Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Il protestantesimo contemporaneo, le cui radici affondano nelle dottrine teologiche dei riformatori del XVI secolo, è diviso in una pluralità di comunioni confessionali. Nel XX secolo si afferma un movimento che tenta di ricomporre le fratture storiche del protestantesimo, e più in generale della cristianità: l’ecumenismo. Dopo la seconda guerra mondiale, tale movimento raggiunge un traguardo importante con la creazione del Consiglio ecumenico delle Chiese.
Il cristianesimo contemporaneo è una religione diffusa in tutti i continenti del globo e caratterizzata da una spiccata multiformità sul piano confessionale e istituzionale. Le sue principali espressioni sono l’ortodossia orientale, il cattolicesimo e il protestantesimo. La divisione tra Chiesa greco-ortodossa e Chiesa cattolica romana risale all’XI secolo, quando gli inveterati contrasti tra i papi e i patriarchi cosmopolitani deflagrano apertamente e clamorosamente, con la scomunica pontificia del patriarca Michele I Cerulario, sfociando nel primo grande scisma della cristianità europea.
Il protestantesimo ha la sua origine nel XVI secolo e le sue radici dottrinali nella teologia del monaco agostiniano tedesco Martin Lutero, la cui predicazione e le cui opere intercettano la diffusa insoddisfazione spirituale dell’epoca e ricevono il consenso e il sostegno di quanti avvertono il bisogno urgente di una riforma della Chiesa. L’orientamento confessionale dei riformatori è denominato protestantesimo in seguito alla “protesta” elevata, in occasione della seconda Dieta imperiale di Spira (1529), dai principi elettori e dai rappresentanti delle città favorevoli alla riforma religiosa, contro la revoca della deliberazione, approvata durante la prima Dieta di Spira (1526), di rimettere alle autorità politiche di ciascun territorio dell’impero la decisione di accogliere o respingere l’interpretazione luterana della Bibbia e il conseguente rinnovamento dell’organizzazione della vita ecclesiastica. Parallelamente alla nascita in Germania di Chiese d’ispirazione luterana, denominate “evangeliche”, un movimento di riforma religiosa si afferma in Svizzera, sotto l’impulso del prete umanista Zwingli, la cui opera di riorganizzazione della Chiesa di Zurigo (1523-1528) è presa a modello nei cantoni di Berna, Sciaffusa e Basilea. Nei decenni seguenti, quando il luteranesimo ha già conquistato i regni di Danimarca (1536), di Svezia (1536), di Norvegia (1537) e d’Islanda (1538), proprio dalla Svizzera parte una seconda ondata riformatrice, il cui promotore tuttavia non è Zwingli, morto nel 1531 nella battaglia di Kappel contro i cattolici, ma Giovanni Calvino, umanista e teologo francese di ambiente evangelico, che nella seconda metà degli anni Trenta si trasferisce a Ginevra, per poi stabilirvisi definitivamente nel decennio successivo, realizzando una radicale trasformazione della vita cittadina, dell’organizzazione ecclesiastica e del culto. Chiese riformate d’impronta calvinista si stabiliscono, oltre che in Svizzera, in Scozia e nella Repubblica delle Province Unite, mentre la confessione calvinista fa proseliti anche in Ungheria e in Francia.
Il luteranesimo e il calvinismo, con le loro fisionomie dottrinali e istituzionali parzialmente diverse, sono le due componenti “storiche” del protestantesimo, dalle quali, nei secoli successivi, germinano altri indirizzi teologici, ecclesiologici e devozionali. Nel panorama protestante del XX secolo le principali denominazioni confessionali, accanto al luteranesimo e al calvinismo, sono l’anglicanesimo, il battismo, il metodismo e il pentecostalismo. All’universo del protestantesimo appartengono anche altre comunioni religiose, come quelle più risalenti dei mennoniti, degli hutteriti, dei quaccheri, o quelle più recenti, nate nel XIX secolo, dei discepoli di Cristo, della Chiesa del Nazareno, della Chiesa avventista: tutte accomunate, al di là delle pur rilevanti differenze, dai principi fondamentali della concezione del cristianesimo affermatasi con la Riforma.
