LA LUMIA, Isidoro
Nacque a Palermo il 1° nov. 1823 da Francesco e da Giuseppa Fazio. Orfano di padre già dal 1831, studiò nel collegio Calasanzio di Palermo, diretto dallo scienziato e letterato D. Scinà, suo primo maestro, che in un'epigrafe egli avrebbe definito "sommo tra gli ingegni siciliani del suo tempo" pur senza condividerne l'ideologia indipendentista e separatista. In quegli anni che vedevano contrapporsi i cultori del "sicilianismo" ai sostenitori della "patria italiana", il L. si sarebbe accostato piuttosto al liberalismo moderato di F.P. Perez, suo insegnante di letteratura italiana.
La vena di scrittore del L., che era stato allievo anche del letterato toscano G. Borghi, per breve tempo presente in Sicilia, si manifestò precocemente, con romanzi storici scritti a imitazione di A. Manzoni: alcuni rimasti manoscritti, come Maria o Palermo nel 1647, la cui pubblicazione fu impedita dalla censura; altri, come Bianca de' Rossi ed Evellina, pubblicati in periodici locali (rispettivamente La Fata galante, 1839 e L'Occhio, 1839-40). Nel 1840 il L. fondò con Giacinto Carini e altri letterati La Concordia, cui collaborarono, oltre al Perez, noti scrittori e intellettuali come T. Gargallo di Castellentini, L. Vigo, V. Errante. Teatro di accese polemiche letterarie, che adombravano quelle politiche, e spesso bloccato dalla censura, il periodico restò in vita per poco meno di due anni.
Scoppiata il 12 genn. 1848 la rivolta palermitana contro i Borboni, il L. con gli altri insorti si inserì subito attivamente negli organismi che costituivano il nuovo governo siciliano; impegnato dapprima nella segreteria del comitato per le Informazioni presieduto da R. Settimo e poi in quella del ministero degli Esteri, fu inoltre redattore, con F.P. Bonaccorsi e G. Piaggia, del Giornale officiale, pubblicato dal 1° maggio 1848 al 24 apr. 1849. Per incarico del Comitato scrisse, ancora con il Bonaccorsi - che in seguito sostituì al proprio nome quello fittizio di Pantaleoni -, un Mémoire historique sur les droits politiques de la Sicile (Paris 1849). È di questo periodo anche la sua collaborazione ad alcuni tra i tanti giornali apparsi in Sicilia tra il '48 e il '49, come L'Indipendenza e la Lega, La Luce, La Ruota e l'umoristico La Gazzetta per gli ultimi giorni del carnevale. Della successiva resistenza armata alla controffensiva borbonica cui partecipò nel marzo 1849 è testimonianza la corrispondenza da Termini Imerese (v. Lettera di un milite della Giovane Guardia, in La Luce, 4 apr. 1849).
Dopo il fallimento della rivoluzione, il L., che non aveva accettato di far parte di una delegazione del Comune di Palermo incaricata di fare atto di sottomissione ai Borboni (i biografi gli attribuiscono la frase: "Ho rinunziato con disprezzo. Altri, non io, seppellisca la Patria"), rifiutò anche la direzione del Giornale officiale di Sicilia offertagli dal restaurato governo borbonico. La laurea in legge, conseguita nel 1845, gli consentì di provvedere alla madre e ai due fratelli con la professione di avvocato. Da una parallela occupazione come archivista presso la famiglia dei duchi di Monteleone sarebbe scaturito nel 1858, coperto dall'anonimato, l'Indice topografico delle pergamene e diplomi esistenti nell'archivio dell'ecc.mo duca di Terranova e Monteleone in Palermo. Il L. collaborava intanto ai periodici palermitani La Lira e La Favilla, ma anche al settimanale parigino Revue franco-italien (poi Courrier franco-italien) di G. Carini; ma il suo impegno principale divenne la ricerca storica con cui si era già cimentato pubblicando a Palermo nel 1844 il "saggio storico" I Luna e i Perollo, ambientato nel Cinquecento siciliano. Matteo Palizzi, ovvero I Latini e i Catalani. Frammento di studi storici sul secolo XIV in Sicilia, suo primo lavoro di ampio respiro, ricostruiva invece lo scontro tra le feudalità latina e catalana durante l'anarchia seguita alla scomparsa di Federico III d'Aragona. Apparve a puntate sul palermitano La Favilla, II (1859), dopo che era stato respinto da varie riviste non siciliane, penalizzato forse non da ostilità preconcetta per la Sicilia e la sua storia, come ritenne il L., ma dalla incapacità di uscire dalla dimensione locale, che era il suo vero limite, evidente anche nei lavori successivi.
