Islanda
di Luigi Stanzione
Stato insulare dell'Europa nord-occidentale. Secondo stime ufficiali, l'I. nel 2005 contava 299.891 ab., con una densità di 2,9 ab./km2. L'incremento registrato in dieci anni è pari a circa il 10%, andamento che conferma un trend di lungo periodo (dagli anni Cinquanta del 20° sec.) e una crescita particolarmente sostenuta dagli anni Novanta in poi. L'area di maggiore concentrazione resta quella della costa sud-occidentale, i cui centri principali, nell'arco di cin-quant'anni, hanno visto aumentare di molto la propria popolazione: Reykjavik è raddoppiata, superando di poco i 114.000 ab., Kópavogur è aumentata di quindici volte (26.000 ab.) e Hafnarfjördur di quattro (22.000 ab.). Tuttavia, anche alcuni tratti costieri a ovest e a nord-est dell'isola mostrano insediamenti meno rarefatti. Complessivamente circa il 90% della popolazione vive in centri che superano le 200 unità.
Le forze di lavoro ammontavano, nel 2004, a 161.100 unità e gli occupati a 156.100 (di cui di poco più del 47% donne), distribuiti in misura pari al 6,4% nel primario (agricoltura e pesca), al 22,4% nell'industria e al 71,2% nei servizi. Accanto ai settori tradizionali della pesca e della trasformazione dei prodotti ittici, contribuiscono a diversificare la struttura economica del Paese i comparti delle co-struzioni, della produzione di energia elettrica e quello metallurgico (alluminio, ferro-silicio). Inoltre, da alcuni anni in I. si conducono ricerche avanzate sull'utilizzo industriale dell'idrogeno come com-bustibile in condizioni di sicurezza ambientale. Anche la composizione del terziario appare abbastanza articolata, e qualificata dalla presenza di una significativa percentuale di addetti in comparti come quelli dell'intermediazione finanziaria, dell'istruzione e delle comunicazioni. Il tasso di disoccupazione è decisamente basso (non raggiunge il 3%); a ciò va aggiunto che gli importanti investimenti già in atto (circa 3,5 miliardi di euro) nelle infrastrutture, in campo energetico (ambito nel quale sono impegnate anche imprese italiane) e nel settore metallurgico potranno, nel breve periodo, abbassare ulteriormente tale dato.
Dal punto di vista macroeconomico, le dinamiche islandesi appaiono vivaci, improntate a un marcato liberalismo e sostenute da un notevole grado di apertura verso l'investimento estero (sono numerose, infatti le partecipazioni in gruppi, in prevalenza europei). Il grado e la dif-fusione del benessere sociale, testimoniato peraltro anche da un forte incremento dei consumi privati, appaiono elevati. Pure il comparto dell'edilizia residenziale ha assunto un andamento positivo, trainato dai bassi tassi di interesse e dalla crescita del potere d'acquisto.
La crescita del PIL nel biennio 2004-05 ha raggiunto un picco (intorno al 6%). Il notevole deficit commerciale, in parte causato dal-l'andamento del mercato dei prodotti ittici (che rappresentano il 60% delle esportazioni del Paese) nonché dal peso delle importazioni (soprattutto forniture industriali, beni di investimento), e il significativo indebitamento con l'estero offuscano sia pure parzialmente il positivo scenario economico del Paese.
La particolarità degli ambienti naturali e le strategie di intervento a tutela dei valori paesaggistici intraprese dal governo hanno favorito lo sviluppo del turismo e dei servizi collegati a tale settore. Si contano, infatti, 4 parchi nazionali di notevole valore paesaggistico, faunistico e floristico, 14 parchi regionali, 39 riserve e 33 monumenti naturali (fra vulcani, sorgenti d'acqua calda, cascate). Non stupisce, dunque, che, secondo fonti del Ministero degli Esteri islandese, siano aumentate le presenze turistiche (circa 1.500.000 pernottamenti nel 2004), con una costante crescita del numero di passeggeri in transito negli aeroporti (circa 2.500.000) e nei porti (circa 45.000).
Storia
di Francesca Socrate
Sul finire del 20° sec. la vita politica islandese continuava a essere caratterizzata dalla ormai decennale egemonia del Partito dell'indipendenza, guidato da D. Oddsson secondo un'impostazione sostanzialmente conservatrice. Al governo nella legislatura 1991-1995 con il Partito socialdemocratico e in quelle successive con il Partito progressista (di orientamento moderato e centrista), il Partito del-l'indipendenza sembrava godere di un largo consenso nell'opinione pubblica grazie a una serie di successi conseguiti in politica estera e in politica interna. Sul piano internazionale l'amministrazione Oddsson si era distinta per una linea decisa nella difesa dei diritti di pesca islandesi - linea che aveva tuttavia pesato negativamente sulle relazioni con la Danimarca e la Norvegia - mentre sul piano interno, dopo i difficili decenni precedenti, essa aveva garantito al Paese una nuova stabilità governativa, rafforzata anche dai buoni risultati raggiunti grazie alla politica di privatizzazioni e liberalizzazioni del mercato finanziario adottata fin dal 1991.
