Impiego dei SARP e requisiti di sicurezza
La Commissione europea, nella comunicazione dell’8.4.2014 (COM(2014) 207 final), ha proposto di adottare nuove norme più rigorose per disciplinare l’uso dei droni civili (Remotely-Piloted Aircraft-RPA). Le nuove norme riguarderanno settori come la sicurezza, la riservatezza, la protezione dei dati, l’assicurazione e la responsabilità. Dal canto loro, le Autorità aeronautiche di numerosi Paesi europei, ai quali è riservata la disciplina per i mezzi aerei a pilotaggio remoto di massa operativa al decollo inferiore ai 150 kg. (in virtù del regolamento (CE) n. 216/2008), hanno cominciato ad elaborare normative tecniche con riguardo agli aspetti della certificazione e delle operazioni di volo.
La conduzione di velivoli privi di equipaggio al di fuori degli spazi aerei ad essi riservati (zone segregate) rende urgente la soluzione di numerosissimi delicati problemi tra i quali, e non ultimo, si prospetta il tema della responsabilità connessa al loro impiego.
Si susseguono quindi gli sforzi per giungere ad una soluzione armonizzata dei profili attinenti al rispetto delle regole dell’aria ed all’aspetto tecnico dell’impiego1. Sono di attualità le recenti normative tecniche le quali, in attesa della definizione della regolazione primaria a livello internazionale ed europeo (per RPA di massa operativa superiore ai 150 kg.), ad oggi, si risolvono nelle disposizioni emanate dalle Autorità aeronautiche dei singoli Stati ai quali è riservata la disciplina per gli RPA di massa operativa al decollo inferiore ai 150 kg. Recentemente, l’Italia, tramite l’ENAC, ha emanato il proprio regolamento (n. 42/2013 del 16.12.2013) che fornisce i requisiti da soddisfare per le diverse categorie di RPAS con riferimento alle autorizzazioni all’impiego, alle certificazioni, alla registrazione ed alla identificazione dei RPAS2. Inoltre il 30.4.2014 l’ENAC ha anche predisposto una bozza di circolare destinata a fornire gli strumenti attuativi. Dal canto suo, l’Agenzia europea di sicurezza aerea ha avviato il processo di elaborazione di norme specifiche per le autorizzazioni di sicurezza dei droni,mentre sempre più urgenti si prospettano i temi della responsabilità dell’impiego di tali velivoli. Sotto questo profilo, proprio le caratteristiche tecnico-funzionali di questi velivoli e dei sistemi di controllo che li supportano, nonché la vastità e la diversità delle modalità di impiego in ambito civile, consentite proprio da tali caratteristiche, hanno reso quanto mai urgente che si forniscano adeguate risposte ai temi sempre delicatissimi della responsabilità e, in particolare della responsabilità civile (dal momento che i profili della responsabilità penale sembrerebbero, fermo restando un dovuto supplemento di riflessione, trovare riscontro nel sistema penalistico generale: si pensi, ad esempio, con riferimento ad una delle molteplici possibilità di impiego di tali velivoli, alla ipotesi delittuosa delle interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615 bis c.p. italiano). Velivoli privi di sistemi di pilotaggio a bordo e, quindi, privi di equipaggio, possono essere costruiti secondo tipologie diverse, nelle dimensioni e nelle dotazioni, proprio in funzione delle attività specialistiche cui sono destinati; attività che, come dimostra di aver tenuto conto la recente disciplina tecnica dell’ENAC relativa alle autorizzazioni all’impiego, alle certificazioni, alla registrazione ed alla identificazione dei RPAS, possono essere le più varie (dall’impiego in attività agricole a quello del controllo del territorio). Da questa breve premessa scaturisce una considerazione preliminare. L’utilizzazione di questi velivoli, ove non avvenga per finalità ludiche o comunque meramente ricreative (per le quali si va affermando una regolazione dedicata e non a caso l’ENAC, conformemente alla circolare ICAO 328 AN/190 del 2011 – che colloca gli aeromodelli al di fuori della Convenzione di Chicago – ha distinto la disciplina dei RPAS da quella degli aeromodelli che non sono considerati aeromobili), è normalmente direttamente collegata all’esercizio di attività specifiche, specialistiche, nei confronti delle quali il drone, ed il suo utilizzo, rappresenta una modalità esecutiva. Mentre la responsabilità per l’impiego di aeromobili è normalmente direttamente riconducibile all’attività aeronautica in sé e per sé considerata, sia come responsabilità contrattuale che come illecito extracontrattuale, la responsabilità per l’impiego di droni, ove non avvenga solo per finalità ricreative, appare molto spesso ricollegabile non solo al fenomeno dell’esercizio in sé e per sé considerato, ma anche all’attività della quale il drone rappresenta solamente uno strumento esecutivo.
