INNOCENZO XI papa
Benedetto Odescalchi, nato a Como il 19 maggio 1611 da ricca famiglia di commercianti, dottore in diritto, cardinale (6 marzo 1645), legato di Ferrara (1650), vescovo di Novara (1654), aveva già grande fama di pietà, di carità, di severità, di energia. Eletto riluttante, il 21 settembre 1676, a successore di Clemente X, portò sul trono papale la virtù e la rigidezza di un asceta. Si tenne immune da nepotismo; impose, non sempre con fortuna, modestia di vesti femminili e onestà di costume, proibì l'usura, il giuoco, le pubbliche recite teatrali, i divertimenti carnevaleschi, fin le regate sul Tevere, che gli parvero non convenire a tempi di grande strettezza. E dette egli stesso l'esempio d'una economia rigidissima, così da migliorare le finanze dello stato, pure spendendo assai per la guerra turca e per l'approvvigionamento della città e beneficando i poveri con tanta larghezza da esserne salutato come padre. Volle predicazione semplice e pratica del Vangelo, insegnamento del catechismo, fervore di culto eucaristico, osservanza delle regole monastiche, preti anche pochi, ma buoni; provvide all'educazione dei fanciulli e all'assistenza spirituale dei malati; comandò retta amministrazione della giustizia. Le sue tendenze spirituali e anche le lacune nella sua cultura teologica lo resero alquanto benevolo al giansenismo e per certo tempo non contrario alla dottrina ascetica del "quietismo" di Michele Molinos; più tardi ne riconobbe il pericolo e, dopo lungo processo, la condannò (20 novembre 1687). Fu deciso avversario della morale lassista; volle egli stesso nel 1687 la elezione a generale dei gesuiti di Tirso González, contrario al "probabilismo". Si adoperò molto alla conversione dei protestanti; salutò con gioia l'avvento del cattolico Giacomo II al trono d'Inghilterra, ma gli raccomandò invano prudenza e tolleranza, resistette a indebite pretese sue, non diede aiuto a lui spodestato.
Energico difensore dell'autorità del pontificato, ebbe quasi perpetua contesa con Luigi XIV. Egli lodava "l'egregia pietà e lo zelo" del re nel reprimere il calvinismo e festeggiò la revocazione dell'editto di Nantes (1685), pure disapprovando le violenze del re; ma vide come questi sostituisse alle eresie vecchie una nuova, l'autorità assoluta dello stato in materia religiosa. Si oppose alla estensione del diritto di regalia su tutte le diocesi di Francia e a illegittime ingerenze regie in nomine ecclesiastiche; e, quando il re fece votare dall'assemblea del clero di Francia e impose come obbligatorî i quattro articoli delle libertà gallicane (marzo 1682), condannò la debolezza dei vescovi e rifiutò di preconizzare a dignità episcopale i membri dell'assemblea, pure a costo che rimanesse vacante un numero grande di sedi. Volle poi togliere il "quartiere" degli ambasciatori in Roma, cioè il loro diritto di franchigia e di asilo, dannosissimo alla giustizia (circolare ai nunzî, 4 gennaio 1677, e bolla, 12 maggio 1687): i più degli stati cattolici consentirono; ma l'oratore francese de Lavardin entrò in Roma con un seguito di armati (16 novembre 1687) e si fortificò nel palazzo Farnese. Il papa considerò come scomunicati non solo l'ambasciatore, ma il re ed i ministri; il re (24 settembre 1688) interpose appello al concilio su tutti i punti della contesa, occupò Avignone e il Contado Venassino, minacciò l'intervento armato contro lo stato papale, senza che I. piegasse.
Ma principale mira di tutto il pontificato d'I. fu l'unire la cristianità, anzi gli stessi popoli non cristiani dell'Oriente, in una grande impresa contro i Turchi. Il disegno fallì per le divisioni profonde tra i cristiani, per la politica di Luigi XIV, più sollecita di abbattere gli Asburgo che di salvare la fede, per lo scarso fervore religioso di un'età troppo lontana da quella delle crociate. I. ebbe tuttavia parte nella conchiusione della pace di Nimega (1678-79) e della tregua di Ratisbona (1684), ebbe merito principalissimo nell'alleanza fra l'imperatore e Giovanni Sobieski, re di Polonia, onde vennero la vittoria di Vienna (12 settembre 1683) e la salvezza dell'Occidente, e nell'adesione di Venezia alla Lega Santa (5 marzo 1684); contribuì largamente alla liberazione di Buda (1686) e alle fortunate campagne, che opposero una diga insormontabile a nuovi tentativi dei Turchi.
Alla sua morte (12 agosto 1689) I. fu venerato per santo; ne fu anche iniziato (1714) il processo di canonizzazione, rimasto poi sospeso. Certo, nonostante qualche eccessiva durezza e un carattere irresoluto per lo stesso scrupolo soverchio, diffidente, troppo tenace, egli fu per nobiltà d'ideali e di vita fra i migliori pontefici.
Bibl.: L. Pastor, Storia dei papi, XIV, 11, Roma 1932; fra le opere qui citate cfr. in particolare quelle del Gérin, e M. Immisch, Papst Innozenz XI., Berlino 1900; per le questioni religiose vedi anche l'articolo di J. Paquier in Dict. de théol. cath., VII, 11 (1923), p. 2006 segg.