JACOPO di Cione
Pittore fiorentino, fratello dei più noti Andrea e Nardo, attivo nella seconda metà del 14° secolo.La prima notizia di J. è del 1365, momento in cui la sua attività poteva forse essere già ben avviata; del resto, il 19 settembre dell'anno successivo otteneva un importante incarico per decorare la sede della Corporazione dei giudici e notai (Borsook, 1982). Sembrerebbe poco indicativa l'iscrizione nel 1369 all'Arte dei medici e speziali, poiché spesso i membri della bottega di un maestro già immatricolato presso tale istituto erano esentati da quell'obbligo. In ogni modo, la sua nascita è stata fissata in via ipotetica verso il 1340, mentre il momento della morte può essere situato con maggiore certezza fra il 1398 e il 1400 (Offner, 1965, pp. 1, 7-13).L'abbondante produzione di J., resa possibile dalla partecipazione di una vasta bottega, si svolse in larga prevalenza a Firenze e negli immediati dintorni. L'importante complesso per l'altare principale di S. Pier Maggiore con l'Incoronazione della Vergine e santi (1370-1371) è ora smembrato fra la Coll. Van Gelder di Woluwe (già Londra, Hutton Coll.), la Nat. Gall. di Londra, i Mus. Vaticani, Pinacoteca, a Roma, la Rhode Island School of Design di Providence, la Coll. Thyssen Bornemisza già a Lugano, il Mus. of Art, Johnson Coll., di Filadelfia e la Coll. Sacerdoti di Milano (Boskovits, 1975, p. 326). Varie parti dell'opera sono state assegnate a J. per ragioni di stile, benché dai documenti sia fatto soltanto il nome di un "Niccholaio dipintore". Questi, pittore di 'cofani' (Borsook, 1982, p. 86) variamente identificato con Niccolò di Tommaso o con Niccolò di Pietro Gerini, collaboratore di J. nel 1383, realizzò i disegni preparatori ed è menzionato ancora al fianco di J. per l'Incoronazione delle Gall. dell'Accademia di Firenze, tempera molto simile eseguita nel 1372-1373 per la Zecca (Boskovits, 1975, p. 209).La componente orcagnesca, comprensibilmente determinante nella formazione di J., il più giovane dei fratelli Cione, sembra essere stata mediata da altre personalità della bottega del più anziano e affermato Andrea. Il suggerimento di Berenson (1930-1931, p. 1039ss.) in questo senso è stato precisato da Boskovits (1975, pp. 51, 210), che ha indicato quale importante tramite il Maestro della predella di Oxford (Ashmolean Mus. of Art and Archaeology), divenuto poi aiutante dello stesso J., a cui dovrebbe spettare, per es., la maggior parte della pala con Storie di s. Matteo di Firenze (Uffizi), opera in cui è poco evidente la mano di quest'ultimo, benché il suo nome sia effettivamente ricordato dalle carte d'archivio. Anche l'artista convenzionalmente denominato Maestro di San Lucchese (da non confondere con lo pseudonimo simile coniato per identificare le opere del supposto Cennino Cennini) e l'altro fratello, Nardo, debbono con ogni verosimiglianza aver fornito altre interpretazioni delle formule orcagnesche, utili per la maturazione di Jacopo.Un tentativo di definire meglio i termini di una quantomai probabile collaborazione con i due congiunti è stato compiuto da Boskovits (1975, pp. 52-54), che ha indicato alcune possibili imprese comuni, proponendo inoltre l'appartenenza al corpus di J. di tutte le opere riunite da Offner (1965) attorno all'etichetta di Maestro dell'Infanzia. Specialmente in seguito al decesso di Nardo (ante 16 maggio 1366), sembra che J. collaborasse direttamente con l'ormai vecchio Andrea, di cui, dopo la morte, avvenuta nel 1368, avrebbe poi terminato alcuni lavori. La loro associazione sarebbe testimoniata, secondo Boskovits (1975, pp. 53-54), da alcuni scarti di stile presenti nel trittico con la Pentecoste delle Gall. dell'Accademia a Firenze, fatto risalire al 1365-1370. Rispetto alle fisionomie di Andrea di Cione, si nota nei prodotti del fratello più giovane una tendenza a raffigurare tipi umani ingentiliti da visi tondeggianti e a rappresentare azioni più lente e pacate, secondo una sintassi notevolmente affine a quella che aveva messo a punto Giovanni da Milano. Inoltre, su tutte le sue opere finora citate, cui si può aggiungere la precoce Madonna con il Bambino, datata 1362, già nella Coll. Stoclet a Bruxelles, ascrittagli per ragioni di stile (Boskovits, 1975, pp. 51-52), aleggia chiara la suggestione delle invenzioni daddesche, che vengono più volte rievocate negli schemi compositivi dei suoi lavori.Sembra sensata l'idea di Boskovits (1975, pp. 52-53) di far rifluire nel catalogo di J. anche le opere assegnate da Offner (1957, p. 112, nrr. 1-2; Offner, Steinweg, 1969, p. 36) al Maestro dell'Annunciazione di Prato, un nucleo di dipinti che dovrebbe appartenere alla maturità dell'artista, verso l'ultimo ventennio del secolo.Proprio in questa fase si assiste a un ciclico ricorrere di pochi schemi compositivi, cui si va associando una sempre maggiore iconica immobilità, caratterizzata da figure umane realizzate con puntiglio tecnico, ma isolate in una generica dolcezza. Evidenti segni di questa cristallizzazione formale si avvertono nel polittico con la Madonna con il Bambino, angeli e quattro santi (già Vienna, Coll. Fischel; Boskovits, 1975, tav. 53), il quale, datato 1379, illustra bene gli accenti d'indubbio indirizzo conservatore accolti da J., che si dimostrò pressoché impermeabile alle novità in senso tardogotico. L'ultima produzione dell'artista è di decifrazione problematica, essendo il suo linguaggio sempre più incerto anche a causa della crescente influenza dei modi di Giovanni del Biondo, con il quale J. dovette entrare, probabilmente fra l'ottavo e il nono decennio del secolo, in stretto rapporto. Fra i vari elementi indicativi in tal senso va citata la frammentaria Madonna con il Bambino di Potsdam (Bildergal.), probabilmente realizzata da J. su un disegno di Giovanni del Biondo (Boskovits, 1975, pp. 96, 226).
Bibl.: B. Berenson, Quadri senza casa. Il Trecento fiorentino, Dedalo 11, 1930-1931, pp. 1039-1073; R. Offner, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, III, 7, New York 1957; IV, 3, New York 1965; R. Offner, K. Steinweg, A Critical and Historical Corpus of Florentine Painting, IV, 5, New York 1969; M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento, 1370-1400, Firenze 1975; E. Borsook, Jacopo di Cione and the Guild Hall of the Judges and Notaries in Florence, BurlM 124, 1982, pp. 86-88.