Instruzione d’uno che vada imbasciadore
Lettera (titolo completo: Instruzione d’uno che vada imbasciadore in qualche luogo. Cosa necessaria da sapere, fatta per Nicolò Machiavegli a Raffaello Girolami questo dì 23 d’ottobre che egli ha a partire per Ispagna all’imperadore) contenente consigli pratici per un ambasciatore, inviata il 23 ottobre 1522 a Raffaello Girolami in partenza per una missione diplomatica in Spagna presso l’imperatore Carlo V. Il testo ci è giunto grazie a una copia cinquecentesca conservata presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze con la segnatura II IV 192, alle cc. 345v-347r. Il fascicolo, inserito in un codice miscellaneo, già Magliabechiano, è stato tratto da un libro di ricordi, appunti e conti (di cui uno del 23 ottobre 1522) di Jacopo Gherardi e del figlio Lottieri, genero di Raffaello Girolami. Nell’ottobre del 1522 un famiglio di Girolami aveva ferito il fratello di un lavoratore di M., e questo incidente aveva messo in contatto i due grazie al-l’intermediazione di Francesco Del Nero, cognato di M. (14 ott.); si può supporre che, in queste circostanze, M. sia venuto a sapere dell’imminente missione di Girolami in Spagna e che, essendo noto per le sue esperienze diplomatiche, sia stato pregato da lui di inviargli alcuni consigli.
La lettera esordisce con l’elogio dell’attività diplomatica che fa onore al cittadino (§ 1). Questa missione, compiuta per la prima volta e in un Paese così diverso dall’Italia, sarà una sfida importante: superarne le difficoltà darà particolare prestigio a Girolami. M. si rifarà perciò alla propria esperienza per dargli qualche consiglio (§ 2). Per compiere la missione non solo «fedelmente», ma anche «sufficientemente», l’inviato diplomatico deve conoscere la natura del principe e dei suoi ministri, frequentandoli e ottenendone la stima e la fiducia per le sue qualità di sincerità e di liberalità; e se è necessitato talvolta di travisare la verità, deve anche essere capace di difendersi (§§ 3-6). Per questo può ispirarsi a modelli recenti come quello di Alessandro Nasi (§ 7). L’ambasciatore deve informare regolarmente i superiori: scrivere su quanto è avvenuto è compito facile, ma per farlo su quanto sta succedendo o succederà occorre avere giudizio e capacità di congettura (§§ 813). La ricerca della notizia è fondamentale, e a questo servono i faccendieri, che vanno invitati senza scrupoli a tavola, che sia da pranzo o da gioco. Bisogna che per il do ut des implicito di questa attività l’ambasciatore riceva numerose informazioni, possibilmente riservate, dal proprio governo, per poterle barattare con notizie del Paese (§§ 14-16). L’ambasciatore deve sapere inoltre usare il proprio raziocinio per distinguere le false notizie dalle vere e per formulare un giudizio: per non presentarlo in prima persona potrà dichiarare che riporta il parere di uomini prudenti della corte (§§ 17-21); una sintesi degli avvenimenti inviata ogni tanto è pure una prassiche consente un giudizio più ponderato (§ 22). È anche opportuno che l’inviato tracci ogni due mesi un panorama generale del funzionamento dello Stato in cui risiede. Nei primi dispacci basta che annunci il suo arrivo e renda conto del primo colloquio: solo dopo un certo tempo sarà in grado di presentare una visione globale del regno e dell’indole del sovrano (§§ 23-27). Nel valutare le capacità dell’imperatore, dovrà analizzare le sue qualità umane e politiche, la fedeltà della nobiltà e dei sudditi, nonché i suoi rapporti con il fratello e con la Francia. Dovrà capire come l’imperatore intende comportarsi con l’Italia in generale e con Firenze in particolare, qualora volesse muoversi verso Roma per farsi incoronare imperatore (§§ 28-29). Questi sono i giudizi che fanno stimare un ambasciatore, soprattutto se sa rinnovarli nel corso della missione per adeguarli ai mutamenti della situazione, senza dare l’impressione di esprimerli con presunzione (§§ 30-31).
L’Instruzione costituisce un documento importante per la conoscenza del pensiero machiavelliano degli ultimi anni: sia per la maniera di concepire la missione diplomatica, sia per il modo di valutare le qualità di un principe, sia infine per l’analisi della situazione politica della Spagna e dell’impero. Il testo permette infatti di capire in modo retrospettivo le caratteristiche dell’attività diplomatica di M. e il suo nesso con la riflessione politica. M. non prende in considerazione tanto la capacità dell’ambasciatore di negoziare, quanto quella di capire il Paese e il suo sovrano per sapere come comportarsi nei suoi confronti. Per lui tale attività risiede essenzialmente nella capacità di raccogliere informazioni frequentando il sovrano, gli uomini di corte e i faccendieri, e di selezionare quelle che sono utili per formulare un parere coerente e degno di fede, grazie al giudizio e alla congettura. Consiste anche nel saper capire un Paese grazie allo studio del funzionamento delle sue istituzioni e all’analisi delle capacità di governo del sovrano in funzione delle sue qualità e dei suoi difetti. Mira, infine, a valutare il grado di autorità dello Stato nei confronti dei sudditi e delle altre nazioni. Quanto viene detto sui criteri di valutazione delle capacità di governo del sovrano trova non pochi riscontri con passi delle opere politiche del periodo cancelleresco e con quelle maggiori, in particolare con il Principe, di modo che l’arte della diplomazia si congiunge con quella della politica: il senso dell’autorità, la liberalità, la bellicosità, la ricerca della gloria, l’amore dei sudditi (cfr. capp. xiv-xix e xxi). In quanto alle domande relative alla politica imperiale, esse contengono tutti gli elementi per tracciare, accanto ai noti Ritratti della Francia e della Magna (la Germania) degli anni fra il 1509 e il 1512, un possibile ‘Ritratto della Spagna e dell’impero’: la coesione della Spagna e delle varie nazioni dell’impero, i rapporti con la Francia e con i vari Stati italiani, la questione dell’incoronazione a Roma.
Bibliografia: N. Machiavelli, Opere di Niccolò Machiavelli segretario e cittadino fiorentino, a cura di G. Poggiali, G.B. Baldelli Boni, 6° vol., Filadelfia [ma Livorno] 1797, pp. 350-55; N. Machiavelli, Edizione nazionale delle opere di Niccolò Machiavelli, I, Opere politiche, 3° vol., L’arte della guerra. Scritti politici minori, a cura di J.-J. Marchand, D. Fachard, G. Masi, Roma 2001, pp. 655-61.
Per gli studi critici si vedano: O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2° vol., t. 1, Roma 1911, pp. 245-46; E. Dupré Theseider, Machiavelli diplomatico, 1° vol., L’arte della diplomazia nel Quattrocento, Como 1945, pp. 26-34; R. Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Roma 1954, Firenze 19787, pp. 559-60.