FILIASI, Iacopo
Nacque a Venezia nel 1750 da agiata famiglia originaria di Padova; alla morte del padre Antonio, la madre, Maria de Bassanesi, lo affidò per l'istruzione all'abate Benedetto Canossa da Lucca e, dopo un lungo soggiorno a Mantova, all'abate Placido Bordoni, che coltivò il suo "ardentissimo desiderio di apprendere ... in quasi tutti i rami delle umane cognizioni": "volea saper tutto, addentrarsi in tutto" (Weiss). Libero da preoccupazioni economiche, il F. si dedicò con passione alle ricerche in archivi e biblioteche e, animato da enciclopedica sete di sapere, allargò le sue conoscenze dai prediletti studi di storia veneta alla fisica, idraulica, botanica, astronomia, meteorologia, archeologia; ammesso nel 1787 all'Accademia di Mantova, città natale della madre, e successivamente a quelle di Zara e Padova e all'Ateneo di Venezia, entrò in rapporti di amicizia e di collaborazione culturale e scientifica con letterati e storici di ogni parte d'Italia.
Conte della Repubblica di Venezia e poi cavaliere dell'Ordine della Corona di ferro, partecipò alla vita pubblica passando senza traumi dal governo napoleonico a quello austriaco: fu elettore nel napoleonico Collegio dei dotti, membro del consiglio di amministrazione del liceo veneziano e della fabbriceria della basilica di S. Marco, deputato agli ornati del palazzo ducale; insieme con Leopoldo Cicognara ed Antonio Diedo fu incaricato di raccogliere monumenti ed opere d'arte dispersi nelle chiese e monasteri soppressi; insieme con Giovanni Bonicelli e Iacopo Morelli, bibliotecario della Marciana, compilò nel 1815 il Catalogo de' libri italiani o tradotti in italiano proibiti negli Stati di Sua Maestà l'imperatore d'Austria, inviato a tutte le prefetture per "impreteribile norma per gli uffici di revisione"; collaborò, dal 1815, con A. L. de Romano, P. Artico, F. M. Franceschinis e I. Cicuto alla revisione e attuazione del progetto napoleonico di riparazione delle dighe foranee di Malamocco; dal 1818 al 1827 fu direttore generale dei ginnasi delle province venete.
Il suo impegno più costante e assorbente, per tutta la vita, fu nella ricerca storica, negli studi delle più svariate discipline letterarie e scientifiche e in un'intensa e multiforme attività pubblicistica. Il F. morì a Venezia il 17 febbr. 1829.
A distanza di oltre un secolo sono ancora utili per gli studiosi, nonostante i numerosi errori e l'inadeguatezza dell'apparato critico-filologico, i suoi imponenti studi sulla storia della laguna e dell'idraulica venete.
Primo lavoro del F. fu il Saggio sopra i Veneti primi (Venezia 1781), in cui egli avanzava dubbi sulla versione di Livio su Antenore e le origini troiane di Padova, quindi tracciava un ampio affresco della geografia, storia ed epigrafia dell'antica Venetia terrestre e marittima dall'età preromana all'invasione longobarda; è deplorevole la sommarietà delle citazioni, pur numerose, dalle fonti epigrafiche e letterarie. L'ampia e approfondita conoscenza degli antichi autori latini si rivela anche nella dotta dissertazione Delle strade romane che passavano anticamente pel Mantovano, letta nel 1792 nell'Accademia di Mantova (e poi stampata a Guastalla).
Un immenso scavo erudito durato quasi trent'anni produsse nel 1796-98 gli otto volumi (in 9 tomi) delle Memorie storiche de' Veneti primi e secondi (Venezia), poi ristampate a Padova, con numerose correzioni, aggiunte ed un più razionale ordinamento della materia, in sette volumi nel 1811-14 (con dedica ad Eugenio di Beauharnais, da cui il F. si attendeva incisivi provvedimenti per la rinascita del porto di Venezia).
