Iniziazione
Nell'ambito dell'antropologia culturale e dell'etnologia, si parla di iniziazione quando, in occasione di specifici eventi rituali, il singolo individuo muta il suo status all'interno del gruppo di appartenenza. Caratteristiche, spesso presenti nei riti d'iniziazione, sono determinate prove che il 'novizio' deve sostenere, fra le quali l'incisione di segni sul suo corpo come prova esplicita e visibile dell'avvenuta trasformazione (v. anche culto; cultura;rito).
Tra i differenti tipi d'iniziazione, il più documentato dal materiale etnografico è quello alla vita adulta, denominato anche tribale o puberale. Si tratta, generalmente, di sequenze rituali che coinvolgono i ragazzi (più di rado le ragazze) nel momento in cui devono entrare a tutti gli effetti nel mondo degli adulti. Già nel 1909, A. van Gennep sosteneva il carattere essenzialmente sociale e culturale di tale passaggio, il quale difficilmente coincide con l'avvenuta maturazione fisiologica, peraltro estremamente variabile a seconda della popolazione e degli individui. Generalmente, a un certo momento della loro vita, i ragazzi appartenenti a un villaggio, o a un gruppo di villaggi, vengono sottratti alla cura delle proprie madri e condotti in un luogo appartato. In molti contesti etnografici dell'Africa subsahariana, il luogo ideale è la foresta, fisicamente lontana dai centri abitati e idealmente distante dalla quotidianità della vita del villaggio. Per es. fra i nande, un gruppo etnico insediato nel Kivu (la regione orientale del Congo), durante la cerimonia denominata olusumba, termine che designa più specificamente la circoncisione, momento centrale dell'intero rito, i ragazzi vengono condotti nella foresta per trascorrere un lungo periodo d'iniziazione. Si tratta di una seconda nascita che non ha nulla di naturale e biologico, ma risponde a esigenze sociali e culturali. Nell'India antica esisteva un'esplicita simbolizzazione di questa nuova nascita determinata dal processo iniziatico (Éliade 1958). Durante la cerimonia upanayana, il novizio veniva introdotto presso il precettore, il quale trasformava il ragazzo in embrione conservandolo nel suo ventre per tre giorni. Al terzo giorno il ragazzo rinasceva nella condizione di brahmano e ci si riferiva a lui con l'appellativo dvi-ja ("due volte nato"). Questo caso può essere emblematico di un secondo tipo d'iniziazione inerente all'introduzione di un individuo a un particolare culto.
La vita di un essere umano può, quindi, essere segnata da differenti fasi caratterizzate da una morte simbolica, ma soprattutto da una rinascita. È vero, per es., che in alcune società, dopo essere diventati uomini, è possibile diventare uomini perfetti o, comunque, fare parte di una categoria di uomini dotata di poteri, capacità e prestigio particolari. È il caso delle cosiddette società segrete, i cui riti iniziatici rappresentano un terzo tipo d'iniziazione. Fra i minyanka dell'Africa occidentale, per es., esiste un'importante 'società culturale di uomini adulti' denominata koro. Appartenere a tale confraternita vuol dire raggiungere il limite ultimo della perfettibilità umana. L'iniziazione al koro è inseparabile dall'accesso allo status di uomo; solo i circoncisi infatti possono farne parte e nei villaggi dove esiste il koro tutti i maschi adulti non iniziati sono considerati donne. L'etimologia di koro conduce alla parola cammino; il koro è il cammino del villaggio, la via verso la cultura. Tale tragitto viene realmente compiuto dagli iniziati durante il rituale di ammissione. È un cammino che conduce a un boschetto sacro, un tragitto difficoltoso che i novizi, frustati lungo la strada, percorrono correndo fino a raggiungere un punto prestabilito denominato ka wuru ("la cosa che forma"). L'iniziazione è un viaggio reale e metaforico; al riguardo appaiono significativi alcuni frammenti del canto che i circoncisori nande intonano durante l'olusumba, quando i novizi sono già arrivati nella foresta e aspettano il momento dell'operazione: "che il nostro viaggio sia la vostra iniziazione [...] che il nostro viaggio generi degli uomini". Il viaggio iniziatico ha la forza di generare gli uomini e si compie per completare l'uomo e in questo modo concludere il processo antropogenetico di ogni singolo uomo. Un ulteriore criterio di classificazione dei tipi d'iniziazione, più attento alle modalità che allo scopo, è stato proposto da B. Bernardi (1991), il quale distingue: l'iniziazione istruttiva, in cui il candidato riceve insegnamenti sulle tradizioni e sul comportamento socialmente condiviso; l'iniziazione drammatica, in cui si insiste sull'azione scenica per imprimere ai novizi gli insegnamenti; l'iniziazione a visione, tipica di alcuni gruppi di amerindi, in cui il giovane deve appartarsi per poter incontrare lo spirito destinato a diventare il suo protettore.
