GUIDI, Ignazio
Nacque a Roma il 31 luglio 1844, da Michele e da Livia Mordacchini. Dopo il diploma di studi classici, s'indirizzò allo studio delle lingue orientali presso la facoltà di teologia della Sapienza a Roma, dove apprese le principali lingue semitiche sotto la guida dei missionari orientalisti dell'epoca (padre P. Zingerle per l'arabo). Dal 1873 al 1876 fu custode del Gabinetto numismatico vaticano (per il quale avrebbe stilato un catalogo del fondo Romano Repubblicano), quindi fu chiamato a tenere la cattedra di ebraico e lingue semitiche comparate nell'Università di Roma, prima da incaricato, infine, nel 1885, da ordinario. Da quello stesso anno fu anche incaricato della cattedra di storia e lingue dell'Abissinia, istituita dal ministro M. Coppino in seguito all'occupazione di Massaua.
Il G. aveva infatti appreso da autodidatta il ge'ez, la lingua letteraria dei popoli etiopici, perfezionandola poi con l'aiuto di un sacerdote etiopico di stanza a Roma, il debterà Kefla Ghiorghis.
Entrambi gli insegnamenti furono da lui tenuti senza interruzione, tranne per un semestre nella neonata Università egiziana del Cairo nell'inverno 1908-09, fino alla conclusione della sua carriera accademica, nel 1919.
L'intero campo degli studi era tradizionalmente nelle mani dei religiosi, che li perseguivano a fini apologetici e missionari: proprio al G. si deve invece l'inizio di un insegnamento laico e scientifico delle lingue semitiche in Italia, con la fondazione della Scuola di lingue orientali della Sapienza e l'idea di realizzare una rivista scientifica, la futura Rivista degli studi orientali, destinata a diventare uno dei principali organi europei del settore.
L'attività innovativa del G. nel campo degli studi semitici comparati ebbe subito risonanza all'estero. Nel primo saggio al quale dovette la sua vasta fama, Della sede primitiva dei popoli semiti (in Memorie dell'Accademia nazionale dei Lincei, cl. di scienze morali, stor. e filol., s. 3, IV [1879], pp. 566-615), egli prendeva posizione sulla questione dell'originaria culla dei popoli semiti prima della loro dispersione geografica, favorendo la tesi della provenienza dal bacino sudorientale del Caspio, e del successivo stanziamento, in epoca preistorica, nella "Babilonide", alla confluenza di Tigri ed Eufrate.
Tale argomento poggiava su una vasta analisi comparativa dei vocaboli comuni al lessico dei vari popoli semitici, che risalirebbero a comuni condizioni di vita nella regione mesopotamica. Nonostante le conclusioni cui giungeva il G. fossero parzialmente smentite dalla ricerca successiva, grande impressione destò negli ambienti scientifici internazionali la sua perizia filologica e linguistica, al punto che Th. Nöldeke poté segnalarlo pochi anni dopo, nella Encyclopaedia Britannica, come uno dei più eminenti semitisti contemporanei.
Questo saggio resta in un certo senso l'unico studio sintetico del G., la cui straordinaria erudizione linguistica e acribia si applicarono in seguito soprattutto all'edizione annotata di fonti, alle osservazioni filologiche e storiche ai testi e agli studi propriamente linguistici e grammaticali. Elemento unitario della sua imponente produzione scientifica (recensita fino al 1911 nella Riv. degli studi orientali, V [1913], pp. 4, 77-89, 216, e integrata, a meno delle recensioni, da G. Gabrieli, Bibliografia degli studi orientalistici in Italia dal 1912 al 1934, Roma 1935, pp. 4, 85 ss.) è l'indagine dell'ininterrotta migrazione di idee, parole e testi dall'uno all'altro dei popoli del Vicino e Medio Oriente, dalla preistoria a tutto l'Evo Medio, che il G. condusse nei tre principali campi di studi da lui praticati, quello delle letterature ecclesiastiche d'Oriente, della storia e della letteratura etiopica, e della letteratura arabo-islamica.
Della storia delle letterature cristiane orientali il G. è considerato il maggior studioso europeo a cavallo fra Otto e Novecento: la sua vasta produzione in questo campo spazia dall'edizione di numerosi testi ecclesiastici siriaci e copti (di quest'ultima lingua egli redasse fra l'altro una grammatica elementare), alla storia della fondazione e della prima organizzazione delle Chiese orientali, allo studio della tradizione di testi e leggende sacre attraverso fonti inedite in copto, siriano, arabo ed etiopico.
