MEŠTROVIČ, Ivan
Scultore, pittore e incisore, nato il 15 agosto 1883 a Vrpolje in Slavonia. Autodidatta, imparò a leggere e a scrivere nella casa paterna di Otavica in Dalmazia, mentre fino all'età di 15 anni custodiva greggi, incidendo nel legno e nella pietra zucche, bastoni, fusi, e poi anche immagini. Con questi lavori attrasse su di sé l'attenzione, così che fu mandato prima a Zagabria, poi a Spalato, nello studio dello scultore Ivan Rendić. Infine giunse a Vienna, dove fra stenti di ogni genere, riuscì a superare l'esame d'ammissione all'Accademia di belle arti. Già nei suoi primi lavori: Cura materna, Ultimo bacio, Il giovine, è la ricerca di una profonda espressione originale. Sotto l'influsso di Franz Metzner e di Lederer va alla ricerca di effetti più con linee e masse astratte che con l'imitazione della realtà. Così nascono le sue grandi composizioni: Timor Dei; La fontana sulla Piazza Wilson a Zagabria; Sorgente di vita nell'atrio del palazzo Wittgenstein a Vienna. Nel 1902 M. espone i suoi lavori alla Secession di Vienna.
Poi si recò a Parigi, ove restò due anni. Rodin lo impressionò fortemente, e sotto l'influenza dei canti popolari serbi sorse in lui il progetto del maestoso Tempio di Vidovdan, ove architettura e scultura si trovano unite. L'epopea di Kosovo - coi suoi eroi, con le statue di Marco Kraljević, di Miloš Obilić, di Srđa Zlopogleđa, della Vedova, del Ricordo, dell'Eroe, del Guslaro, con gli schiavi che rabbiosamente infrangono le catene e coi pastori - è ricreata in pietra, in completa armonia con l'atmosfera che l'avvolge nei canti popolari.
Successivamente il M. eseguì moltissimi lavori di cui buona parte in legno (Il crocifisso, La deposizione, La preghiera sul Monte Oliveto, ecc.) nei quali è vicinissimo all'espressionismo. In questo spirito è costruito il mausoleo della famiglia Račić (1922) a Ragusavecchia in Dalmazia. Anche qui, come nel tempio di Vidovdan, architettura e scultura si fondono in un'opera sola. Anche qui le rappresentazioni della Madonna, del Crocefisso, del Compianto del corpo di Cristo, degli angeli che portano le anime, di S. Rocco, dei membri della famiglia Račić e altri mostrano un artista meno legato alla realtà che al linguaggio dei simboli e delle astrazioni.
Tutta l'opera di M. rivela la forza cruda di un primitivo e quella nota personale, originale che è propria degli artisti eminenti.
Bibl.: A. Jusuf Ali, M. and Serbian sculpture, Londra 1916; E. H. R. Collings, I. M., Londra 1919; K. Strajnić, I. M., Belgrado 1919; Fr. Stelè, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIV, Lipsia 1930 (con bibl.). Inoltre: A. Šnajder, I. M., in Narodna Enciklopedija, II, Belgrado 1926.