L'iniziazione, solitamente, prende le sembianze di un evento rituale che segna inequivocabilmente il passaggio da una condizione a un'altra. Nell'opera di van Gennep (1909) sui riti di passaggio un'ampia sezione è dedicata a quelli d'iniziazione. Per meglio comprendere il suo lavoro, occorre risalire all'immagine della società umana sottesa alle sue argomentazioni: per van Gennep, la società è un insieme di comparti chiaramente divisi l'uno dall'altro e racchiusi ognuno entro confini precisi. La vita di ogni singolo individuo è segnata dai continui passaggi da un comparto all'altro, cioè da una condizione a un'altra. Dalla nascita alla morte, l'essere umano si trova inserito in un processo scandito dai movimenti di separazione e di aggregazione, di uscita e di entrata; l'individuo muore e nasce in continuazione. I riti di passaggio (fra i quali sono inclusi quelli d'iniziazione) sono meccanismi cerimoniali che determinano e controllano questi mutamenti. Il rito di passaggio, dunque, si configura come separazione da una condizione precedente, cui seguono un periodo di marginalità e una successiva aggregazione. In effetti, in molti rituali d'iniziazione durante la prima fase si mette in scena la morte simbolica del novizio, cui fa seguito una fase liminare nella quale l'individuo viene spogliato (in molti casi fisicamente) della sua umanità comune, in modo tale che, oltre a testimoniare l'abbandono del vecchio status, risulti completamente neutro. In diversi casi etnografici è stato possibile registrare una regressione dell'individuo fino alla condizione di animalità, come se, dovendo rinascere a vita nuova, risulti necessario annullare completamente l'umanità contenuta in lui. Trovandosi socialmente e culturalmente indeterminato, il novizio o l'adepto è pronto: i segni della nuova appartenenza possono essere impressi sul suo corpo e nella sua mente. Van Gennep riporta l'esempio significativo di alcuni rituali d'iniziazione a certe società segrete del bacino del Congo: nelle fasi di reintegrazione sociale, gli iniziati fingono di non saper camminare né mangiare; si comportano come neonati che devono apprendere nuovamente tutti i gesti della vita quotidiana.
Il merito di van Gennep è stato anche quello di aver mostrato come l'iniziazione non si limiti a determinati passaggi della vita di un essere umano, ma si estenda a molteplici contesti sociali (per es., gruppi politici, società guerriere, classi e caste, gruppi professionali e, infine, religioni universalistiche a noi più vicine, come il cristianesimo e l'islamismo): è sulla scia di considerazioni di questo genere che, ai giorni nostri, molti studiosi di scienze sociali s'impegnano ad analizzare i meccanismi cerimoniali d'iniziazione alle bande giovanili, ai gruppi sportivi e a quelli militari.
L'iniziazione, oltre a essere un rito di passaggio, include un periodo di formazione nel quale l'individuo apprende il sapere iniziatico e acquisisce alcune competenze pratiche consone al suo nuovo ruolo all'interno del gruppo. In altre parole, essa rappresenta un momento educativo di forte inculturazione. Nelle iniziazioni tribali, lo scopo istruttivo è molto evidente: gli iniziati sono istruiti per mesi dagli anziani del gruppo e devono superare prove di abilità connesse alle attività produttive tipiche degli uomini, come, per es., il saper cacciare. Per tale motivo l'antropologia classica ha interpretato l'iniziazione come un periodo sistematico d'istruzione e d'inculturazione caratteristico delle società illetterate. Il sistema scolastico, benché sostituisca - nelle società letterate e in ogni caso con l'avvento della scrittura - le fasi dell'iniziazione, è privo dell'efficacia strutturale di quest'ultima, in conseguenza della quale l'individuo riusciva a collocarsi con precisione all'interno del gruppo e a partecipare appieno alla vita sociale (Bernardi 1991). Alcuni antropologi hanno notato come l'insistenza con cui si sottolinea l'aspetto istruttivo dell'iniziazione deriva, più che dall'esperienza di chi partecipa ai riti, da un'esigenza dell'osservatore occidentale, il quale deve giustificare rituali che a prima vista furono descritti come crudeli, barbari e, quindi, da abolire.
