Recentemente in Uruguay è stata costruita un’industria di polpa di cellulosa, operativa dal 2007, che si trova nella città di Fray Bentos, lungo il fiume Uruguay, e produce un milione di tonnellate di polpa di cellulosa ogni anno. Questa ha attratto il più grande investimento estero della storia del paese ed è gestita da una compagnia finlandese di settore, la Metsä-Botnia. Una seconda industria, inoltre, dovrebbe sorgere a Punta Pereira, situata sulla bocca dell’estuario di Río de la Plata. Essa era stata appaltata alla Ence, industria spagnola che ha abbandonato il progetto in favore di una joint venture costituita da Stora Enso Oyj, leader europeo nella produzione di carta, e dalla Celulosa Arauco y Constitucion S.A., per un investimento totale di 1,9 miliardi di dollari. Il progetto e la realizzazione del primo stabilimento industriale hanno aperto un contenzioso tra Uruguay e Argentina. Infatti, già durante il periodo della costruzione vi furono numerose proteste degli ambientalisti, con centinaia di manifestanti che marciarono verso il suolo uruguayano attraverso i ponti di collegamento lungo il fiume, minando la messa a punto del progetto, tanto che l’allora presidente uruguayano Tabaré Vázquez mobilitò l’esercito per sorvegliare il luogo deputato alla costruzione della cartiera contro possibili sabotaggi. Inoltre, nel 2006 il governo argentino decise di adire la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite appellandosi al ‘Trattato del Río Uruguay’ del 1975, in base al quale i due paesi hanno l’obbligo di informare lo stato confinante qualora siano intenzionati a realizzare opere lungo il tratto comune del fiume (circostanza che non si è verificata nel caso delle cartiere), e protestando per il rischio rappresentato dallo stabilimento per l’ambiente e per l’ecosistema della regione. Nell’aprile 2010, quando la cartiera era già operativa, la Corte ha concluso che l’Uruguay ha effettivamente violato gli impegni procedurali di cooperazione, ma che non ha violato le norme sostanziali di tutela dell’ambiente previste dal Trattato del Río Uruguay. Di conseguenza, la Corte non ha ritenuto necessaria la chiusura dello stabilimento, né misure risarcitorie a favore dell’Argentina. Nell’agosto 2010 i rapporti tra i due paesi, anche grazie all’amicizia dei rispettivi presidenti, sono tornati alla normalità e tramite un accordo siglato a Montevideo hanno istituito una Commissione amministratrice del Río Uruguay per monitorare i livelli di inquinamento del fiume e controllare le attività che si sviluppano lungo lo stesso.