Di ciò vi è conferma anche nel regolamento ENAC del 16.12.2013 che, all’art. 6.3, stabilisce che «fatto salvo quanto previsto al comma 1, nel caso di operazioni specializzate per conto terzi, deve essere stipulato un accordo tra operatore del SARP e committente nel quale le parti definiscono le rispettive responsabilità e concordano sull’idoneità del SARP …anche con riguardo alle disposizioni in materia di protezione dati di cui all’art. 22 del presente Regolamento». Ma anche con riferimento all’aspetto del solo esercizio del velivolo, in mancanza di una normativa espressamente dedicata, i problemi interpretativi da affrontare sono numerosi e di complicata soluzione. Le prime difficoltà si incontrano già nel momento della individuazione del soggetto al quale andrebbero ricondotte le responsabilità derivanti dal solo esercizio di un mezzo aereo a pilotaggio remoto.
Infatti, da una parte, la responsabilità per l’esercizio aeronautico dovrebbe gravare sull’esercente/operatore del velivolo in funzione della disciplina di riferimento che, allo stato, si ritiene debba essere, a livello internazionale (nonché per l’Italia), quella della Convenzione di Roma del 19523.Dall’altra, le caratteristiche tecnico-operativo, che inevitabilmente distinguono un aeromobile a pilotaggio remoto dall’aeromobile tradizionale, impongono una nuova verifica dell’efficacia della individuazione delle figure verso le quali sono ricondotte le responsabilità stabilite dalla normativa uniforme; tenuto conto che, con il supporto delle diverse definizioni offerte dalla disciplina uniforme, si tratterà di stabilire la rispondenza dei diversi soggetti che intervengono nell’esercizio di un SARP rispetto alle qualificazioni tradizionali. Operazione che, evidentemente, dovrà tenere in debito conto le indicazioni che provengono proprio dalla stessa normativa internazionale, e quindi, in particolare, dalla Convenzione di Roma la quale, come è noto, a differenza del codice della navigazione italiano, privilegia nella definizione di esercente l’aspetto effettivo e fattuale, tanto da consentire di ritenere tale anche l’utente temporaneo ed occasionale (artt. 3 e 4 Convenzione di Roma 1952)4.
Ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008, sono di competenza delle Autorità nazionali i sistemi APR di massa massima al decollo non superiore a 150 kg. e tutti quelli progettati o modificati per scopi scientifici, di ricerca e sperimentazione.
L’ENAC ha quindi emanato, in esecuzione dell’art. 743 c. nav., il proprio regolamento (n. 42/2013 del 16.12.2013) che fornisce i requisiti da soddisfare per impiegare le diverse categorie di RPAS. La disciplina tecnica, che pone i requisiti di livello di sicurezza sul piano globale delle operazioni, sarà integrata dalla circolare applicativa che al momento è stata diffusa dall’ENAC in forma di bozza in data 30.4.2014. Il Regolamento, distingue due tipologie di droni:
a) i sistemi aeromobili a pilotaggio remoto (SAPR), che sono mezzi impiegati o destinati all’impiego in operazioni specializzate (lavoro aereo) o attività sperimentali che possono essere compiute solo nel caso in cui l’operatore disponga di adeguata organizzazione tecnica ed esecutiva che dovrà essere autocertificata dallo stesso operatore;
b) gli aeromodelli, ossia mezzi impiegati esclusivamente per scopi ricreazionali e sportivi e che non sono considerati aeromobili e quindi non sono assoggettati alle previsioni del codice della navigazione.