Tale concezione è imperniata su una dottrina della salvezza e su un’idea della verità rivelata, gravide di conseguenze teologiche, ecclesiologiche ed etiche. Considerando la natura umana irrimediabilmente corrotta a causa del peccato originale, il protestantesimo giudica l’uomo incapace di guadagnarsi la salvezza, cioè di acquisirne il merito agli occhi di Dio attraverso le opere. È Dio, nella sua assoluta sovranità e nella sua infinita misericordia, a salvare l’uomo, infondendogli la fede e perdonandolo dei suoi peccati, per libera e gratuita scelta. Nella sola fede in Cristo e nel suo sacrificio salvifico, il credente sa di essere riconciliato con Dio. Sul piano etico, la dottrina della giustificazione per Grazia attraverso la fede non si traduce affatto in un atteggiamento di lassismo e indifferenza. Il protestantesimo, infatti, attribuisce alle opere un enorme significato simbolico, elevandole al rango di manifestazioni della fede e della devozione del singolo, il quale è così investito della responsabilità morale di agire, sempre e in ogni ambito, per la gloria di Dio.
La dottrina protestante della salvezza, comportando l’affermazione di una relazione personale del credente con Dio ed escludendo ogni intermediazione ulteriore a quella di Cristo redentore, ha una ricaduta anche nell’ambito della concezione della Chiesa, che, rispetto al cattolicesimo, è spogliata del ruolo di istituzione dispensatrice di perdono e amministratrice di “risorse” di salvezza. La Chiesa, secondo la visione protestante, è il corpo di Cristo, costituito dalla collettività dei credenti, uniti nello stesso battesimo e nella fede comune nella parola di Dio attestata nelle Sacre Scritture. In queste ultime, il protestantesimo riconosce la sola fonte di verità. Ogni professione di fede, ogni dogma, ogni istituto religioso ha nella rivelazione biblica il suo parametro di validità. Per questo il protestantesimo respinge cinque dei sette sacramenti cattolici, conservando soltanto il battesimo e la comunione, gli unici “istituiti” direttamente da Gesù, che vengono concepiti come mezzi di grazia la cui efficacia non è automatica (ex opere operato), come nella visione cattolica, ma dipende dalla fede di chi li riceve. La centralità della Bibbia nella teologia protestante si riflette anche nella forma del culto, che consiste essenzialmente nella lettura delle Sacre Scritture e nella predicazione.
Nell’Europa del XX secolo, la confessione protestante più rilevante per numero di fedeli è il luteranesimo, fortemente compatto sul piano della dottrina (basata sulla Confessione di Augusta, 1530, e sui catechismi di Lutero) ma piuttosto eterogeneo dal punto di vista dell’organizzazione ecclesiastica, che non è la medesima, per forza di cose, nelle Chiese libere dei Paesi a maggioranza cattolica od ortodossa, come l’Austria o la Russia, e nelle Chiese di Stato scandinave, che conservano il sistema vescovile, abolito in Germania al tempo della Riforma. Una più marcata uniformità istituzionale caratterizza le Chiese riformate di matrice calvinista, strutturate, in conformità all’archetipo ginevrino, su una scala di assemblee che va dalle chiese locali al Sinodo generale, nel quale siedono i pastori e gli anziani (da cui la denominazione “presbiteriani” assunta dai calvinisti scozzesi) eletti dalle assemblee inferiori. Le Chiese riformate condividono largamente le basi teologiche del luteranesimo, distinguendosene soltanto per una diversa interpretazione della presenza di Cristo nell’eucarestia e per la decisa affermazione della dottrina agostiniana della predestinazione, secondo la quale, per l’imperscrutabile volere di Dio, solo alcuni uomini sono salvati.