In seguito al successo elettorale del maggio 1999, che lo aveva visto confermato nel suo ruolo di partito di maggioranza relativa, il Partito dell'indipendenza tornò al governo, sempre sotto la guida di Oddsson e con la partecipazione del Partito progressista. Nelle successive elezioni del maggio 2003 l'opposizione di centro-sinistra, raggruppata nel-l'Alleanza (nata nel 1999 come cartello elettorale di Alleanza del popolo, Partito socialdemocratico, Movimento del popolo e Lista delle donne, nel maggio 2000 si era trasformata in partito), candidava alla carica di primo ministro il sindaco di Reykjavik, I. Sólrún Gísladóttir. Ma, nonostante la popolarità di cui godeva la candidata di Alleanza (già al suo terzo mandato consecutivo come sindaco della capitale), il Partito dell'indipendenza riconquistava la maggioranza relativa dei voti e dei seggi, pur subendo un sensibile calo (33,7% e 22 seggi, contro 40,8% e 26 seggi nel 1999), e rinnovava ancora una volta la coalizione di governo con il Partito progressista, che era rimasto sostanzialmente stabile (17,7% e 12 seggi, contro 18,4% e 12 seggi nel 1999). Alleanza, dal canto suo, raggiungeva il 31% dei suffragi e 20 seggi (26,8% e 17 seggi nel 1999), mentre registravano un certo progresso anche i partiti minori, quello ambientalista Sinistra-Movimento verde, nato nel 1999 (5 seggi, 1 in più), e il Partito liberale (4 seggi, 2 in più). Nel giugno 2004 Ó.R. Grímsson veniva rieletto per il suo terzo mandato alla presidenza della Repubblica, nonostante le critiche suscitate un mese prima sull'uso del veto presidenziale contro una legge sui media appena approvata dal Parlamento. Nel settembre di quello stesso anno, secondo l'accordo elettorale stipulato dai due partiti della coalizione al momento della formazione del governo, Oddsson si dimetteva da primo ministro a favore del leader del Partito progressista H. Ásgrímsson, assumendo in compenso per sé la carica di ministro degli Esteri (da cui si sarebbe dimesso nel settembre 2005). Compiuto il passaggio dei poteri, la politica del nuovo governo sembrò inserirsi in una linea di continuità con i precedenti governi, anche se il nuovo premier aveva già a più riprese manifestato una maggiore apertura verso l'ingresso del Paese nell'Unione Europea. Nell'ottobre 2005 il Paese assisteva tuttavia a un imponente sciopero delle donne, impiegate soprattutto nel terziario, che reclamavano la parità salariale denunciando una differenza media con gli stipendi maschili di circa il 26%. La nuova amministrazione suscitava d'altra parte aspre critiche nell'opinione pubblica e in alcune componenti della stessa compagine governativa, che l'accusavano di aver provocato un'espansione eccessiva della spesa pubblica in materia di welfare (marzo 2006).
Sul piano internazionale, alla fine degli anni Novanta si aprirono una serie di trattative con gli Stati Uniti per rinegoziare la loro presenza militare sul territorio islandese: installata fin dal 1951, essa costituiva d'altronde l'unica forza militare di cui disponeva il Paese. In seguito agli attentati dell'11 settembre 2001, tuttavia, l'accordo per una progressiva riduzione di truppe e mezzi militari fu rimandato alla formulazione di una più generale revisione del ruolo militare degli Stati Uniti su tutto il territorio europeo. Ma nel marzo 2006 tra I. e USA si aprì una difficile crisi dopo l'annuncio unilaterale, da parte statunitense, di un imminente ritiro delle proprie forze militari dal Paese, in conseguenza del nuovo quadro della sicurezza internazionale. Nel 2002 l'I. inaugurava accordi di cooperazione politici, economici e culturali con la Russia, mentre il contenzioso sui diritti di pesca, la questione forse più importante per l'economia del Paese, sembrava non trovare soluzioni definitive soprattutto per quel che riguardava i rapporti con la Danimarca e la Norvegia.
bibliografia
M.T. Corgan, Iceland and its alliances: security for a small state, Lewiston, N.Y. 2002.
Iceland and European integration: on the edge, ed. B Thorhallsson, London; New York 2004.