Esemplare di questa ricerca è la memoria sulla trasmissione nell'Oriente antico e medievale di una delle più famose leggende dell'antichità, quella dei sette dormienti di Efeso, a partire da manoscritti inediti in lingua copta, siriaca, etiopica e armena (Testi orientali inediti sopra i sette dormienti di Efeso, in Memorie dell'Accademia nazionale dei Lincei, cl. di scienze morali, stor. e filol., s. 3, XII [1884-85], pp. 343-445).
In questo settore della bibliografia del G. è preponderante la letteratura siriaca, sia religiosa (si vedano, per tutti, i testi pubblicati nella Patrologia Orientalis, della quale il G. fu condirettore) sia profana, con la pubblicazione e traduzione dei Chronica minora siriaci nel Corpus scriptorum Christianorum Orientalium (Scriptores Syri, I, Parisiis 1903; III, ibid. 1905).
Quanto agli studi etiopici, il G. fu non solo il primo ad assumerne l'insegnamento universitario, ma il loro vero fondatore in Italia, grazie anche alla sua padronanza delle lingue e civiltà contigue a quelle etiopiche.
Ciò è evidente, per esempio, nell'edizione e traduzione, commissionategli dal ministero degli Affari esteri, del Fetha nagast, classica raccolta canonica di diritto ecclesiastico e civile in lingua ge'ez, della quale egli dimostrò con autorevolezza la derivazione da un testo analogo di autore arabo egiziano (Il Fetha nagast o Legislazione dei re, Roma 1897-99). La sua competenza si estendeva dall'etiopico letterario all'amarico, la lingua parlata, del quale compilò un'esemplare grammatica (Grammatica elementare della lingua amarica, Roma 1899) e, in collaborazione con Kefla Ghiorghis, il Vocabolario amarico-italiano (ibid. 1901). Oltre ai già menzionati contributi alla storia della primitiva Chiesa etiopica, al crocevia di tradizioni provenienti dalle altre Chiese orientali, va pure ricordata la Storia della letteratura etiopica (ibid. 1932), uno degli ultimi lavori condotti a termine dal Guidi.
Anche nel campo degli studi di letteratura arabo-islamica v'era, alla base delle ricerche del G., una conoscenza impeccabile della lingua, non solo letta e parlata ma anche scritta, posta qui più che altrove al servizio dell'edizione di fonti antiche.
L'opera maggiore compiuta dal G. in questo campo è certamente l'edizione annotata della sezione degli Annali di al-Ṭabarī, il maggiore storico arabo dell'antichità, relativa alla storia omayyade (Annales quos scripsit Abu Djafar Mohammed ibn Djarir al-Tabari, sectio II, pp. 540-1380, Lugduni Batavorum 1882-86), ma si ricordano anche l'edizione del commento grammaticale all'ode di Ka῾b ibn Zuhayr, annotata dal G. in arabo con tanta perizia da far sospettare il plagio, l'edizione di due famosi trattati grammaticali antichi e lo studio di alcune varianti manoscritte al testo della Kalīla wa Dimna, antico tavoliere di derivazione indiana. Si devono al G. anche gli indici della maggiore antologia letteraria del medioevo arabo, il Kitāb al-Aghānī, e i cataloghi dei manoscritti orientali conservati presso le biblioteche Nazionale, Alessandrina e Angelica di Roma.
I maggiori contributi del G. all'arabistica si collocano per gran parte nella prima fase della sua carriera, benché ininterrotta sia stata l'influenza da lui esercitata sull'attività della nascente scuola di arabisti romani, soprattutto attraverso la supervisione dei progetti scientifici del più giovane L. Caetani. In età già avanzata egli dette ancora alle stampe la traduzione annotata del primo volume del classico manuale di diritto malikita di Khalīl, richiestagli dal ministero delle Colonie poiché tale diritto era ancora vigente in Libia (Il Muḫtaṣar o Sommario del diritto malechita di Ḫalīl ibn Isḫāq, I, Giurisprudenza religiosa ('ibadāt), Milano 1919).
