Islanda
La cinematografia islandese, tra le più giovani e originali del continente europeo, occupa un posto a sé anche in rapporto a quelle degli altri Paesi nordici. I primi, seppure sporadici, segni risalgono al 1906, quando l'I. era ancora sotto il dominio secolare della Danimarca (terminato nel 1944), che inevitabilmente esercitò un forte influsso sulle origini del cinema islandese: fu infatti il danese Alfred Lind a realizzare un documentario di tre minuti; nello stesso anno nella capitale, Reykjavík, venne aperta la prima sala cinematografica. Nel 1919 ancora un danese, Gunnar Sommerfelt, iniziò a girare Saga Borgarœttarinnar (1921, La storia della famiglia Borg), ispirato al romanzo dello scrittore islandese G. Gunnarsson e interpretato da attori locali. Nel 1923 Gunnar Robert Hansen e Gudmundur Kamban firmarono il dramma sentimentale a sfondo esotico Hadda Padda. Fino all'indipendenza le produzioni furono rare e risale solo al 1948 la realizzazione del primo film sonoro e a colori, Milli fjalls og fjöru (Fra la montagna e la spiaggia), nel quale Loftur Gudmundsson, già in attività dai tempi del muto (il suo Ævintyri Jóns og Gvendur, Le avventure di Jón e Gvendur, è del 1923), riutilizzò parte del materiale di un suo documentario del 1924 per raccontare una storia d'amore ambientata nel 19° secolo. Tra gli anni Cinquanta e Settanta il cinema islandese visse un periodo preparatorio a quello di crescita vera e propria, che sarebbe avvenuto a partire dagli anni Ottanta. Film tra documentario e finzione, come Nytt hlutverk (1954, Nuovo ruolo) di Óskar Gíslason, lungometraggi ispirati alle saghe medievali o commedie sulla piccola borghesia (Mordsaga, 1977, Storia di un omicidio, di Reynir Oddsson) fecero la loro comparsa e iniziarono a costituire i punti di riferimento di questa cinematografia. A facilitare, seppure lentamente, lo sviluppo della produzione islandese è stato il Kvikmyndasjodur Islands (Fondo islandese per il cinema), istituito nel 1979, unitamente alla presenza di produttori indipendenti che hanno portato nuove energie.
Ágúst Gudhmundsson, che ha esordito con il lungometraggio Land og synir (1980, La terra e i suoi figli), un western pastorale sulla tensione ideologica tra un padre e il figlio, ha continuato la sua produzione cimentandosi anche in altri generi. Di rilievo è Útlaginn (1981, Il fuorilegge), ispirato alla popolare saga islandese Gisla saga (La saga di Gisli), cui sono seguiti: la commedia musicale campione d'incassi Medh allt á hreinu (1982, Al vertice del successo); la satira politica Gullsandur (1984, Sabbia d'oro), che prende spunto dalla presenza della base militare statunitense di Keflavík (di cui parlano anche altri registi); e Mávahlátur (2001, noto come The seagull's laughter), ambientato negli anni Cinquanta e incentrato su una giovane vedova islandese che, tornata dagli Stati Uniti nella sua piccola comunità d'origine, ne sconvolge la vita con i suoi modi liberi. Hrafn Gunnlaugsson, regista anche teatrale, ha messo in scena la crisi della famiglia con Ódal fedranna (1980, La cascina paterna) e Okkar á milli (1982, Tra di noi), mentre ha narrato storie di avventure e vendette in Hrafninn flygur (1984, Il volo del corvo). L'opera prima di Thorsteinn Jónsson, autore di lavori per la televisione e produttore di film pubblicitari, è stata Punktur punktur komma strik (1981, Punto, punto, virgola, lineetta), cui è seguito Atómstödhin (1984, La centrale nucleare), film fallimentare dal punto di vista finanziario, tratto dal romanzo del premio Nobel islandese H. Laxness. Thráinn Bertelsson, produttore televisivo e giornalista, ha raccontato la vita nella periferia di