Nell’ambito della prima categoria, il regolamento opera una distinzione tra i mezzi APR di massa operativa pari o inferiore alle 25 kg. e quelli con massa superiore a tale limite,ma inferiore ai 150 kg. I primi beneficiano di un regime semplificato, non essendo prevista la certificazione di aeronavigabilità, ma autorizzazioni e limitazioni particolari.
L’operatore di tali RPA deve essere autorizzato dall’ENAC, dietro specifica e circostanziata domanda, per l’esecuzione di operazioni specializzate o sperimentali critiche – che prevedano cioè il sorvolo di aree congestionate o di infrastrutture industriali – solo dopo il positivo esito dell’attività di volo sperimentale; mentre, in caso di operazioni in aree non critiche, è sufficiente una sorta di autocertificazione dell’operatore circa la valutazione della criticità e dell’idoneità del sistema.
Per i mezzi con massa operativa compresa tra i 25 ed 150 kg., invece, è stabilita la registrazione del velivolo, l’identificazione con marche sia del mezzo che della stazione di controllo remoto, l’indicazione del costruttore, del tipo e del numero di serie. Il permesso ad operare, secondo il particolare impiego previsto, è subordinato al rispetto delle regole dell’aria.
L’abilitazione alla navigazione è rappresentata dal rilascio di un permesso di volo al sistema nel suo complesso o di un certificato di navigabilità ristretto nel caso di SARP in possesso di un certificato di tipo ristretto. Qualora il velivolo sia destinato ad operare entro lo spazio aereo nazionale, è stabilita l’iscrizione nei registri degli aeromobili a pilotaggio remoto.
Quanto ai piloti di SARP, il regolamento stabilisce una serie di rigorose prescrizioni. Al pilota é ovviamente richiesta la conoscenza delle regole dell’aria applicabili. Tale conoscenza può essere asseverata dal possesso di una licenza di volo civile o di un attestato di volo sportivo (d.P.R. 9.7.2010, n.133). I piloti devono aver effettuato uno specifico programma di addestramento ed essere dotati di idoneità psicofisica attestata da certificato medico.
Per i SAPR di massa operativa inferiore a 25 kg. e utilizzati in operazioni non critiche, l’idoneità del pilota è attestata dall’operatore. Nel caso di operazioni specializzate critiche o di SAPR di massa operativa maggiore o uguale a 25 kg., la qualificazione del pilota da parte dell’operatore è soggetta riconoscimento da parte dell’ENAC dietro specifica verifica.
Con riferimento agli aeromodelli, il regolamento pone alcune prescrizioni specifiche a garanzia della sicurezza delle persone e delle cose sulla superficie e degli altri velivoli a seconda che l’aeromodello abbia un massa al decollo massima minore di 25 kg. e con sistema propulsivo di determinate caratteristiche; ovvero uguale o maggiore a 25 kg. e con caratteristiche propulsive diverse dalle precedenti. In questo secondo caso l’aeromodellista deve avere compiuto i 18 anni di età. Viene anche specificato che la responsabilità dell’impiego dell’aeromodello è a carico dell’aeromodellista ai comandi dell’aeromodello sul quale gravano specifiche e rigorose regole di condotta con riferimento ai tempi, allemodalità ed ai luoghi di impiego dei medesimi modelli. In questo ambito viene espressamente stabilito il rispetto delle regole dell’aria applicabili inclusa la capacità di see and avoid ed il rispetto del principio to be seen dell’aeromodello da parte degli altri velivoli. Per le attività di volo in aree di altezza superiore a 150 mt. e di raggio massimo di 300mt., è necessaria una abilitazione al pilotaggio di aeromodelli radiocomandati rilasciata da una scuola certificata dall’Aero Club d’Italia.
Il regolamento reca anche disposizioni circa le ipotesi di revoca e sospensione totale o parziale delle autorizzazioni e delle certificazioni rilasciate ai sensi del regolamento stesso nonché dei privilegi ottenuti.
La regolazione tecnica non riguarda direttamente i profili della responsabilità sebbene il regolamento ENAC stabilisca precisi obblighi assicurativi.
