I contratti di solidarietà
La riforma degli ammortizzatori sociali attuata con il d.lgs. 14.9.2015, n. 148 ha investito anche la disciplina dei contratti di solidarietà. La nuova normativa, abrogando la precedente regolamentazione, ha “ristrutturato” tali contratti sostanzialmente in tre mosse: a) armonizzando la disciplina dei contratti di solidarietà difensivi cd. di tipo A con quella della cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS); b) abrogando la disciplina dei contratti di solidarietà difensivi cd. di tipo B; c) novellando la disciplina dei contratti di solidarietà espansivi.
I contratti di solidarietà, nati come prassi solidaristica all’interno delle aziende al fine di evitare il licenziamento, hanno trovato una prima regolamentazione legislativa con il d.l. 30.10.1984, n. 726, conv. dalla l. 19.12.1984, n. 863, che li ha regolati in maniera particolare rispetto agli altri ammortizzatori.
Nelle previsioni di tale normativa (art. 1), il contratto di solidarietà si sostanziava nella concessione di una integrazione salariale a favore dei lavoratori dipendenti (esclusi dirigenti, apprendisti e lavoratori a domicilio) di aziende, aventi più di 15 dipendenti nel semestre precedente la presentazione dell’istanza di integrazione salariale e rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS), le quali avessero stipulato contratti collettivi aziendali con la previsione di una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare i licenziamenti o dichiarazioni di esubero (cd. contratti di solidarietà difensivi di tipo A).
La stessa legge (art. 2) prevedeva, altresì, la possibilità di stipulare contratti di solidarietà volti a favorire l’incremento degli organici mediante la riduzione stabile dell’orario di lavoro, con conseguente riduzione della retribuzione e contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, con richiesta nominativa (cd. contratti di solidarietà espansivi).
Successivamente, con il d.l. 20.5.1993, n. 148, conv. dalla l. 19.7.1993, n. 236, la possibilità di stipulare contratti di solidarietà volti ad evitare o ridurre le eccedenze di personale veniva estesa anche alle aziende non rientranti nel campo di applicazione della CIGS, inizialmente fino al 31.12.1993, termine prorogato – con diverse e successive disposizioni – fino al 31.12.2015 (cd. contratti di solidarietà difensivi di tipo B).
In sede di riforma degli ammortizzatori sociali, con specifico riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro e, tra l’altro, ai contratti di solidarietà, è stato emanato il d.lgs. 14.9.2015, n. 148 che, in attuazione della l. delega 10.12.2014, n. 183, all’art. 1, co. 2, ha modificato in maniera sostanziale la disciplina di ambedue le tipologie di contratti di solidarietà.
Con il d.lgs. n. 148/2015, i contratti di solidarietà sono congegnati come “causale” di sospensione/riduzione dell’attività lavorativa legittimante l’accesso alla CIGS (art. 21, co. 1, lett. c) e sono introdotti dall’impresa, a seguito di contrattazione con i sindacati comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali/unitarie, al fine di evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale.
La nuova normativa conseguentemente “contamina” maggiormente la disciplina dei contratti di solidarietà con quella del trattamento straordinario di integrazione salariale, senza far venire meno ipotesi particolare nel caso in cui il trattamento di integrazione salariale abbia alla base un contratto di solidarietà.
L’art. 1, co. 5, d.lgs. n. 148/2015 stabilisce che il contratto di solidarietà è stipulato dall’impresa attraverso contratti collettivi aziendali ai sensi dell’art. 51 d.lgs. 15.6.2015, n. 81, che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego.
Come chiarito dal d.m. 13.1.2016, n. 94033, l’esubero di personale, in relazione al quale viene sottoscritto tra le parti il contratto di solidarietà, deve essere quantificato e motivato nel contratto stesso (art. 4).
I contratti di solidarietà riguardano le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS (art. 20 d.lgs. n. 148/2015).