Il 1860 vide il L. nuovamente impegnato in prima persona nelle vicende che segnarono la fine del regime borbonico. Al primo ingresso di Garibaldi a Palermo aderì, con il fratello Francesco, al Comitato insurrezionale; assunse la direzione del Giornale officiale di Sicilia (il cui primo numero uscì il 7 giugno); collaborò negli uffici della prodittatura garibaldina e, dal dicembre 1860, in quelli della successiva luogotenenza. Ma soprattutto si impegnò nell'incarico di segretario del Consiglio straordinario di Stato, istituito il 19 ott. 1860, nell'ambito di un disegno di carattere nazionale, per studiare la forma e le condizioni dell'annessione della Sicilia allo Stato italiano.
Il parere che fu elaborato, e del quale dopo il plebiscito non fu tenuto alcun conto, prevedeva il mantenimento di una amministrazione separata della Sicilia nell'ambito dell'unità politica della penisola. Deluso come altri patrioti e uomini politici anche non siciliani dalle modalità dell'unificazione, il L. abbandonò la collaborazione ai giornali L'Annessione di Palermo e L'Opinione di Torino, così come lasciò la Società nazionale italiana e l'associazione detta "Regionale" - della cui fondazione era stato promotore e che raccoglieva note personalità di tendenze autonomiste come F. Ferrara, M. Amari, G. Bruno e altri - e l'organo di essa, l'Unità politica.
Il passaggio all'amministrazione archivistica, nell'aprile del 1862, consentì se non altro al L. di dedicarsi alla ricerca storica nell'ambiente a essa più consono. Ma, per carattere e per formazione, in nessun caso avrebbe trascurato di assumersi gli oneri burocratici e organizzativi che l'impiego richiedeva. Specialmente con la nomina a direttore dell'Archivio di Stato di Palermo (1864) il L. si adoperò in ogni modo per l'istituto: rese accessibili i fondi archivistici attraverso un'idonea sistemazione, aumentò la capacità dei depositi (era riuscito a ottenere l'assegnazione dell'ex convento della Gancia, in aggiunta agli storici locali della Catena), né si astenne dal sollecitare, anche contro disposizioni ministeriali, il versamento all'Archivio delle pergamene dei monasteri soppressi. Divenuto nel 1874 soprintendente agli Archivi siciliani (carica questa che avrebbe ricoperto sino alla morte), fu sempre presente ai dibattiti aventi a oggetto i problemi legislativi e amministrativi posti dalla riorganizzazione degli archivi nello Stato unificato; e, anche qui, fu sostenitore della necessità di rispettare e mantenere le peculiarità delle situazioni esistenti negli Stati preunitari, a fronte di progetti di legge che prevedevano soluzioni uniformi e un eccessivo accentramento.
