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Imola

di Augusto Vasina, Pier Vincenzo Mengaldo - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Imola

Augusto Vasina
Pier Vincenzo Mengaldo

Negli scritti danteschi il primo riferimento a questa città cade a proposito della definizione del volgare illustre, ricercato pure nel confronto fra la parlata bolognese e quelle delle città contermini.

In ben diverso contesto (siamo qui infatti nell'ottava bolgia infernale dominata dalla ferrigna figura di Guido da Montefeltro) va invece interpretato il secondo riferimento alla città, svolto nella perifrasi città... di Santerno, dove I. figura associata, per comune impresa araldica, alla vicina Faenza nella sottomissione a Maghinardo Pagani: le città di Lamone e di Santerno / conduce il lïoncel dal nido bianco, / che muta parte da la state al verno (If XXVII 49-51).

Fu Maghinardo un tiranno disceso dal castello di Susinana (nell'alta valle del Senio) dominato dai Pagani, il cui contrassegno araldico era costituito da un leone rampante azzurro in campo bianco; egli, destreggiandosi abilmente fra guelfi fiorentini e ghibellini romagnoli, riuscì dapprima a farsi eleggere e confermare, quasi senza soluzione di continuità, podestà e capitano del popolo nei comuni di Faenza e di Forlì, a partire dal 1286, e anche di I. dal 1289, poi ad affermare il proprio dominio su quasi tutta la Romagna. Ma la realizzazione del suo piano d'insignorimento dell'intera regione fu troncata dalla morte prematura, avvenuta nell'agosto 1302.

Assai più tenui, e sempre indiretti, sono i richiami a I. nelle altre due cantiche della Commedia: prima nella rinnovata condanna del dimonio dei Pagani che D. fa pronunciare a un'anima penitente nella cornice degl'invidiosi, il romagnolo Guido del Duca (Pg XIV 118-120); poi nella figura femminile di Cianghella della Tosa, originaria di Firenze, ma andata sposa al signore imolese Lito Alidosi, rievocata in una luce equivoca da Cacciaguida nel cielo di Marte, sullo sfondo dell'insistita contrapposizione fra la Firenze antica e quella dei tempi del poeta (Pd XV 127-129).

Per nulla trascurabili debbono considerarsi le testimonianze e le segnalazioni utili a ricostruire la fortuna di D. nella tradizione culturale imolese. Essa ci appare precocemente illustrata da uno dei maggiori commentatori trecenteschi della Commedia - e senza dubbio il più importante per quella parte del poema dantesco che si riferisce al mondo storico romagnolo dei secoli XIII e XIV -: Benvenuto da Imola. Nato presumibilmente nel terzo decennio del Trecento da una famiglia di notai di buone tradizioni culturali, si trattenne nella sua città, non senza qualche interruzione, fino al 1365, quando fu costretto ad andare in esilio per essersi inimicati gli Alidosi, signori imolesi. Nonostante la sua prolungata permanenza nella città natale, non disponiamo di elementi decisivi per poter affermare che Benvenuto fosse riuscito a destarvi l'interesse per gli scritti e la memoria dell'Alighieri. Del resto la sua attività esegetica della Commedia lo tenne prevalentemente occupato negli ultimi anni della vita, trascorsi, com'è noto, saltuariamente a Bologna e soprattutto a Ferrara, presso la corte estense.

La presenza di D. in I. attraverso il Comentum di Benvenuto è tuttavia testimoniata, già per tempo, dalla tradizione manoscritta e a stampa della Commedia. Ancora oggi, infatti, si conservano nella Biblioteca Comunale imolese manoscritti quattrocenteschi e incunaboli comprendenti il poema dantesco commentato: uno di essi (il ms. cartaceo n. 31) contiene proprio il Comentum di Benvenuto ai primi quattro canti dell'Inferno; un altro (il ms. membranaceo n. 32), lacunoso al principio e alla fine, ci tramanda il commento di Guiniforte Barzizza alla prima cantica. Inoltre, almeno due incunaboli contengono il poema dantesco: il primo col commento di lacopo della Lana e la vita di D. scritta dal Boccaccio (Venezia 1477); l'altro col commento di Cristoforo Landino (Brescia 1487). Tutto ciò indurrebbe a ritenere che, forse già in età umanistica, la cultura imolese si fosse aperta alla lettura degli scritti danteschi.

A un vero e proprio culto di D. si giunse forse, anche a I., solo nel corso dell'Ottocento, come sembrerebbe in parte testimoniato da un certo fervore degli studi sulla Commedia commentata da Benvenuto.

Nel corso del Novecento si sono distinti in I., nel campo degli studi danteschi, Luigi Baldisserri e Alfredo Grilli.

Bibl. - L. Baldisserri, Ricordi imolesi nella D.C., in " Sesto Centenario dantesco " IV (1905) 101-106; A. Torre, Maghinardo Pagani da Susinana, in " Studi Romagnoli " XIV (1963) 3-22; A. Vasina, I Romagnoli fra autonomie cittadine e accentramento papale nell'età di D., Firenze 1964; A. Ciotti, La città del Santerno nel poema dantesco, in " Rubiconia Accademia dei Filopatridi " quad. VII (1966) 129-142.

Sulla fortuna di D. in I. si veda: R. Galli, I manoscritti e gli incunaboli della Biblioteca Comunale d'I., Imola 1894, LV-LVII, 30-32; L. Baldisserri, Benvenuto da I. (Sesto centenario dantesco), ibid. 1921; L. Paoletti, Benvenuto da I., in Dizion. biogr. degli Ital. VIII (1966) 691-694.

Lingua. - I. è la quarta città della Romagna, dopo Ravenna, Faenza e Forlì (VE I IX 4, XIV 2), che D chiama in causa a proposito delle condizioni linguistiche di quella regione.

In VE I XV 2-3, illustrando le ragioni dell'eccellenza linguistica dei Bolognesi (v. BOLOGNA), dovuta al contemperamento di caratteri di lingua opposti e in sé negativi, D. dice che i Bolognesi assumono nel loro volgare qualcosa dagl'Imolesi, dai Ferraresi e dai Modenesi; e precisamente, dai primi, lenitatem atque mollitiem. La caratterizzazione riprende, precisandola, quella offerta in VE I XIV 2 per il romagnolo in genere, accusato di eccessiva, femminea mollities di vocaboli e pronuncia. V. LENITAS; MOLLITIES; ROMAGNA.

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