Con riferimento ai lavoratori, sono destinatari del trattamento di integrazione salariale i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato, compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante1, esclusi i dirigenti ed i lavoratori a domicilio, a condizione che posseggano, presso l’unità produttiva per cui è chiesto il trattamento, un’anzianità di effettivo lavoro di almeno 90 giorni dalla data di presentazione della relativa domanda di concessione (artt. 1 e 2 d.lgs. n. 148/2015).
Con circ. del 2.12.2015, n. 197, l’Inps ha chiarito che il riferimento all’ «anzianità di effettivo lavoro» implica che si debba fare riferimento alle giornate di effettiva presenza al lavoro a prescindere dalla loro durata oraria. In analogia con quanto disposto dall’art. 16, co. 1, l. 23.7.1991, n. 223, sono compresi al suddetto fine i periodi di sospensione dal lavoro derivanti da ferie, festività e infortuni e, in applicazione degli indirizzi emersi dalla giurisprudenza2, anche i periodi di maternità obbligatoria.
Il d.m. n. 94033/2016, inoltre, ha chiarito che il contratto di solidarietà non si applica nei casi di fine lavoro e fine fase lavorativa nei cantieri edili. Nel caso di imprese rientranti nel settore edile, devono essere indicati nel suddetto contratto i nominativi dei lavoratori inseriti nella struttura permanente, distinguendo detti lavoratori da quelli inseriti nella struttura di fine lavoro e fine fase lavorativa.
Inoltre, il ricorso al contratto di solidarietà non è ammesso per i rapporti di lavoro a tempo determinato, instaurati al fine di soddisfare le esigenze di attività produttive soggette a fenomeni di natura stagionale.
Il secondo periodo dell’art. 21, co. 5, conferma che la riduzione media oraria non può essere superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà.
Un elemento di novità rispetto al passato è costituito dall’introduzione di un ulteriore limite, individuale, per cui, per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70% nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.
Eventuali modifiche in aumento dell’orario ridotto devono essere previste nei contratti collettivi con cui si dà vita ai contratti di solidarietà.
In tutti i casi in cui, invece, la deroga comporti una maggiore riduzione di orario è necessario stipulare un nuovo contratto di solidarietà (art. 4 d.m. n. 94033/2016).
Per i dipendenti con rapporto di lavoro parttime, è ammissibile l’applicazione dell’ulteriore riduzione di orario, qualora sia dimostrato il carattere strutturale del part-time nella preesistente organizzazione del lavoro.
La misura dell’integrazione salariale derivante dal contratto di solidarietà è, a seguito dell’armonizzazione prevista dalla nuova normativa, quella prevista in generale dall’art. 3 d.lgs. n. 148/2015 ed è determinata nella misura dell’80% della retribuzione globale di fatto che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese tra le zero ore ed il limite dell’orario contrattuale.
Rinviandosi al citato art. 3 per la specifica disciplina del trattamento di integrazione salariale, preme evidenziare che la previsione dei contratti di solidarietà come causale del ricorso alla cassa integrazione, con la conseguente unificazione della disciplina relativa al trattamento di integrazione salariale, ha portato essenzialmente a due novità rispetto alla disciplina previgente3:
a) estensione della disciplina relativa al massimale mensile di integrazione salariale anche ai contratti di solidarietà;
b) applicazione anche ai contratti di solidarietà del contributo addizionale obbligatorio a carico delle imprese che vengono ammesse al trattamento di integrazione salariale, connesso all’effettivo utilizzo del trattamento, in misura diversa rispetto a quella prevista dalla normativa previgente, e che trova applicazione limitatamente ai trattamenti
di integrazione salariale per i quali vieni presentata istanza a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 148/20154.
Il Ministero del lavoro, con la circ. 24.5.2015, n. 24, ha individuato i casi in cui il contributo addizionale non trova applicazione.