Dopo secoli di divisioni, nel secondo Novecento, la prossimità delle due famiglie confessionali trova una manifestazione istituzionale nella Concordia di Leuenberg (1973), che stabilisce la piena comunione ecclesiale tra le Chiese luterane e riformate d’Europa. Si distingue nettamente dalle Chiese luterano-riformate, per struttura e liturgia, la Chiesa anglicana, le cui origini rimontano allo scisma della Chiesa inglese dalla Chiesa romana, decretato dal re Enrico VIII nel 1534. Durante il lungo regno di Elisabetta I, dal 1558 al 1603, dopo anni di convulsioni confessionali provocate dagli opposti orientamenti di fede dei sovrani d’Inghilterra, la Chiesa anglicana assume stabilmente i connotati dottrinali del protestantesimo. Conserva, tuttavia, profonde tracce del passato cattolico nella gerarchia episcopale e nel culto. In virtù di questa costituzione ibrida, l’anglicanesimo si mostra capace, nel corso del Novecento, di dialogare tanto con l’universo delle comunioni protestanti quanto con la Chiesa cattolica, della quale, però, rifiuta recisamente i dogmi più recenti, a cominciare dall’infallibilità papale. Di origine inglese sono anche le confessioni battista e metodista, la prima nata nel XVII secolo, nella temperie religiosa del puritanesimo, in aperto dissenso rispetto al “compromesso” anglicano, la seconda originata dall’opera di evangelizzazione e di “risveglio” religioso intrapresa dall’anglicano John Wesley, a partire dagli anni Trenta del XVIII secolo.
Nel corso del XX secolo il battismo diventa la comunione protestante col maggior numero di aderenti negli Stati Uniti; in Europa, invece, il suo sviluppo è assai più limitato. Le Chiese battiste più numerose si trovano in Gran Bretagna, Romania, Germania e Russia. Il battismo può essere considerato l’erede spirituale delle tendenze radicali della Riforma, espresse nel Cinquecento dal movimento anabattista, ferocemente represso e dai cattolici e dai protestanti. Come gli anabattisti, i battisti praticano il battesimo degli adulti, poiché concepiscono la Chiesa come comunità dei soli credenti convinti. In virtù del battesimo, tutti i fedeli sono uguali, senza differenze tra pastori e laici. All’uguale dignità dei membri del corpo ecclesiastico corrisponde l’uguale dignità di ciascuna Chiesa. Non esiste infatti un’istituzione ecclesiastica unitaria articolata gerarchicamente, ma singole Chiese indipendenti, coordinate in “convenzioni”, governate da comitati direttivi. L’Alleanza Battista Mondiale, fondata a Londra nel 1905, è cresciuta dai nove milioni di membri delle origini ai 35 milioni della fine del secolo.
Anche il metodismo, come il battismo, è presente negli Stati Uniti più che in Europa, dove è scarsamente diffuso fuori dall’Inghilterra. La peculiarità del movimento metodista nel panorama protestante consiste nella preminenza accordata all’etica e all’esperienza religiosa personale rispetto alla dottrina e al culto. Il primo passo è la “conversione”, che è un’esperienza di profonda crisi spirituale nella quale l’individuo diventa consapevole della gravità dei propri peccati, ma, anziché cadere nella disperazione, si fortifica nella fede in Dio: nel Dio misericordioso, che, perdonando, dona la salvezza. Nato a nuova vita attraverso la conversione, il credente deve avviarsi lungo il cammino della “santificazione”: il processo di perfezionamento etico del cristiano, diretto dalla regola dell’amore di Dio e del prossimo. Nell’organizzazione delle comunità metodiste, fondamentale è il ruolo dei laici, chiamati a vigilare sulla condotta morale dei fedeli e a predicare il Vangelo di Cristo, secondo una stretta osservanza della dottrina luterana del sacerdozio universale. Separatosi dalla Chiesa d’Inghilterra nel tardo Settecento, il metodismo riprende a dialogare con l’anglicanesimo nel secondo Novecento. Tuttavia, un tentativo di riunificazione delle due Chiese fallisce nel 1972.