La tripartizione proposta non esaurisce la gamma degli interessi scientifici del G., che fu un erudito cultore della storia di Roma, antica e moderna (si ricordano al proposito i saggi da lui dedicati alla conoscenza di Roma presso alcuni storici e geografi arabi e siriaci); ebraista e biblista di vaglia, benché gli scritti nel campo siano in piccolo numero rispetto alla mole della sua produzione scientifica, e inoltre studioso di epigrafia semitica; profondo conoscitore della storia persiana e sasanide; studioso di letteratura greca, al punto che negli anni 1886-89 tenne la cattedra di letteratura greca dell'Università di Roma, nell'intervallo fra D. Comparetti ed E. Piccolomini. Per l'Enciclopedia Italiana scrisse tre voci: Storia della Chiesa etiopica, Storia dell'orientalismo e Filologia araba.
Dell'ambiente intellettuale capitolino e del cattolicesimo romano, pre e postunitario, il G. era stato personaggio notevole, e a questo mondo rimase legato fino alla fine della vita: la sua formazione scientifica, di stampo positivista, coesisteva "in compartimenti stagni", come è stato detto, con una salda fede religiosa, ed entrambe ispirarono la sua vita e le sue opere senza dar luogo a conflitti. Nonostante la statura di studioso di fama internazionale, egli si mosse raramente da Roma, se non per recarsi nella sua residenza estiva di Frascati. Come la gran parte degli orientalisti italiani suoi contemporanei, il G. fu un fautore dell'espansione coloniale italiana, benché il suo principale interesse fosse anche qui scientifico e di studio (si veda il richiamo al mito del progresso delle conoscenze che avrebbe accompagnato l'avventura egiziana di Napoleone Bonaparte, nel discorso Le popolazioni delle colonie italiane, letto all'adunanza solenne dei Lincei, il 1° giugno 1913).
La sua è di gran lunga la figura dominante della moderna scuola semitistica italiana, e alla sua scuola si formarono, direttamente o indirettamente, tutti i maggiori orientalisti italiani fra Otto e Novecento: da L. Caetani a G. Levi Della Vida, da G. Gabrieli al proprio figlio Michelangelo negli studi arabo-islamici, da F. Béguinot a F. Gallina a E. Cerulli negli studi semitici ed etiopici.
Il G. morì a Roma il 18 apr. 1935.
È pressoché impossibile enumerare interamente le onorificenze e i titoli accademici attribuiti al G.: egli fu cavaliere di svariati ordini, italiani e stranieri, socio, corrispondente o membro onorario delle principali accademie, società e istituzioni scientifiche, europee e non europee. Fu fra l'altro socio della R. Accademia dei Lincei dal 1878 e segretario per la classe di lettere dal 1890 al 1925: in quanto membro dell'Accademia gli fu conferita, con r.d. del 30 dic. 1914, la nomina a senatore del Regno.
Fonti e Bibl.: Roma, Accademia dei Lincei, Archivio Caetani, f. 38; necrologi: C. Di Marzo, I. G., in Annali dell'Istituto orientale di Napoli, VIII (1935), pp. 1-15; G. Gabrieli, La mortedi I. G., in Nuova Antologia, 1° maggio 1935, pp. 152 ss.; G. Levi Della Vida, I. G., in Al-Andalus, III (1935), pp. 201-204; Id., L'opera orientalistica di I. G., in Oriente moderno, XV (1935), pp. 236-248 (ora in Id., Aneddoti e svaghi arabi e non arabi, Milano-Napoli 1959, pp. 232-249); E. Littmann, I. G., in Zeitschrift der Deutschen Morgenländischen Gesellschaft, n.s., LXXXIX (1935), 14, pp. 119-130; S.G. Mercati, I. G., in Byzantion, X (1935), pp. 794-803; I. Krachkovsky, I. G., in Bull. de l'Académie des sciences de l'URSS, cl. des sciences sociales, 1936, pp. 201-204; G. Gabrieli, Un grande orientalista, I. G., in Nuova Antologia, 1° sett. 1931, pp. 87-101; N. Spano, L'Università di Roma, Roma 1935, p. 170; F. Gabrieli, La storiografia arabo-islamica in Italia, Napoli 1975, pp. 47 s.; A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei, I, p. 83; Enc. Ital., XVIII, pp. 252 s.