I periodi di riduzione dell’orario per i quali è ammessa l’integrazione salariale danno diritto all’accredito della contribuzione figurativa e sono riconosciuti utili per il conseguimento del diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia e per la relativa misura. Per tali periodi la contribuzione figurativa si calcola sulla base della retribuzione globale cui si riferisce l’integrazione aziendale (art. 6 d.lgs. n. 148/2015).
Ai fini dell’individuazione della retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo del trattamento di integrazione salariale, l’art. 21, co. 5, d.lgs. n. 148/2015 stabilisce che il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula del contratto di solidarietà.
Il trattamento di integrazione salariale è, inoltre, ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.
Le quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto (TFR), relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione di orario, sono a carico della gestione di afferenza, ad eccezione di quelle relative ai lavoratori licenziati per motivo oggettivo o nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo: entro 90 giorni dal termine di fruizione del trattamento di integrazione salariale ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento di integrazione salariale concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente.
La durata massima complessiva del trattamento straordinario di integrazione salariale è di 24 mesi in un quinquennio mobile (art. 4, co. 1, d.lgs. n. 148/2015).
Ai fini del rispetto della durata massima complessiva dei 24 mesi nel quinquennio mobile, il trattamento di integrazione salariale per la causale “contratto di solidarietà” viene computato per metà della sua durata per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente (art. 22, co. 5, d.lgs. n. 148/2015), fino ad un massimo di 36 mesi, anche non continuativi (art. 22, co. 3, d.lgs. n. 148/2015).
Il Ministero del lavoro, con circ. n. 24/2015, ha chiarito la disposizione, mediante alcune esemplificazioni.
Tale modalità di computo non si applica alle: imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini; imprese industriali esercenti attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione. Imprese per le quali è già prevista una disciplina di favore nell’art. 4, co. 2, d.lgs. n. 148/2015, ai sensi del quale, per ciascuna unità produttiva, la durata massima complessiva del trattamento straordinario di integrazione salariale è elevata a 30 mesi nel quinquennio mobile.
L’art. 44, co. 2, d.lgs. n. 148/2015 stabilisce, poi, che, ai fini del computo delle durate massime complessive indicate (24 o 30), i trattamenti richiesti prima dell’entrata in vigore dello stesso decreto legislativo si computano per la sola parte del periodo autorizzato, successivo a tale data.
I periodi di trattamento di integrazione salariale autorizzati per qualsiasi causale sulla base della previgente disciplina e conclusi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 148/2015 non sono computati ai fini della durata massima dei 24 mesi.
L’impresa, inoltre, non può richiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale per le unità produttive per le quali abbia richiesto, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, l’intervento ordinario.
Con la circ. n. 197/2015, l’Inps, richiamando la giurisprudenza formatasi in materia, ha chiarito, cosa debba intendersi per unità produttiva.
Il d.m. n. 94033/2016 stabilisce che, in linea generale, non sono ammesse prestazioni di lavoro straordinario per i lavoratori posti in solidarietà.
Nel corso del trattamento straordinario di integrazione salariale a seguito di stipula di un contratto di solidarietà – al fine di consentire la gestione non traumatica degli esuberi di personale – è possibile attivare la procedura di licenziamento collettivo solo con la non opposizione dei lavoratori.
La circ. del Ministero del lavoro n. 24/2005 individua le modalità di presentazione dell’istanza5.
La riduzione dell’orario, come concordata dalle parti, decorre non prima del trentesimo giorno successivo alla data di presentazione dell’istanza.
Il pagamento delle integrazioni salariali è effettuato dall’impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga. L’importo delle integrazioni è rimborsato dall’Inps all’impresa o conguagliato da questa secondo le norme per il conguaglio tra contributi e prestazioni corrisposte.
In relazione agli accertamenti ispettivi, si veda la circ. del Ministero del lavoro 8.8.2016, n. 27.