La sovrapposizione e l'affastellamento delle notizie, i frequenti excursus eruditi e la consueta incompletezza delle citazioni rendono spesso ingrata la lettura di quest'opera, peraltro tutt'ora preziosa per l'accumulo senza pari di notizie di ogni genere sull'antica storia di Venezia, delle lagune e del territorio veneto.
Le Memorie ottennero larga eco nel mondo dei dotti, ma non mancarono critiche e polemiche: il biografo Gian Iacopo Fontana, che scriveva a pochi anni dalla sua morte, censura lo "stile disadorno ed incolto", il disordine dell'esposizione e la "somma tenacità nelle proprie opinioni, che, tranne un'unica volta, in cui confessò un abbaglio, non volle mutar mai, in onta alle autorità di peso, e all'evidenza di alcuni fatti, opposti a' suoi principii" (F. I., pp. 395 s.).
L'imponente scavo archivistico-bibliografico sulla storia del Veneto fornì al F. una puntuale documentazione sull'evoluzione storica dei fiumi e della laguna: forte di questa robusta testimonianza del passato e della più reputata pubblicistica veneziana in materia idraulica, a partire dal 1812 egli intervenne con autorevolezza, ma anche con puntigliosa e spesso acre vis polemica, nel secolare dibattito sulla laguna ed il regime idrografico del Veneto. Venezia aveva parzialmente risolto i problemi con la deviazione dalla laguna dei principali fiumi ma la polemica su questa scelta, che tra '500 e '700 aveva coinvolto i più celebri idraulici (C. Sabbadino, B. Castelli, G. Montanari, D. Gugliemini, G. Poleni, B. Zendrini), non si era mai sopita e i disordini idrici in terraferma, ed in particolare le disastrose piene succedutesi dalla fine del '600 ai primi dell'800, contribuivano a riaccenderla periodicamente: ancora nel '700 B. Trevisan, T. Temanza, G. A. Giustinian e A. Querini intervennero più volte su un problema che, per i suoi immediati riflessi sulla vita economica e civile, appassionò un po' tutti. La prima occasione per il F. di intervenire sulla vexata quaestio fu la pubblicazione a Padova, nel 1811, delle celebri Memorie storiche dello stato antico e moderno delle lagune di Venezia e di que' fiumi che restarono divertiti per la conservazione delle medesime di Bernardino Zendrini (ed. postuma a cura del nipote Angelo), l'ideatore dei "murazzi", emuli delle dighe olandesi, che circondano la laguna.
In alcune Osservazioni a quest'opera (in Scelta di opuscoli scientifici e letterari, Venezia 1813, 11, pp. 1-108) il F. ammetteva che l'incertezza della scienza idraulica ("è un enigma") e la contraddittorietà delle misure prese nel corso dei secoli da Venezia per "impedire l'atterramento delle sue lagune, per le quali provava un vero panico terrore" rendevano "periglioso ... sentenziare sul bene o il male dell'esilio dato a' fiumi dalla laguna, e sulle operazioni eseguite su questi dentro e fuori della laguna" (pp. 51 ss.); con l'occasione dimostrava, sulla base di testimonianze di autori classici, l'"erroneità della generale credenza rapporto all'essere stati gli estuari sommamente estesi in antico dentro la terra. Asserzione né più ripetuta né più falsa eravi di questa certamente, ma l'opporvisi era lo stesso che opporsi al Credo" (p. 94).
Tra il 1815 e il 1817 altre piene e le proposte dell'ingegnere Romano, del conte N. Leoni e di numerosi proprietari terrieri di Padova, per la reimmissione in laguna di alcuni fiumi riaprirono la polemica: intervenne anche Pietro Paleocapa, moderato fautore dell'immissione in laguna del Brenta, Bacchiglione e Sile. Nel 1817 il F. pubblicò le Riflessioni sopra i fiumi e le lagune (Venezia), la sua più organica trattazione di idraulica storica; dopo un'ampia introduzione sulla condizione dei fiumi veneti nell'età preromana, romana, medievale e moderna, criticava l'"ostracismo" di Venezia verso i fiumi, rilevava l'"eterna contraddizione che sempre regnò nelle nostre operazioni idrauliche", attribuiva alle deviazioni i danni provocati in terraferma, ma alla fine conveniva che ormai, dopo tanto tempo, sarebbe stato rischiosissmo farli tornare in laguna e suggeriva in alternativa di curarne attentamente i tratti superiori e mediani; nell'ultimo capitolo addebitava la cattiva qualità dell'aria di Venezia alla dilagante sporcizia pubblica e privata e al mancato restauro di molte cisterne.
