ICONOSTASI (gr. εἰκονόστασις)
Separazione interposta fra il coro e le navate nelle basiliche cristiane, e costituita da un architrave sostenuto da colonne fra le quali si stendevano cortine e veli mentre la parte bassa era chiusa da cancelli; il nome le derivò dalla consuetudine di affrescare l'architrave e di appendervi le immagini sacre, dato che l'altare centrale non permetteva di disporre, come nelle chiese odierne, le immagini dietro di esso, sulle pareti. La consuetudine di appendere le immagini all'iconostasi si sviluppò in Oriente, specialmente come reazione al movimento iconoclasta.
È dubbio se anche nelle cripte cimiteriali esistesse l'iconostasi. Tuttavia una specie di portico a tre arcate nel cimitero di S. Gennaro a Napoli può far credere all'esistenza ivi di un'iconostasi. Nelle basiliche dal sec. IV in poi non mancava mai, anzi si cercava di dare a questa divisione - che S. Gregorio Nazianzeno considerava come la separazione simbolica fra il cielo e la terra - una speciale importanza e un tono di ricchezza. Così si ricercarono le colonne più sontuose fra quelle provenienti dai diruti edifici pagani, le si fecero sormontare da vasi e da statue, mentre dall'architrave pendevano ricche lampade ed ex voto. In seguito si aggiunsero anche metalli preziosi e alla fila di colonne se ne antepose un'altra formando un vero e proprio portico. Doppia fila aveva la basilica di S. Pietro a Roma mentre a S. Paolo papa Leone III sovrappose all'architrave lastre di marmo, lamine d'argento e mosaici. A S. Giovanni Evangelista in Ravenna, Galla Placidia eresse un'iconostasi d'argento, mentre Giustiniano in Santa Sofia fece alzare dodici colonne binate rivestite d'argento il cui splendore si notava da lungi. Si ha memoria d'iconostasi anche nelle basiliche dell'Asia Minore e della Grecia. Il Texier poté riconoscere nella chiesa di S. Nicola a Mira in Licia davanti alle quattro colonne del ciborio, le quattro dell'iconostasi. Nella basilica di Sion in Georgia si ha un'iconostasi a cinque arcate di cui la centrale aperta e le laterali chiuse per metà. Nel duomo di Torcello (sec. VII) fra le colonne erano tramezzi formati di lastre di marmo tutte lavorate a soggetti floreali e animali. Durante l'epoca carolingia le iconostasi raggiunsero poi il massimo del lusso e della magnificenza. A Roma i papi le arricchivano di statue in marmo mentre dagli architravi facevano pendere vasi preziosi e corone adornate di pietre rare. Nel periodo romanico allo scopo di rendere l'iconostasi ancora più grandiosa s'incominciò a sovrapporre un arco all'architrave; poi a poco a poco l'architrave sparì e restò l'arco impostato direttamente sulle colonne fino a che l'insieme si trasformò in una ricca edicola più o meno carica di decorazioni architettoniche e di statue, trasformandosi anche la sua funzione iniziale in quella puramente decorativa. Dopo il sec. XLV se ne abbandonò l'uso.
Nel rito greco ortodosso la celebrazione eucaristica si svolge anche adesso dietro un'iconostasi. Si tratta anche qui di un tramezzo munito di tre porte: la porta centrale (detta reale) per la quale non può passare se non il vescovo; una porta a destra (detta diaconale) per il diacono e una porta a sinistra per il resto del clero. I Greci conservano pure l'uso di porre le immagini nell'iconostasi.
V. tavv. CLI e CLII.