Con d.i. 14.9.2015, n. 17981 è stata prevista una riduzione contributiva nel limite delle risorse finanziarie (15 milioni) in favore delle imprese che stipulano o hanno in corso contratti di solidarietà sulla base della previgente normativa. Istruzioni un merito ai criteri e le modalità procedurali di inoltro dell’istanza di decontribuzione sono state fornite con circ. del Ministero del lavoro 12.10.2015, n. 25.
Il d.l. 30.12.2015, n. 210 ha previsto che per i contratti di solidarietà difensivi di tipo A, stipulati prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 148/2015, le cui istanze siano state presentate entro la stessa data, l’ammontare del trattamento di integrazione salariale è aumentato, per il solo anno 2016, per una durata massima di 12 mesi, nella misura del 10% della retribuzione persa a seguito della riduzione di orario, fino a concorrenza dell’importo massimo complessivo di 50 milioni di euro6.
L’art. 46, co. 3, d.lgs. n. 148/2015 ha abrogato, a decorrere dal 1.7.2016, i contratti di solidarietà di tipo B, destinati cioè alle aziende non comprese nel campo di applicazione della CIGS, di cui all’art. 5 d.l. n. 148/1993.
In considerazione della data di entrata in vigore dell’abrogazione (1.7.2016), nonché al fine di favorire la transizione verso il riformato sistema degli ammortizzatori sociali, la legge di stabilità 2016 ha previsto il finanziamento dei contratti di solidarietà difensivi di tipo B nel limite di 60 milioni di euro per l’anno 2016 e ha disciplinato termini di durata massima del periodo di solidarietà che potrà essere ammesso a contributo sulla base delle risorse disponibili. In particolare, a tale ultimo riguardo, l’art. 1, co. 305, l. 28.12.2015, n. 208 ha chiarito che la normativa previgente di cui al citato art. 5 continua a trovare applicazione per l’intera durata stabilita nei contratti collettivi aziendali qualora detti contratti siano stati stipulati in data antecedente al 15.10.2015, e, negli altri casi, esclusivamente sino al 31.12.2016, nel limite massimo di 60 milioni di euro per l’anno 2016.
Dalla norma si evince, come chiarito dal Ministero del lavoro, la facoltà per le aziende di stipulare i contratti di solidarietà di tipo B fino al 30.6.20167.
Inoltre, i contratti stipulati in data antecedente il 15.10.2015 sono applicati per la durata del contratto prevista dal verbale di accordo firmato dalle parti.
Diversamente, i contratti stipulati dopo il 15.10.2015 (e fino al 30.6.2016) sono, comunque, applicati non oltre la data del 31.12.2016, anche nel caso in cui il contratto preveda una scadenza del periodo di solidarietà successiva a tale data.
È da segnalare che l’abrogazione della citata normativa non comporta una scopertura di tutela per le aziende non appartenenti ai «settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del Titolo I … del d.lgs. n. 148/2015».
Per le aziende di tali settori, come noto, operano i fondi di solidarietà bilaterali nella versione ordinaria o alternativa, ove alla loro istituzione provvedano contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni imprenditoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale8.
Le prestazioni che tali fondi possono prevedere con funzione analoga a quella svolta già dai contratti di solidarietà difensivi di tipo B sono rappresentate da “prestazioni integrative” del trattamento di disoccupazione (Naspi) o assegni straordinari per il sostegno del reddito nel quadro di processi di agevolazioni all’esodo (art. 26, co. 9).
Qualora non vengano attivati i predetti fondi, opera, dall’1.1.2017, il “fondo di integrazione salariale” che, sempre per i settori estranei alle integrazioni salariali, prevede una prestazione – assegno di solidarietà – conseguente ad accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso della procedura di licenziamento collettivo o al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo.
Il Titolo III del d.lgs. n. 148/2015 disciplina i nuovi contratti di solidarietà espansivi.
L’art. 41 d.lgs. n. 148/2015, nella versione originaria, non conteneva particolari novità rispetto alla versione di cui al previgente art. 2 d.l. n. 726/1984, portandosi dietro lo scetticismo che ha accompagnato la precedente disciplina.
