inferno
Il luogo dell'eterna punizione dei malvagi
L'inferno, secondo il significato dell'aggettivo latino infernus ("che sta sotto", "inferiore"), è il luogo sotterraneo e tenebroso dove dimorano i morti. Secondo la dottrina cattolica, è il luogo di punizione a cui sono condannati per tutta l'eternità i malvagi, morti in peccato mortale; è il regno di Satana e dei diavoli. Nell'immaginario della letteratura e dell'arte è un luogo pieno di fuoco e fiamme, dove diavoli orribili e crudeli tormentano i dannati con pene di ogni genere, secondo la gravità delle colpe commesse durante la vita
Qual è il destino che attende l'uomo dopo la morte del corpo? La convinzione che ci sia una vita ultraterrena è comune a molte culture e tradizioni religiose, che nel corso dei secoli hanno elaborato diverse soluzioni per rappresentare concretamente l'oltretomba.
Per i popoli antichi che praticavano l'inumazione, cioè seppellivano i morti, era logico pensare che essi scendessero sotto terra e vi rimanessero tutti insieme, come ombre prive del corpo, trascorrendo un'esistenza senza fine nelle tenebre (sotto terra non può arrivare la luce). Si parla quindi genericamente di inferno per indicare il luogo sotterraneo in cui dimorano i morti, senza più alcun legame con la vita precedente e senza distinzione di trattamento fra buoni e cattivi.
Un oltretomba indifferenziato è lo se'ol di cui parla la Bibbia ebraica, una "fossa profonda" (Salmo 88, 7) "dove la luce è come le tenebre" (Giobbe 10, 22), una specie di tetra prigione in cui i morti sono rinchiusi per sempre; oppure l'Ade dei Greci, dove i morti, privi di consistenza corporea, si trovano tutti nella medesima triste condizione, immersi nell'oscurità nebbiosa, e non ricordano niente della loro vita terrena.
L'idea di una sorte comune a tutti i defunti viene affiancata, e ben presto sostituita, dalla fede nella retribuzione ultraterrena, secondo cui dopo la morte l'uomo viene sottoposto a giudizio e quindi punito o premiato secondo i suoi meriti. Già gli Egiziani credevano che ogni defunto si dovesse presentare al tribunale del dio Osiride per ricevere il castigo delle sue colpe.
Perciò inferno passa a significare specificamente il luogo della pena ultraterrena, cui sono condannati i malvagi dopo il giudizio, mentre ai buoni è riservata la felicità eterna (paradiso). Secondo la comune convinzione la pena dell'inferno è di natura fisica (di solito è il fuoco), ha durata eterna uguale per tutti, ma intensità variabile a seconda della gravità delle colpe commesse durante la vita terrena.
Mentre gli antichi immaginavano l'inferno soprattutto come un luogo, variamente ubicato nelle profondità della Terra o ai confini del mondo abitato o in una regione infuocata, oggi si preferisce pensare all'inferno soprattutto come uno stato, nel senso di una condizione di eterna sofferenza, fisica e spirituale, e di privazione della felicità. Per questo nel linguaggio familiare si dice "è un inferno" per indicare una situazione che provoca dolore e angoscia intollerabili.
Nel Vangelo Gesù minaccia esplicitamente il castigo eterno per i malvagi. Quando ci sarà il giudizio finale, i giusti saranno separati dagli empi: gli uni "riceveranno in eredità il regno", mentre gli altri, maledetti, saranno gettati "nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli" (Matteo 25, 41). L'immagine evocata da Gesù è quella di una "fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti" (Matteo 13, 42). L'inferno è chiamato Geenna (che significa "valle di Hinnon"), vocabolo già in uso nel tardo giudaismo e che indicava un luogo malfamato a sudovest di Gerusalemme, dove anticamente si praticavano sacrifici umani, poi diventato un enorme immondezzaio pubblico in cui bruciavano senza interruzione rifiuti di ogni genere, compresi i corpi insepolti. Proviene di qui (decomposizione e rogo dei cadaveri) l'associazione tra fuoco e vermi che secondo Isaia (66, 24) ripreso da Marco (9, 48) caratterizzano il castigo dei dannati "nella Geenna, nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne". Del fuoco dell'inferno si parla anche nella parabola del ricco che banchettava e del mendicante Lazzaro (Luca 16, 19-31). Quando il ricco muore è trasportato all'inferno (il testo lo chiama "Ade"), dove sta tra le fiamme: poiché la sete lo tortura, egli implora che Lazzaro gli porti almeno una goccia d'acqua, ma inutilmente, perché la pena dell'inferno è eterna e immutabile e nessuna comunicazione è concessa tra i dannati e i beati.
