A. Kaehler, W. v. H. u. der Staat, Monaco e Berlino 1926 (studio sull'atteggiamento interiore di H. verso lo stato); Benfey, Gesch. d. Sprachw. in Deutschland, Monaco 1869; A. F. Pott, W. v. H. u. die Sprachwiss., Berlino 1876; H. Steinthal, Die sprachphil. Werke W. v. H.s, Berlino 1884; B. Delbrück, Einleitung in d. Studium d. indog. Sprachen, Lipsia 1908, pp. 41-55; E. Cassirer, Phil. d. symbolischen Formen, I: Die Sprache, Berlino 1923; E. Fiesel, Die Spracphil. d. deutschen Romantik, Tubinga 1927; B. Croce, Estetica, 6a ed., Bari 1928.