Il contratto di solidarietà espansivo è un accordo collettivo finalizzato ad incrementare gli organici mediante la riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale.
In favore dei datori di lavoro che stipulino tali contratti è prevista la concessione, per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali istituita presso l’Inps, pari, per i primi dodici mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile. Per ciascuno dei due anni successivi il predetto contributo è ridotto, rispettivamente, al 10% e al 5%.
In sostituzione del suddetto contributo, per i lavoratori neoassunti di età compresa tra i 15 e i 29 anni, è previsto che per i primi tre anni – e comunque non oltre il compimento del ventinovesimo anno di età del lavoratore assunto – la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti, ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista per la generalità dei lavoratori.
Non beneficiano delle suddette agevolazioni i datori di lavoro che, nei dodici mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di cassa integrazione guadagni straordinaria.
Le assunzioni operate dal datore di lavoro in forza dei contratti di solidarietà espansivi non devono determinare nelle unità produttive interessate dalla riduzione dell’orario una riduzione della percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile, ovvero di quest’ultima quando risulti inferiore, salvo che ciò sia espressamente previsto dai contratti collettivi in ragione della carenza di manodopera femminile, ovvero maschile, in possesso delle qualifiche con riferimento alle quali è programmata l’assunzione.
Nella sua formulazione originaria, la disposizione, così come la normativa previgente, non prevedeva alcuna agevolazione per i lavoratori coinvolti nella riduzione di orario.
Al fine di introdurre un incentivo alla stipula di tali contratti, l’art. 1, co. 285, l. n. 208/2015 ha previsto una agevolazione anche nei confronti dei lavoratori interessati dalla riduzione, esclusi quelli prossimi al pensionamento ai quali si applica una diversa agevolazione, consistente nel versamento della contribuzione ai fini pensionistici correlata alla quota di retribuzione persa.
Una disciplina particolare è poi prevista nel caso in cui la riduzione dell’orario riguardi lavoratori prossimi alla pensione, i quali, cioè, abbiano una età inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia.
In questo caso, il contratto di solidarietà espansiva determina un’anticipazione parziale del pensionamento con la prosecuzione del rapporto di lavoro ad orario ridotto.
In particolare, la norma conferisce ai lavoratori con le su indicate caratteristiche9 la facoltà di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale in misura non superiore al 50% dell’orario di lavoro praticato con contestuale conseguimento del trattamento di pensione.
Tale trattamento di pensione spetta a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla data di stipulazione del contratto collettivo e in forza di clausole che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un ulteriore incremento dell’occupazione.
Limitatamente al predetto periodo di anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale, ferma restando negli altri casi la disciplina vigente in materia di cumulo di pensioni e reddito da lavoro.
Ai fini dell’individuazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo per la determinazione delle quote retributive della pensione dei lavoratori che abbiano prestato lavoro a tempo parziale, è neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestate a tempo parziale, ove ciò comporti un trattamento pensionistico più favorevole.
Si segnala che un’ipotesi alternativa di riduzione dell’orario di lavoro per i lavoratori prossimi alla pensione di vecchiaia è stata introdotta, per il 2016, dall’art. 1, co. 284, l. n. 208/2015, ai sensi del quale il lavoratore che maturi il requisito per la pensione di vecchiaia entro il 31.12.2018 può concordare con il datore di lavoro una riduzione dell’orario di lavoro tra il 40% ed il 60%, a fronte del versamento, esente da prelievo fiscale e contributivo, sino alla maturazione del diritto a pensione, dell’equivalente della contribuzione dovuta dal datore di lavoro sulla retribuzione non percepita per effetto della riduzione di orario, nonché l’accredito della contribuzione figurativa, sempre per la parte di retribuzione non percepita in conseguenza della riduzione dell’orario di lavoro.