In contrapposizione al regno dei cieli, l'inferno è il regno dei diavoli: nell'Apocalisse il loro re, Satana, è chiamato "l'angelo dell'abisso" e possiede le chiavi del pozzo infuocato "da cui esce un fumo come il fumo di una grande fornace" (9, 2); dalle profondità dell'inferno salgono la bestia, l'anticristo e l'esercito dei demoni, ma alla fine dei tempi il diavolo sarà sconfitto e "gettato nello stagno di fuoco e zolfo" (20, 10) dove sarà tormentato per l'eternità insieme con tutti i dannati.
Nei testi biblici si afferma ripetutamente l'esistenza e l'eternità dell'inferno. Tuttavia, se come controparte del paradiso l'inferno risponde all'esigenza della giustizia di Dio, come si concilia con la sua bontà e misericordia? San Paolo afferma: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi" (Prima lettera a Timoteo 2, 4); ma l'uomo possiede il libero arbitrio ed è responsabile della sua salvezza, come dice sant'Agostino: "Chi ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te" (Sermoni 169, 11). Il pensiero cristiano insiste sulla possibilità di pentimento e quindi di ottenere il perdono fino all'ultimo istante di vita. L'inferno insomma esiste, ma non è detto che sia affollatissimo. Non credeva all'eternità dell'inferno uno dei teologi antichi di maggior rilievo, il greco Origene (3° secolo), secondo cui alla fine tutte le creature, compreso il diavolo, dopo una serie di successive purificazioni saranno riammesse allo stato di originaria beatitudine (dottrina dell'apocatastasi o ristabilimento finale).
Sulla natura delle pene infernali ci sono state molte ipotesi e discussioni. I testi più autorevoli parlano di punizione attraverso il fuoco, ma non spiegano se si tratta di un fuoco fisico o metaforico. Generalmente si pensa a un fuoco materiale, analogo a quello terreno: ma allora come fa a punire le anime che sono spirituali? I teologi distinguono la pena del danno, che consiste nella privazione della presenza di Dio, sommo bene, e la pena del senso, cioè le sofferenze fisiche inflitte dal fuoco e dagli altri tormenti.
Com'è fatto l'altro mondo? I pochi cenni contenuti nei testi sacri non bastano a soddisfare le curiosità dell'uomo che si è sempre interrogato sul proprio destino ultraterreno. Il tema del 'viaggio all'inferno' è ricorrente nella letteratura di ogni tempo: basti ricordare gli episodi di cui sono protagonisti Ulisse (Odissea VI) ed Enea (Eneide VI), alcuni testi apocrifi (cioè non compresi nel canone biblico) come il Libro di Enoc, l'Apocalisse di Pietro o l'Apocalisse di Paolo, le Visioni medievali (di Paolo, Baronto, Wettino, Tundalo) e il celeberrimo Inferno di Dante, prima cantica della Divina Commedia.
Le rappresentazioni dell'inferno, pur nella molteplicità delle soluzioni letterarie e iconografiche, hanno alcuni elementi comuni: la guida che accompagna e protegge il visitatore (l'arcangelo Raffaele per Baronto, Virgilio per Dante); l'incontro e il dialogo con i personaggi defunti; la lotta tra angeli e diavoli per il possesso dell'anima; la descrizione della topografia infernale (il fiume, la montagna, il pozzo, la città) e quella dei diavoli che tormentano i dannati (esseri neri ripugnanti e crudeli, a metà tra l'uomo e la bestia, spesso dotati di corna, ali e coda, forconi e strumenti di tortura). Soprattutto nel descrivere la varietà delle pene infernali si è esercitata la fantasia degli autori: non solo il castigo deve essere proporzionale alla gravità della colpa commessa, ma il genere di pena corrisponde in qualche modo al peccato, o per analogia o per opposizione (la legge del contrappasso resa famosa da Dante). Per esempio, nel fiume di fuoco i peccatori sono immersi a diverse altezze secondo i diversi peccati, mentre gli omicidi sono sprofondati nel sangue; ai golosi è applicato il supplizio di Tantalo, ai bestemmiatori è tagliata la lingua, i lussuriosi sono frustati sui genitali, gli amanti del lusso si ritrovano nudi, sporchi ed esposti alle intemperie per tutta l'eternità.