indovini
Infallibili e affascinanti ambasciatori degli dei
Quante volte abbiamo fatto gli auguri a qualcuno per il suo compleanno? E quante volte li hanno fatti a noi? Certamente molte. Ma forse non tutti sappiamo che gli auguri derivano dall'antico mondo degli indovini. Gli auguri nascono infatti nell'antica Roma, dove una particolare figura religiosa chiamata appunto àugure aveva il compito di predire il futuro. Ogni volta che a Roma i re o i governanti dovevano prendere decisioni importanti venivano convocati gli àuguri e questi profetizzavano come sarebbero andate le cose interpretando il volo degli uccelli o ascoltando le loro grida
Oggi pochi credono seriamente che esistano persone che hanno la capacità di prevedere il futuro, di interpretare il passato o in generale di scoprire verità nascoste, come si riteneva nell'antichità che fossero in grado di fare gli indovini.
Nell'antichità, però, le cose andavano diversamente perché si credeva che gli indovini avessero un rapporto diretto con il mondo soprannaturale delle divinità: un po' come se essi fossero gli ambasciatori degli dei, cosa che assicurava loro un grande prestigio.
Nel mondo greco-romano, gli indovini erano sacerdoti o figure religiose singole, come quelle mitiche di Tiresia, Calcante, Melampo, Museo o della sfortunata profetessa Cassandra, condannata dagli dei a dire il vero ma a non essere mai creduta.
In alcuni casi gli indovini erano legati a un santuario o a una particolare città, dove andavano in pellegrinaggio folle di fedeli. È questo il caso della Pizia del tempio di Apollo, a Delfi, in Grecia, o della Sibilla di Cuma, in Italia, nella zona dei Campi Flegrei, presso Napoli.
I rituali di predizione del futuro ‒ o, come si dice, di divinazione ‒ erano i più vari. Tuttavia, il più noto è quello in cui l'indovino, con l'aiuto di altri sacerdoti, rispondeva alle domande che gli venivano poste in uno stato di profondo turbamento fisico, che si credeva ispirato direttamente dalla divinità.
La Pizia, per esempio, dava gli oracoli del dio Apollo, obbedendo a un rituale molto complesso. Dopo tre giorni di digiuno si bagnava alla fonte Castalia, sacra al dio, beveva un po' di acqua di un'altra fonte sacra, la Cassotide, e masticava foglie di alloro. In seguito, dopo il sacrificio di un capretto, la sacerdotessa raggiungeva il luogo più riposto del tempio: qui, secondo il mito, veniva invasa dallo spirito divino e cominciava ad agitarsi sempre più forte. Gli occhi le fiammeggiavano, i capelli le si rizzavano sul capo, aveva tremiti in tutto il corpo e tra strepiti e urla diceva, o almeno sembrava dire, frasi incomprensibili. A quel punto intervenivano i sacerdoti, che annotavano, adattavano e componevano in versi gli oracoli da comunicare ai fedeli.
Ma che cos'è, di preciso, un oracolo? La parola ha diversi significati, tra cui il più usato è quello di risposta, ispirata da una divinità, data da un sacerdote o da una sacerdotessa. Il prestigio dei sacerdoti-indovini dipendeva in gran parte proprio dalla forma oracolare in cui erano tradotte le risposte degli dei. Tra i primi a capirlo fu il grande filosofo greco Eraclito quando fece notare che "Il signore a cui appartiene l'oracolo di Delfi non dice né nasconde, ma accenna". E infatti gli oracoli erano sempre frasi che potevano avere molti sensi a seconda di come venivano pronunciate o semplicemente capite. Un esempio famoso è la profezia fatta al ricchissimo re asiatico Creso di cui ci parla il grande Cicerone. Prima di andare in guerra Creso chiese se avrebbe vinto oppure perso. La risposta fu: "Creso attraversando l'Halys manderà in rovina una grande potenza". Creso capì che avrebbe mandato in rovina la potenza dei suoi nemici, ma perse la guerra e fu proprio la sua grande potenza ad andare in rovina. L'oracolo era sbagliato? Niente affatto, come spiega Cicerone: l'oracolo sarebbe apparso vero sia che Creso avesse vinto sia che avesse perso.
Oggi gli indovini non ci sono più. Ci restano però gli oracoli dell'antichità e non ci sono dubbi che sono dei veri piccoli gioielli linguistici. Non c'è indovinello o enigma moderno che riesca a uguagliarli.