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IBN KHALDŪN

di Michelangelo Guidi - Enciclopedia Italiana (1933)
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IBN KHALDŪN

Michelangelo Guidi

. Forma abbreviata del nome del celebre storico arabo ‛Abd ar-Raḥmān ibn Muḥammad ibn Khaldūn (quest'ultimo è nome del lontano capostipite della famiglia, passato dal Ḥaḍramawt nella Spagna nel sec. III èg., IX d. C.). Nacque a Tunisi nel 732 èg. (1332 d. C.); studiò colà, sotto i migliori maestri, le varie discipline dello scibile musulmano, e fin da giovane ebbe alte cariche, alle quali lo chiamavano le tradizioni della sua famiglia, la forte cultura, il suo ingegno politico. Vicende varie lo portarono in diverse regioni di Spagna e d'Africa, onorato da sovrani di quei paesi (fu anche ambasciatore alla corte di Pietro di Castiglia) e talora caduto in disgrazia di qualcuno di essi, anzi imprigionato. Nel 784 (1382 d. C.) si recò in Egitto, ove fu per alcuni anni giudice supremo mālikita al Cairo; seguì al-Malik an-Nāṣir a Damasco, nella spedizione contro Tamerlano (1400-1402); indi tornò al Cairo e vi morì nell'808 èg. (1406 d. C.).

La fama di I. Kh. in Oriente e in Europa è dovuta alla sua grande storia universale e particolarmente ai Prolegomeni (al-Muqaddimah) di essa, nei quali egli fissa anzitutto alcuni canoni di critica storica, per i quali egli non ebbe precedenti nella letteratura araba, né, tranne negl'incerti tentativi della letteratura dei nostri giorni, continuatori; studia poi le condizioni generali che regolano lo sviluppo delle società umane, a cominciare dall'influenza del clima, e collegando con questa i due tipi principali di vita associata, il nomade e il sedentario, i cui caratteri e le reciproche reazioni appaiono così chiari e ricchi di conseguenze nella storia della conquista araba e in quella dell'Africa del nord. In tali tipi di civiltà egli indaga poi le forze di propulsione (prima tra tutte la ‛aṣabiyyah, cioè lo spirito di solidarietà o di corpo, proprio dei popoli giovani e soprattutto dei nomadi) e le cause di decadenza, che fatalmente intaccano le civiltà sedentarie e producono le condizioni per nuove invasioni e vittorie di popoli vergini e specialmente nomadi in cicli storici determinati. Dopo queste premesse e secondo esse, i Prolegomeni studiano il divenire degli stati e delle città, la natura e la storia delle potestà, l'amministrazione, il modo di sviluppo delle città, la guerra, le lingue, l'economia, la religione, la cultura. Per l'originalità delle idee, l'accorta deduzione e applicazione insieme dei suoi principî alla storia concreta, dalla meditazione della quale essi sono nati, i Prolegomeni meritano un posto insigne nella letteratura universale, e costituiscono nell'araba un fenomeno singolare. L'opera storica stessa non rappresenta, per parecchie sue parti, un progresso essenziale di fronte all'abbondante produzione araba anteriore; ma nell'ampia trattazione della storia dei Berberi e delle dinastie africane è fonte preziosa. Di molto interesse è l'autobiografia. Cfr. arabi: Letteratura (III, p. 864).

I Prolegomeni, oltre che molte volte in Egitto e in Siria, furono pubblicati da E. Quatremère come prime parti dei volumi XVI-XVIII delle Notices et extraits des mss. de la Bibl. Impériale, Parigi 1858, e tradotti da M. G. De Slane come prime parti dei volumi XIX-XXI delle stesse Notices (Parigi 1863-68; se ne annunzia una riproduzione fotomeccanica per il 1933). La storia completa (Kitāb al-‛ibar) fu pubblicata non molto correttamente a Būlāq (Cairo) nel 1284 èg. (1867, voll. 7). Innumerevoli sono le edizioni e traduzioni parziali; importantissime l'edizione (Algeri 1847-51, voll. 2) e traduzione (Algeri 1852-1856, voll. 4, di cui i 2 primi ristampati a Parigi 1925-27) della Storia dei Berberi per opera di M. G. De Slane. Quel che riguarda la Sicilia fu pubblicato e tradotto da M. Amari, Bibliot. arabo-sicula (testo, Lipsia 1857; trad., Torino 1881, vol. II).

Bibl.: G. Gabrieli, Saggio di bibliografia e concordanza della storia di Ibn Haldūn, in Riv. degli studi orientali, X (Roma 1924), pp. 169-211, a cui si possono ora aggiungere gli scritti (che riguardano la dottrina politica dei Prolegomeni) di F. Gabrieli (sul concetto di ‛aṣabiyyah, in Atti Acc. Scienze di Torino, cl. sc. mor., LXV, 1930, pp. 473-512), Moh. Kamil Ayad (Stoccarda 1930), N. Schmidt (New York 1930), E. Rosenthal (Monaco 1932).

Vedi anche
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