Mughal, impero
Fondato nel 1526 in India da Babur sulle rovine del sultanato di Delhi, durò, con declinante fortuna, fino al 1858. Di stirpe turca, discendente di Tamerlano, Babur apparve in India rivendicando i territori già occupati dall’avo. La vittoria di Panipat nel 1526 sull’esercito di Ibrahim Lodi segnò l’inizio dell’impero Mughal. Babur sconfisse in seguito gli eserciti dei principali clan rajput, ma la prematura morte (1530) ne interruppe lo slancio. Gli successe il figlio Humayun (1530-56), che perse inizialmente il regno, riconquistato solo nel 1555. Il figlio Akbar (1556-1605) consolidò il dominio. Grazie a una alleanza matrimoniale con il maharaja di Amber, Biharamal, ottenne l’alleanza dei rajput e l’azione militare gli consentì di controllare tutto il Nord dell’India, Kashmir incluso. Tra il 1574 e il 1576 si allargò al Gujarat, al Deccan settentrionale, al Bengala, all’Orissa arrivando fino a Kandahar, in Afghanistan. Akbar riorganizzò lo Stato e governò con saggezza e spirito di apertura. Gli subentrarono Jahangir (1605-27) e Shah Jahan (1627-58). Questi estese l’impero M. verso meridione e patrocinò importanti opere architettoniche di stile indo-persiano, tra cui il Taj Mahal di Agra e il Forte rosso di Delhi ove spostò, da Agra, la capitale. A Shah Jahan subentrò in modo traumatico il figlio Aurangzeb (1658-1707), che salì sul trono combattendo i fratelli e imprigionando l’anziano padre nel Forte rosso di Agra. Egli fu l’ultimo dei grandi imperatori Mughal. Fondò una nuova capitale ad Aurangabad, nel Deccan (1681), e da qui prese le mosse per le conquiste di Bijapur e Golconda. L’impero M. raggiunse con ciò la sua massima estensione, ma nel contempo comparvero i primi segnali di crisi: furono soprattutto i continui impegni bellici e la perdita di coesione da parte della nobiltà ad accelerare il declino economico e politico dei Mughal. Cresceva intanto la potenza dei Maharati, che sotto Shivaji Bhonsle (1627-80) si erano ricavati una zona d’influenza attorno a Pune; successivamente essi riuscirono a organizzare una confederazione di casati (Sinde, Holkar, Bhonsle e Gaikwar) e grazie a ciò riuscirono a estendere il proprio dominio all’intero Deccan e arrivarono a saccheggiare Delhi (1739). L’impero M., della cui titolarità vennero investite personalità deboli e prive di autonomia politica, si ridusse al solo territorio centrale, peraltro soggetto a rovinose incursioni degli eserciti persiani e afghani. Alle minacce interne s’aggiunse quella degli europei, che fondarono numerose basi commerciali e ampliarono gradualmente la loro influenza. Tra la metà del 18° sec. e l’inizio del sec. successivo, gli inglesi consolidarono la loro presenza in Bengala, posero fine alle aspirazioni dei Maharati e di altri potentati indiani (Mysore) e neutralizzarono le residue forze dei Mughal. Un tentativo di restaurazione venne tuttavia compiuto nel corso dell’insurrezione del 1857-58 (➔ Mutiny of Indian sepoys). Le forze ribelli conferirono i poteri all’anziano imperatore Bahadur Shah II (1775-1862), che gli inglesi, una volta ripreso il controllo della situazione e in procinto di conferire la piena sovranità sull’India alla regina Vittoria, esiliarono in Birmania.