La responsabilità che deriva dal volo dell’aeromobile è normalmente suddivisa tra il pilot in command dell’aeromobile e l’esercente del medesimo. La responsabilità che grava sul pilota è sostanzialmente quella che deriva dalla legge penale dal momento che la responsabilità civile viene imputata all’esercente del velivolo del quale il pilota rappresenta il principale preposto. Allo stato dell’arte, non pare possano sorgere particolari difficoltà nell’individuare la figura del pilot in command di un ARP sul quale imputare le responsabilità di natura penale relative alla conduzione del velivolo, tanto più che tale figura dovrà necessariamente essere in possesso di specifica licenza. Il pilota dovrà essere identificato con il soggetto al quale l’operatore affida il comando di uno o più ARP di proprietà o a disposizione dello stesso operatore. La responsabilità per l’impiego di droni grava sull’esercente del velivolo; essa, ove l’impiego non avvenga solo per finalità ricreative, appare molto spesso primariamente ricollegabile all’attività della quale il velivolo rappresenta solamente uno strumento esecutivo. Tuttavia, anche il problema della responsabilità relativa all’esercizio, inteso come esercizio fine a se stesso, è più complesso rispetto a quello già da tempo disciplinato relativo all’esercente dell’aeromobile tradizionale.
Complessità che deriva non solo dalla difficoltà ideologica a considerare aeromobile a tutti gli effetti un velivolo privo di condotta di bordo ed equipaggio5, ma soprattutto dalla configurazione dell’apparato che, come è noto, si compone del velivolo e della stazione remota dislocata sulla superficie o nell’atmosfera (satellite), con ulteriori problemi di possibile interferenze tra discipline diverse (ad esempio, la Convenzione di Londra, Mosca, Washington del 29.3.1972 sulla responsabilità internazionale per danni derivanti da oggetti spaziali). La stessa fisionomia del sistema RPA quindi ha condotto originariamente ad un approccio di naturale diffidenza verso ogni forma di automatica assimilazione, o addirittura identificazione, tra RPA ed aeromobile tradizionale6.
Tuttavia, poiché la responsabilità che deriva dall’esercizio appare in effetti assimilabile a quella che deriva dall’esercizio dell’aeromobile tradizionale, condividendone i presupposti e, soprattutto, gli effetti, è ormai generalmente sostenuto che la disciplina di riferimento in tema di responsabilità civile sia proprio quella stabilita per i danni a terzi sulla superficie provocati da aeromobile7. A livello internazionale, questa si identifica con la Convenzione di Roma 1952 (le due nuove Convenzioni internazionali di Montreal del 20.4.2009 hanno incontrato più critiche che consensi)8. Il sistema della responsabilità per rischio sembra a prima vista essere adeguato. Tuttavia, in quanto obbligazione fondata su fatto lecito, non antigiuridico, occorre, come per ogni altra ipotesi di responsabilità oggettiva, una chiara e precisa espressione normativa in tal senso, dal momento che tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva che derogano alla regola generale della colpa hanno bisogno di una previsione legale tipica proprio perché eccezionale. Ebbene se ciò avviene nel c. nav. italiano – ex artt. 965 e 743, co. 2 (che, tuttavia non risolvono il problema se tale equiparazione riguardi il solo RPA o il sistema RPA nel suo complesso) – non altrettanto può essere sostenuto per quanto riguarda la normativa internazionale la quale non offre alcuna definizione di aeromobile alla quale, eventualmente, assimilare il drone. Tuttavia, l’identificazione del APR all’aeromobile si può ricavare anche a livello internazionale dalla lettura di alcune disposizioni: art. 8 della Convenzione di Chicago; emendamento 43 all’Annesso 2 della Convenzione di Chicago; circolare ICAO 328 AN/190 del 2011.
3.1 Profili assicurativi
Problema di grande rilievo è indubbiamente quello del regime assicurativo e della sua idoneità ad garantire l’effettività dell’obbligazione risarcitoria. Il problema è ovviamente non solo quello della obbligatorietà della copertura assicurativa fino alla conseguenza di rendere illecita l’attività di esercizio in mancanza di polizza assicurativa per danni a terzi, come avviene nel regime della responsabilità per danni a terzi sulla superficie provocati da aeromobile.