Dal punto di vista della produzione storica, il decennio 1860-70 fu il più fecondo, come mostra il consistente elenco dei lavori che il L. dette alle stampe. A parte lo scritto, poi da lui stesso rifiutato, La restaurazione borbonica e la rivoluzione del 1860 in Sicilia… Ragguagli istorici (Palermo 1860), pubblicò La Sicilia sotto l'imperatore Carlo V. Narrazione istorica con documenti inediti (ibid. 1862), e Ottavio d'Aragona e il duca d'Ossuna (in Arch. stor. italiano, n.s., XVII [1863], t. I, pp. 3-31; t. II, pp. 3-33), utilizzando per quest'ultimo lavoro documentazione reperita nell'archivio dei duchi di Monteleone. Motivo ricorrente nei due scritti è la critica all'immobilismo della classe dirigente siciliana, paga del mantenimento degli storici "privilegi" del Regno, da essa interpretato come un riconoscimento di autonomia da parte del governo spagnolo. In Giuseppe d'Alesi o La rivoluzione di Palermo del 1647. Storia e documenti (Palermo 1863), il L. contrapponeva le antiche gloriose corporazioni all'astratto centralismo dello Stato. Anche I quattro vicari. Studi di storia siciliana del XIV secolo (in Arch. stor. italiano, s. 3, V [1867], t. I, pp. 3-85; t. II, pp. 132-224), si basò su documentazione dell'archivio Monteleone, edita anni dopo dallo stesso L. nella collana della Società siciliana per la storia patria "Documenti per servire alla storia di Sicilia" (Estratti di un processo per lite feudale del secolo XV concernenti gli ultimi anni del regno di Federico III e la minorità della regina Maria, Palermo 1878; rist. anast., ibid. 1990).
Su suggerimento dell'economista F. Ferrara, il L. fu invitato a collaborare alla fiorentina Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti. Vi pubblicò lo studio Gli ebrei siciliani (vol. IV, marzo 1867, pp. 405-436; poi Palermo 1870), in cui esponeva la tesi, innovativa per i tempi, dell'estraneità della Sicilia alla persecuzione dell'etnia ebraica, voluta da una potenza lontana e straniera.
Ancora del 1867 è la Storia della Sicilia sotto Guglielmo il Buono (Firenze), epoca idealizzata come l'età dell'oro per la Sicilia; la narrazione, osserva F. Giunta, è condotta sulla base di un cronista del XII secolo, U. Falcando, e "senza eccessiva preoccupazione filologica". La critica osserva ancora che il L., pur avendo dedicato uno studio a Domenico Caracciolo o Un riformatore del secolo XVIII (in Nuova Antologia, febbraio 1868, pp. 213-241; poi Palermo 1868), non comprese nella loro vera portata i tentativi di riforma del viceré illuminista.
Il decennio si chiuse con la raccolta degli studi sino ad allora usciti (Studi di storia siciliana, I-II, Palermo 1870), elaborati in tempi diversi, ma "con unità di pensiero e di scopo", sottolineava il L. nell'Avvertenza (p. 7). Lo scopo era quello di contribuire a "esplorare e illustrare ciascuna epoca attraverso parziali lavori", così da rendere possibile una storia "compiuta" di Sicilia, rispondente ai progressi della critica moderna. L'intento era ribadito nella Prefazione alla seconda raccolta dallo stesso L. predisposta nel 1876, che, però, uscì dopo la sua morte (Storie siciliane, I-IV, ibid. 1881-83). Isidoro Carini, l'archivista e paleografo, figlio di Giacinto e cugino del L., vi premise la biografia Della vita e degli scritti di I. L. (I, pp. V-XXXIX) che tuttavia non figura nella ristampa per cura della Regione siciliana (I-IV, Palermo 1969-70). Della raccolta fanno parte gli ultimi scritti Carlo Cottone, principe di Castelnuovo (in Nuova Antologia, giugno 1871, pp. 283-342; luglio 1871, pp. 564-585; poi, 2ª ed., Palermo 1872), I Romani e le guerre servili in Sicilia (ibid., agosto 1872, pp. 722-756; settembre 1872, pp. 24-62; ottobre 1872, pp. 252-266; poi, in volume, Torino 1874); La Sicilia sotto Vittorio Amedeo di Savoia. Narrazione storica (in Arch. stor. italiano, s. 3, XIX [1874], pp. 77-100, 282-332; XX [1874], pp. 95-155, 256-294; XXI [1875], pp. 55-80; poi, 2ª ed., Livorno 1877), in cui il L., spaziando dall'età romana al periodo sabaudo e al primo Ottocento, metteva sempre in rilievo le conseguenze negative di un eccessivo accentramento statale a danno delle tradizionali libertà della Sicilia.