Tra le maggiori denominazioni confessionali del protestantesimo contemporaneo, la sola a essere nata nel XX secolo è il pentecostalismo, importato in Europa dagli Stati Uniti, dove un prorompente movimento di risveglio religioso si afferma a partire dall’aprile del 1906, quando la predicazione del pastore nero William James Seymour, a Los Angeles, infonde nell’uditorio un fervore religioso talmente acceso e trascinante da far sentire i presenti come protagonisti e testimoni di una nuova Pentecoste: alcuni di loro, infatti, cominciano a pronunciare parole incomprensibili, che vengono interpretate come una ripetizione del fenomeno della glossolalia narrato nel Nuovo Testamento. L’anno seguente il pastore norvegese Thomas Barrat, conquistato al pentecostalismo durante un viaggio negli USA, promuove il nuovo movimento evangelico nei Paesi scandinavi, da dove, successivamente giunge in Gran Bretagna, per poi penetrare nel continente europeo, diffondendosi in Francia, Italia, Romania e Russia. La dottrina dei pentecostali è contrassegnata da un profondo biblicismo, da cui deriva, ad esempio, la pratica del battesimo degli adulti per immersione. Centrale, altresì, è il concetto di rigenerazione nella fede: esperienza spirituale che deve manifestarsi concretamente nella nuova vita cristiana del credente. L’elemento distintivo della confessione pentecostale è l’esaltazione del battesimo nello Spirito Santo, che eleva il fedele a una condizione di profonda comunione con Dio, conferendogli il carisma (dono) delle lingue, sperimentato dagli apostoli nel giorno della Pentecoste. I pentecostali credono anche nella guarigione per fede attestata dalle Sacre Scritture quale carisma della Chiesa primitiva.
Il “letteralismo” biblico allontana, evidentemente, il movimento pentecostale dai canoni teologici del protestantesimo, suscitando diffidenze e ostilità negli ambienti evangelici di più salda tradizione dottrinale, che all’entusiasmo religioso e alla glossolalia dei battezzati nello Spirito Santo, oppongono lo studio della Bibbia e la ricerca teologica, sulle tracce delle opere dei padri della Riforma e dei grandi contributi novecenteschi di Karl Barth e Paul Tillich.
Le molteplici espressioni del protestantesimo sono attraversate, nel XX secolo, da una comune tendenza alla ricerca del dialogo, che si manifesta in un’attiva volontà di collaborazione e di reciproco avvicinamento. Fin dai primi decenni del secolo, infatti, negli ambienti evangelici emerge un movimento ecumenico, che mira a ricostituire l’unità dell’universo protestante, aspirando a quella di tutta la cristianità. È nell’ambito delle imprese missionarie che la prospettiva ecumenica compie il suo rodaggio. Le Chiese protestanti aderenti alla Conferenza Missionaria Mondiale di Edimburgo del 1910 creano, in seguito, il Consiglio Internazionale delle Missioni, che si riunisce periodicamente tra il 1928 e il 1958. L’impulso del protestantesimo europeo al movimento ecumenico è assai rilevante. A Stoccolma, nel 1925, l’arcivescovo luterano di Uppsala Nathan Söderblom convoca la prima Conferenza Universale del Cristianesimo Pratico “Vita e Azione” (la seconda si terrà a Oxford nel 1937), invitando tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane. Ortodossi e cattolici, tuttavia, non aderiscono all’iniziativa. Due anni dopo, nel 1927, la strada del dialogo interconfessionale è intrapresa con successo dal protestantesimo statunitense. Il vescovo della Chiesa episcopale americana Charles Henry Brent riunisce a Losanna 400 rappresentanti ecclesiastici provenienti da tutto il mondo, per discutere, oltre le frontiere dogmatiche, di “Fede e Costituzione”. Alla conferenza (la prima di una lunga serie) partecipano anche numerosi rappresentanti di Chiese ortodosse. Nel 1948 i movimenti ecumenici del Cristianesimo pratico e di Fede e Costituzione creano un organismo comune, il Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Nel 1961, anche il Consiglio Internazionale delle Missioni aderisce al Consiglio Ecumenico delle Chiese. L’anelito ecumenico del protestantesimo contemporaneo trova espressione altresì nella Conferenza delle Chiese protestanti dei Paesi latini d’Europa, in cui confluiscono, a partire dal 1950, numerose comunioni evangeliche di Paesi a forte maggioranza cattolica, quali la Spagna, il Portogallo, la Francia, il Belgio e l’Italia. Nel 1946, metodisti, battisti, luterani, esercito della salvezza e Chiesa valdese (la più antica comunità evangelica d’Europa e la più importante in Italia) danno vita al Consiglio Federale delle Chiese evangeliche. Vent’anni dopo, nasce la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che rappresenta la grande maggioranza dei circa 400 mila protestanti italiani.