Si pone anche un problema di adeguatezza della copertura assicurativa, con particolare riferimento ai RPA di dimensioni ridotte, tenuto conto che un meccanismo assicurativo legato al peso del velivolo sconterebbe gli stessi inconvenienti indicati a proposito della limitazione della responsabilità.
L’art. 20 del regolamento ENAC stabilisce che il sistema RPA sia adeguatamente assicurato per la responsabilità verso terzi con copertura non inferiore ai massimali minimi di cui alla tabella dell’art. 7 del reg. (CE) n. 785/20049. Non è infatti consentito operare ad un esercente di SARP se non sia stata stipulata e sia in corso di validità tale garanzia. Da notare che il regolamento europeo in questione non sarebbe di per sé applicabile agli aeromobili con massa operativa inferiore ai 20 kg. come pure alle macchine volanti con decollo mediante rincorsa ed agli ultraleggeri utilizzati per scopi non commerciali o per corsi di pilotaggio a livello locale. Per effetto della previsione dell’art. 20 del regolamento ENAC, pertanto, si verifica una estensione dell’ambito di applicabilità della disciplina comunitaria. Sotto il profilo dell’adeguatezza della copertura, l’applicazione del tetto minimo stabilito dal regolamento 785/2004 per gli aeromobili con massa operativa fino a 500 kg. conduce a applicare il minimale assicurativo di 750.000 DSP (diritti speciali di prelievo) ad RPA la cui massa operativa è inferiore a 150 kg. in ragione dell’ambito di applicazione del regolamento ENAC che, come più volte affermato, riguarda i sistemi RPA di massa massima al decollo non superiore a 150 kg. e tutti quelli progettati o modificati per scopi scientifici, di ricerca e sperimentazione.
1 Cfr. i risultati dello RPAS Steering Group costituito in ambito europeo che indicano fin dal prossimo 2016 la realizzazione di tale obiettivo. Cfr. anche la comunicazione della Commissione al parlamento europeo del 8.4.2014 Una nuova era per il trasporto aereo. Aprire il mercato del trasporto aereo all’uso civile dei sistemi aerei a pilotaggio remoto in modo sicuro e sostenibile (COM (2014) 207 final).
2 La Spagna si è dotata di una propria disciplina tecnica con il Real Decreto-ley 8/2014 del 4.7.2014.
3 In questo senso conclude la Roadmap for the integration of civil Remotely-Piloted Aircraft System into the European Aviation System, Final report from the European RPAS Steering Group, Annex 3, A Study on the social impact of the integration of civil RPAS into the European Aviation System, giugno 2013.
4 Romanelli, G., I danni da aeromobile sulla superficie,Milano, 1970.
5 La Torre, U., Gli UAV: mezzi aerei senza pilota, in Sicurezza, navigazione e trasporto, Tranquilli Leali, R-Rosafio, E., a cura di, Milano, 2008, 112 s.
6 Masutti, A., Prospettive di regolamentazione dell’uso dei velivoli senza pilota (UAV) nello spazio aereo comune, in Dir. trasp. 2007, 787.
7 Franchi, B., Aeromobili senza pilota (UAV): inquadramento giuridico e profili di responsabilità, II parte, in Resp. civ. prev. 2010, 1218 ss.
8 Sui progetti che hanno dato luogo alle citate Convenzioni, in senso assai critico cfr. Tullio, L., La regressione del sistema di responsabilità per i danni a terzi sulla superficie, in Dir. trasp. 2008, 1 ss.; Busti, S., I progetti di una nuova normativa internazionaluniforme sui danni cagionati a terzi dal volo di aeromobile: evoluzione o involuzione?, in Nuovi profili di responsabilità e di assicurazione nel diritto aeronautico, Tullio, L., a cura di,Napoli, 2009, 83 ss.; Casanova,M., Le Convenzioni di Montreal del 2009 sui danni a terzi in superficie, in XXXIV Jornadas Latinoamericanas de Derecho Aeronautico y Espacial, cit., 25 ss.
9 Regolamento CE n. 785/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21.4.2004, in GUUE del 30.4.2004, n. L 138.