Alcune osservazioni critiche al suo libro, inserite da Angelo Zendrini nelle note della ristampa del volume di Giovanni Poleni Delle lagune venete, trattato del marchese ... tratto dalla sua operaintitolata: Del moto misto delle acque (Venezia 1817), ispirarono al F. una replica astiosa e prolissa, ripresa, con puntiglio e acredine, nelle Osservazioni sopra la lettera diretta all'autore delleriflessioni sopra le lagune e i fiumi (ibid. 1819), nelle quali il F. ribadiva che la sua convinzione sull'inutilità della diversione dei fiumi dalla laguna era basata su "fatti storici" e non su "teorie idrauliche". Più pacate e lucide furono le Osservazioni sulle cause che possonoaver fatto ritrovare nel secolo XIVin parte pregiudicata la lagunarispetto alla posizione di Venezia (ibid. 1820).
Un attento esame delle fonti storiche antiche lo aveva convinto che era stato l'innalzamento del livello del mare, insieme coi lavori sul corso dei fiumi e sulle foci, le saline, le valli, i mulini, le grandi procelle, a causare i mali delle lagune deplorati nel XIV secolo e dai Veneziani attribuiti ai fiumi: con l'occasione il F. ribadiva che la storia può "soccorrer" l'idraulica, che "la sola esatta cognizione del passato anche in materia d'acque può giovare alla scienza fisica Matematica per cautamente dirigersi sul presente e per l'avvenire".
Tra gli altri scritti di idraulica storica si ricordano le Riflessioni sopra la corrente littorale del Mediterraneo e Adriatico (in Giornale da Rio, XXIX, Padova 1811, ristampate insieme con le Osservazioni sulle cause...), le Osservazioni sopra l'alzamento del flusso marittimo nelle lagune venete (Treviso 1826) e l'Esame della proposizione Il diluvio universale è una chimera assurda in fisica e dimostrata impossibile dalle leggi della gravitazione e de' fluidi, non che dalla insufficiente quantità dell'acqua. Egli è questo un mistero che credesi per la fede, e la fede consiste in credere ciò che la ragione non crede (Venezia 1800), in cui, con l'avallo di testimonianze storiche e delle recenti scoperte della chimica, il F. oppugnava il noto articolo di Voltaire nel Dictionnaire philosophique sull'impossibilità fisica del diluvio universale.
La meteorologia scientifica, fondata sulla statistica e sul calcolo delle probabilità e quindi sulle sistematiche osservazioni atmosferiche, fece nel Veneto del secondo '700, un decisivo passo in avanti grazie alle ricerche e all'insegnamento di G. Toaldo. Nella Memoria delle procelle che annualmente sogliono regnare nelle maremme veneziane (ibid. 1794), il F. sollecitava l'attenzione per questa nuova scienza in formazione. Convinto che "la meteorologia potrà farsi chiara se non dopo esatte e lunghissime osservazioni, fatte su tutta quanta la faccia del globo e in tutte le zone da un polo all'altro" (p. 97), ilF. passava annualmente a Toaldo le sue rilevazioni atmosferiche e pubblicò nel 1806 la Relazione del turbine scoppiato in Venezia il 15 giugno 1806 (in Giornale di Padova, IX), nel 1828 a Venezia le Osservazioni sopra le vicende annuali atmosferiche di Venezia e paesi circonvicini e nel 1832 a Padova il Giornale astro-meteorologico per l'anno 1832;ispirandosi ad un dibattito molto vivo nel '700, e approfondito dallo stesso Toaldo, nel 1826 pubblicò a Padova un Saggio sopra le influenze lunari.
