Islam
Nonostante i fitti scambi tra l’Europa e il vasto mondo islamico nel Rinascimento e nei secoli successivi, e i riferimenti di M. all’I., al sultanato dei Mamelucchi d’Egitto e all’impero ottomano, risalgono solo all’Ottocento le prime tracce sicure di una lettura e traduzione dei suoi scritti in regioni di cultura musulmana. I motivi non vanno ricercati nel fatto che nel periodo anteriore il mondo islamico avrebbe vissuto «il periodo della sua più profonda decadenza e sterilità spirituale» (Gabrieli 1972, p. 151), ma piuttosto nella selezione dei temi e dei generi delle opere europee che circolavano negli ambienti colti musulmani in Nord Africa e Asia meridionale.
L’invasione dell’Egitto da parte delle truppe francesi di Napoleone tra il 1798 e il 1801 non portò solo alla fine del regime vassallo dell’impero ottomano e all’ascesa dell’albanese Muḥammad ‛Alī, già membro dell’esercito turco e poi pascià d’Egitto dal 1805, ma anche a un ritorno al Cairo del sacerdote di origine siriana Rāfā’il Anṭūn Zakhūr che, dopo aver studiato a Roma, fece da interprete dei francesi durante l’occupazione dell’Egitto. Alcuni anni dopo, fu proprio Zakhūr, su richiesta del pascià, a realizzare la prima traduzione in arabo del Principe, nel contesto di una ripresa di modelli culturali europei voluta da Muḥammad ‛Alī per consolidare la sua autorità politica. Nel suo diario di viaggio, Gian Battista Brocchi fornisce una preziosa testimonianza, in data 13 luglio 1823:
Da don Raffaele professore di lingua Araba nel collegio di Bulac si fa ora una traduzione in arabo del Principe di Machiavello per ordine del Bascià; cui fu detto essere questo un libro che contiene esimie massime di politica, e che insegna ai Sovrani despotici l’arte di governare. Il titolo italiano del libro fu voltato in Arabo el Emir. Ma il Machiavello insegna ad un Principe come può farsi tiranno con buona grazia e con artifizio, né so quanto bisogno possavi essere di questi ripieghi ove si comanda con la sciabla, senza curarsi di salvare l’apparenza, e si marcia francamente per la via più diretta: stat pro ratione voluntas (cit. in Nallino 1931, p. 604).
Il manoscritto della versione di Zakhūr, pervenuto in un unico esemplare conservato alla Biblioteca nazionale del Cairo (ms. 435 ta’rīḫ a), non era destinato alla circolazione pubblica e costituisce forse una prima bozza da rivedere in vista di un’edizione a stampa, che comunque non vi fu. A questo esito non dovette essere estranea la delusione di Muḥammad ‛Alī, attestata da una lettera scritta da Vienna il 20 dicembre 1830 dall’ex console in Egitto Giuseppe Acerbi, dove si ricorda che il pascià «si è fatto fare a bella posta per sé una traduzione in turco del Principe di Machiavelli, bramoso di conoscere di che mai trattisi in un libro del quale aveva inteso parlare da qualche europeo con istraordinaria ammirazione», riferendone poi il giudizio conosciuto tramite il suo dragomanno nel 1828:
Voi fate gran romore in Italia del vostro Machiavelli. Lo feci tradurre in turco per sapere che cosa mai vada egli dicendo; ma confesso che l’ho trovato al di sotto della aspettazione mia e della sua fama. Sono stato assai più preso da meraviglia alla lettura d’un’opera scritta originariamente in arabo, ma pure anch’essa tradotta inturco; e quest’opera è la storia di Ibn Khaldun. È uno scrittore molto più libero del vostro Machiavelli ed a mio avviso molto più utile. Voi dite che il Machiavelli è proibito in vari Stati d’Europa; Ibn Khaldun lo sarebbe assai di più (cit. in Nallino 1931, p. 605).
