Savčenko, Igor Andreevič
Regista teatrale e cinematografico ucraino, nato a Vinnici l'11 ottobre 1906 e morto a Mosca il 14 dicembre 1950. Fu autore noto in epoca staliniana per le opere storiche su personaggi celebri della natia Ucraina, caratterizzate da un giusto equilibrio fra toni epici, semplicità didattica di contenuti e sapiente coloritura storico-narrativa. Non vanno comunque dimenticati altri aspetti del suo lavoro: più volte attore, fu anche sceneggiatore, nonché popolare maestro di regia al VGIK, la storica scuola di cinematografia moscovita.
Negli anni Venti, agli studi presso l'Istituto di arte scenica di Leningrado (1926-1929) accompagnò una vivace attività di attore e regista in campo teatrale presso i teatri della gioventù operaia (TRAM), prima a Baku in Azerbaigian, per poi giungere a dirigere alcuni spettacoli a Mosca nel 1932. Dal 1931 si era dedicato al cinema come attore, nel ruolo del capo dei socialisti rivoluzionari nel film Dvadcat′ šest′ komissarov (1933, Ventisei commissari) di Nikolaj M. Šengelaja, mentre nel 1934 comparve in Pesnja o sčast′e (Canto sulla felicità) di Mark S. Donskoj. Fu anche autore di sceneggiature e iniziò la sua attività di regista con due film di propaganda: Nikita Ivanovič i socializm (1931, Nikita Ivanovič e il socialismo, realizzato in collaborazione), di cui firmò anche la sceneggiatura e Ljudi bez ruk (1932, Uomini senza mani). Nel 1934 S. affrontò con successo un genere nuovo con una commedia musicale, che conquistò pubblico e critica, tratta da un poema di A.A. Žarov, Garmon′ (La fisarmonica), nella quale interpretava anche il ruolo grottesco del figlio di un kulak, ossia di un ricco contadino. La commedia trattava lo spinoso tema dei conflitti posti dalla collettivizzazione forzata, risolvendoli in chiave sentimentale con poetiche descrizioni della natura, dialoghi in versi, buoni sentimenti e brani cantati. Il successo dell'operazione fu dovuto anche alla scelta come protagonista di Zoja A. Fëdorova, che sarebbe diventata una delle attrici più popolari del Paese negli anni precedenti alla Seconda guerra mondiale. Dal genere della commedia, che riprese nel 1936 con Slučajnaja vstreča (Un incontro casuale), il regista passò a trattare soggetti, vicende, atmosfere e personaggi più vicini alla sua terra d'origine, l'Ucraina, delle cui tradizioni e storia fu sempre attento e appassionato cultore. Sulle eroiche gesta di ucraini e russi durante la guerra civile basò due film: Duma pro kazaka Golotu (1937, Canto sul cosacco Golot), di cui scrisse anche la sceneggiatura tratta da un racconto di A.P. Gajdar, e Vsadniki (1939, I cavalieri).
I due lavori ebbero modesta risonanza, ma costituirono il lancio per la prima grande opera cinematografica di S. e una delle più importanti della cinematografia ucraina, Bogdan Chmel′nickij (1941). Insieme all'avvincente narrazione delle eroiche gesta del popolo ucraino, attraverso la storia dell'eroe nazionale arrivavano sugli schermi atmosfere, costumi e vedute pittoresche, un gusto descrittivo tradizionale e una poetica visione della natura che svelarono il talento cinematografico del regista. Durante la guerra S. si dedicò, come molti altri registi, ai film di propaganda come Kvartal N° 14 (1942, Il rione N° 14), Gody molodye (1943, Gli anni giovanili), Partizany v stepjach Ukrainy, (1943, I partigiani nelle steppe dell'Ucraina), Ivan Nikulin ‒ russkij matros (1945, Ivan Nikulin è un marinaio russo) e altri nello stile fra il dramma eroico e il documentario di guerra. Le migliori scene di battaglia, grandiose e avvincenti per potenza espressiva e impiego di mezzi, appartengono però a un suo film successivo, Tretij udar (1948, Il terzo colpo) sulla disfatta dell'esercito tedesco a Kiev: un classico tra i film di guerra e insieme un campione del 'culto della personalità' di Stalin.
Dopo alcuni anni in cui diresse gli studi di produzione Gor′kij, S. approdò nel 1946 all'Istituto nazionale di cinematografia (VGIK), dove coltivò generazioni di futuri cineasti, da Vladimir N. Naumov e Aleksandr A. Alov al grande attore e futuro regista Sergej F. Bondarčuk, protagonista dell'ultimo kolossal di S. sulla vita di un altro patriota e poeta ucraino dell'Ottocento, Taras Ševčenko (1951). Morì durante le riprese, a soli 44 anni; il film fu portato a termine dai suoi allievi e uscì postumo confermando le doti professionali e il senso del grande spettacolo, epopea e insieme racconto di sentimenti e di personaggi autentici, che avevano caratterizzato i suoi film storico-biografici.
Le sue riflessioni sul montaggio sono state pubblicate nel 1960 (in "Isskustvo kino", 3); edita anche postuma, nel 1980, la raccolta dei suoi articoli e dei suoi ricordi (Sbornik statej i vospominanij).
Kino. Enciklopedičeskij slovar′, Moskva 1987, ad vocem.