Tra i suoi scritti minori, che spaziano in varie ed eterogenee discipline, sono le Lettere familiari astronomiche (Venezia 1818), breve corso di astronomia per le donne in forma epistolare, due saggi sull'introduzione nei territori mantovano e veneto del rhus, del "moro" Giappone e altre piante esotiche (Del celebre e prospero riuscimento del moro papirifero, e del rus, piante indigene dell'Indie orientali, coltivatee dentro e fuori della città di Mantova, in Nuovo Giornale d'Italia spettante alla scienza naturale, e principalmente all'agricoltura, alle arti ed al commercio, III [1792], 14 maggio 1791, pp. 17 ss.; Lettera ... a Giovanni Arduino nella quale si pongono in vista parecchie piante esotiche di facile e grande accrescimento, l'introduzione delle quali riuscir potrebbe vantaggiosissima nelle Venete Provincie, ibid., IV [1793], 19 maggio 1792, pp. 25-30),una Memoria letta nella R. colonia agraria di Mantova sulla coltivazione delle colline mantovane (ibid., VIII [1797], pp. 133-140),una Lettera al sig. ab. Francesconi intorno ad alcune antichità adriensi (in Giornale di Padova, XIV [1806], p. 253), la memoria Gli Alcioni degli antichi (Padova 1810), dotta dissertazione di mitologia classica, e la Dissertazione sopra il corpo di S. Marco (in Scelta di opuscoli scientifici e letterari, Venezia 1813, IV, pp. 5-54), in cui dava relazione del rinvenimento, nel gennaio 1809,delle reliquie del patrono di Venezia e contestava, con l'ausilio di documenti storici, alcuni studiosi che ne avevano messo in dubbio l'autenticità.
Fonti e Bibl.: Gazzetta privilegiata di Venezia, 21 febbr. 1829;G. Moschini, Della letteratura veneziana del sec. XVIII fino a' nostri giorni, Venezia 1806, II, p. 181; III, pp. 198, 204; G. I. Fontana, F. J., in Biografia degli italiani illustri...,a cura di E. De Tipaldo, Venezia 1840, VII, pp. 391-404(con elenco delle pubblicazioni); Weiss, F. J., in Biografia univers. antica e moderna. Supplimento, Venezia 1840, VII, pp. 767 ss.; E. A. Cicogna, Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, pp. 67,78, 213, 422, 681, 707, 713, 717, 719 ss., 728, 761 s.; G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani..., II,Milano 1852, p. 90; III, ibid. 1859, p. 14;G. Dandolo, La caduta della Repubblica di Venezia ed i suoi ultimi cinquant'anni. Studii storici, Venezia 1855, pp. 375 ss.; F.Nani Mocenigo, Della letter. venez. del sec. XIX. Notizie ed appunti, Venezia 1916, pp. 32-35; G. Natali, Il Settecento, in Storia letteraria d'Italia, Milano 1929, pp. 408, 477; Bibliografia sulla laguna di Venezia (secc. XVII-XX), in Mostra stor. della laguna veneta, Venezia 1970, pp. 277-304; W. Dorigo, Venezia origini. Fondamenti, ipotesi, metodi, Milano 1983, pp. 102, 112, 117, 151,153, 182, 194, 354, 356, 358, 360 s., 363, 365 s., 368 s., 378, 380 s.,404; G. Bozzolato, G. Toaldo, uno scienziato europeo nel Settecento veneto, in G. Bozzolato-P. Del Negro-C. Ghetti, La specola dell'università di Padova, Brugine [Padova] 1986, p. 82; G. Berti, Censura e circolazione delle idee nel Veneto della Restaurazione, Venezia 1989, p. 12; V. Fontana, Il destino della laguna e della città di Venezia nell'opera di P. Paleocapa, in Ingegneria e politica nell'Italia dell'Ottocento: P. Paleocapa, Venezia 1990, p. 124; S.Ciriacono, Acque e agricoltura nell'Europa moderna. Il caso veneziano, Padova 1992, pp. 142, 153.