Incaricato dal Comune di Palermo di predisporre una Guida in vista del XII congresso degli scienziati italiani, mentre proponeva attraverso Palermo. Il suo passato, il suo presente, i suoi monumenti (Palermo 1875), una sintesi ricca di notizie e di dati sulla città a pochi anni dall'unificazione, il L. coglieva l'occasione di evidenziare i pressanti bisogni ai quali lo Stato italiano non aveva ancora prestato sufficiente attenzione; una nuova prospettiva di studio era invece quella che ispirava l'articolo Viaggiatori stranieri in Sicilia nel secolo XVIII (in Riv. sicula di scienze, letteratura ed arte, III [1871], pp. 21-39), che la Nuova Antologia riprendeva (aprile 1876, pp. 720-740) con il titolo La Sicilia di un secolo addietro secondo i viaggiatori stranieri "in un momento in cui notizie, osservazioni, giudizi intorno alla Grande Isola italiana acquistano carattere di opportunità" (cfr. nota redazionale, p. 720).
Il lavoro di storico e l'impegno di archivista non esaurivano il molteplice attivarsi del L., sempre presente nella vita pubblica cittadina e chiamato a svolgere incarichi anche in ambito nazionale.
Dall'Unità fino al momento della morte fu pressoché ininterrottamente consigliere nel Comune di Palermo, spesso assessore e componente di numerose commissioni municipali; fin dal 1863 fu anche componente della commissione di Antichità e Belle Arti per la Sicilia. Strettamente connesse con la sua vicenda intellettuale e con il suo ruolo istituzionale sono le iniziative che vertono attorno all'Archivio storico siciliano (nato nel 1873 come pubblicazione periodica della Scuola di paleografia dell'Archivio di Stato) e alla Società siciliana per la storia patria, succeduta in quello stesso anno alla Nuova Società per la storia di Sicilia (1865-70; il L. era stato uno fra i soci fondatori). Della Società siciliana per la storia patria il L. fu continuativamente uno dei consiglieri e, dal 1874, vicepresidente.
Non trascurava intanto di mantenere rapporti epistolari con i suoi interlocutori di sempre (ininterrotta, ad esempio, la corrispondenza con lo storico M. Amari) e anche con personalità non siciliane, come M. d'Azeglio, F.D. Guerrazzi, N. Tommaseo, C. Cantù. I carteggi sono una miniera di notizie su personaggi e avvenimenti dell'epoca e, oltre a mostrare la molteplicità e la vivacità degli interessi del L., ce ne svelano qualche tratto del carattere: il pessimismo di fondo, dovuto alle sue vicende personali e pubbliche, ma anche il sottile umorismo che, nonostante tutto, affiora qua e là nelle lettere.
Il L. morì a Palermo il 29 ag. 1879, non senza aver confidato ancora una volta stanchezza e disillusione a G. Carini, al quale era legato da lunga consuetudine anche familiare.
Il monumento funebre nella chiesa di S. Domenico di Palermo, pantheon dei siciliani illustri, fu eseguito da B. Civiletti nel 1883. Nel monumento sono riportate alcune parole del L. sulla storia ("né nuda cronaca, né astratta tesi"), nonché un elogio che, per una volta, non è da considerare mera retorica d'occasione: "di lui la rara costante armonia dello scrittore col cittadino, del cittadino coll'uomo".
Il L. non fu storico fortunato, anche perché, a parte i limiti cui si è accennato, fu messo in ombra dal contemporaneo M. Amari. Ma, anche a volerle considerare essenzialmente opere di erudizione, ricerche come, ad esempio, quelle su Carlo V, sui quattro vicari o su Ottavio d'Aragona, per la solida base documentaria certamente costituiscono un valido punto di partenza per le indagini sul Medioevo e sull'Età moderna in Sicilia.