V.W. Turner (1967), uno dei più importanti esponenti dell'antropologia sociale britannica, si è occupato dei rituali d'iniziazione degli ndembu, una popolazione bantu dello Zambia nordoccidentale, presso i quali l'obiettivo principale dell'iniziazione maschile (mukanda) è la trasmissione da parte degli anziani dei valori tribali, delle tecniche di caccia e delle istruzioni sessuali ai ragazzi, mentre l'obiettivo principale dell'iniziazione femminile (nkang'a) è la preparazione delle ragazze al matrimonio. I valori veicolati attraverso tali riti sono dunque connessi all'attività produttiva per gli uomini e all'attività riproduttiva per le donne; in entrambi i casi, svolgono un ruolo importante le istruzioni sessuali.
In alcuni contesti, come nell'iniziazione femminile presso i dìì del Camerun settentrionale, queste sono particolarmente precise e puntuali. La ragazza dìì viene spogliata e la donna-circoncisore le tira quattro volte il clitoride avvalendosi dell'aiuto di un paio di pinze di granchio di terra, informandola, nell'udirne i lamenti, che in futuro dovrà soffrire altrettanto se permetterà agli uomini di praticare l'atto sessuale senza i preliminari indispensabili per la lubrificazione della vagina. Non si tratta di una vera e propria clitoridectomia, ma di una quasi escissione che funge da breve iniziazione sessuale, il cui messaggio consiste nell'invitare la ragazza a comportarsi correttamente, frenando l'irruenza e la precipitosità durante il rapporto.
Ritornando all'iniziazione maschile e al ruolo centrale della caccia (v.), è possibile fare nuovamente riferimento al già citato rituale di circoncisione nande (olusumba), durante il quale i ragazzi sostengono alcune prove di vita pratica, fra cui una specie di gara di tiro con l'arco, eseguita per intere settimane al fine di migliorare la destrezza degli iniziati. A turno - in un secondo tempo tutti insieme - i ragazzi devono colpire con la freccia un fiore di banano sospeso fra due alberi per mezzo di una corda. L'obiettivo della prova è espresso da un proverbio nande: "In una famiglia colui che mira giusto porta alla selvaggina". Il termine olusumba indica, oltre alla circoncisione, anche l'insieme degli oggetti rituali (maschere, statuette e forse strumenti musicali) connessi alla società segreta denominata mukumo. A questi oggetti, che vengono mostrati agli iniziati dopo la circoncisione e alla fine delle cerimonie d'iniziazione, si attribuiscono grandi poteri, in particolare quello di nuocere alle persone che ne prendono visione senza essere iniziate. L'olusumba è quindi un far vedere qualcosa da parte degli adulti agli iniziati, è lo svelare o il mostrare il mistero. Tutto ciò rimanda a iniziazioni ben più note nella cultura occidentale, come, per es., l'esibizione dei sacra nei riti di Eleusi. Al di là dell'aspetto 'credenza', la ricerca antropologica ha potuto analizzare in alcuni contesti etnografici quello di 'finzione', rintracciabile nei meccanismi di svelamento e ottundimento del sapere iniziatico. Uno dei casi più curiosi ed emblematici è rappresentato dalla cerimonia d'iniziazione maschile della Nuova Britannia Occidentale (Oceania). Al centro di tale rito c'è la figura di un essere mostruoso, il tambaran Varku, il quale inghiotte gli iniziati per poi farli rinascere dalla sua bocca grazie a un espediente umano: aver saziato il mostro con un maiale, in modo tale da costringerlo a vomitare gli iniziati. Se alle donne e ai ragazzi che sono sul punto di essere iniziati le grida e la maschera del tambaran causano grande terrore, per gli uomini si tratta di una menzogna, di un trucco ben escogitato e continuamente riproposto al fine di terrorizzare i non iniziati. In questo caso, lo svelarsi del mistero e del segreto è la consapevolezza di una menzogna; infatti, quando i ragazzi entrano nel recinto dell'iniziazione non trovano nulla di misterioso e segreto e nessun insegnamento particolare viene loro impartito. Gli uomini non rivelano ai ragazzi una verità nascosta, anzi ammettono che essi stessi sono il tambaran; si svela l'inganno perpetuato dagli uomini per mantenere il loro potere sulle donne.
