Vescovo di Antiochia e martire a Roma sotto Traiano (festa, nella Chiesa greca, 20 dicembre; nella latina, 1º febbraio). Tradotto a Roma dalle autorità romane scrisse, durante il viaggio, sette lettere: da Smirne, alle chiese di Efeso, Magnesia e Tralles, nonché a quella di Roma, pregando che non intercedesse in suo favore; e dalla Troade alle chiese di Smirne e di Filadelfia, ove pure s'era fermato, e al vescovo di questa, Policarpo. Questa è la collezione riconosciuta come autentica; una "recensione lunga", comprendente altre sei lettere (a Maria di Cassobola, e risposta di lei; ai Tarsensi; ai Filippesi; agli Antiochiani; al diacono Erone di Antiochia) è opera di un semiariano; altre presunte lettere di I. a Maria Vergine, con la risposta, e a s. Giovanni, sono ugualmente spurie; la "recensione breve" (Cureton) o piuttosto "brevissima" è in realtà la versione siriaca di estratti da Efesini, Romani e A Policarpo. L'epistolario di I., incluso nelle collezioni dei "Padri apostolici", è uno dei più importanti documenti del cristianesimo antico; soprattutto notevole l'insistenza dell'autore sull'obbedienza dovuta al vescovo, senza la quale non è valida l'Eucarestia; il suo mettere in guardia i fedeli contro le tendenze ereticali; l'elogio che egli fa della comunità romana; lo spirito con cui egli si prepara al martirio.