Rusticucci, Iacopo
Appartenente a famiglia fiorentina di estrazione popolare (" vir popularis " lo definisce Benvenuto), consorte - secondo l'Ottimo - dei Cavalcanti, e della quale non sono rimaste memorie di rilievo, essendosi essa estinta sul volgere del sec. XIII; fu uno dei cittadini più in vista e politicamente qualificati del tempo di Dante. Egli infatti, chiedendo notizie a Ciacco circa la sorte ultraterrena di lui, lo annovera fra coloro ch'a ben far puoser li 'ngegni (cfr. If VI 80) e mostra la reverenza che prova nei suoi confronti dicendosi pronto a scendere accanto al suo spirito sotto il fuoco se non avesse timore di bruciarsi nelle fiamme infernali (XVI 46-51). Iacopo R. è infatti condannato nel terzo girone, fra i violenti contro natura (vv. 43-90), essendo stato uno degli omosessuali più noti fra i contemporanei dell'Alighieri, assieme a Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, al conte Guido Guerra da Dovadola, al vescovo Andrea de' Mozzi, al giurista Francesco d'Accorso, al giullare Guglielmo Borsiere, tutti suoi compagni di pena i cui nomi ricorrono con quella cattiva fama nella documentazione cronistica e archivistica.
Appartenente al sestiere di Porsampiero, il. R. aveva le case attigue a quelle di Tegghiaio Aldobrandi nel popolo di San Michele in Palchetto; fu di Parte guelfa come l'Aldobrandi e con questo partecipò attivamente alla vita politica fiorentina. Nel 1237 questi due personaggi furono tra i mediatori della pace fra San Gimignano e Volterra, infatti nel 1238 Iacopo chiese alle autorità di San Gimignano una ricompensa per essere intervenuto a favore di quel comune presso i consigli e il podestà di Firenze contro gli ambasciatori della città avversaria. Nel 1254 fu, con Ugo della Spina, procuratore del comune di Firenze per trattare leghe e patti con altre città e terre toscane; nel 1258 fu capitano del popolo in Arezzo; un altro documento lo cita nel 1269.
Sviluppando le allusioni contenute nei versi danteschi circa la buona fama politica di lui ma anche circa le sue disavventure coniugali (la fiera moglie più ch'altro mi nuoce, If XVI 45), alcuni commentatori - Pietro, Boccaccio, il falso Boccaccio, Benvenuto, Buti, l'Anonimo - sono concordi nell'affermarne la dignità umana e politica (" valoroso uomo e piacevole " lo definisce l'Anonimo), giustificandone l'abbandono alla pratica dell'omosessualità con la repulsione suscitata in lui dalla fiera moglie, prendendo a odiare la quale egli si sarebbe indotto a spregiare le donne in genere e a volgere l'attenzione al proprio sesso.
Bibl. - Sui R. cfr. S. Ammirato, Albero e istoria della famiglia dei conti Guidi, Firenze 1640, 70; Scartazzini, Enciclopedia 986, 1712. Su Iacopo, oltre agli autori già citati, cfr. Davidsohn, Storia II I 641; IV I 128; IV III 613: lo stesso pubblica nelle Forschungen, IV 371-372, il regesto di cinque documenti che riguardano momenti della biografia di questo personaggio; P. Santini, Sui Fiorentini " che fur sì degni ", in " Studi d. " VI (1923) 25-40.