Scritti minori del L.: Sulla tomba di Giacinto Castorina, in Il Siciliano, II (1838); La Saracena del maestro Andrea Butera, in La Lira, II (1854), 9; Sui canti popolari siciliani raccolti ed illustrati da Lionardo Vigo, in La Favilla, I (1858); In morte di Giovanni Fileti direttore del Collegio nautico in Palermo, ibid.; Nuovi ordinamenti del Grande Archivio di Palermo, Palermo 1864; Cenni biografici per F.P. Perez, in Le Elezioni, 12 ott. 1865; Programma per la ristampa dei diplomi greci ed arabi di Sicilia tradotti… e illustrati da Salvatore Cusa, in Arch. stor. italiano, s. 3, VII (1868), pp. 188-190; [Lettera] al dott. O. Hartwig [in risposta alla recensione della Storia di Sicilia sotto Guglielmo il Buono], in Rivista sicula, I (1869), pp. 112-118; Parole in morte della sig.ra Giovanna Perez nata Minneci, Palermo 1873; Sulla Cronaca catalana di Pietro Tomich, in Arch. stor. siciliano, I (1873), pp. 370-375; II (1874), pp. 107 s.; La guerra del Vespro siciliano scritta da Michele Amari, ibid., n.s., I (1876), pp. 112-116; I privilegi di Messina a Madrid, ibid., pp. 314-322; Teofilo Folengo in Sicilia, in Nuova Antologia, 15 apr. 1878, pp. 601-619; Antonio Veneziano o un cinquecentista di Sicilia, ibid., 15 maggio 1879, pp. 181-199; Iscrizioni per le esequie di Vittorio Emanuele II, in Solenni esequie a re Vittorio Emanuele II, Palermo 1878.
Fonti e Bibl.: Carteggi e manoscritti del L. sono conservati a Palermo presso la Biblioteca centr. della Regione siciliana: Carteggio Amari, Autografi, LXII-LXIV, nn. 4817-5032; presso la Biblioteca comunale: Carteggio La Lumia, 2.Qq.C.185-187; Ricordi biografici di F.P. Perez, 2.Qq.C.237, n. 6; Ottavio d'Aragona e il duca di Ossuna, brani e appunti, 2.Qq.G.182, n. 35; presso la Società siciliana per la storia patria, Iscrizioni autografe, Sala Lodi, carp. 11, n. 1139; ad Acireale presso la Biblioteca Zelantea, Epistolario L. Vigo, V, XII.
Si vedano inoltre: Arch. di Stato di Palermo, Arch. della Direzione, b. 9; Atti dello Stato civile, Palermo, Nascite, vol. 65; Matrimoni, vol. 21; Morti, vol. 137; Palermo, Arch. stor. del Comune, Atti del Municipio 1865-1881, ad nomen; Ibid., Museo archeologico, Arch. storico, bb. 536, 537. Alla Introduzione di F. Giunta alla ristampa delle Storie siciliane, cit., I, pp. 7-28, e alla nota bibliografica ivi riportata, si aggiungano: A. Sansone, Mezzo secolo di vita intellettuale della Società siciliana per la storia patria (1873-1923), Palermo 1923, pp. 40-42 e passim; F. Brancato, Lettere di I. L. a G. Carini, in Nuovi Quaderni del Meridione, IV (1966), pp. 185-213; A. Barilaro, S. Domenico di Palermo, Palermo 1971, pp. 117 s.; Michele Amari storico e politico. Atti del Seminario di studi… 1989, a cura di A. Borruso, in Arch. stor. siciliano, s. 4, XVI (1990), pp. 67 s., 70, 212; F. Brancato - R. Scaglione Guccione, La Società siciliana per la storia patria1923-1993, Palermo 1994, pp. 11 s.; S. Candido, I giornali palermitani del biennio liberale (gennaio 1848 - maggio 1849), Palermo 1999, pp. 94, 130, 178; L'attività della commissione di Antichità e Belle Arti in Sicilia,1861-1863, a cura di G. Lo Iacono - C. Marconi, Palermo 2002, pp. 5, 58-63; Enc. Italiana, XX, s.v.; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 282 s.; M. Di Liberto, Nuovissimo stradario storico della città di Palermo, Palermo 1993, p. 399.