Reykjavík in Jón Oddur og Jón Bjarni (1981, Jón Oddur e Jón Bjarni), prima parte di una trilogia sulle avventure farsesche di due giovani; Bertelsson ha poi affrontato il thriller girando tra i fiordi Skammdegi, (1985, Pieno inverno), cui è seguito il dramma familiare Magnús (1989). Un thriller soprannaturale è invece Húsidh (1983, La casa) di Egill Edhvardhsson. Lárus Yimir Óskarsson ha svolto la sua attività prevalentemente in Svezia, dove ha girato Andra dansen (1982, La seconda danza), film di viaggio con protagoniste due donne, così come sul tema del viaggio e sulla violenza è incentrato Foxtrot (1988) di Jón Tryggvason. Dramma di famiglia con struttura sperimentale è invece Á hjara veraldar (1983, Ai limiti del mondo) della regista Kristín Jóhannesdóttir, mentre nella commedia sociale si colloca Skilabod til Söndru (1985, Messaggio a Sandra) di Kristín Pálsdóttir, scritto dalla celebre sceneggiatrice Gudny Halldórsdóttir. L'inquietudine tormenta uno scrittore che torna nella casa dell'infanzia in Eins og skepnan deyr (1986, Come muore la bestia) di Hilmar Oddsson.
Negli anni Ottanta ha esordito anche il regista più noto del cinema islandese, Fridhrik Thór Fridhriksson. I suoi primi lavori ‒ tra cui il ritratto musicale Rokk í Reykjavík (1982, Rock a Reykjavík) ‒ si collocano nel segno del documentario e della sperimentazione e anticipano il suo primo lungometraggio, Skytturnar (1987, noto come White whales), permeato di desideri repressi che finiscono in tragedia nella storia di due pescatori tornati a terra dopo una caccia alla balena. Il cinema di Fridhriksson si rivela in costante movimento e al tempo stesso ancorato alla terra, come testimoniano anche Börn náttúrunnar (1991, Figli della natura), fuga da un ospizio di una coppia di anziani che vogliono ritrovare il contatto con la natura; Á köldum klaka (1995, Febbre fredda), viaggio in luoghi gelidi di un giapponese arrivato in Islanda; Englar alheimsins (2000, noto come Angels of the universe), che coniuga due elementi ricorrenti nella vita islandese: l'ostilità nei confronti della base statunitense e la vena di follia degli abitanti del Paese.Superato un periodo di crisi, dalla metà degli anni Novanta il cinema islandese ha aumentato la sua produzione annuale (che si colloca tra i cinque e gli otto titoli), mentre per favorirne lo sviluppo una legge del 2001 ha previsto il 12% di rimborso per chi si reca a girare in I. (Die another day, 2002, La morte può attendere, di Lee Tamahori, è stato tra i primi ad avere ottenuto la sovvenzione). A rappresentare la nuova generazione di cineasti islandesi, in grado di occupare un posto di primo piano non solo sul mercato nazionale, sono: Baltasar Kormákur, autore del ritratto generazionale 101 Reykjavík (2000) e della tragedia familiare Hafidh (2002, Il mare); Jóhann Sigmarsson, che ha firmato la commedia demenziale ambientata tra I. e Olanda Óskabörn thjódarinnar (2000, nota con il titolo internazionale Plan B-report); Dagur Kári Pétursson, la cui opera prima è stata Nói albínói (2002, Nói l'albino), commedia stralunata che vira improvvisamente verso la morte e che presenta i segni più tipici di questa cinematografia, l'humour e la disperazione causati dall'isolamento. Un posto a parte occupa Sólveig Anspach, che ha realizzato le sue numerose opere, collocabili tra documentario e fiction, con riprese in Francia (Haut les cœurs!, 1999), Stati Uniti (Made in the USA, 2001) e Islanda.
Icelandic Film Fund, Icelandic films 1980-1983, Reykjavík 1984.
Islantilaisia elokuvia/Isländska filmer/Islenskar kvikmyndir, Helsinki 1985.
Le cinéma des pays nordiques, éd. P. Cowie, Paris 1990, pp. 77-83, 193-96, 269.