Integrazioni al contratto di solidarietà espansiva, come disciplinato dal d.lgs. n. 148/2015, sono state introdotte con il d.lgs. 24.9.2016, n. 185.
Tale decreto prevede, in particolare, che i contratti di solidarietà in corso da almeno 12 mesi e quelli stipulati prima dell’1.1.2016 possano essere trasformati in contratti di solidarietà espansiva, a condizione che la riduzione complessiva dell’orario non sia superiore a quella precedentemente concordata.
Detta trasformazione comporta l’erogazione in favore del lavoratore di un trattamento di integrazione salariale pari al 50% dell’integrazione salariale prevista dal contratto di solidarietà difensivo (80%) con conseguente obbligo, in capo al datore di lavoro, di completare il restante 30%.
L’integrazione salariale imputata al datore di lavoro non è imponibile ai fini previdenziali ma vige il regime di contribuzione figurativa.
L’importo della CIGS viene dimezzato ma il datore di lavoro è tenuto a compensare la riduzione in modo da non penalizzare i lavoratori.
Come per i contratti di solidarietà difensivi, le quote di accantonamento del TFR relative alla retribuzione persa sono a carico della gestione di afferenza.
La contribuzione addizionale è ridotta nella misura del 50%.
Il contributo del 15% (poi 10% e 5%) di cui al primo co. dell’art. 41 o l’agevolazione di cui al secondo comma si applicano per il solo periodo compreso tra la data di trasformazione del contratto ed il suo termine di scadenza e tale periodo si computa ai fini della durata del trattamento10.
La normativa analizzata pone questioni diverse a seconda che si considerino i contratti di solidarietà difensivi ovvero i contratti di solidarietà espansivi.
Quanto ai primi, andrà verificato nella prassi la reazione che produrrà l’estensione di normative operanti solo per la cassa integrazione e non per i contratti di solidarietà (si pensi, in particolare, alla contribuzione addizionale).
Invero, la non applicazione della contribuzione addizionale, in uno con la mancanza di tetti agli importi percepibili dai lavoratori, ha sempre operato come assetto agevolativo del ricorso ai contratti, così che bisognerà verificare gli effetti che la modifica di tale assetto produrrà.
Quanto ai contratti di solidarietà espansivi, resta da verificare la capacità della nuova disciplina a superare le riserve consolidatesi nel tempo, ben sapendo che, da una parte, la disciplina direttamente dedicata a tale modello di contratto di solidarietà è stata migliorata e, dall’altra, che i contratti di solidarietà vengono a subire la concorrenza di istituti che agevolano le aziende a ridurre il personale senza che a ciò si accompagni l’obbligo di nuove assunzioni (parttime in uscita; anticipo pensionistico di cui alla prossima legge di stabilità).
Note
1 v. Messaggio Inps, 5.1.2016, n. 24.
2 Cass., 18.11.2002, n. 16235 e Cass., 14.1.2003, n. 453.
3 v. anche circ. Inps 14.3.2016, n. 48.
4 v. anche circ. Inps 2.12.2015, n. 197.
5 v. anche la circ. 9.11.2015, n. 30 e nt. integrativa alla circ. esplicativa n. 24/2015.
6 Istruzioni operative al riguardo sono contenute nel Messaggio Inps 20.4.2016, n. 1760.
7 V. la nt., 11.1.2016, n. 524 e circ. 12.2.2016, n. 8.
8 artt. 26 e 27 d.lgs. n. 148/2015. Per l’illustrazione delle principali novità sui fondi di solidarietà bilaterali, v. circ. Inps, 12.2.2016, n. 30; v. anche nt. Ministero del lavoro 18.2.2016, prot. n. 40/3763.
9 Età anagrafica inferiore di non più di 24 mesi a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia e requisito minimo di contribuzione per il conseguimento della medesima.
10 Indicazioni operative in merito alle nuove disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 185/2016 sono state fornite dal Ministero del lavoro con la circ., 21.10.2016, n. 31.