Iraq
La prima proiezione cinematografica irachena risale al 1909 e venne effettuata presso un noto caffè del centro di Baghdad. L'avvenimento, cui partecipò un pubblico numeroso, ottenne un notevole successo e spinse alcuni imprenditori e uomini d'affari locali a organizzare una programmazione più continuativa, meno occasionale. Tuttavia sarebbe dovuto trascorrere ancora un trentennio per l'affermazione di una vera e propria cinematografia nazionale, testimone della nascita dello Stato iracheno (1932), dopo oltre un decennio di dominazione britannica, e dei successivi drammatici sviluppi della storia del Paese. Nel 1911, a Baghdad, si inaugurò la prima sala cinematografica: i film proiettati erano però ancora di produzione straniera. Nei mesi successivi vennero aperte nuove sale e, a partire dagli anni Venti, le proiezioni furono recensite dalla stampa locale. In particolare nel 1927 il Nazionale di Baghdad proiettò due documentari, ancora di produzione occidentale: Manāẓir fī ᾽l-ḥafla alrabi῾iyya li᾽l-ǧayš al-῾Iraqī (Scene della festa di primavera dell'esercito iracheno) e Tadšīn ṭā'irat madīnat Baġdād (Inaugurazione dell'aereo della città di Baghdad). Il cinema diventò un'industria molto proficua e durante gli anni Trenta si moltiplicarono i tentativi di creare una cinematografia nazionale. I film che la inaugurarono, sebbene ancora strettamente legati all'Egitto, furono Ibn al-šarq (1946, Il figlio dell'Oriente) dell'egiziano Niazi Mustafa, prodotto dalla società iracheno-egiziana al-Rašīd, e al-Qāhira-Baġdād (1947, Il Cairo-Baghdad) di Ahmed Badr Khan, anch'esso coprodotto con l'Egitto; a entrambi parteciparono attori iracheni ed egiziani. Nel 1949 furono realizzati i primi film prodotti completamente dall'I.: Aliya wa ῾Iṣām (Aliya e Isam), diretto dal regista francese André Chatan, e Layla fī ᾽l- ῾Irāq (Layla è in Iraq) dell'egiziano Ahmed Kamil Mursi. Nonostante il successo ottenuto, la cinematografia irachena non conobbe un effettivo sviluppo, ma anzi andò incontro a un periodo di stasi terminato soltanto nel 1953 con l'apertura della società di produzione Dunya al-fann che realizzò in quello stesso anno Fitna wa Ḥasan (Fitna e Hasan) di Haydar al-῾Omar, il primo film cui parteciparono tecnici e attori esclusivamente iracheni. Tra il 1956 e il 1957 furono girati altri due film importanti, entrambi caratterizzati da una forte vena realistica: Man al-mas῾ūl (1956, Chi è il responsabile?) di Abd al-Jabbar Wali, sulla condizione e sul ruolo della donna nella società irachena, e Sa῾īd afandī (1957, Il signor Sa῾īd) di Kamiran Hasani, sulle vicende di un insegnante. La proclamazione della Repubblica e l'euforia per il nuovo Stato (1958) influenzarono notevolmente la cinematografia che con l'introduzione di tematiche celebrative della realtà politica partecipò a suo modo alla trasformazione del Paese. Tra i film che si inseriscono in questo filone spiccano: Irādat al-ša῾b (1959, La volontà del popolo) di Burhan al-Din Jasim, Anā al-῾Irāq (1961, Io sono l'Iraq) di Muhammad al-Yasin e ῾Arūs al-Furāt (1961, La sposa dell'Eufrate) di ῾Abd al-Hadi Mubarak. L'I. fu nuovamente teatro di crisi politiche e istituzionali fino al 1968, quando con un colpo di stato il partito Ba῾ṯ prese il potere. Nel corso di questo tormentato periodo l'industria cinematografica incontrò molte difficoltà che impedirono un pieno sviluppo, come dimostra il numero esiguo di film realizzati: Abū Hayla (1962), che segnò l'esordio di uno dei maggiori registi iracheni, Muhammad Shukri Jamil; ·Gurfa raqam sab῾a (1964, La stanza numero sette) di Kamiran