Il rischio insito nel modello proposto da van Gennep, che analizza l'iniziazione come passaggio, transizione verso un nuovo status, è di restringere i dati per fornirne una lettura circoscritta e unidimensionale. Infatti, concentrandosi sulle somiglianze formali inerenti alla funzione sociale ci si limita a registrare e classifìcare indistintamente in uno stesso raggruppamento i vari meccanismi di trasporto di un individuo da una condizione a un'altra, senza tenere conto del cambiamento dinamico della personalità e delle specificità del contesto locale. S. Heald (1982), analizzando il rituale di circoncisione presso i gisu (Uganda orientale), preferisce interpretare la cerimonia più come rito trasformativo che come rito di transizione. L'accento viene posto sullo scopo esplicitamente creativo dell'iniziazione, capace di trasformare l'individuo seguendo modelli indigeni di processi psicologici. In tal modo l'attenzione si sposta dalla funzionalità sociale dell'iniziazione ai risvolti individuali psicofisici. L'imbalu, ovvero il rituale di circoncisione gisu, avendo lo scopo di definire ciò che l'individuo maschile deve essere, è innanzitutto un rito di androgenesi. Questo processo androgenetico porta alla 'fabbricazione' di nuovi uomini attraverso sia l'incisione del corpo (l'asportazione del prepuzio) sia la strutturazione della sfera psichica tramite una trasformazione della personalità e, in particolare, della sfera delle emozioni. I maschi iniziati riescono a provare l'emozione del lirima, consistente in un'espressione di sentimenti violenti e insieme di disposizioni positive come il coraggio e la determinazione. Gli stessi gisu palesano questa idea di trasformazione psicofisica dei ragazzi utilizzando una serie di metafore. Nei tre giorni che precedono l'operazione il ragazzo viene imbrattato con il malto e con il fango nero di palude: nel primo caso, si vuole esprimere metaforicamente che è in atto un processo di fermentazione simile a quello che conduce alla produzione di birra, un 'ribollire' di stati d'animo, di pensieri e di prove fisiche che sfocia in un prodotto maturo e stabile qual è appunto la birra. L'imbrattamento con il fango sta invece a simboleggiare l'idea del modellamento: il giovane gisu è ancora costituito da una materia fluida e plastica; in modo simile al fango anch'egli deve seccarsi, condensarsi, indurirsi, prendere una forma umana che, nel caso specifico, deve corrispondere all'immagine di umanità propria dei gisu. Una metafora sorprendentemente simile può essere rintracciata fra i venda del Sudafrica. Il neonato proveniente dall'acqua è fragile e molle; non è ancora una vera persona, ma soltanto un elemento in corso di solidificazione. I venda, utilizzando la metafora del vaso di terracotta, dicono che il neonato è solo una massa di argilla modellata ancora in fase di cottura. I primi denti rappresentano il segno del progressivo indurimento. Al riguardo, è curioso ricordare che già Aristotele spiegava, attraverso l'immagine della trasformazione del latte in latte cagliato, la formazione fisica di un essere umano frutto di un processo di solidificazione del seme e del sangue. Queste immagini consentono di focalizzare l'idea del processo iniziatico come processo di trasformazione dell'individuo in una prospettiva che si potrebbe chiamare antropopoietica. L'individuo nel corso della sua esistenza, e in particolare durante gli eventi iniziatici, rimane coinvolto in processi costruttivi - o meglio autocostruttivi - che hanno lo scopo di formare determinati esseri umani tramite la trasformazione e il modellamento psichico e fisico.