Il riferimento è all’al Muqadimmah («Introduzione alla storia universale») di Ibn Khaldūn, opera alla cui riscoperta nel mondo arabo proprio la traduzione di M. contribuì ad aprire la via. Nell’introduzione alla traduzione s’insisteva sull’appartenenza del Principe al genere letterario dei precetti a un privato interessato al potere. Ma tra i motivi che dovettero contribuire al distacco di Muḥammad ‛Alī vi fu probabilmente la difficoltà a intendere un testo che corrispondeva a un calco quasi letterale dell’originale, segno che Zakhūr non era del tutto a suo agio con l’italiano di M., né con l’arabo letterario, rendendo ancora più ardua la comprensione dell’ulteriore traduzione in turco (non si sa se orale o scritta), la lingua che il pascià era in grado di capire (Nallino 1931, p. 609).
Se l’opzione pragmatica di un richiamo alla cultura politica europea, seguito all’invasione napoleonica, era stata all’origine della prima traduzione del Principe in arabo, ancora in Egitto, circa un secolo dopo, uscì a stampa una seconda versione, del tutto indipendente dalla prima, ispirata dal clima di fervore nazionalista che scuoteva i giovani intellettuali schierati a favore della ribellione contro il protettorato inglese. Era uno di loro il pubblicista Muḥamamd Luṭfī al-Ǧum‛ah, che nel 1912 pubblicò al Cairo la prima versione a stampa del Principe. Preceduta da una biografia di M. e da alcuni cenni sulle opere, alla traduzione erano anteposti altri due scritti: i Ricordi di Machiavelli, dove il traduttore raccontava del primo incontro avuto con gli scritti del Segretario fiorentino, e L’ultima notte, una descrizione fantastica della morte di Machiavelli. Luṭfī al-Ǧum‛ah scrive di aver letto per la prima volta il Principe in una versione inglese e poi, appreso l’italiano, nella sua lingua originale. La sua fu la prima traduzione a giungere nelle mani di lettori arabi, ma nulla si sa del suo impatto. Scorrevole e a tratti molto semplificata, la resa non è priva di errori, dovuti probabilmente alla scarsa familiarità con l’italiano, ma anche all’influenza di qualche traduzione in altre lingue europee, come l’inglese, nonché forse alla scelta di un vocabolario islamico che puntava a rendere più attuale M., trasformandolo in un teorico dello Stato-nazione ante litteram.
Luṭfī al-Ǧum‛ah ritornò su M. anche in una sintesi di filosofia islamica pubblicata nel 1927, dove propose un confronto tra machiavellismo e khaldunismo. Nei primi decenni del secolo, del resto, si sviluppò un certo dibattito intorno a M. e alla sua lezione variamente interpretata in alcuni giornali e riviste politiche arabe. Sempre in una rivista, inoltre, fu pubblicata a puntate una traduzione in turco del Principe, edita poi in volume nel 1932 con il titolo Hukümdar, eseguita da Haidar Rif‛at a partire dal francese – l’iniziativa accompagnò l’ascesa al potere di Atatürk, ma si ignora se questi abbia mai letto Machiavelli. Ha usato invece un’edizione in italiano del Principe l’italianista egiziano Hasan Osman nel suo Manhag al-bahth at-ta’rikhi («Il metodo dell’indagine storica», 1965), dove rivela anche la conoscenza dell’attività di commediografo e poeta di Machiavelli. Si tratta di un caso raro nella storia di una ricezione nel mondo islamico ancora oggi prevalentemente ristretta al Principe, di cui esistono ormai diverse traduzioni in varie lingue.
Bibliografia: M. Nallino, Intorno a due traduzioni arabe del Principe del Machiavelli, «Oriente moderno», 1931, 12, pp. 604-16; F. Gabrieli, Machiavelli nel mondo islamico, in Il pensiero politico di Machiavelli e la sua fortuna nel mondo, Atti del Convegno internazionale, San Casciano-Firenze 28-29 settembre 1969, Firenze 1972, pp. 151-54.