Hasani e al-Ḥāris (1967, Il guardiano) di Khalil Shawqi, premiato al Film festival di Cartagine nel 1968. Negli anni Settanta la produttività cinematografica, soprattutto dei privati, venne limitata notevolmente e, a partire dal 1973, l'industria cinematografica si trasformò in monopolio di Stato. Tranne qualche rara eccezione si realizzarono film, ma soprattutto documentari, quasi esclusivamente di carattere propagandistico. La forte ingerenza degli organi statali limitò notevolmente la libertà degli artisti iracheni, imponendo loro opere celebrative, quali al-Ayyām al-ṭawīla (1980, Le lunghe giornate) dell'egiziano Tawfiq Salih, sulla vita di Ṣaddām Ḥusayn, dal luglio del 1979 dittatore assoluto del Paese, e al-Qādisiyya (1981) di un altro regista egiziano, Salah Abu Sayf. La censura era tale che spesso il film, dopo la revisione delle autorità, risultava completamente diverso rispetto alla versione originale, come nel caso di Buyūt fī ḏālika al-zuqāq (1977, Case in quel vicolo) di Qasim Awal in cui, in seguito agli interventi effettuati, il ruolo del partito Ba῾ṯ risulta di primo piano. Si moltiplicò il numero di opere incentrate su temi legati alla rivoluzione, all'impegno politico e sociale, come al-Nahr (1977, Il fiume) di Faysal al-Yaseri e al-῾Āšiq (1986, L'amante) di Mohammed Mounir Fanari. Voce indipendente fu invece quella del cineasta Muhammad Shukri Jamil che, nonostante le pressioni della censura, non alterò la sua cifra stilistica: al-Ẓāmi'ūn (1972, Gli assetati), ambientato in un piccolo villaggio dell'I. meridionale, ritrae con efficacia la drammatica lotta dell'uomo nei confronti delle avversità della natura, in particolare della siccità; al-Aswār (1979, Le mura), tratto dal racconto dello scrittore ῾Abd al-Rahmān al-Ruba῾ī, ambientato negli anni Cinquanta, segue le vicende di tre compagni di scuola e la loro differente reazione nei confronti dei successivi avvenimenti politici; al-Mas'ala al-kubra (1983, La grande questione) è invece una sorta di cronaca storica della lotta che negli anni Venti portò infine il Paese a ottenere l'indipendenza dalla Gran Bretagna.
La tragedia della guerra contro l'Iran e il dramma della popolazione vengono rivissuti in al-Ḥudūd al-multahiba (1986, I confini fiammeggianti) di Sahib Haddad. Nel 1982 era stato realizzato da Faysal al-Yasiri al-Amīra wa᾽l-nahr (La principessa e il fiume) che, nonostante alcune evidenti schematizzazioni e determinati stereotipi, si distingue per la forza della sua metafora politica attraverso un uso interessante delle scenografie e dell'iconografia. Nei film successivi, pur continuando a essere trattate tematiche in cui il glorioso passato diventa occasione di celebrazione finalizzata alla riconquista della perduta identità irachena, appaiono sviluppate storie più intimiste, come in Ḥubb fī Baġdād (1986, Amore a Baghdad) di Abdel Hadi al-Rawi, in cui il confronto tra mondo urbano e mondo rurale viene rivissuto come dramma personale ed esistenziale. Dagli anni Novanta a causa delle difficili condizioni del Paese, oppresso dalla dittatura di Ṣaddām Ḥusayn, isolato a causa dell'embargo e duramente segnato dalle conseguenze delle guerre del 1991 e 2002, la produzione cinematografica si è quasi completamente arrestata. *
Shakir Nouri, À la recherche du cinéma irakien 1945-1985. Histoire, infrastructure, filmographie, Paris 1986.
Il cinema arabo, Venezia 1986.
Il cinema dei paesi arabi, a cura di A. Morini, Venezia 1993, pp. 125-33.
Companion Encyclopedia of Middle Eastern and North African film, ed. O. Leaman, London-New York 2001, pp. 399-404.