Per ciò che concerne soprattutto i riti d'iniziazione alla vita adulta, senza escludere tuttavia quelli relativi alle società segrete, il processo di trasformazione dell'individuo è rintracciabile nel superamento di determinate prove psicofisiche, mentre l'atto finale di tale processo è un segno impresso sul corpo, un marchio di fabbrica che mette in evidenza in modo indelebile l'appartenenza a un 'noi', agli iniziati. Durante l'olusumba nande, dopo la cicatrizzazione del pene, viene costruito un grande altare su cui è acceso un fuoco. I circoncisi devono passare nudi sotto il fuoco, mentre gli 'istruttori' scuotono l'altare facendo cadere le scintille sul corpo degli iniziati che, a loro volta, cantano: "il fuoco di Dio sta per purificarmi. Mio padre non mi ha mai dato un bene così grande". Il circonciso viene 'temprato' con il fuoco, come la zappa che è stata lavorata e modellata nella forgia: l'individuo diviene un essere nuovo. Questa è sicuramente una prova dell'avvenuta trasformazione, ma in una sequenza successiva della cerimonia il fuoco sarà anche prova di coraggio e di resistenza fisica del giovane nande, al quale viene fatto passare davanti ai genitali un ferro arroventato. Nel rituale gisu dell'imbalu, questa dimostrazione di coraggio e di resistenza come prova dell'avvenuta trasformazione dell'individuo viene ancora più accentuata. Infatti è il ragazzo stesso a scegliere volontariamente il momento dell'operazione attraverso determinate prove di coraggio, prima fra tutte la capacità di danzare impavido durante gli istanti che precedono la circoncisione. È in questa fase che la forte emozione del lirima si scatena in modo violento, manifestandosi come un'eccitazione simpatetica del sistema nervoso prodotta dal rilascio di adrenalina e dalla conseguente contrazione dei muscoli della gola. Il corpo viene scosso, è nel corpo che 'ribolle' il lirima ed è sul corpo che viene impresso il sigillo della trasformazione. Usando la terminologia cara a van Gennep, si può affermare che il corpo, durante molti riti d'iniziazione, è trattato come un pezzo di legno: tagliato (come nel caso della circoncisione), perforato (in molti casi il lobo dell'orecchio o il setto nasale), inciso (si pensi alle scarificazioni) o semplicemente segnato. Tutti questi interventi permettono al singolo essere umano di differenziarsi dai non iniziati, di sfuggire all'umanità comune così desolatamente uniforme.
L'iniziazione passa attraverso un'attribuzione di forma al proprio corpo, ai propri sentimenti e alla propria personalità. Così facendo si differenzia in modo irreversibile e definitivo non soltanto sé stessi, ma anche l'ambiente sociale circostante. Per es., fra i già citati dìì del Camerun, l'iniziazione per diventare uomini, per differenziarsi dagli altri gruppi etnici vicini e dalle donne, è sancita dalla circoncisione, mentre l'iniziazione per diventare capi, cioè per differenziarsi dagli altri maschi adulti del gruppo, consiste in una ulteriore circoncisione, in conseguenza della quale il pene viene quasi completamente privato della pelle. È un processo di trasformazione corporea lungo il quale differenti 'ferite simboliche' (Bettelheim 1954) vengono sovrapposte, al fine di trasformare e di affermare la propria specificità umana.
Benché molta antropologia si occupi di culture altre e lontane, è opportuno ricordare con un ultimo esempio come la trasformazione corporea legata a processi d'iniziazione e di antropogenesi possa essere rintracciata nelle radici della nostra cultura, precisamente nella Torah (Pentateuco) e nei Libri dei Profeti. Al centro della vita di un ebreo praticante ci sono le sacre scritture (Torah), progressivamente impresse sul corpo. Per alcuni cabalisti, la circoncisione trasforma il pene nella lettera yod; il corpo viene segnato dall'ultima lettera del nome completo di Dio, shaday. Successivamente, un ebreo può indossare i filatteri (strisce di pergamena su cui sono scritti i testi biblici) a testimonianza della propria appartenenza e del proprio credo. Il corpo ha una grande potenzialità espressiva che occorre sfruttare al meglio mediante le prove e soprattutto i segni impressi nei momenti in cui si afferma o si costruisce l'identità del singolo. Gli eventi iniziatici, ancor prima di trasformare l'individuo in qualcosa di particolare e specifico, testimoniano l'insufficienza biologica dell'essere umano e la necessità d'intervenire sulla psiche e sul corpo, d'incidere segni carichi di cultura e di osservare un'idea di uomo e di umanità.
b. bernardi, Uomo, cultura, società. Introduzione agli studi demo-etno-antropologici, Milano, Angeli, 1991.
b. bettelheim, Symbolic wounds. Puberty rites and the envious male, Glencoe (IL), Free Press, 1954 (trad. it. Firenze, Sansoni, 1973).
m. éliade, Birth and rebirth. The religious meanings of initiation in human culture, New York, Harper, 1958 (trad. it. Brescia, Morcelliana, 1974).
s. heald, The making of the man. The relevance of vernacular psychology to the interpretation of a Gisu ritual, "Africa", 1982, 52, 1, pp. 15-35.
v.w. turner, The forest of symbols. Aspects of Ndembu ritual, Ithaca, Cornell University Press, 1967 (trad. it. Brescia, Morcelliana, 1976).
a. van gennep, Les rites de passage, Paris, Nourry, 1909 (trad. it. Torino, Boringhieri, 1981).